Dei siti filocapitalistici e di quelli anticapitalistici
dic 29th, 2010 | Di Piero Pagliani | Categoria: Dibattito PoliticoL’articolo di Eugenio Orso, Conflitti e Strategie: un blog filo capitalista mascherato, di aspra critica nei confronti delle posizioni del gruppo che ruota intorno alle posizioni di Gianfranco La Grassa, ha suscitato l’intervento di Piero Pagliani, che vuole essere non tanto una risposta polemica ad Orso bensì un entrare nel merito delle tematiche che lo stesso Orso ha sollevato. La redazione di Comunismo e Comunità, consapevole che si tratti di questioni importanti, che vanno ben oltre le persone, auspica che il dibattito prosegua.
La Redazione di Comunismoe Comunità
di Piero Pagliani
1. Analisi filocapitalistiche e analisi anticapitalistiche
Nonostante tra me e i redattori di “Conflitti e Strategie” ci sia una profonda divergenza politica sancita già dai tempi di “Ripensaremarx”, e nonostante essi e i loro amici me ne abbiano dette di tutti i colori (da “sei un poveretto” a “sei un comunista veterotestamentario”), ritengo che l’interpretazione di Orso sia un po’ semplicistica (si veda Conflitti e Strategie: un blog filocapitalista mascherato).
In estrema sintesi la tesi di base del professor Gianfranco La Grassa in realtà è la seguente: “Siamo in un momento di passaggio epocale del sistema capitalistico, inteso come intreccio tra potere politico e potere economico. In un passaggio di fase come questo in cui non si capisce che tipo di nuovo sistema salterà fuori, mentre si sa solo che il vecchio è destinato a sparire e con esso le contraddizioni su cui si basava l’ipotesi comunista classica, non è possibile nessuna teoria generale anticapitalistica. L’unica cosa che è possibile fare è puntare verso la nascita di una configurazione di potere policentrica che è l’unica in cui i dominanti sono sufficientemente deboli per poter riprendere un discorso antisistemico, che per altro è tutto da reinventare”.
Come si vede in sé sono argomenti condivisibili. In sé, ma non per sé – come si dice in Filosofia – perché manca una clausola molto semplice, elementare: che le persone vivono ora, soffrono ora delle contraddizioni del capitalismo e del rapporto sociale capitalistico e hanno tutto il diritto di difendersi ora; quindi non ha nessun senso chiedere loro che si lascino impoverire, derubare o ammazzare per raggiungere un obiettivo vago in un processo dal quale sono per definizione escluse.
A meno che qualcuno dimostri loro che star zitti adesso e farsi sballottare di qua e di là per non disturbare l’auspicato manovratore à la De Gaulle (ammesso pure che si trovi quello giusto, perché Berlusconi è un’evidente cantonata da parte di chi ci ha creduto) porterà loro vantaggio. Un compito che non mi sembra facile dato che la gente, spinta dalla crisi, sempre meno vorrà e potrà pagarne le spese. E non basta riconoscere con benevola condiscendenza le “lotte di retroguardia” dei dominati come fa La Grassa, perché quanto meno bisognerebbe mostrare quali sarebbero invece le lotte di “avanguardia”, altrimenti siamo semplicemente di fronte ad una speculazione fatta sulla base di supposte analogie coi tempi passati di una Storia che invece – come ben sa La Grassa – non si ripete mai due volte allo stesso modo. E’ un punto politico fondamentale
2. Politica filocapitalistica e politica anticapitalistica
Non capire il punto precedente significa rinunciare in anticipo ad interferire nel processo con la motivazione che tanto c’è l’eterogenesi dei fini.
Certo che c’è l’eterogenesi dei fini, ma la “composizione delle forze” porta da una parte invece che da un’altra se una forza viene a mancare. È addirittura tautologico. Per quanto complesso e contraddittorio questo processo possa essere, non è scritto da nessuna parte (men che meno nelle pagine della Storia) che occorra subirlo o addirittura che ci si debba allineare pedissequamente a determinati agenti capitalistici, nemmeno quelli “avanzati”, mentre sta scritto da molte parti che bisogna per lo meno tentare di elaborare un punto di vista autonomo che permetta di muoversi tra le varie forze in campo.
Detto questo, e avendo tutto ciò ben chiaro in testa, si può riconoscere con tranquillità che le analisi di La Grassa sono spesso stimolanti perché ci mettono in guardia da soluzioni semplicistiche, tipo quelle che vedono il crollo imminente del capitalismo, il comunismo domani, oppure un capitalismo monolitico transnazionalizzato, o grandi narrazioni su una nuovissima fase di rottura del tutto inedita senza spiegare in che cosa è inedita (benché ciò sia per principio vero: ogni minuto della storia dell’uomo è inedito).
In più non credo che La Grassa sia è un euroasiatista. Anzi, lui spera in un mondo policentrico, non in un mondo diviso tra un blocco statunitense ed un blocco euroasiatico.
Ciò detto, non si può negare che da qualche tempo a questa parte Gianfranco La Grassa abbia intensificato la frequenza di alcuni proclami inaccettabili e condannabili.
In particolare il professore invoca ormai sempre più spesso una qualche sorta di governo autoritario che spazi via le forze corrotte e antinazionali.
Secondo me è un atteggiamento speculare a quello del “popolo di sinistra” che vota comunque sia, perché “bisogna avere almeno una speranza”. Che poi si voti dei delinquenti che ci hanno già portato in guerra una volta e che hanno svenduto in pochi anni oltre il 30% del nostro PIL importa di meno. Ciò che conta è delegare le proprie speranze a qualcuno.
Specularmente La Grassa delega la propria critica – e il proprio astio – a qualcuno che non sa nemmeno lui chi possa essere, trasformando così la critica in un esercizio isterico. L’unica cosa che si sa è che questo qualcuno per definizione sarà il portatore degli interessi di alcuni centri di potere.
È già preoccupante che il professor La Grassa invochi un governo autoritario, ma lo è molto di più che non gli importi assolutamente se può o non può avere almeno una minima voce in capitolo e, peggio ancora, che non la possa avere nessuno che non sia emanazione di qualche potere forte ritenuto “nazionale”. A quanto sembra, al professor La Grassa e ai suoi amici soggettivamente basterebbe tifare dagli spalti dello stadio: Dagli al sinistro! Dagli allo studente! Dagli al comunista! Dagli all’impiegato pubblico!
3. A proposito di pubblico, di privato e di movimento degli studenti
A proposito dell’apparato pubblico, è vero che esso è cresciuto in modo abnorme e che in questa crescita si sono allignati nepotismi e clientelismi di ogni tipo (anche se poi, demagogicamente, si parla solo di quelli più appariscenti e odiosi e non di quelli più insidiosi).
Ricordo che la sinistra una volta sapeva benissimo che il settore pubblico veniva usato come un serbatoio di voti, come ingranaggio di un’ingegneria sociale funzionale al blocco di potere egemonizzato dalla DC e come un’enorme camera di compensazione sociale finalizzata al disinnesco di elementi potenzialmente sovversivi in senso “piccolo-borghese”, come si diceva una volta. E faccio notare come ciò sia stato prontamente dimenticato una volta che gli ex comunisti si sono trovati eredi di una significativa parte di quel consenso e di quei meccanismi.
È quindi sensato da parte di La Grassa sottolineare che il centrodestra berlusconiano e la Lega, a differenza di quanto dice la vulgata di sinistra, hanno raccolto consensi molto più dai ceti “produttivi” che da quelli “parassitari” (per usare due categorie un po’ rozze). Cioè più nei settori della società che producono ed estraggono plusvalore che in quelli che lo consumano, ancorché lo facciano per fornire servizi importanti, come l’insegnamento o la cura sanitaria. Infatti è proprio per questi motivi che, come ho già avuto modo di dire, la Lega si presenta con successo come la miglior approssimazione odierna al fascismo corporativistico (dove cioè convergono sia coloro che producono sia coloro che estraggono plusvalore), cioè ad una pratica politica di social mini-nazionalismo contro “Roma ladrona” (si veda su questo sito La “globalizzazione”, le “piccole patrie” e le “comunità”).
Al contrario – e paradossalmente – i “futuristi” di Fini rappresentano sociologicamente proprio il residuo del noto consenso che la destra riscuoteva nel pubblico impiego, settore che assieme ai pensionati rappresenta attualmente il grosso degli iscritti alla GCIL. Un significativo dato socio-politico.
Bisogna quindi capire che questa frattura in uno dei Pesi del mondo più massacrati di tasse che pesano su lavoro e imprese rischia molto seriamente di creare pericolosissime divisioni e pericolosissimi scontri proprio laddove bisognerebbe invece cercare di organizzare un blocco sociale alternativo capace di dire la sua nella presente transizione.
Ma se ciò è vero è anche vero che uno dei punti chiave dell’imperialismo statunitense da almeno trent’anni è l’obbligo di svendita non solo dell’industria pubblica (e qui si ferma l’analisi di Conflitti e Strategie), ma anche dei servizi pubblici, a partire dall’istruzione e dalla sanità per finire ai trasporti e alle pensioni. È una cosa che dovrebbe essere nota e che va sotto il nome di “Washington Consensus”, un insieme di “aggiustamenti strutturali” per la prima volta sperimentati in Cile dai Chicago Boys monetaristi protetti dalle armi del golpista Pinochet. E con ciò si spiega anche come mai per rispondere agli attacchi iniziati con regolarità dagli ambienti di riferimento dell’Economist e del Financial Times il centrodestra oltre che prodursi in subitanei dietro-front in politica estera stia da un po’ di tempo accelerando con lo smantellamento del settore pubblico in cerca di un’alleanza con una grande finanza che finora si è sentita più rappresentata dal centrosinistra (clamorosa la santificazione che quasi giornalmente ne fa “La Repubblica”).
Ma di questo smantellamento il nostro professore preferisce non parlare perché dovrebbe ammettere che le cose sono molto più complicate di come le descrive lui.
Prendiamo il caso del movimento studentesco.
Che gli studenti il 14 dicembre siano andati a manifestare sotto la Camera in oggettivo sostegno al ribaltone tentato da un politico con pelo sullo stomaco e coccolato dal golpista parafascista statunitense Luttwak (guarda caso implicato nel sopraccitato colpo di stato di Pinochet), è un sintomo della difficoltà di districarsi dai meccanismi del teatrino della politica anche da parte di un movimento i cui leader, giustamente, diffidano della presunta sinistra capace, caso mai dovesse ritornare al potere, di far ingoiar loro le cose peggiori col ricatto di un “ritorno di Berlusconi”. Come per altro è già successo.
In questo la manifestazione del 22 ha dimostrato una maggiore maturità e consapevolezza. Maturità e consapevolezza di cui c’è estremo bisogno. Per non favorire il tentativo di spaccatura sopra accennato.
Essere studenti è un dato sociale per definizione transitorio. Tuttavia è normale che chi studia in una università o in una scuola si senta parte in qualche misura di quel mondo e che quindi non possa accettare l’odierno tentativo di gettarlo nella confusione per poi distruggerlo. Come è pure naturale che in una stagione di estreme incertezze l’attacco ad istituzioni in cui essi cercano di preparare il proprio futuro sia visto direttamente come una minaccia a questo futuro stesso. E ovviamente qui non si tratta solo del problema dei singoli soggetti, ma di quello che sembra il preludio all’allontanamento di un’intera generazione di giovani dal mondo della
ricerca e dell’insegnamento accademico. Un disastro nazionale.
Anche in ciò gli studenti non hanno quindi tutti i torti; anzi, hanno ragioni da vendere dato che l’attuale governo naviga a vista e non può esibire nemmeno un simulacro di strategia ma solo un insieme di tattiche per ingraziarsi alcuni ambienti europei e statunitensi e per barcamenarsi con altri poteri ad essi contrastanti, come ENI o Finmeccanica (peggio ancora da parte dell’opposizione che oltretutto di queste aziende farebbe spezzatino per “privatizzarne” i pezzi).
Queste ragioni non devono però far dimenticare che la crescita abnorme del settore pubblico ha portato a disfunzioni che lo hanno reso ingiustificatamente oneroso in termini di prelievi fiscali e hanno minato la credibilità e l’affidabilità dei servizi rendendoli facile oggetto di attacchi demagogici, grazie anche alla cassa di risonanza e alle esagerazioni di interessati mass media (caso paradigmatico: le malpractice usate per mettere in croce la sanità pubblica italiana che nel suo complesso è invece un sistema che ci invidiano in tutto il mondo e da difendere strenuamente).
Uno scenario, internazionale, nazionale, economico, sociale e politico complesso, dunque. E in più che si muove ad una velocità tale che le comprensioni e le decisioni di oggi sono obsolete e inutili già domani e in alcuni casi controproducenti.
Ma questo non significa che dobbiamo tirarcene fuori e stare alla finestra.
Come dice lo slogan pubblicitario: “Life is now!”
La via di La Grassa, voi, compagni italiani, la conoscete bene, mi sembra! Discorso anti-imperialistico, nazionalismo, governo “forte”, esaltazione delle elite e disprezzo del “popolacio”: guardate 1919-1921! Il passaggio delle “elite” “marxiste” ou “rivoluzionarie” dal movimento operaio al fascismo. Mussolini era un socialista “di sinistra”, Gentile era buon filosofo “della scuola di Marx”, Roberto Michels aveva, il primo, mostrato la degenerazione dei partiti socialisti, ecc.. Voi, compagni italiani, sapete anche come la Lega e Forza italia hanno riciclato quadri venuti dal PCI.
Bisogna capire la radice di questo fenomeno politico. Mi sembra che sia l’abbandono della teoria marxiana del capitale. I capitale non é americano o cinese o italiano, ecc., Il capitale esiste sul mercato mondiale. I conflitti fra frazioni della classe capitalistica sono sempre conflitti per la ripartizione del plusvalore, ma, per Marx, il problema fondamentale é il problema dell’estrazione del plusvalore e dunque il rapporto fra capitale et lavoro.Tutto si ordina da qui.
Gli intellettuali sono affascinati dalla geopolitica (La Grasse ne é un buon esempio!) perche credono cosi essere parte integrante degli “grandi” di questo mondo. Gli intellettuali amano il potere e si accontentano dell’illusione del potere. Per questa ragione diventono spesso i consiglieri del despota illuminato. Stalin, Mao, ecc. ieri e oggi Putin, o il Putin italiano, Berlusconi … senza parlare di tutti i piccoli despoti di cui gli intelletutali sono tanto golosi.
So bene di essere stato “un po’ semplicistico”, ma non volevo dedicare un’analisi più approfondita e più seria a ciò che si è rivelato, alla fine della fiera, un inaccettabile putridume filo-capitalistico e provincialistico-pro-berlusconiano.
Si potrebbe aggiungere anche, come fanno in molti da quel che leggo in rete in questi giorni, che sono rozzo, che sono un Prete, un predicatore da strapazzo, un Savonarola mancato, che scrivo male, senza un giusto dogaggio di aggetivi ed avverbi …
Ho dimenticato niente?
Certo, ho dimenticato molte contumelie ma fa niente, lasciamo correre.
Tutto ciò non mi tange.
Non entro neppure nel merito di questo lungo scritto, un po’ critico nei confronti del lagrassianesimo ricorsivo + geopolitica ideologizzata e un po’ assolutorio, un po’ carne e un po’ pesce, un po’ pro e un po’ contro, eccetera.
Non mi interessa farlo.
Rilevo soltanto che il vecchio guru di Conflitti&Porcherie si è espresso chiaramente, in più riprese, nei confronti di studenti, precari, operai, lavoratori dipendenti del pubblico e del privato, pensionati, ed in generale tutti i subordinati, che sono grande maggioranza nella società, augurandosi per imperscrutabili “ragioni teoriche” [o psichiatriche?] ricorsiviste/ ideologico-geopolitiche che le polizie mercenarie li bastonino a sangue, in quanto probabili agenti della CIA …
Quanto precede da solo basta a rende inutile [una mera perdita di tempo] qualsiasi considerazione critico-teorica in merito al lagrassianesimo …
Dovrebbe essere assolutamente ovvio che non è certo per queste vie e con un simile “approccio” che si combatterà, in futuro, una nuova battaglia rivoluzionaria finalizzata alla trasformazione storica.
Visto che io sono nessuno, non un pregevole “professore”, non un accademico, non ho un pedigrée da esibire come pass, mi limito a riportare di seguito un commento al mio “Conflitti e Strategie: un blog filocapitalista mascherato” – pubblicato da Comunismo e Comunità – niente di meno che del filosofo francese Denis Collin, il quale così recita:
Nuovo commento all’articolo #1995 “Conflitti e Strategie: un blog filocapitalista mascherato”
Autore: Denis COLLIN (IP: 90.22.50.15 , ARouen-552-1-11-15.w90-22.abo.wanadoo.fr)
E-mail: denis.collin@orange.fr
URL : http://www.denis-collin.fr
Whois : http://ws.arin.net/cgi-bin/whois.pl?queryinput=90.22.50.15
Commento:
Bravo!
La strada che conduce dal marxismo-althusserianismo fin a Burlusconi può spiegarsi per la teoria maoista della contradizione. la contradizione pincipale é quella fra l’imperialismo US e il resto del mondo e dunque si devo appoggiare Putin e il suo amico Berlu … e dunque considerare i giovani come nemici. La logica é sempre la più forte! La “geopolitica” é la corruzione del pensiero politico e filosofico e mi sembra che essa sia il peccato maggiore di molti marxisti o ex-marxisti italiani che hanno perduto ogni speranza nel popolo! Ho scritto un articolo sulla questione della geopolitica: http://la-sociale.viabloga.com/news/a-bas-la-geopolitique
Denis Collin
È possibile vedere tutti i commenti a questo articolo qui:
http://www.comunismoecomunita.org/?p=1995#comments
Ringrazio Denis Collin, condivido senza riserve la sua “avversione” per la geopolitica, e detto questo, saluto ironicamente con un
Orso Rosso ha parlato! Augh!
[Eugenio Orso per l'anagrafe e per chi non lo avesse ancora capito]
Sono in parte d’accordo con quanto scritto da Piero Pagliani.
Il commento sopra di Eugenio Orso è invece pura verità.
Conflitti e strategie ha vomitato insulti e offese verso tutte le classi più deboli di questo paese da quando al governo c’e Berlusconi,
A che pro? per tutelare gli interessi di chi?
di qualche oligarca russo o di qualche tangentaro italiano?
Noi lavoratori dobbiamo essere massacrati dalla polizia perché manifestiamo per non lavorare come schiavi e per non farci scippare i diritti conquistati dai nostri genitori?
e gli studenti devono tacere davanti a dei tagli che riportano la scuola ad essere un qualcosa di frequentabile solo per le classi più agiate?
Faccio i complimenti a Eugenio Orso perché leggo sempre con grande piacere le sue analisi, e ne approfitto per augurare buon anno a tutti i compagni di comunismo e comunità.
Contro il capitalismmo, non un passo indietro.
Condivido il “pegiudizio” per la geopolitica che, assolutizzata, porta davvero a conclusioni politiche spesso inquietanti. Come, e qui bisogna esser chiari, quando Costanzo Preve afferma per me una gran cavolata, cioè che all’oggi solo gli stati (o, almeno determinati stati) possono contrapporsi al capitalismo. All”analisi strutturale del capitalismo si sostituisce la lettura geopolitica con la quale necessariamente si arriva poi a diventare consiglieri del re. Che ognuno faccia il suo mestiere! E che gli oppressi affilino le armi della critica per passare quando sarà necessario alla critica delle armi. E per questo urge coltivare quell’autonomia politica oggi quasi del tutto assente (almeno qui da noi).
Mi piace molto Preve quando fa il filosofo, pero, condivido le parole d’Antonio Catalano sulla geopolitica “previana”. In Francia, per esempio, abbiamo il “parti de gauche” di Jean-Luc Mélenchon. Mélenchon est favorevole a una “allianza strategica fra Francia e Cina” e non vuole dire niente qui potrerebbe essere capito come una critica dei dirigenti cinesi. Dunque ha approvato la repressione in Tibet. Il mio articolo “Droits de l’homme et internationalisme” (http://la-sociale.viabloga.com/news/droits-de-l-homme-et-internationalisme) spiega la necessità dell’unità fra dominati francesi e dominati cinesi. Difendere i diritti politici e sindicali del’ operaio cinese é anche difendere il diritto al lavoro del operaio francese… Invece, si puo vedere l’unione fra padroni di tutti paesi: Foxconn é una fabbrica cinesa che produce gli “iPhone” di Apple (USA) e il dirigente di Foxconn é un padrone di Taïwan … La geopolitica é una scienza difficile!
Per Antonio Catalano
Geopolitica e ideologia rappresentano una combinazione nefasta, un matrimonio che non s’ha da fare.
Partendo da questa semplice constatazione, e in spregio a qualsivoglia buon senso, propongo la seguente ricetta autolesionista:
1) Una robusta dose di “teoria della ricorsività”, che in pratica significa soltanto l’eterno ritorno di fasi capitalistiche monocentriche alternate a quelle policentriche, da qui all’eternità o quasi. 1 KG abbondante.
2) Una dose di “geopolitica ideologizzata”, magari in salsa euoasiatista per dargli un sapore più forte. 1/2KG circa.
3) Filtrare il tutto con il colino più volte per eliminare i Dominati, fin tanto che non ne rimane traccia.
4) Cuocere l’impasto filtrato in un apposito blog per molti mesi prima di servirlo in tavola.
Alla fine otterremo un beverone denso e allucinatorio, che non ci spiegherà un emerito cazzo, men che meno la sostanza di questo capitalismo ed i nuovi rapporti sociali di produzione, ma che potrà confondere le idee ai soggetti più deboli!
Ci siamo capiti?
Io credo di sì …
Orso Rosso
Denis Collin riduce tutto al conflitto capitale/lavoro. Sembra essere quindi sulla stessa lunghezza d’onda di quella ortodossia tardo-marxista che non riesce a capacitarsi di come tutta l’epopea comunista sia finita in gloria, senza ricorre a stravaganti cause come il “tradimento” soggettivo o l’ “imborghesimento” oggettivo. Consequenzialmente Stalin e Mao non possono essere che dei “despoti” (in realtà quest’ultima cosa è capace di dirla anche Berlusconi; inutile allora che poi si faccia la predica).
“Il capitale non è americano o cinese o italiano”? Bene, questa considerazione non è una novità: è la riproposizione in forma assoluta di quella tesi dell’ultraimperialismo che all’epoca sua Kautsky aveva avanzato come tendenza. Fosse stato per lui e la sua ortodossia dei fini i Russi avrebbero potuto continuare a farsi massacrare nella I Guerra Mondiale perché tanto il capitale è unico e medita solo di estrarre plusvalore mondiale. Similmente oggi chi parla di imperialismo sarebbe uno sciocco o un lestofante. Tutti i complessi intrecci tra capitale e potere politico spariscono d’incanto di fronte alla metafisica di “un unico capitale” che esisterebbe su un supposto “mercato mondiale” (e che tipo di mercato? protetto? liberoscambista? il deficit commerciale di chi può stampare dollari ha lo stesso significato di quello del Paese esportatore di materie prime? Bisogna ricordare che ogni economista che non venera il neo-liberismo sa perfettamente che “mercato mondiale” è una metafora per “lotte di potere”?).
Posizioni pericolose che non si rendono conto che da diversi anni siamo immersi in uno stato di guerra tra frazioni territoriali del capitale a loro volta divise al proprio interno e non solidali con il proprio potere territoriale di riferimento che deve infatti fare di tutto per mantenere un’alleanza con esse e con i blocchi di interessi transnazionali che esse creano e disfano.
Guerre calde (Iraq, Afghanistan, Pakistan, Yemen e tra poco Somalia) e fredde (scontri commerciali e valutari).
Ma oltre a promuovere una pericolosa miopia politica (ripeto l’aggettivo “pericolosa” perché tale è la congiuntura mondiale) non si capisce neppure perché queste posizioni insistano nel sostenere che parlare di ricorsività sia teoricamente un crimine che implica necessariamente essere “contro il popolaccio”. Che lo faccia La Grassa per ribadire la sua alterità nei confronti di una visione umanistica dell’anticapitalismo sono fatti suoi. E’ un riflesso (che io ritengo esagerato a bella posta) della polemica che da tempo ha ingaggiato nei confronti della sinistra e degli ex-comunisti. Ma fosse anche una sua conclusione teorica, non la ritengo corretta: che il capitalismo ricorrentemente crei crisi dure, profonde e molto più lunghe dei momenti di sviluppo è una ragione in più, non in meno, per giudicare il rapporto sociale del capitalismo come “ribaltato”, come insegna il nucleo fondamentale del pensiero di Marx, piaccia o non piaccia ad Althusser. E l’idea di “ribaltamento” per me fa tutt’uno con quella di “Gattungswesen” (come insiste Costanzo Preve), concetto che a sua volta ha una forte connotazione umanistica. E progettuale.
Tutto sommato anche per Marx le crisi di sovrapproduzione erano ricorsive, ma non per questo si è dimenticato del proletariato. Giovanni Arrighi ha analizzato i fattori ricorsivi delle crisi sistemiche, ma non per questo si è dimenticato dei lavoratori e dei popoli subalterni e tanto meno ha sostenuto che tutto si risolverà nel medesimo modo di prima, cioè con un nuovo glorioso ciclo sistemico di accumulazione. Anzi, ha concluso il saggio “Il lungo XX secolo” dimostrando che molti conti non tornano.
Ma anche ammesso che essi tornino e che la direzione probabile sia quella di un nuovo ciclo sistemico di accumulazione (dopo quante guerre? dopo quante distruzioni? dopo quali miserie?), ciò in alcun modo significa che non si debba interferire nel processo della crisi e lasciar fare solo ai suoi agenti capitalistici: l’insegnamento di Lenin va in tutt’altra direzione.
Interferire però vuol dire capire e valutare le forze in campo e le direzioni degli scontri. Tutto qui: nessuno ha un amore a priori per la geopolitica. Men che meno in Italia dove gli intellettuali di sinistra non sanno nemmeno cosa sia, presi solo dal loro chiacchiericcio irresponsabile (uso l’aggettivo con cui Pasolini li caratterizzava).
Io ho cercato di entrare nel merito, ma a quanto pare cercare di capire è un esercizio fastidioso: bisogna tifare, perché altrimenti sembra che si dia solo un colpo al cerchio e uno alla botte (è un po’ l’accusa che mi muove Orso). Non esiste altro approccio ammesso o concepito: o si tifa per La Grassa oppure bisogna distruggerlo. Se si cerca di capire il ruolo internazionale della Russia odierna – rincalza Denis Collin – allora si fa necessariamente il tifo per il “despota” Putin (i milioni di morti per indigenza nella Federazione Russa grazie alla democratica cleptocrazia di Yeltsin e della sua corte di oligarchi compradori non contano nulla: un modo singolare di essere dalla parte del “popolo”). Similmente o si fa il tifo per Ahmadinejad o si fa il tifo per le rivoluzioni colorate targate USA.
Altro che dialettica: è il trionfo del tertium non datur!
Piero Pagliani
Vedi Piero, questo tuo intervento rende giustizia di alcune critiche. Hai tirato fuori quella parte “focosa” che è giusto tirar fuori. Insomma, voglio essere più esplicito: la parte analitica deve sempre accompagnarsi a quello spirito “militante” che per definizione è di parte e che fa la differenza fra un comunista ed un teorico intellettuale anche se “marxista” (della cattedra avrebbe detto Lenin). Oggi c’è bisogno di teoria ma c’è anche tanto bisogno di recuperare l’essere di parte. Di parte con chi? Lasciamo stare il discorso del soggetto, di parte con l’umanità che ha tutto da quadagnare dall’affossamento del capitalismo. E questo, secondo me, deve sempre, dico sempre, trasparire, in modo chiaro ed esplicito. Questo non vuol certamente dire tralasciare lo sforzo dell’analisi accurata delle contraddizioni capitalistiche, che sono quelle capitale/lavoro ma non solo quelle. Perché se ci si limitasse solo a questa contraddizione avremo perso in partenza.
Antonio C.
Meglio chiarire subito una cosa.
Il “voglio ma non posso” non porta da nessuna parte, non fa avanzare, e favorisce l’immobilismo, in attesa di una tranquilla morte.
Preve ci ha insegnato che nel dibattito filosofico non esistono nemici, ma soltanto interlocutori che con le loro critiche fanno un favore, in quanto consentono di spiegare meglio e di affinare le proprie tesi.
I nemici però esistono in politica e sul piano sociale, e devono essere combattuti senza risparmio.
La “titubanza”, in un epoca che sarà sempre di più un’epoca di forti tensioni e di scontri radicalizzati, nella quale forse si rianimerà in nuove forme la lotta di classe, esser titubanti – tolleranti nei confronti di nemici, per quanto minori – non servirà a nulla, a niente e a nessuno, e tanto meno a noi.
Anzi, titubanza, tolleranza fuori luogo e quindi ambiguità non potranno che portare a sicura sconfitta.
Questa “titubanza” – chiamiamola pure così – mi sembra evidente nel lungo scritto qui riportato, per quanto dotto, pacato, analitico, eccetera.
Uno scritto come questo non ci dà nulla di positivo, alcun apporto positivo sostanziale, nella realtà intorbidando le acque per impedire di scegliere, di avanzare.
Il presente scritto, nel concreto, costituisce soltanto un’ipportuna, per quanto parziale legittimazione delle inaccettabili posizioni dei cosiddetti lagrassiani.
La Grassa va quindi distrutto assieme al corpuscolo tumorale che lo circonda, perché diffonde obnubilazione, difende
Riprendo da dove ho interrotto il precedente commento … che ho inviato erroneamente prima di cocluderlo.
La Grassa va quindi distrutto assieme al corpuscolo tumorale che lo circonda, perché diffonde obnubilazione, difende questo capitalismo e, localmente, oscenità come il berlusconismo.
Non si può in alcun modo far passere per una svista, per un semplice errore teorico, la smania di La Grassa & C. – Neostron locali – di veder scorrere il sangue nelle piazze di chi protesta contro le enormi ed intollaribili ingiustizie sociali dell’epoca, facendoli passare per agenti della CIA.
Lo ripeto ancora una volta: questi sono i grotteschi e ignobili effetti concreti di un impianto teorico del cazzo, imbastardito con una geopolitica folle, un impianto che non palesemente funziona, se non in menti ottenebrate con tendenze criminaloidi.
Questo è il punto.
Denis Collin, da parte sua, non soltanto ha ragione, ma ha ragione da vendere, perché ha compreso meglio di altri il vero ruolo che in certi casi si assegna alla geopolitica, molto al di là delle competenze specifiche di questa disciplina.
Leggere, quindi, il suo A bas la géopolitique.
Orso Rosso ha parlato! Augh!
Sempre da Orso Rosso.
Il precedente commento, diviso in due parti, è stato scritto di getto ed esprime una certa, comprensibile, ed anzi, auspicabile rabbia.
Confermo quanto ho scritto, sia pur male e in fretta, con alcuni errori e refusi, in quel commento.
Confermo il giudizio negativo sul lungo scritto “voglio ma non posso”, informato da una evidente titubanza, che un po’ critica, ma soprattutto assolve La Grassa e i cosiddetti lagrassiani, d’ora in poi definiti ironicamente Neostron.
Confermo senza riserve che abbiamo bisogno di cose nuove, non certo, ad esempio, di rimuginare sulla finanza olandese precapitalistica per innescare dubbi sulla natura e sulla portata dell’attuale tirannia finanziaria, oppure di riflessioni dotte ma fiacche, e tutto sommato inconcludenti, su quella trappola teorica che è la “ricorsività”.
Confermo di essere in sintonia con il filosofo francese Denis Collin, il quale ha individuato con estrema chiarezza la trappola rappresentata dalla Geopolitica, che diventa talora la fonte di abnormi ideologie e in certi casi sfocia nel misticismo [vedi gli euroasiatisti].
Confermo tutto.
Saluti anticapitalisti e antagonisti
Eugenio Orso
Sono tornato da poco dopo una nottata e seguito in ospedale, ma sembra sia stato un falso allarme, forti dolori al petto.
Non avevo dubbi che l’articolo di Piero avrebbe creato un’accesa discussione, vedo molto interessante, leggerò tutto con calma, e spero continui, anche nelle diversità delle posizioni, il Laboratorio serve anche a questo, o no?
Tanto per rispondere ai continui riferimenti a Preve utilizzati da E. Orso.
Da un intervista a Costanzo Preve apparsa su Megachip
http://www.megachip.info/tematiche/cervelli-in-fuga/5338-in-piedi-entra-il-professore-intervista-a-costanzo-preve.html
[..]
Domanda “Rispetto al 2008, il movimento degli studenti è apparso più determinato, più cosciente, capace di creare cortocircuito tra piazza e palazzo e politica e società…”
Risposta: “Il fatto che il movimento degli studenti venga visto con simpatia (è) un fenomeno ridicolo e grottesco come quello di Vendola, vuol dire che io non attribuisco a questo movimento un’analisi di profondità, anche se lo ritengo legittimo, e non dirò una sola parola contro di esso. Non riesco però a giudicarlo con grande positività perché secondo me esso è inserito all’interno della rete del gioco dell’antiberlusconismo, cioè quella sorta di guerra simulata berlusconismo anti-berlusconismo che funziona da almeno 16 anni. Secondo me a questo punto gli studenti corrono il rischio, che secondo me hanno già corso, di diventare una specie di guardia plebea di mobilitazione antiberlusconiana e pertanto di muoversi , volenti o nolenti, all’interno di strategie che rimandano al gruppo editoriale l’Espresso-Repubblica e che sono completamente estranei anche ai loro interessi…”
.. non mi sembra che Costanzo sia tenero con un movimento che possa “oggettivamente” portare acqua a poteri altrettanto “forti”.
saluti
Faccio i miei auguri a Maurizio [bene che si è trattato di un falso allarme] e a tutti gli altri.
Vista la mia presenza, le discussioni accese sono assicurate.
Essendo una specie di predicatore, come ha insinuato qualcuno in ben altre sedi [e la cosa mi diverte], tendo con furia messianica a radicalizzare i confronti.
La mia personale sensazione, considerato che la situazione sta precipidando con una certa rapidità, è che questa radicalizzazione fra non molto investirà come un’onda d’urto i rapporti sociali e il piano politico.
Lo vedremo già dal 2011.
Nel frattempo, di nuovo auguri e ci sentiremo dopo il due di gennaio.
Eugenio Orso
Risposta a Arturo
Costanzo ha espresso delle perplessità legittime.
Comunque ha affermato che non dirà una sola parola contro gli studenti che protestano e non ne ha invocato – come fa abitiualmente qualcuno – la bastunatura in piazza.
Costanzo è molto cauto perché teme certe strumentalizzazioni, peraltro possibili [il rischio è reale e sempre incombente], di questi movimenti che presentano pur sempre qualche riconoscibile lineamento antagonista.
E’ bene ricordare che con il precedere della crisi, della perdita di diritti e dell’impoverimento generale, le strumentalizzazioni politiche [nel quadro del confronto interno berluscones-antiberluscones] saranno sempre più difficili.
Come ha detto Marx, infatti, “la crisi farà entrare la rivoluzione anche nelle teste di legno”.
Le perplessità espresse da Costanzo, infine, sono condivise anche dallo scrivente, ma non devono essere usate per delegittimare furbescamente la protesta , difendendo capitalismo e soprattutto berlusconismo, o per appoggiare indirettamente qualcuno che non lo merita.
Mi sono spiegato?
Orso Rosso/ Eugenio Orso
P.S.: ultimo intervento fuori tempo massimo
aridaje con l’arte divinatoria, tu non sei un orso rosso tu sei un mago otelma
Ho parlato a Costanzo Preve de l’articolo di Orso. Lui non ne condivide lo spirito. Costanzo è naturalmente distante da La Grassa filosoficamente ma ritiene inutile polemizzare con Conflitti e Strategie. Si può certamente rimproverare a La Grassa di non “vedere” i dominati (accusa fra l’altro vera). Ma bisogna avere l’onesta intellettuale di dere che almeno da vent’anni a questa parte i dominati non sono più la fonte di nessun cambiamento sociale. Abbiamo assistito a proteste gigantesche in Francia e in Gran Bretagna proteste che non si vedevano da molto tempo ma queste non hanno scalfito nemmeno lontanamente il potere. Quersto è un dato di fatto. Poi si può essere contrari a certe farneticazioni apparse sul sito Conflitti e Strategie (ma che credo che La Grassa non condivida), tipo gli studenti pagati dalla CIA per fare cadere Berlusconi (un po’ come credere che dietro l’attacco terroristico dell’11 settembre ci sia l’internazionale Ebraica) oppure il paragone tra il Puttaniere Impunito ed Enrico Mattei, ma l’analisi della geopolitica che fa Conflitti e Strategie e da un certo punto di vista impeccabile. Con questo non voglio certo difendere Conflitti e Strategie (personalmente ho smesso di leggerlo da quando Petrosillo ha difeso la “riforma” dell’articolo 18 del governo di sua Impunità) ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare.
Scrive Gianfranco La Grassa nel commento ad un’articolo su Marchionne e l’accordo di Mirafiori pubblicato oggi da “Conflitti e Strategie”: “Per fortuna, questo blog ha cominciato a decollare verso lidi che potrebbero lasciare in tempi non troppo lunghi questi “pensatori” nel cimitero degli elefanti.”.
Il riferimento è, tra gli altri, anche a Costanzo Preve, definito poi un sopravvissuto, uno zombi e uno privo delle categorie necessarie a comprendere le sue elucubrazioni.
Ora, esauriti i dieci minuti di risate d’obbligo per il concetto espresso, sorprende ampiamente che il professore si lasci andare a commenti a tal punto derisori e offensivi nei confronti del più grande filosofo italiano. Che lo facciano i suoi scribacchini scodinzolanti in cerca di approvazione è anche comprensibile, ma che vi si abbandoni lui stesso è piuttosto indicativo, sia sulla statura del personaggio che sullo stato di confusione in cui versa.
Quel che voi chiamate “geopolitica” mi sembra più che altro essere politica diplomatico-strategica, che non piuttosto l’analisi del rapporto fra potenza e territorio (cioè la geopolitica correttamente intesa). Per politica diplomatico-strategica intendo il tentativo di scegliere alleanze come se si agisse su uno scacchiere in cui, alla luce dei rapporti di forza, si calcoli dove muoversi, con chi stare e contro chi. Con questa logica si mossero Lenin e Mao.
Il buon Colin dovrebbe capire che appoggiando i tibetani si fa il gioco di americani, britannici e indiani contro gli interessi strategici cinesi. Ciò è oggettivo, che piaccia o no, e al di là delle considerazioni sui diritti umani. Altrimenti perché sbraitare contro chi voleva liquidare Saddam o i talebani?
La politica non è affare per “anime belle”…
“appoggiando i tibetani si fa il gioco di americani”
certo è appoggiare gli studenti che protestano si fa il gioco degli americani
e appoggiare i lavoratori che manifetsano si fa il gioco degli americani,
e appoggiare le lotte dei precari si fa il gioco degli americani,
e blablabla
ma non vi rendete conto dell’assurdità di questo pensiero?
“Per fortuna, questo blog ha cominciato a decollare verso lidi che potrebbero lasciare in tempi non troppo lunghi questi “pensatori” nel cimitero degli elefanti.”.
Porro e Sallustri sono gli obiettivi di GLG, questo è fin troppo evidente, e le spara sempre più grosse per farsi prendere in considerazione da loro, quindi di chi e di cosa stiamo parlando? e come un cagnolino che scodinzola felice per la carezza del suo (nuovo) padrone
Ho letto decine di impropèri nei nostri confronti da parte di GLG e GP, di Conflitti & Strategie, sin dai tempi di RipensareMarx. Rispondemmo, alcune volte, cercando di mantenere alto il livello del dibattito. Purtroppo non ci fu modo di riportare la discussione su un piano civile, perché ci furono sempre risposte elusive quando non apertamente offensive nei confronti di tutta la redazione di Comunismo e Comunità.
Nonostante questo, però, non ritengo giusto scendere al loro livello, perché mi pare che sia una perdita di tempo e non altro. Ho letto attacchi più o meno personali anche sui social network e, genericamente, in rete, ma non mi interessa questo genere di “dialogo”, perché non porta a niente.
La cosa che mi interessa, invece, è il fatto che la geopolitica in quanto tale non sia attaccata in modo sconsiderato, perché posso pure capire il “preconcetto”, ma non posso assolutamente giustificarlo dopo i chiarimenti che sono stati fatti sulla nostra rivista e sui nostri siti. La geopolitica è un metodo scientifico di analisi, che non va mai ideologizzato, altrimenti si rischia di fare la fine dei geografi politici tedeschi alla corte dell’imperatore…
Detto questo, non condivido la difesa dei bonzi tibetani, così come voglio rimanere libero di esprimere perplessità su qualsiasi fatto sociale, non difendendo sempre e comunque, lancia in resta, chi sembra essere dalla parte del giusto. L’analisi strutturale e sovrastrutturale marxiana non va abbandonata, così come non vanno lasciati da parte metodi più moderni, come la geopolitica.
Non buttiamo il bambino con l’acqua sporca, solo perché altri usano l’acqua sporca per le loro analisi.
Prima di appoggiare la lotta di liberazione dei tibetani (ma è davvero tale? Chiedete a Losurdo), in quanto analoga a quella, che so, degli afghani, suggerirei di aspettare che la Cina ci sconfigga in guerra, ci invada, ci occupi con un centinaio di basi, ci tormenti con continue “intromissioni” nella nostra vita politica interna, e per giunta ci racconti che lo fa per il nostro bene. A quel punto sarò disposto pure a vestirmi da bonzo.
C’entra poco, ma avrei una questioncella: Gabriele da Milano scrive che è “farneticazione” “credere che dietro l’attacco terroristico dell’11 settembre ci sia l’internazionale Ebraica”. Pienamente condivisibile. La domanda è: non è altrettanto difficile, per non dir peggio, credere che dietro gli attentati ci sia l’internazionale Islamista?
Speravo che il dibattito non cadesse così in basso: La Grassa sarebbe “come un cagnolino che scodinzola felice per la carezza del suo (nuovo) padrone”? Cos’è? La battuta di un cinepanettone pecoreccio a base di peti e parolacce? Che finezza quel “nuovo” tra parentesi. E, di grazia, quale era il “vecchio”?
Si può polemizzare con La Grassa in tre modi: a) dimostrando che quel che dice è inesatto; b) dimostrando che quel che dice è sostanzialmente esatto ma parziale e che di conseguenza tira conclusioni politiche monche o anche sbagliate (è quel che cerco di fare io); c) con insulti, il che equivale a confessare di essere inadeguati .
Piero
PS
Qualuno mi spiega il nesso tra la lotta dei precari in Italia e quella dei bonzi tibetani (il cui capo è notoriamente – vedi documenti desecretati dal governo nordamericano – al soldo delle agenzie di intelligence americane, però ovviamente non per fare il gioco degli americani: che pensiero assurdo!)?
Roberto ha detto bene, molto bene, anzi benissimo, ed ha inquadrato perfettamente il pensionato-benestante-exaccademico La Grassa, che recentemente ha pubblicato l’ennesimo libro, dal titolo suggestivo “Due passi in Marx per uscirne infine” …
Ma per entrare dove, nel suo caso? Nella redazione di Libero o Il Giornale, fianco a fianco con dei mercenari disgustosi come Sallusti e Porro? Per servire meglio il clown mediatico di Arcore o il caporione leghista che battezza nel Po, con acqua inquinata, e divora salcicce nelle sagre “padane”?
Gabriele, invece, sbaglia. La Grassa e il suo groppuscolo nefasto devono essere attaccati spietatamente, senza risparmio con le loro stesse armi: insulti personali, contumelie, bastonate. In questo caso specifico – e soltanto in questo – se ci si mantiene nella titubanza, se si “gioca” in modo corretto ed elegante [Pagliani, che indubbiamente è più "signore" e pacato del sottoscritto], si rischia di essere strumentalizzati dai lagrassiani e utilizzati per i loro scopi. Gabriele deve sapere che Costanzo ha soltanto espresso perplessità sulla mia “aggressività”, ma io ho chiarito che adotto un certo lessico e le cattive maniere solo in casi come questo, non certo quando discuto con altri gruppi, con i quali si può avere un dibattito civile e costruttivo [ad esempio, i decriscisti].
Piero Pagliani ha anche le sue ragioni – ripeto, è stato più “misurato” e signore del sottoscritto – ma ad un certo punto è necessario fara una scelta precisa di campo, perché altrimenti si rischia di restare in mezzo al guado, nella “titubanza”.
Claudio Martini è, con tutta evidenza, un EuroNonAsiatista come il sottoscritto.
In prospettiva, esiste il pericolo di una colonizzazione cinese dell’Europa.
Riccardo Di Vito ha diritto ad una precisazione: l’attacco che ho condotto – senza risparmio di forze ed improperi – è rivolto alla teoria filocapitalistica della ricorsività lagrassiana ibridata con la cattiva geopolitica, o meglio con una concezione distorta ed ideologizzata della geopolitica, e non me la sono certo presa con questa disciplina in quanto tale … forse dovevo precisarlo meglio, ma l’ho fatto altrove.
Eugenio Orso
Per Maschio Alfa
Condivido tutto ciò che hai scritto nel tuo commento.
Costanzo è certo il più grande filofoso italiano vivente [non soltanto il più grande filosofo marxiano ...] e un giorno, forse, tutti lo riconosceranno come tale.
Costanzo stesso, che è molto modesto [anche troppo, a mio parere], dice che il tempo sarà con lui galantuomo, e c’è da augurarsi che i suoi meriti emergano non fra trenta o quaranta anni, ma molto prima.
Per quanto riguarda La Grassa, in quantu “guru”, e il suo groppuscolo, in quanto “think tank” filocapitalista proberlusconiano, precisiamo meglio quanto segue: le valanghe di insulti che lanciano in ogni direzione, in particolare nei confronti della debole e vile sinistra italiana, sia essa Pd o “radicale”, ma non solo, nascondono un’evidente debolezza teorica, poiché il loro modello non consente se non in modo distorto ed erroneo di spiegare questa realtà e di cogliere la sostanza di questo capitalismo, ma soltanto di concentrare l’attenzione in modo monomaniacale sugli scontri incessanti di natura elitistica …
La pochezza teorica è quindi “coperta” da una crescente aggressività contro tutti coloro che mettono in evidenza la debolezza e l’insufficienza della cosiddetta teoria lagrassiana, o che spostano l’angolo visuale verso altre direzioni.
Nessun dissenso è tollerato perché anche un minimo soffio di vento può far crollare il loro risibile “castello di carte”.
Eugenio Orso
Orso Rosso per orso polare
Se possibile, preferirei sostituire il Divino mago Otelma [Conte Belelli, se non erro] con Nostradamus.
Ho anch’io qualche piccola ambizione inconfessata.
Eugenio Orso
Claudio Martini ha scritto un commento condivisibile. Sono concorde nel ritenere la “lotta” del Dalai Lama come una di quelle da non appoggiare. Stesso dicasi per ciò che scrive il buon Piero Pagliani, anche se non sarei così “severo”, come è lui, nei confronti di Eugenio Orso, vista la storia degli attacchi di C&S nei nostri confronti e nei confronti dei lavoratori come lo stesso Eugenio…
Per Eugenio Orso: hai fatto bene a precisare che l’attacco non è contro la geopolitca tout court, anche perché sarebbe come prendersela con la geografia o con la storia come metodi di analisi scientifici… Un caro saluto.
E’ tutto vero quello che ha scritto Riccardo Di Vito …
In particolare, rilevo che agli attacchi, periodici e gratuiti, nel perfetto stile Porro-Sallusti, bisogna rispondere con uguale se non maggiore “intensità di fuoco”.
Più che gli attacchi contro Comunismo e Comunità – o i contrattacchi contro lo scrivente, che è un lavoratore, ma privilegiato e relativamente al sicuro – sono disgustosi gli attacchi proditori contro le prime vittime di questo capitalismo, dagli operai agli studenti, dai precari ai marginali.
Come ci ha insegnato Costanzo, se nel dibattito filosofico non ci sono nemici, ma interlocutori ai quali rispondere precisando meglio le proprie teorie e il proprio pensiero, i nemici esistono [eccome!] sul piano politico e sociale, ed è proprio su questo piano che avviene lo scontro più duro, da condurre senza esclusione di colpi.
Un vero anticapitalista
[Eugenio Orso]
Mi spiace Pagliani ma tu sopravvaluti enormemente il pensiero di La Grassa
apprezzo il tuo modo di fare, e lo stile della tua scrittura, ma purtroppo io non sono colto e letterato e quindi agli insulti di La Grassa a noi lavoratori (a me), agli studenti (a mio figlio) che hanno manifestato per i loro diritti non posso che rispondere con il punto c, e pazienza se sono inadeguato, naturalmente augurandomi sempre di vedere la sua, di testa, aperta da un manganello.
Io in questo dibattito lascerei fuori le caratteristiche sociologiche soggettive.
Personalmente milito a sinistra da quando avevo quindici anni (la prima manifestazione a cui ho partecipato era per protestare contro l’assassinio del Che), sono stato per trent’anni un impiegato metalmeccanico, ho sempre rifiutato i posti di dirigenza per motivi politici e mi sono rovinato promettenti e ricche carriere lottando a fianco dei consigli di fabbrica delle aziende in cui ho lavorato, fin quando è stato chiaro che non contavano ormai nulla rispetto alle gerarchie sindacali. Nel giugno del 2007 sono stato messo in mobilità e adesso sono disoccupato. I miei figli sono studenti universitari, hanno manifestato contro la “riforma” Gelmini e sono preoccupati, giustamente, per il proprio futuro.
Ma tutto ciò non c’entra assolutamente nulla col tema centrale del dibattito in corso.
Sono, come si vede, una vittima di “questo” capitalismo (perché “questo”?) e della crisi corrente. Ma ciò non mi mette nella condizione oggettiva di essere un anticapitalista, né di dover desiderare una manganellata sulla preziosa testa pensante di Gianfranco La Grassa le cui analisi con tutte le loro parzialità, con tutti i loro limiti, con tutta la loro ruvidità, con tutti i loro errori e le inaccettabili conclusioni politiche tratte, sovrastano nettamente la stragrande maggioranza dei cervellotici parti degli intellettuali marxisti nostrani.
Nemmeno sono soggettivamente anticapitalista per via di ciò che ho vissuto sul lavoro. Lo sono sempre stato per altri motivi, innanzitutto di carattere etico e per la storia di famiglia. Poi col liceo e l’università è venuta la riflessione razionale grazie a Marx. Ora sto cercando di capire come si può essere anticapitalisti in una situazione completamente mutata (con buona pace degli ortodossi della purezza marxista, ovverosia dei sacerdoti dell’imbalsamazione del pensiero di Marx, papi rossi alla Kautsky in formato mignon e in veste estremistica).
Come ai tempi di Marx abbiamo di fronte due strade: l’utopia o l’analisi scientifica. Può essere che senza utopia si combini poco a livello politico. Ma di sicuro non si può fare a meno di un’analisi scientifica e l’utopia non deve sovrastare la scienza, altrimenti saremmo semplicemente in balia di un egotismo irresponsabile. La quadratura del cerchio è molto difficile. E’ impossibile con soli riga e compasso e noi per ora non abbiamo altri strumenti. Qualcuno dà più importanza alla riga e qualcun altro al compasso. Sicuramente non è la rivendicazione di una posizione sociale difficoltosa ciò che risolve il problema. Il problema c’è e rimane.
Piero
Bravo Roberto!
Condivido l’augurio che hai espresso alla fine del commento n. 30.
Per quanto riguarda Piero Pagliani, che non conosco di persona e sul quale ho poche informazioni, mi sembra di aver capito che è un estimatore dello scomparso Giovanni Arrighi [quello del lungo ventesimo secolo e di Adam Smith a Pechino, per intenderci] più di quanto non lo sia di La Grassa.
Da quel poco che so di Pagliani, mi pare di aver capito che le sue migliori e più apprezzate analisi riguardano l’India, la situazione sociale e poltica del subcontinente, e i movimenti comunisti e antagonisti in quel mondo.
Saluti
Eugenio Orso
1. Azzeccato. Ho militato in epoche remote con Giovanni Arrighi nel Gruppo Gramsci di Milano e da allora sono un suo profondo estimatore. I suoi geniali affreschi sulla storia, i meccanismi e le contraddizioni del capitalismo suonano come una sveglia nel bel mezzo dei soliti sogni: capitale globale, finanziarizzazione come stadio inedito e magari supremo (sbaglio o lo aveva già detto Lenin?), esclusività del conflitto capitale/lavoro, comunismo subito, e via veleggiando sulle ali dei desideri, richiamando senza urlare alla realtà.
Sono anche un grande estimatore di Costanzo Preve, filosofo sopraffino e mente brillante. Due buoni motivi per essere emarginato in questo Paese in cui – come mi disse un cugino accademico – si avrebbe il coraggio di bocciare ad un concorso universitario di Filosofia anche Kant, se avesse il coraggio di presentarsi.
D’altra parte anche Arrighi, qui da noi, non se l’è praticamente filato nessuno. Anzi, io temo che la maggioranza dei nostri intellettuali di sinistra (tra quei pochissimi che si sono degnati di conoscere il suo pensiero) lo avrebbero volentieri strozzato pur di non dover fare i conti con le sue analisi, che sparigliano troppo le carte di una tradizione imbalsamata e ormai campata totalmente per aria.
Non è un caso che sia morto nella sua Baltimora e non nella più-non-sua Milano.
2. Sono contento se qualcuno apprezza i miei studi sull’India, anche se trovo già singolare che qualcuno li conosca. Il mio libro “Naxalbari-India. La rivolta nella futura terza potenza mondiale” non è stato promosso nemmeno dall’editore, pur essendo – se non erro – uno dei due soli libri sulla rivolta maoista indiana non pubblicati in India (l’altro è di un Australiano). Di fatto l’ho promosso io porta a porta.
Tuttavia non sono sicuro che quelle sull’India siano le mie “migliori e più apprezzate analisi”, come dice di aver capito Orso. Ognuno capisce ciò che vuole, in fondo, e usa gli espedienti retorici che più gli vanno a genio.
Conclusione, questo dibattito mai iniziato è già finito e io mi dedicherò all’articolo che devo scrivere per il prossimo numero di C&C.
Piero
Precisazione necessaria.
Costanzo mi ha detto, in breve, che: Pagliani è un pensatore di valore, è “un esperto di India”, nonché uno legato ad Arrighi.
Eugenio Orso
Vorrei fare con questo un intervento “moderato” (proprio io!). Siccome questo non è il blog di Conflitti e Strategie bensì quello di Comunismo e Comunità perché non impariamo (mi rivolgo specialmente a coloro che collaborano in un modo o nell’altro a rivista e sito) a discutere meglio sforzandoci di entrare nel merito delle questioni lasciando stare toni polemici e stizzosi che non portano a nulla?
Pur comprendendo lo stato d’animo di E. Orso (sono anch’io lavoratore dipendente), credo sia più utile entrare nel merito delle questioni, come suggerisce Catalano. In passato sono stato un frequentatore (a fasi alterne) del sito Ripensare Marx, come Orso d’altronde, e per un certo periodo vi era la volontà da parte dei suoi redattori di affrontare le questioni, alcune di natura teorica sul pensiero marxiano e sul marxismo, accettando il dialogo pluralista. Ad un certo punto poi qualcosa è mutato nell’atteggiamento di La Grassa e company, e chiunque sembrava non totalmente allineato sulle loro proposte teoriche veniva o ignorato (nella migliore delle ipotesi), o coperto di improperi. E’ un peccato la metamorfosi di quel blog-sito (sintomatico il cambio di nome in Conflitti e Strategie), che, al pari di Comunismo e Comunità, cercava inizialmente di fuoriuscire dalle secche di una tradizione marxista ormai ossificata, cercando di elaborare una nuova teoria critica che non rinunciasse a ciò che di più vitale vi è ancora nel pensiero marxiano. Ho letto con grande passione numerosi testi di La Grassa e altrettanti di Costanzo Preve, i due pensatori più originali espressi dalla tradizione marxista degli ultimi decenni. Purtroppo constato che La Grassa negli ultimi anni ha assunto un atteggiamento di chiusura, intollerante verso qualsiasi dubbio o critica che si porti al suo impianto teorico. E’ un peccato, ma credo non vi siano più le condizioni per dialogare con lui né con il suo blog e credo sia totalmente inutile polemizzare con loro. Comunque non posso non dichiarare il mio apprezzamento per il lavoro teorico di decostruzione e ricostruzione di un nuovo pensiero critico, e di approfondimento delle dinamiche sociali in atto, svolto da Comunismo e Comunità, che seguo da tempo.
Pasquale S.
Grazie a tanti compagni come, te, caro Pasquale, il nostro lavoro teorico potrà avere degli sbocchi. Sarebbe auspicabile che tutte le forze si unissero in questo senso, per continuare nell’analisi, ma, nel frattempo, per porre sul campo anche uno sviluppo in senso militante. Ovviamente da quel “tutte le forze” ormai mi sento di escludere l’ultimo GLG, non certo quello di qualche anno fa, che tanto ci ha dato in termini di comprensione delle dinamiche intercapitalistiche.
Un caro saluto
In effetti, sarà bene continuare a dibattere come è sempre stato fatto con chi ha avuto voglia e possibilità di discutere con noi, senza ricorrere a toni che non ci sono propri.