Il concetto di philosophia dalle origini ad Aristotele

nov 10th, 2023 | Di | Categoria: Teoria e critica

 Luca Grecchi: Il concetto di philosophia dalle origini ad Aristotele

 

Salvatore Bravo

 

Filosofia/Filosofie

 

La ricerca filosofica di Luca Grecchi è ricerca dell’umano e del suo senso. In questi nostri tempi di sola ragione strumentale, vi sono autori che ci rammentano – con la loro testimonianza – che la filosofia non è soltanto ricerca teorica, ma anche prassi: teoria e prassi, in armonica unità, con il compito di promuovere lo sviluppo delle molteplici dimensioni dell’essere umano, così che ogni soggetto possa esprimere la propria eccellenza, nella luce che si irradia allora dalla ritrovata essenza della propria natura etica e razionale. Si tratta di una trasgressione all’ordine del discorso vigente, una rara postura, la cui presenza ci è sostegno e di incoraggiamento.

La ricerca filosofica non è da chiudere in un forziere come gioielli e diamanti[1], metafora utilizzata da Platone, ma essa è un seme che per svilupparsi necessita del buon terreno e dunque di uomini e donne disponibili all’ascolto dialettico. La filosofia è dunque un bene comunitario, può nascere in qualsiasi tipo di terreno-comunità, purché vi siano uomini e donne orientati alla verità e al bene.

La filosofia è comunità in cammino che trae da sé l’orizzonte etico e razionale verso cui tendere. Ci si salva assieme, per questo il seme della filosofia necessita di buoni terreni da curare e coltivare, mai singolarmente, ma in una relazione paideutica ed etica. Nel suo percorso di ricerca Luca Grecchi ha chiarito il concetto di “Filosofia”. Non è una banalità. In una realtà accademica dominata dalla frammentazione della Filosofia in specialismi, definire la Filosofia significa trascendere divisioni e dispersioni che inevitabilmente hanno condotto la disciplina verso la sua “crisi”. Senza identità non vi è la razionalità del senso. La Filosofia assimilata a qualsiasi altra scienza specialistica, per piacere al mondo, finisce con annichilirsi in una pletora irrazionale di campi specialistici, in cui è rimosso l’essenziale della prassi filosofica. La filosofia è tale se risponde a tre paradigmi, i quali sono tra di loro in una feconda relazione dialettica:

 

«Per quanto concerne l’analisi che ho cercato di effettuare del concetto di philosophia nel pensiero greco originario, giunsi già nel 2008, come ricordato, ad elaborare una definizione che ho sostanzialmente mantenuto invariata fino ad oggi. In base ad essa la philosophia, nella sua essenza, costituisce, sin dall’inizio, un sapere caratterizzato da tre elementi essenziali: a) come contenuto la ricerca veritativa sull’intero della realtà; b) come fine la buona vita degli esseri umani; c) come metodo principale la dialettica[2]».

La Filosofia sin dalle origini tratta dell’interalità, essa ha come oggetto l’analisi critica e valutativa della realtà storica per verificarne la sua conformità alla natura umana. L’intero (to holon) non è il “tutto” (to pan)[3], in quanto l’interalità pone le parti in relazione, mentre il tutto è semplice giustapposizione delle parti. Lo sguardo filosofico per poter far emergere la verità storica e valutarla con il paradigma della natura umana deve relazionare le parti, in modo da dimostrare dialetticamente il giudizio valutativo e far emergere le connessioni dinamiche. L’infelicità di molti nell’odierno sistema capitalistico è il risultato delle relazioni competitive e crematistiche che muovono il sistema. La buona vita non è mai solitaria, è pratica che si coltiva in comune, in quanto ogni essere umano per “natura” è parte di un intero con il quale si relaziona. La rimozione della Filosofia, e la messa in campo delle Filosofie, ha la sua ragion d’essere nell’occultamento pianificato della valenza etica e valutativa della Filosofia. Il sistema capitalistico si sottrae al giudizio qualitativo, in modo da neutralizzare l’elaborazione di modelli sociali ed economici alternativi. Pertanto la Filosofia sopravvive solo nella forma depotenziata delle Filosofie, le quali sono la riproduzione delle scienze, che colgono, per loro statuto epistemico, la parte e mai l’intero.

 

Sophia

La filosofia nei manuali è definita “amore per la sapienza”. La banalizzazione della Filosofia spesso conduce a non pensare la relazione tra l’amore-desiderio e la sapienza. Anche in questo caso lo sguardo filosofico di Luca Grecchi ci offre non solo una descrizione fenomenologica, ma anche una valutazione critica con notevoli risvolti etici. La philia è il desiderio-amore, ma se il desiderio-amore prevale sulla sophia rischia di essere desiderio-passione del male e dell’irrazionale. Il nostro sistema crematistico spinge l’umanità al desiderio dei consumi, in questo caso il desiderio è dimensione funzionale agli interessi del capitale. Si tratta di desideri anche di “cose cattive” ma percepite come buone. Per questo il termine philosophia implica, in primis, la ricerca (theorein) della sophia, in modo che il soggetto sia sottratto al caos e al tumulto dei desideri indotti o pulsionali e possa orientarsi verso (“il bene”). La felicità è nella pratica del desiderio mediato dalla sapienza: ecco trovata la ragione dell’infelicità nel capitalismo, in esso è il desiderio a prevalere fino a cancellare la sapienza critica e dialettica:

 

«Quando, in effetti, la philia assume il primato, si può facilmente desiderare di divenire philoi di ogni cosa, anche dannosa. Platone parla infatti, in un noto esempio, dei philotheamones, ossia degli amanti degli spettacoli, i quali, nonostante vi siano molte occupazioni utili, tendono ad appassionarsi a tutti gli intrattenimenti inutili che offre il mondo crematistico, finalizzando male il proprio desiderio, pertanto utilizzando male il proprio tempo, quindi vivendo male la propria vita. Chi attribuisce preminenza alla philia rispetto alla sophia, in effetti, si comporta come i Sofisti, i quali “vanno errando tra le molte realtà che sono in molti modi, e per questo non sono filosofi”[4]».

La Filosofia è un sapere teoretico sempre in relazione con la prassi. La felicità è governo delle passioni, ma queste possono assumere una forma etica solo nella chiarezza della verità-bene. La storia della Filosofia, palesa Luca Grecchi, è caratterizzata dalla relazione teoria-prassi con modalità e gradualità differenti, ma sempre all’interno dello stesso canone:

 

«La philosophia, infatti, si presenta sin dagli inizi della cultura ellenica come unità di pensiero e azione, in quanto l’anthropos, per realizzare la propria natura razionale e morale, deve insieme pensare e agire. Esso deve, meglio, pensare ricercando sul piano teoretico la verità, ed insieme agire ricercando sul piano pratico il bene. È vero, infatti, che la conoscenza teoretica della verità consente la migliore azione pratica finalizzata alla realizzazione del bene, ma è vero anche che la realizzazione di azioni pratiche finalizzate al bene consente al contempo un migliore rivolgimento teoretico alla conoscenza veritativa. Per questo motivo fra verità e bene, così come fra teoria e prassi, vi è circolarità. Una buona prassi di vita consente di conoscere con maggiore verità, così come conoscere con maggiore verità favorisce una buona prassi di vita[5]».

Thauma

Lo Thauma come condizione del filosofare è presente sia in Platone che in Aristotele. Il terrore-meraviglia (thauma) dinanzi all’incerto e all’aporia conduce all’infelicità. L’incerto e la precarietà in ogni loro aspetto conducono all’instabilità e alla passività. L’essere umano ricerca con la verità-bene la stabilità per poter progettare ed essere soggetto attivo della sua esistenza comunitaria. La sophia risponde a tali esigenze, essa non è un sterile domandare, essa è ricerca delle risposte che scaturiscono dalle domande da porre. Sapere perfettibile in quanto dialettico e comunitario non si arena nelle sabbie mobili delle sole domande, ma è risposta all’angoscia dell’esistenza. La Filosofia è prassi, e ciò è testimoniato dalla costante relazione tra teoria e prassi presente sin dalle origini:

 

«Se è vero, dunque, che il thauma derivante dalla mancata sophia produce la philia verso la sophia, come tale benefica, è vero però anche che, finché si rimane in una situazione di thauma, ossia di mancanza, ci si trova in una condizione di infelicità. Così è sia per la sofferenza di non conoscere le risposte a problemi importanti, sia per la fatica di doverle ancora cercare, sia per l’incertezza di non sapere se si riuscirà a trovarle. È infatti solo quando il desiderio di sophia risulta compiutamente appagato, nei limiti umanamente possibili, che si può giungere ad una condizione, almeno temporanea, di felicità. Per la natura finita dell’anthropos, in effetti, lo spazio per un appagamento definitivo, ossia per l’estinzione totale del desiderio di sophia, con tutto ciò che ne consegue, non è mai per Platone destinato a verificarsi. Il logos, infatti, per quanto si incrementi, in un ente finito come l’anthropos non può mai conoscere infinitamente, ossia non può mai concludere il proprio compito, come già aveva compreso Eraclito (22 B 45, B 115)[6]”.

Sophia e desiderio

La sophia è desiderio raggiungibile e realizzabile. Non è un vano desiderio adolescenziale che si perde e disperde nel gioco delle domande, ma è risposta che trasforma le esistenze e pone le condizioni per “la buona vita”. La felicità è una relazione tra sapienza, bene e desiderio. Solo la conoscenza della verità e del bene è apportatrice di desideri che nel loro realizzarsi pongono in prassi la felicità:

 

«Il tema della ricerca del bene risulta dunque strettamente connesso, per Platone, con il tema della felicità. I philosophoi, infatti, desiderano conoscere il bene non per curiosità teoretica, ma per l’efficacia pratica che questa conoscenza porta con sé nel favorire una vita felice. Come ripete in effetti più volte il filosofo ateniese, chi conosce con verità il bene è portato a fare il bene, anche il proprio, dunque ad essere felice. Non a caso l’espressione eu prattein, la quale indica lo svolgimento di una buona prassi, è traducibile sia con “agire bene”, sia con “stare bene”. Una vita in cui si agisce bene è infatti una vita in cui si sta bene, ossia in cui si è felici. Per questo nella Repubblica si afferma che il filosofo, ossia la persona che conosce meglio la felicità, facendone quotidianamente esperienza, è anche colui che sa meglio giudicare in merito a questa tematica[7]».

Lo Stagirita affermerà nel frammento “Sulla Filosofia” che la Filosofia è una luce che pone in chiarezza ciò che è nascosto. Essa non vive tra le ombre, ma le pone in fuga, in modo da mostrare-dimostrare non solo com’è la realtà, ma anche come “dovrebbe essere”. È in questa relazione olistica e dialettica che l’essere umano si ritrova e può realizzare compiutamente la sua natura etica:

 

«La testimonianza attestata da questo frammento, come noto, assai discussa, riporta che per lo Stagirita ”la sophia fu chiamata così come se fosse una specie di chiarezza (sapheia), in quanto rende chiare tutte le cose”. Essa sarebbe, cioè, «una specie di luce», in grado di illuminare le realtà più nascoste, ossia quelle che stanno alla radice di tutto, ovvero le cause prime. Esse, infatti, pur chiarissime in sé, risultano, almeno inizialmente, oscure per noi, a causa dei limiti della umana conoscenza. La sophia rappresenta dunque, per Aristotele, il sapere più profondo, in grado di mostrare non solo come le cose sono, ma anche come devono essere[8]».

La Filosofia nasce per Aristotele per rispondere ai problemi della vita, e affinché ciò possa essere non è necessaria solo la phronesis, ma essa è tale solo se guidata dalla sophia:

 

«Così è in quanto la phronesis, ossia la capacità di deliberare in maniera efficiente scegliendo i mezzi più idonei alla realizzazione di un fine buono, risulta attività strumentale al bene dell’anthropos, non attività fine a sé stessa, dunque libera, quale è appunto la sophia. Poiché una attività strumentale risulta sempre inferiore rispetto a una attività libera, così come uno strumento risulta sempre inferiore rispetto al fine cui tende, la phronesis risulta subordinata alla sophia. Aristotele utilizza spesso, in merito, l’analogia fra la phronesis/medicina e la sophia/salute, per indicare che la prima può solo essere un mezzo in funzione della seconda, che è fine105. In particolare, egli afferma che la phronesis “non è signora della sapienza (oude kuria … tes sophias)”, per cui può dare “ordini in vista di quella, ma non a quella”[9]».

Il testo di Luca Grecchi ci guida a trascendere i pregiudizi verso la Filosofia, poiché nel nostro tempo “all’ombra del capitale” si censura il corpo vitale della Filosofia mediante l’occultamento del suo senso e con la produzione pianificata di pregiudizi-chiacchiere su di essa. Il testo di Luca Grecchi è catartico, contribuisce a liberare la Filosofia dalle sovrastrutture che ne inibiscono il volo dialettico verso il bene e ci riconcilia con una disciplina che non è mero esercizio di domande, ma è ricerca della “buona vita” per ogni essere umano.

 

[1] Luca Grecchi, Il concetto di philosophia dalle origini ad Aristotele, Scholè Morcelliana 2023, pagg. 162-163.

[2] Ibidem, pag. 12.

[3] Ibidem, pag. 128.

[4] Ibidem, pag. 101.

[5] Ibidem, pag. 39.

[6] Ibidem, pag. 95.

[7] Ibidem, pag. 139.

[8] Ibidem, pag. 181.

[9] Ibidem, pag. 201.

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