L’alienazione umana da Rousseau a Marx
apr 16th, 2010 | Di Eugenio Orso | Categoria: Teoria e criticadi Eugenio Orso
Da J. J. Rousseau a K. Marx, passando attraverso G. W. F. Hegel, il passo non è breve, per quanto attiene il concetto di alienazione dell’essere umano.
Dopo Hegel, il gigante del pensiero che ha influenzato le generazioni successive di filosofi, e dopo il Feuerbach dell’alienazione religiosa, arriviamo al Marx dell’alienazione umana nella sua condizione storica e nella realtà del lavoro e dei rapporti di produzione.
In altri termini, tale controverso concetto ci riporta all’estraniamento e al divenire altro da sé, sia da un punto di vista dell’evoluzione storica e nei rapporti sociali sia da quello dell’approccio adottato e della stessa definizione dell’alienazione, perché si passa da un certo contrattualismo, incarnato dalla tormentata e controversa figura settecentesca di Rousseau, alla critica più alta del capitalismo, rappresentata dal pensiero di Marx, attraversando gli immensi territori della filosofia hegeliana.
Da un lato, la diversità e l’alienità riguardano fin dalla notte dei tempi il rapporto con l’altro, l’allos, estraneo alla comunità di appartenenza, percepito non di rado come un intruso perché distante dal mondo culturale di riferimento, colui che appare come lo straniero, il barbaro con il quale i rapporti possono non essere facili, data la diversità di costume, di religione, di stile di vita, di concezione stessa dell’esistenza.
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