Merci++ Ovvero i feticci non sono più quelli di una volta

ago 7th, 2023 | Di | Categoria: Capitale e lavoro

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Merci++

Ovvero i feticci non sono più quelli di una volta

di Stefano Borselli

 

Quasi un anno fa, Il Covile № 646, pubblicai un te­sto sulla questione del feticismo delle merci inti­tolato «Marx e gli stalloni dello storpio» nel quale, tra l’altro, mi confrontavo criticamente con un brillante articolo sul tema di Daniele Vazquez (vedi in rete: L’anatra di Vaucanson, 4 aprile 2016). Successivamente, sul­la scorta del­le forse ora meglio comprese chiarificazioni, anche terminologiche, di Jacques Camatte, mi sono reso conto di alcune lacune. Con questo provo a colmarle.

* * * *

Jacques Camatte, nella sua opera Emer­genza di Homo gemeinwesen, separa con­cettualmente quello che chiama il movimento del valore, da quello, successivo, del capitale. Ciò, insieme ad altre importanti implicazioni che non tratteremo qui, gli per­mette di non fraintendere il celebre incipit del Capitale di Marx:

La ricchezza delle società nelle quali pre­domina il modo di produzione capita­listico si presenta come una «immane raccolta di merci» e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l’analisi della merce.

Il passo ha infatti dato luogo all’idea che la mercificazione sia caratteristica nuova e propria della società capitalistica. Idea pere­grina perché scambio, mercato, merci, equiva­lente generale, denaro, conio ecc. precedo­no di gran lunga l’af­fermazione del capitale. In effetti, a pensarci, quello che si presentava nelle agorà greche o nei fòri romani non era già una «immane raccolta di merci», dove ve­nivano «mercificati» alimenti, animali, uomi­ni? Il capitale, imponendosi, ha trasformato in modo a lui confacente non solo il lavoro1 (dalla ricca complessità di quello artigiano sussunto inizialmente nella manifattura, al­l’astrazione parcellizzata del lavoro mecca­nizzato della fabbrica moderna) ma pure la natura della merce, come vedremo. Scrive Ca­matte:

Torniamo al Capitale. La prima sezione ha per titolo «Merce e denaro». Nel qua­dro di uno studio sul capitale, il fatto di non segnalare il carattere della merce e del denaro poteva portare a confusioni Tuttavia Marx in un altro testo afferma: «Partiamo dalla merce, da questa forma specificamente sociale del prodotto, come base e presupposto della produ­zione capitalistica. [...] Ma d’altra parte la merce è il prodotto, il ri­sultato, di questa produzione: ciò che appare all’inizio come uno dei suoi ele­menti, rappresenta poi il suo prodotto piú specifico. Infatti, è solo sulla base della produzione capitalistica che il pro­dotto assume la forma generale della merce, e piú la produzione capitalistica si sviluppa, piú tutte le componenti di questo processo diventano merci».2 ¶ Il modo di produzione capitalistico gene­ralizza la forma mer­ce, il che è piena­mente riconosciuto e oggi di moda sotto il nome di mercificazione. Da ciò, il capi­tale si assicura un solido presupposto per la crescita del proprio processo. Tale mercificazione è d’altra par­te ormai un fenomeno arcaico, concluso; ciò di cui a questo pun­to si tratta è una capitalizzazione. ¶ Di conseguenza sarebbe stato bene for­mulare il titolo del primo capitolo: «La merce e il denaro come presupposti del capitale», per poi spiegare come non solo la moneta (il denaro) ma le merci (la forza lavoro come i mezzi di produ­zione) sono trasformate in capitale nel corso di un processo di produzione imme­diato, unità di un processo di lavoro e di un processo di valorizzazione. Se non avvenisse cosí, il binomio, la dualità de­naro-merce, persisterebbe e la disconti­nuità che normalmente s’impone sarebbe escamotata: «La produzione capitalisti­ca è produzione di plusvalore». Questa conferisce alla forma moneta e alla forma merce un contenuto nuovo. Non si deve dimenticare che, se il movimento del capitale è possibile solo a seguito della separazione degli uo­mini, delle donne, dalle loro comuni­tà, dalla terra e dai mezzi di produzione, esso s’instaura e s’impone in quanto feno­meno di unione, di fusione della mo­neta e della merce, della forza-lavoro e dei mezzi di produzione. In seguito si svi­luppa un fenomeno di sostituzione: tutti i presupposti del capitale vengono riprodotti in forma capi­talizzata.3

Ancora Camatte:

Nella prima parte del Sesto capitolo, dove è chiaramente affermato che la pro­duzione capitalistica è produzione di plusvalore, Marx indica che le merci prodotte dal capitale devono essere stu­diate dopo quella del processo di produ­zione immediato, perché ciò costituisce il «passaggio al secondo libro, la circola­zione del capitale», là dove si tratta del­le metamorfosi del capitale e il loro ci­clo. È l’altro risultato di questo proces­so. Tale studio è contenuto in «Le merci come prodotti del capitale, della produ­zione capitalistica». ¶ «Sulla base del modo di produzione capitalistico come modo predominante, ogni merce è necessariamente, per co­lui che la vende, merce-capita­le».4

Per riassumere e, spero, aiutare a com­prendere, propongo questa tabella che mo­stra le variazioni della presentazione, del «carico», degli oggetti nei successivi contesti:

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Dobbiamo tuttavia notare che mentre il passaggio dello statuto degli oggetti da fetic­cio a merce del primo tipo è general­mente ben compreso non cosí si può dire della successiva metamorfosi.5 Il citato Vaz­quez dunque titolava bene il suo testo «I primi cedimenti del feticismo delle merci», solo che prendeva per un tramonto quello che era il meriggio, il pieno dispiegamento del capitalismo.

 

• Caveat.

Prima di passare ad alcune esemplifica­zioni è necessario puntualizzare che la serie storica presentata in tabella non è da ve­dere in senso riduttivo e meccanico: innanzi­tutto i processi di capitale D-M-D+ iniziano millenni prima dell’epoca moderna,6 solo che allora il capitale, non ancora in grado di dominare il processo produttivo su larga sca­la, era allo stadio di fenomeno marginale e non percepibile, come l’Alzheimer decenni prima della diagnosticabilità. Di contro, for­me economiche e mentalità ‹passate› riman­gono vive e attive ben oltre la per­dita storica della dominanza. Cosí le tre modalità degli oggetti sono ancora oggi, con differenze per aree sociali e geografiche, tutte presenti. La storia ci narra infatti di insospettate anticipa­zioni, di resistenze fiere e protratte nonché di veri e propri arretramenti (si pensi al crol­lo del­l’impero romano), come spiega Euge­nio Montale:

La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.

Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.

La storia è anche benevola: distrugge
quanto piú può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.

La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e piú di un pesce sfugge.

Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.

Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.

Gli altri, nel sacco, si credono
piú liberi di lui.*

 

• Illustrazioni dell’uso della tabella.

Si pensi ai mobili che, offerti al desiderio mimetico delle amiche, si avvicendavano nell’ar­redamento del salotto di Madame de Pompadour: li possiamo facilmente identifi­care come merci del primo tipo; quelli che stabilmente, in una ricerca durata una vita, riuscí ad ospitare nella sua casa Mario Praz erano invece per lui palpabili feticci, carichi di un mana fatto di storia, memoria e bellez­za. E che dire del totalmente apraziano Vel­troni che quale primo segretario del PD, ostenta la sede rifatta tutta IKEA?: merci del secondo tipo.

Cosí il durevole dipinto manierista del­l’Allori, commissionato nel cinquecento da un magnate fiorentino, che per secoli ha fat­to mostra di sé nel palazzo di famiglia per es­ser poi vantaggiosamente venduto nel difficil­e ultimo dopoguerra, nonostante le vestigia di feticcio lo collochiamo tra le mer­ci del pri­mo tipo, a differenza dei centinaia di effimeri schermi da computer che adornano (?) le stanze della villa di Bill Gates con riproduzio­ni on demand (con un clic si apre il menu) dell’im­ma­gine di migliaia di dipinti; schermi che iden­tifichiamo senza difficoltà, né invi­dia, come merci-capitale.

Gli esempi potrebbero continuare, si pensi alle auto Euro4, merci-capitale nate già con rottamazione programmata, mentre i cultori delle auto d’epoca provano a far risalire allo stadio di feticcio gli amati veicoli vintage, come l’Anglista. Ma ci fermiamo qui.

 

• Merci non piú tesaurizzabili.

Sempre Camatte:

Marx termina il primo libro con la setti­ma sezione: «L’accumulazione del capi­tale», che si trova in corrispondenza, con­cordanza, con la terza parte del capi­tolo I risultati, vale a dire: «La produ­zione capitalistica è produzione e ripro­duzione del rapporto di produzione spe­cificamente capitalistico». ¶ Aggiungia­mo che nella settima sezione si trova una certa confusione di termini tra accumula­zione e riproduzione. Il capita­le non accumula, né si accumula, ma si riproduce su scala costantemen­te allargata. È il denaro, in quan­to numerario, in quanto moneta, che fu accumulato sotto forma di tesoro, tesaurizzato, il che costituiva ostaco­lo al movimento del valore. Se il capitale accumulasse, non avrebbe inva­so tutti gli ambiti della vita umana, come si è effettivamente realizzato in seguito alla sua riproduzione sempre allargata. L’accumulazione evoca qualcosa di stati­co; si potrebbe dire una staticità. Al contrario la riproduzione implica la flui­dità, come è spiegato in Risultati.8

Questa osservazione è fondamentale per com­prendere le successive metamorfosi del feticismo: le merci del primo tipo, soprattut­to quelle di lusso, gioielli, tappeti, dipinti, ecc., ve­nivano anch’esse accumulate e con­ser­vate in quanto condividevano col dena­ro l’aspirazione alla perennità, ma con l’avvento del capitale tutto deve cambiare:

L’imperiturità [Unvergänglichkeit], al­la quale aspi­ra il denaro mentre si rap­porta negativamente di fronte alla circo­lazione (sottraendosi a essa), la rag­giunge il capita­le, proprio per il fatto che esso si abbandona alla circolazio­ne.9


Note
* Da: «La storia», in Satura, 1971.
1 Vedi: Gianfranco La Grassa, «Lavoro astratto ed espropriazione ‹reale dei produttori» Il Covile, № 664, aprile 2023.
2 K. Marx, Risultati del processo di produzione immedia­to (chiamato anche VI capitolo inedito del Capitale).
3 J. Camatte, «Il movimento del capitale» cap. 12 di Emergenza di Homo gemeinwesen. Il capitolo e in corso di tra­duzione per la cura di Gabriella Rouf. Le note sono state omesse. Enfasi nostre.
4 Ivi.
5 Un esempio dalla voce Feticcio della Treccani, già ci­tata nel №646: «Cosí il valore delle merci, che ha la sua origine in un rapporto sociale ed è il risulta­to di un’attività economica (il lavoro), viene attri­buito agli oggetti materiali, i quali possono essere scambiati fra di loro come se il valore fosse una pro­prietà intrinseca agli oggetti stessi. Se si prescinde dal valore d’uso delle merci — afferma Marx —, si prescinde anche dalle loro forme corporee; la merce perde le qualità sensibili a favore del valore di scam­bio, l’equivalente del ma­na che i primitivi attribuiva­no agli oggetti e agli ani­mali cancellando la loro natura» (parte del lemma a cura di Enrico Comba).
6 Camatte ricorda che Marx in questo caso usa il ter­mine «formel Capital», capitale formale.
7 Da: «La storia», in Satura, 1971.
8 J. Camatte, «Il movimento del capitale», op. cit.
9 Karl Marx, Urtext, ed. Il Covile, 2023, p. 142.

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