Un articolo del 2003 illuminante, anticipava i tempi, ma non era il tempo, oggi è tempo!
Gli Usa, l’Occidente, la Destra, la Sinistra, il fascismo ed il comunismo.
Problemi del profilo culturale di un movimento di resistenza all’Impero americano
di Costanzo Preve
1. Siamo alle solite. Vogliamo mettere in piedi un movimento politico e culturale di resistenza all’impero americano, uno dei progetti più ambiziosi e strategici degli ultimi decenni in Italia e, crediamo di poterlo fare con i vecchi patetici arnesi delle polemiche contingenti di breve respiro contro provocatori, energumeni e narcisisti del tutto casuali. Brutto segno. Un movimento di resistenza all’impero americano ha come presupposto indispensabile una riclassificazione strutturale di gran parte delle culture politiche ereditate dal Novecento.
Personalmente non mi sottraggo ad un’eventuale funzione di direzione politica di questo futuro movimento (che non c’è ancora, perché non basta un’autoproclamazione ultra minoritaria per fare un movimento), ma dichiaro solennemente che il mio interesse primario va alla riclassificazione strutturale delle culture politiche ereditate dal Novecento. Chi non capisce la crucialità di questo punto diventerà prima o poi (e più prima che poi) un fattore di ritardo e di confusione.
2. Partiamo da due testi sostanzialmente minori ed occasionali. Si tratta dell’articolo di Magdi Allam pubblicato sul “Corriere della Sera”, 13-10-2003, intitolato sapientemente “L’Occidente per noi è un nemico. Così gli estremisti ora si alleano”, e l’intervento di Fulvio Grimaldi intitolato “Fascisti Sinistrati”, messo in rete il 28-9-2003 sul suo sito denominato “Mondocane Fuori linea”. Ripeto, si tratta di testi assolutamente minori ed occasionali . Eppure ritengo che tutti coloro che sono interessati alla costruzione di un movimento contro l’impero americano devono procurarseli, riprodurli e leggerli con estrema attenzione.
3. Si tratta, infatti, di ottimi testi, che colgono in modo intuitivo ma sostanzialmente corretto i due punti culturali strategici che verranno usati contro di noi nel prossimo futuro. Facciamo attenzione.
Il primo punto concerne l’Occidente, e cioè il fatto che chi si oppone all’impero americano è anti-occidentale, è un nemico dell’Occidente, è la quinta colonna dell’odierno nemico strategico nello scontro di civiltà in cui siamo, eccetera. Il secondo punto dice invece che chi fa questo in modo nuovo, e cioè al di fuori dei canoni consolidati (ed ormai ben noti e conosciuti e dunque inoffensivi) del veterocomunismo e del veterofascismo è in realtà un Fascista Infiltrato (o per malvagità o per stupidità, cioè o per estrema astuzia o per estremo rincoglionimento). Chi scrive è connotato per nome e cognome da Grimaldi come caposcuola di questi fascisti sinistrati .
Essere insultato così da un vecchio arnese del modo staliniano di fare polemica politica non mi offende affatto, ed è anzi per me un onore. Non si può infatti fare la frittata senza rompere le uova. Ma ora passiamo alle cose serie da discutere.
4.Imprimiamoci bene nella memoria questo modello a due teste: chi si oppone all’impero americano fuori dai codici ortodossi del veterocomunismo e del veterofascismo è un nemico dell’Occidente, in primo luogo, ed un fascista infiltrato, in secondo luogo. Si tratta di un modello simbolicamente fortissimo, perché unifica in modo creativo la tradizione del colonialismo imperialistico e della sua unilateralità illegale nell’invadere paesi terzi (Magdi Allam) e la tradizione paranoica e magica del comunismo storico novecentesco di matrice staliniana (Fulvio Grimaldi). Chi non capisce la forza di questo modello non è in grado di condurre una battaglia culturale di medio e di lungo respiro. In questo breve saggio, senza alcuna pretesa di sistematicità (le cose infatti sono ancora all’inizio) proporrò alcune indicazioni per affrontare la questione.
5. Il fondamento ideologico dell’impero americano sta nell’identificazione sostanziale fra Usa ed Occidente, più esattamente nella teodicea divina del culminare della storia dell’Occidente (definito ebraico – cristiano) nel benefico potere degli Usa. In questo senso la globalizzazione del mondo è in realtà una anglobalizzazione del mondo. Chi vede solo l’aspetto economico vede solo la globalizzazione. Ma chi sa unire l’aspetto economico a quello culturale non vede affatto la globalizzazione ma l’anglobalizzazione.
Ho parlato di teodicea, cioè di interpretazione religiosa e provvidenzialistica della Storia, perché si tratta di un aspetto essenziale, che generalmente non viene mai colto da chi si limita ad una visione economicistica dei problemi internazionali.
L’anglobalizzazione ideologica, infatti, si fonda su una specie di “deismo cerimoniale” (come il giuramento nazionale americano, che si fa sempre sulla bandiera e su Dio, un dio inteso come denominatore comune di tutte le diverse religioni monoteistiche presenti in territorio americano), che a sua volta dichiara di rifarsi alla tradizione giudaico – cristiana. Vi sono da fare qui subito due osservazioni strategiche.
In primo luogo, personalmente non so assolutamente che cosa significhi l’espressione cultura giudaico – cristiana. Io conosco due fenomeni distinti, il cristianesimo e l’ebraismo, e li rispetto entrambi. Questi due fenomeni sono qualitativamente incompatibili, perché l’uno afferma l’incarnazione divina dell’uomo e l’altro lo nega. Non si tratta infatti solo del riconoscimento o meno di Gesù di Nazareth, cioè del Cristo, come di natura divina. Si tratta di due concezioni a mio avviso incompatibili, il che ovviamente non significa che non debbano convivere pacificamente e dialogare amichevolmente, come si fa ad esempio con l’islamismo, il buddismo, l’induismo il confucianesimo, lo shintoismo eccetera.
Sono a conoscenza che la Bibbia cristiana è composta sia del Nuovo che del Vecchio testamento, ma non per questo credo che esista una tradizione unificata giudaico – cristiana.
So che basta molto meno oggi per essere accusati di cripto – antisemitismo e non so purtroppo cosa farci. Ritengo infatti che questa nozione del tutto ideologica, e cioè la presunta (ed a mio avviso inesistente) tradizione unificata giudaico – cristiana sia di fatto il luogo simbolico in cui l’anglobalizzazione del mondo incontra il sionismo o più esattamente l’equazione (a mio avviso scorretta ed addirittura blasfema) fra ebraismo e sionismo.
Se consentiamo questa unificazione di queste due inesistenti equazioni, e cioè Cristianesimo =Usa, ed Ebraismo=Sionismo, allora abbiamo effettivamente il deismo cerimoniale che fa da giuramento di fedeltà all’anglobalizzazione.
In secondo luogo, dire che la tradizione occidentale è giudaico – cristiana significa di fatto escludere, non nominare e di fatto cancellare due robuste tradizioni pienamente occidentali, ed anzi al 100%occidentali, e cioè la filosofia greca classica ed il razionalismo illuministico settecentesco, due tradizioni del tutto indipendenti sia dall’inesistente giudeocristianesimo sia invece dai veramente esistenti giudaismo e cristianesimo.
In base all’ispirazione sia della filosofia greca classica sia del razionalismo illuministico settecentesco la missione religiosa ed imperiale degli Usa e della stessa anglobalizzazione non potrebbe giustificarsi in nessun modo, ed è allora necessario mettere sotto silenzio entrambe queste componenti del profilo culturale occidentale correttamente ricostruito.
Teniamoci dunque bene a mente queste due riflessioni .
L’anglobalizzazione, si basa su di una (scorretta) addizione (il giudaismo ed il cristianesimo assimilati in un unico blocco simbolico contro tutte le altre tradizioni religiose e culturali del mondo)e su di una (scorretta) sottrazione (e cioè l’eliminazione della filosofia greca classica e del razionalismo illuministico settecentesco).
In estrema sintesi :l’anglobalizzazione ha bisogno di una simbolica identificazione con l’intera tradizione occidentale, e di un deismo cerimoniale che esalti un’inesistente giudeocristianesimo e che invece elimini la filosofia reca classica ed il razionalismo illuministico settecentesco, componenti entrambi incompatibili con l’autoattribuzione di una missione salvifica universale di tipo unilaterale. L’unilateralismo politico e militare ha infatti bisogno anche di un unilateralismo simbolico e culturale.
6. Una parentesi sull’Europa e sull’identità culturale europea è necessaria dal momento che l’unilateralismo americano è visto male in Europa dalle forze politiche e culturali meno servili (soprattutto in Francia laddove la situazione in Italia è quasi catastrofica). Si vorrebbe una sorta di occidentalismo euroatlantico, e non solo americano. Ma questa istanza resta del tutto astratta ed impotente, perché le vicende della guerra americana del 2003 mostrano che le forze “indipendentiste” europee (Francia in primo luogo, e poi Germania e Russia) non intendono veramente opporsi agli Usa, ed hanno anzi avallato nella sostanza gli esiti militari della criminale guerra americana.
La discussione sulla costituzione europea e sui preamboli culturali di essa è interessante non certo per il livello modesto e strumentale in cui avviene, ma come sintomo di qualcosa di più grosso, e cioè del futuro profilo simbolico della interpretazione europea di occidentalismo. Cito qui soltanto una dichiarazione di Jacques Delors (cfr. “La Repubblica”, 10-10-2003), che mi sembra interessante “….io dico che abbiamo un passato, che siamo stati costruiti da questo passato, attraverso periodi di pace, di guerre civili fra di noi, di fasi d’espansione e di regressione. Un insieme di cose che metterei in una frase per dire che l’Europa è il frutto della democrazia e della filosofia greca, del diritto romano, dell’eredità giudaico – cristiana, dei Lumi, ed anche, bisogna riconoscerlo, in parte dall’Islam che fino al 1492 è stato ben presente in Europa”.
La dichiarazione di Delors (che peraltro io condivido nell’essenziale, almeno come spirito) è ovviamente molto superiore al profilo simbolico della anglobalizzazione e dei deliri messianici della destra americana. Tuttavia, vi sono anche in questa nobile dichiarazione due sintomi di confusione storica e filosofica. Primo, come ho già detto, non so che cosa significa eredità giudaico – cristiana, a meno che con questa espressione si intenda semplicemente un generico monoteismo (ma allora anche l’Islam ne fa parte a pieno titolo).
Secondo, a mia conoscenza, l’Islam è stato ben presente in Europa non solo fino al 1492 (immagino che Delors alluda alla presa di Granada da parte dei re cattolici spagnoli), ma almeno fino al 1913 ed alle guerre balcaniche .
Questa svista storica di Delors non è casuale, ma è rivelativa di un vero e proprio automatismo culturale, per cui Roma e Parigi sono in Europa, ma Salonicco e Skopje non lo sono veramente. Delors ha invece ragione sul punto essenziale, e cioè sulla componente islamica nella cultura europea .La filosofia e la medicina greche, componenti essenziali dell’identità culturale europea, ci sono arrivate attraverso la traduzione dall’arabo, non dal greco, ed anche Averroè (Ibn Rochd), uomo di Cordova, è europeo assolutamente come Tommaso D’Aquino .La questione non è peraltro solo geografica, perché se così fosse, Agostino di Ippona, una delle principali fonti dell’identità’ europea (anche se a mio modesto avviso in senso più negativo che positivo), non sarebbe europeo, e non lo sarebbe neppure il poeta Kavafis, nato e vissuto in Egitto.
Come si vede, la questione dell’identità occidentale è qualcosa di molto ricco e complesso.
7.Tuttavia, Magdi Allam fa benissimo, dal suo punto di vista, a semplificare le cose ed a identificare gli oppositori dell’impero americano con gli oppositori dell’Occidente, in modo che Osama Bin Laden e Costanzo Preve vengano messi nello stesso mazzo.
Messi in un solo mazzo, se ne possono tagliare le teste con un colpo solo. Ovviamente, non sono così megalomane da non capire che per ora Preve è talmente isolato da non essere un pericolo, mentre invece Osama Bin Laden lo è. Ma bisogna vedere le cose in prospettiva. Per ora, uno come Preve è talmente anomalo ed isolato nella cultura italiana ed europea che è possibile impunemente far circolare le peggiori calunnie, fra cui quella dell’eterna infiltrazione fascista. Ma in prospettiva le cose possono cambiare, ed è anzi probabile che cambino, e che una volta messo in moto un processo di riclassificazione integrale delle culture politiche ereditate dal Novecento il processo potrebbe diventare inarrestabile.
E’ allora giusto che alla dottrina della “guerra preventiva” si affianchi anche una “guerra culturale preventiva”: individuando nell’oggetto simbolico denominato Occidente la posta in gioco di questa guerra culturale preventiva Magdi Allam (e chi gli sta dietro) ha dato prova di intelligenza e di lungimiranza.
Per dirla con Totò: complimenti!
8. Torniamo sul concetto cruciale di Occidente. L’errore più grande che potremmo commettere sarebbe quello di regalare il concetto di Occidente ai nostri nemici, e di pensarci e concepirci solo come una sorta di “quinta colonna” minoritaria e testimoniale di forze esterne, dal fondamentalismo islamico all’Islam politico, dai contadini poveri ai nazionalismi diversi, eccetera. Considero questo un pericolo culturale reale.
Il disgusto che provoca in molti l’anglobalizzazione è infatti tale da provocare un automatico riflesso opposto, e cioè il ripudio integrale della tradizione occidentale e l’adozione di forme di mimetismo esotico di vario tipo.
E invece no.
Noi siamo critici verso gli Usa proprio perché siamo occidentali. Ma questa posizione chiara e feconda non potrà mai essere presa finché non faremo i conti con almeno tre posizioni tradizionali errate a proposito dell’occidentalismo, quella della tradizione del laicismo borghese classico, quella della tradizione marxista ed infine quella della tradizione della cultura di destra.
E’ bene esaminarle una per una, perché la chiarezza su questo punto è assolutamente cruciale.
9. La tradizione del laicismo borghese classico ha la sua origine prossima nel Settecento, ma comprende sia elementi illuministici sia elementi romantici. Il laicismo vede l’eccezionalità’ positiva dell’Occidente nel fatto che solo l’Occidente appunto avrebbe scoperto ed affermato la “laicità”, e cioè la separazione integrale fra la religione e la legge statale. Questa eccezionalità positiva diventa allora il presupposto della superiorità dell’Occidente rispetto a tutte le altre culture.
Vediamo. A prima vista sembrerebbe proprio così, ma appena si esamina la cosa un po’ più da vicino vediamo che le cose cambiano. In primo luogo,e questo è un semplice rilievo storico, questa pretesa di eccezionalità non è per nulla esatta, perché ad esempio la civilta’ cinese in questo senso è sempre stata molto piu’ “laica” di quella occidentale, e non a caso ha sempre rifiutato ogni messaggio monotesitico contenuto in presunti libri sacri. In secondo luogo è storicamente innegabile che la separazione “laica” di religione e di stato è avvenuta non certo sulla base di razionali convincimenti di tipo filosofico, ma sulla base della autonomizzazione dell’economia e del mercato capitalistico che ha fatto diventare irrilevante la confessione religiosa di fronte all’onnipotenza della “astrattezza” del denaro, che in quanto equivalente generale non sa in effetti che farsene del fondamento religioso.
E ciò è in effetti visibile nell’Olanda del Seicento e nell’Inghilterra del Settecento.
Il laicismo borghese classico, che non a caso ha sempre preferito la via del deismo pubblico cerimoniale a quella del materialismo ateo, ha seguito la via di Locke-Hume-Smith, fondata su di un progressivo abbandono del precedente giusnaturalismo e del precedente contrattualismo (presente ancora in Locke) in direzione di un aperto utilitarismo individualistico (fondato filosoficamente da Hume ed economicamente da Smith).Si tratta di una “via occidentale” al 100% del tutto estranea alla vita culturale del restante 90%del pianeta, una via che non possiede alcun universalismo. E’ poi giunto il colonialismo, accompagnato dall’imperialismo, e questo occidentalismo privo di universalismo ha fatto coincidere l’universalismo con l’universalizzazione della forma di merce. L’ultima variante di questa falsa universalità è la teoria dei diritti umani a geometria variabile, e cioè la metafisica di legittimazione dei bombardamenti umanitari delle nuove guerre preventive.
E’ dunque evidente che un simile occidentalismo è un falso occidentalismo, che ha sviluppato solo una componente storica della tradizione occidentale, e che dichiara arrogantemente di essere l’intero Occidente . Questa è appunto la pretesa dell’anglobalizzazione.
10. La tradizione detta marxista non deve essere confusa con le opere di Karl Marx (1818-1883), che non fu in alcun modo il fondatore del “marxismo”, anche se esiste un ampio spettro di persone che lo credono, dal Berlusconi raccontatore di barzellette su Marx agli eredi dogmatici del comunismo storico novecentesco.
Il primo (e sostanzialmente unico) paradigma marxista fu elaborato da Engels e da Kautsky fra il 1875 ed il 1895, ed il fatto che lo sappiano solo alcuni specialisti non cambia in alcun modo i termini teorici e storici della questione. E’ vero che Marx elaborò il modello teorico di produzione capitalistico sulla base del caso inglese, e questa è una forma di occidentalismo ma sarebbe sciocco ed ingiusto rimproverarlo per questo, dal momento che storicamente il caso inglese fu effettivamente il primo esempio di capitalismo sviluppato.
Le cose stanno invece ben diversamente per quello che riguarda la concezione marxista della storia elaborata dopo la morte di Marx, che si inventò una inesistente teoria della successione di cinque stadi universali (comunismo primitivo – schiavismo – feudalesimo – capitalismo – comunismo), successione che invece non era universale per nulla,ne’ in senso storico, ne’ in senso geografico, ma era estrapolata (e per di più in modo inesatto) dal solo sviluppo storico dell’Europa occidentale.
In sostanza, mentre lo sviluppo storico mondiale era stato multilineare, il marxismo ufficiale si inventò un inesistente modello unilineare. Questo modello unilineare era a sua volta una pura e semplice proiezione dell’occidentalismo.
E’ evidente che questo tipo di occidentalismo, sia pure migliore del precedente, perché almeno non colonialista e non imperialista, non deve essere riproposto, ma deve essere radicalmente modificato.
11. La tradizione della cultura di destra è plurale e diversificata, ma in comune ha la tendenza a rifiutare una fondazione storica ed a cercare una fondazione mitica dell’Occidente. Questa tendenza non è affatto casuale, ma trova la sua origine nei cattivi rapporti della cultura di destra con il razionalismo illuministico, che fu il vero inventore della storia come progresso dell’umanità, oppure (per usare l’espressione di Koeselleck) della storia dell’umanità come concetto trascendentale riflessivo.
Per reagire a questa fondazione filosofica di un concetto di storia universale, che poi fu ripreso, sia da Hegel che da Marx, la cultura di destra prese invece la strada del mito dell’origine e della tradizione originaria dell’Occidente, mito che a sua volta poteva essere declinato in forma religiosa (non importa se neopagana o neocristiana), in forma razziale (generalmente ariana o indoeuropea), in forma nobiliare e guerriera, eccetera.
Questa tradizione –intendo dirlo qui con estrema chiarezza- non può essere riformata, e deve essere integralmente abbandonata, e fatta solo più oggetto di studio storico ed ideologico. Si può infatti riformare solo un impianto teorico razionale e dialogico, mentre ogni impianto mitico è irriformabile per sua intima essenza. Il mito, infatti, o si prende o si lascia.
12. Tiriamo dunque le fila sulla questione dell’occidentalismo e del richiamo all’Occidente. In estrema sintesi, possiamo dire che due sono le principali lezioni da tirare.
In primo luogo, è sbagliata ogni strategia di rifiuto globale della tradizione occidentale in nome di altre “scoperte” subalterne. Una tradizione occidentale unificata cui richiamarsi non esiste, ogni pretesa di unificazione è sempre e solo un’appropriazione indebita che non può resistere ad una messa in discussione critica e dialogica, e dunque ogni tradizione occidentale è sempre e solo una interpretazione.
In quanto interpretazione essa non può essere fondata su miti che si sottraggono alla storia, ed ecco perché gran parte della tradizione culturale di destra è un fatto irrecuperabile. Nella mia personale reinterpretazione della tradizione occidentale, che dunque vale solo per me e che non mi sognerei mai di imporre a nessuno neppure se fossi il Dittatore Buono del Mondo,la tradizione occidentale comprende molti diversi aspetti, di cui sottolineo particolarmente la sapienza filosofica degli antichi greci, la grande razionalità moderna da Spinoza ad Hegel ed infine il marxismo correttamente interpretato in senso filosofico come universalismo umanistico a base democratico ed egualitario ed in senso scientifico come analisi per ora insuperata del modo di produzione capitalistico e delle sue possibili evoluzioni. Ma so perfettamente che vi sono altre fonti del tutto legittime, come ad esempio i monoteismi cristiano (nelle sue quattro varianti dei cattolici, dei protestanti, degli ortodossi ed infine degli eretici), ebraico e musulmano.
L’Occidente cui si richiamano Bush, Berlusconi e Magdi Allam è soltanto una variante di una assolutizzazione indebita del dominio mondiale dell’economia capitalistica. Oggi essa è dominante sul piano ideologico e soprattutto militare, ma solo dei seguaci della fine della storia alla Fukuyama o del perenne scontro di civiltà alla Huntington possono veramente pensare che sia definitiva.
In secondo luogo, bisogna superare ogni visione dell’Occidente in termini di superiorità nei confronti di altre tradizioni culturali mondiali, come ad esempio quelle islamica, indiana, cinese, eccetera. Si tratta di un punto delicatissimo. Se si trattasse solo del superamento dell’arroganza colonialistica ed imperialistica questo sarebbe relativamente facile. Ma la teoria della superiorità occidentale, vista come la sola base possibile per una successiva universalizzazione mondiale autentica, non è solo un prodotto dell’arroganza capitalistica ed imperialistica, ma è anche la ben piu’ seria valutazione filosofica del razionalismo illuministico (Condorcet) e romantico (la filosofia della storia di Hegel).
Il caso di Hegel è in proposito emblematico. Hegel riprende temi notissimi, come ad esempio la superiorità della dialettica trinitaria cristiana contro il monoteismo “semplice” ebraico e musulmano, il preteso carattere puramente legistico e formalistico della cultura cinese, eccetera, per concludere che solo la tradizione occidentale è veramente universalistica. Ebbene, io credo che questo punto di vista di Hegel debba essere abbandonato.
Penso però che debba essere abbandonato non (come ritiene ad esempio de Benoist) per l’affermazione di un relativismo ontologico delle differenze originarie, ma per una nuova concezione di universalismo più ampia e tollerante delle precedenti.
Ecco, sono questi, a mio avviso i due elementi di lungo periodo che devono essere ben compresi, al di là delle irrilevanti polemiche di oggi. Infatti i Magdi Allam vanno e vengono, ma il problema resta.
13. E passiamo ora al secondo punto, che ho collegato al modo di far polemica di Fulvio Grimaldi e di tutti quelli come lui. Essi eternizzano il conflitto storico fra veterocomunismo e veterofascismo per ragioni identitarie, in molti casi del tutto in buona fede.
E’ sempre giusto metodologicamente partire dall’ipotesi della buona fede, anche quando abbiamo ottime ragioni per sospettare che essa non ci sia per niente.
L’ipotesi della buona fede è infatti il presupposto di ogni possibile dibattito. Naturalmente non voglio affatto convincere un Grimaldi, che lascio ai suoi fantasmi paranoici ed al paradigma dell’infiltrazione e del complotto. Mi interessa invece il lettore che ragiona con la propria testa, di cui bisogna supporre che possa trovarsi in una situazione di partenza non ancora spazialmente determinata, e cioè indifferentemente di destra, di centro e di sinistra.
Questo lettore vuole soltanto sincerità e chiarezza, ed intende lasciare a sé stesso l’ultima decisione. Preferisce gli intellettuali critici ai cappellani militari. Preferisce gli studiosi spregiudicati agli psicologi aziendali. Preferisce gli argomenti razionali agli appelli alla galvanizzazione identitaria. Gli altri lettori è meglio non averli perché, come scrisse Bertolt Brecht, ”gli argomenti li ascoltano con l’orecchio della spia”.
14. Voglio dunque essere sincero con questo lettore. A differenza di un Alain de Benoist, io non metto un segno di egauaglianza fra veterocomunismo e veterofascismo. Ritengo storicamente il veterocomunismo migliore del veterofascismo. La semplice elencazione ragionata degli argomenti richiederebbe un volume di più di mille pagine, che risparmio al lettore e soprattutto a me stesso.
So che chi mette oggi questo segno di eguaglianza (veterocomunismo = veterofascismo) è connotato oggi come “revisionista”, ma mi sottraggo a questa stupida categoria per il semplice fatto che trovo fisiologico che ogni generazione “revisioni” i giudizi storici della generazione precedente.
Io penso che la verità esista, sia una sola, ma penso anche che assomigli ad un prisma più che ad una sfera, e che ogni ciclo storico ci permetta di vederne bene solo un lato.
Se vivessimo duecento anni tutte le categorie filosofiche cambierebbero, ed ho sempre trovato strano che questo fatto ovvio e rivelatore non sia adeguatamente segnalato nei dizionari filosofici piu’ comuni.
Io non affermo la superiorità storica del veterocomunismo sul veterofascismo per motivi di opportunismo politicamente corretto, per motivi identitari di appartenenza, per motivi biografici di storia personale o per motivi di tipo strettamente classista, eccetera. Certo, questi fattori possono contare e contano, dal momento che ora ho sessant’anni e sono diventato un comunista(critico) a venti, continuo ad essere un comunista critico e non me ne sono mai pentito.
Ma i punti essenziali restano due. Il primo è che il veterocomunismo si è sempre tenuto lontano dal razzismo biologico e dall’antisemitismo metafisico, ed invece il veterofascismo non solo se ne è fatto tentare, ma nel caso dello hitlerismo li ha addirittura messi alla base della sua visione del mondo.
Il secondo è che il veterocomunismo si è lasciato fortemente contaminare dalla geopolitica di potenza e dall’espansionismo territoriale indebito, ma almeno ha sostenuto la sacrosanta lotta di liberazione nazionale dei popoli coloniali, laddove il veterofascismo ha generalmente fatto il contrario .In sostanza, per ricordare solo due date, l’aggressione all’Etiopia e l’apertura del campo di Auschwitz nel 1942 fanno a mio avviso la differenza.
Questo per mettere le cose in chiaro. Ma detto questo è bene aggiungere anche che sia il veterocomunismo sia il veterofascismo sono fenomeni storicamente conclusi, almeno a mio parere, e da questa conclusione bisogna partire.
15. C’è tuttavia – inutile nasconderlo- un elemento comune fra veterocomunismo e veterofascismo che è del tutto inutile censurare o esorcizzare con le teorie delle diverse intenzioni soggettive e programmatiche, egualitaria la prima e disegualitaria la seconda. Si tratta del problema storico della democrazia. Su questo punto Norberto Bobbio ha sostanzialmente ragione, pur con tutti i rilievi critici che merita, dal formalismo all’esclusione programmatica dell’elemento economico, eccetera.
La democrazia non è solo l’affermazione del principio di maggioranza, ma è anche la tutela istituzionale delle minoranze ed il mantenimento di un libero spazio pubblico di confronto di opinioni critiche ed informate da flussi informativi veritieri.
E’ noto, e non può essere seriamente negato, che sia il veterocomunismo sia il veterofascismo si sono basati sull’esclusione del problema storico della democrazia, il veterocomunismo usando l’argomento “di sinistra” della dittatura del partito proletario necessaria per impedire la restaurazione capitalistica, ed il veterofascismo usando l’argomento classico “di destra”, risalente addirittura a Platone via Nietzsche, dell’incapacita’ delle masse ignoranti, invidiose e rancorose a governare per il bene comune.
Con questo non intendo sostenere che Bobbio ha ragione. Bobbio ha ragione a mio avviso nella pars destruens, cioè nella parte critica del veterocomunismo e del veterofascismo, ma ha torto nella pars costruens, cioè nella costruzione in positivo di una adeguata teoria della democrazia.
L’attuale democrazia occidentale ultracapitalistica ed anglobalizzata non è una democrazia, ma è una oligarchia di miliardari avallata elettoralmente da plebisciti fatti da cittadini dimezzati, perche’ privati della base informativa necessaria a giudicare dalla gigantesca manipolazione mediatica.
Di tutto questo in Bobbio non c’è quasi traccia, se non sporadiche lamentele ineffettuali. Il difetto bobbiano sta nel manico, ed il manico consiste nell’abbandono della concezione antropologica di Aristotele in favore di quella di Hobbes. Ma qui ci allontaneremmo dal nostro tema, anche se si tratterebbe di seguire un sentiero critico estremamente fecondo.
Il punto sta nel fatto che non c’è futuro se non nell’accettazione del problema storico della democrazia, inteso come perseguimento dell’eguaglianza attraverso la libertà. Libertà che a sua volta non è solo un mezzo per perseguire scopi, ma è un fine in sé, perché la liberazione dell’individuo è inseparabile dal radicamento comunitario dell’individuo stesso. Individualismo e comunitarismo sono infatti due aspetti prismatici della stessa realtà politica e morale.
16. Ci si puòchiedere : a chi interessa protrarre all’infinito lo scontro fra veterocomunisti e veterofascisti ? A chi interessa usare la gioventu’ come massa di manovra e vittima sacrificale in simulazioni guerresche di caschi da motociclista, bastoni, catene, coltelli, eccetera, e tutto in nome dell’”antifascismo” e dell’”anticomunismo”?
In estrema approssimazione ci sono almeno due forze storiche cui questo interessa. Esaminandole attentamente non potremo purtroppo abolire il fenomeno, che continuera’ a fare gravi danni anche nel prossimo futuro, ma almeno cominceremo a capire in che mondo ci stiamo muovendo.
In primo luogo . la lotta eterna tra veterocomunsiti e veterofascisti interessa soprattutto, sembra banale il dirlo, ai veterocomunisti ed ai veterofascisti stessi, cioè a coloro che non hanno imparato assolutamente nulla dalla esperienza storica del Novecento, ed intendono esercitare quella particolare forma di nevrosi comportamentale che si chiama “coazione a ripetere”. Gli uni si riprendono tutte le forme di autoritarismo statale e tutti i tentativi di controllo del costume individuale, gli altri sognano la dittatura del proletariato esercitata dal partito unico della classe operaia.
Questi comportamenti allucinatori, bisogna capirlo molto bene, possono riprodursi soltanto sulla base di un rapporto patologico con la memoria storica.
Da un lato, la memoria storica è usata in modo mortuario per ricordare continuamente i propri morti, che anziche’ essere finalmente fatti riposare in pace sono continuamente usati per istigare all’ammazzamento dei vivi in loro nome.
Dall’altro, ed in modo solo apparentemente contraddittorio,l a memoria storica è invece azzerata nel senso piu’ profondo del termine, perché non viene mai usata per fare un bilancio razionale del perché dei fallimenti, degli errori, dei crimini, delle illusioni infondate, eccetera.
Questo vizioso rapporto con la memoria, per cui essa è continuamente usata solo come Mister Hyde e mai invece come Dottor Jekyll, è il carburante adatto per la riproduzione infinita della “scena primaria” di questo modo cavernicolo di concepire il nesso fra passato e presente.
In secondo luogo, e questo aspetto è molto piu’ importante del primo, la lotta eterna tra veterocomunisti e veterofascisti rappresenta la “realtà virtuale” che copre la dittatura dell’estremismo di centro, e cioè il potere diretto delle oligarchie finanziarie che hanno imposto da più di due decenni la svolta neoliberale. Questo estremismo di Centro deve unificare in una sorta di terreno comune bipartisan le forze bipolari omologate, almeno per quanto riguarda i due terreni cruciali della politica economica e della politica estera (e pensiamo all’accordo unanime in Italia sulla riforma peggiorativa delle pensioni e sull’appoggio alla strategia militare americana del 1999 e del 2003).
Si tratta di un vero e proprio partito unico delle oligarchie finanziarie. Ma la tradizione occidentale non ama il partito unico, ed allora questo partito deve sembrare l’incarnazione della concretezza, della ragionevolezza e del “riformismo” rispetto ai due opposti estremismi da tenere a bada.
Quanto ho detto finora dovrebbe essere chiaro a qualunque persona dotata di senso comune e di capacità di ragionare. Se però cosi non è, e purtroppo così non è, non basta per spiegare questa follia richiamarci ad una innata e pessimistica stupidità della natura umana, ma è necessario andare più in profondità, e studiare i rapporti sociali e politici dominanti oggi nelle nostre società occidentali.
17. Non sarebbe male cominciare ripartendo dall’annoso problema della compatibilità storica fra fascismo e comunismo, più esattamente fra il fascismo storico ed il comunismo storico realmente esistiti. E non fra le loro costruzioni intellettuali idealtipiche per cui si finirebbe per discutere i sistemi filosofici rispettivi di Heidegger e di Lukacs, entrambi pensatori che si sporcarono le mani con l’impegno politico e non si limitarono solo alla costruzione di una ontologia sistematica. Sono convinto che il più importante deve ancora essere scoperto e segnalato.
Si è proposto il criterio di totalitarismo per connotare il comune rifiuto della democrazia politica ed il comune tentativo di imporre un progetto di uniformità ideologica pubblica obbligatoria attraverso gli strumenti del partito, dello stato ed infine anche della polizia, della magistratura e del sistema carcerario.
Ma appare chiaro che questa categoria pigliatutto è generica, e non permette di individuare le decisive differenze. Si è detto che i crimini del comunismo sono una deplorevole patologia di un progetto egualitario universalista, mentre quelli del fascismo sono la conseguenza di un progetto esplicitamente razzista e colonialista fin dalle origini .E’ così, infatti, ed anch’io sostanzialmente la penso in questo modo, ma è anche vero che con questa rassicurante giustificazione non sappiamo ancora nulla sul problema. Inoltre, chi è in attesa di ricevere una pallottola nella nuca non si chiede se la pallottola che gli brucerà il cervello viene sparata in base a motivazioni universalistiche o particolaristiche.
Si è detto infine che solo il fascismo ha fatto Auschwitz, unicum storico di sterminio programmato su basi razziali, imparagonabile, sia alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki sia ai campi di lavoro – sterminio siberiani di Stalin. Ora,è certamente vero che Auschwitz è un unicum dell’orrore, e prova indiretta di questo è che persino i piu’ accaniti difensori postumi del nazismo ne negano l’esistenza anziché rivendicarla.
Ciò significa che ogni rivendicazione è impossibile, e questo significa, a mio avviso, che esiste un fondo filosofico del senso comune che ha una percezione diretta del Bene e del Male e che nessun stravolgimento ideologico può annientare.
Potrei continuare nell’esemplificazione .Ma intendo invece proporre un altro punto di vista inedito, o quanto meno poco visitato. Si tratta di mettere in rapporto il modo in cui si comportò la massa dei fascisti dopo il 1945 e la massa dei comunisti dopo il 1991, e cioè dopo la rispettiva sconfitta epocale ed irreversibile. Qui alcune coincidenze sono soncertanti, e sono a mio avviso estremamente rivelatorie. Vediamole.
Dopo il 1945 e la sconfitta (e ho in testa soprattutto l’Italia, la Germania ed il Giappone) la stragrande maggioranza dei fascisti sconfitti ripiego’ velocemente nel collaborazionismo subalterno con i “democratici” vincitori. Questi “democratici” vincitori, e gli Usa sopra ogni altro, erano poi i portatori politici di un integrale dominio capitalistico che non faceva compromessi di nessun tipo con gli interessi politici del ceto medio, ma in cambio garantiva a questo ceto medio stesso la prospettiva del consumismo.
Solo una minoranza marginale e fortemente ideologizzata di questi fascisti continuò per mezzo secolo (ed in parte continua tuttora) a coltivare la memoria storica del fascismo ed a riproporne le soluzioni politiche ed economiche.
Dopo il 1991 i comunisti hanno dovuto fare la stessa esperienza fatta mezzo secolo prima dai fascisti. C’era però una differenza storica essenziale. I fascisti erano stati sconfitti militarmente sul campo, mentre i comunisti si erano dissolti e spappolati da soli. I fascisti erano stati fatti esplodere, mentre i comunisti erano implosi da soli, togliendo educatamente il disturbo.
Al di là di questa differenza le analogie fra il 1945 ed il 1991 sono impressionanti. La stragrande maggioranza dei comunisti sconfitti (questo dalla Polonia all’Italia, dalla Russia alla Romania, all’Azerbaigian, all’Irak eccetera) ripiegò velocemente nel collaborazionismo subalterno con i “democratici” vincitori. Il comportamento pratico di D’Alema e di Fini fu assolutamente identico.
Ma come la sconfitta epocale del 1945 aveva lasciato sulla spiaggia un residuo fascista nostalgico destinato a riprodursi, in modo subalterno per mezzo secolo, nello stesso modo la sconfitta epocale del 1991 lascia sulla spiaggia un residuo comunista nostalgico che si riprodurrà sicuramente per molti altri decenni, anche perché sul piano storico – mondiale il comunismo è stato un fenomeno molto piu’ importante del fascismo.
18. Questo esito convergente dovrebbe essere messo al centro dell’attenzione, e viene invece rimosso con la tecnica dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia . Ciò che passa sotto il nome di “marxismo” oggi è in gran parte una Ideologia dello Struzzo. Lo struzzo è ormai il solo animale totemico dei veterocomunisti rimasti. La destra ha almeno avuto una figura filosoficamente degna e stimabile come Alain de Benoist, il quale da quarant’anni cerca di reinterpretare il profilo teorico complessivo della tradizione bisecolare della destra eliminandone le componenti inaccettabili, prima fra tutte il razzismo hitleriano, il clericalismo falangista ed il colonialismo mussoliniano.
A sinistra è mancato completamente un equivalente di De Benoist, e questo è dovuto a mio avviso ad una sorta di arroganza autoreferenziale, per cui si è pensato di protrarre all’infinito una resa dei conti con le contraddizioni strutturali e con le mitologie illusorie del proprio profilo . Ma torniamo all’attualità politica.
19.I due principali partiti del dominio della politica sull’economia del Novecento, e cioe’ il comunismo ed il fascismo, sono stati sconfitti sul campo. Il fascismo è stato fatto esplodere, il comunismo è imploso. Sono implosi peraltro anche tutti i fascismi sopravvissuti dopo il 1945 (dalla Spagna al Portogallo, dalla Grecia al Cile, eccetera), ma in questo caso c’è stato un passaggio graduale (o improvviso) alla normalità capitalistica, e questo è un segnale ulteriore della grande forza della democrazia capitalistica.
Del resto,anche se molti non lo sanno, questo fu detto a chiare lettere da Lenin.
Lenin affermò che la democrazia politica era il miglior involucro possibile per la dittatura del grande capitale. A mio avviso, questa è una verità sacrosanta, ma da questa verità inoppugnabile e verificata da un secolo di storia mondiale non bisogna desumerne la conseguenza che allora ci vuole una dittatura dispotica e monopartitica del proletariato. La verità detta a suo tempo da Lenin deve essere tenuta ferma.
Chi parla del berlusconismo come di una sorta di nuovo fascismo populista e mediatico, e dunque di un involucro ideale del potere del grande capitalismo, deve essere considerato un vero cretino, che non è neppure in grado di capire che il grande capitalismo oggi si difende meglio con D’Alema, Fassino, Prodi, Fazio, Monti, Padoa –Schioppa ed altri di questo tipo. Ma da questa verità leniniana bisogna far derivare una strategia democratica, che non faccia piu’ nessuna concessione ai deliri veterocomunisti di uniformazione ideologica forzata dell’intera umanità.
20.Ed ora poniamoci un problema apparentemente marginale. Da un lato, abbiamo la sostituzione dell’”Unità” con la “Repubblica” come nuovo organo di partito della sinistra italiana maggioritaria. Dall’altro, abbiamo che il Berlusca si circonda di una pletora di ex comunisti ed ex socialisti (Bondi, Cicchitto, Adornato, Giuliano Ferrara eccetera) come consiglieri ed ideologi.
In sostanza, la destra ha vinto, ma la gestione ideologica della vittoria della destra è stata data alla sinistra .Come è possibile? E’ possibile. In proposito, sottopongo al lettore paziente due ipotesi principali.
21. In primo luogo, non esiste migliore consigliere ed ideologo di un “traditore”. Ci fu un tempo in cui alcuni ebrei convertiti furono i migliori esponenti dell’Inquisizione spagnola. Per più di mezzo secolo la CIA si è servita di ex- comunisti come dei migliori consiglieri. E’ necessario ovviamente ristabilire il significato etimologico della parola “traditore”, che significa letteralmente il consegnatore, colui che consegna i segreti della propria organizzazione all’organizzazione avversaria.
Non vi sono dunque migliori “traditori” degli ex – comunisti, perché essi solo conoscono i veri segreti di questa ultima stagione del comunismo storico novecentesco e della sua sinistra fiancheggiatrice. E quali sono questi terribili segreti? Forse un diabolico complotto per dominare il mondo? Forse la preparazione di un colpo di stato dissotterrando le armi sotterrate nel 1945 ?
Forse un accordo con i servizi segreti militari della Corea del Nord, di Cuba e della Libia ? Forse una collaborazione con Osama Bin Laden o addirittura con il diabolico Mullah Omar?
Niente di tutto questo, ovviamente . Il segreto di cui i “traditori” sono depositari è mille volte più terribile. Il segreto consiste nella rivelazione che la temutissima sinistra comunista è in realtà in stato preagonico, è in pieno spappolamento cerebrale, ha lasciato marcire la discussione marxista bloccandola a tre decenni fa, è un impasto di femminismo differenzialista americano, di pacifismo impotente e completamente ritualizzato, di operaismo nostalgico e cerimoniale, di critica alla razionalità ed alle scienze moderne in quanto tali (e non solo per quanto riguarda il loro uso capitalistico) eccetera.
E’ molto importante “consegnare” questo segreto, perché spesso a destra c’è il pregiudizio positivo, completamente infondato, che a sinistra almeno ci sia la cultura.
Ma cultura significa innovazione reale, capacità di distinzione, visone del mondo organica ed espansiva eccetera. In realtà il mondo della sinistra comunista è come un formaggio svizzero pieno di buchi, il mondo di Nanni Moretti e di Sabrina Ferilli, di Walter Veltroni e di Gianni Morandi, un mondo consegnato a gruppi estremamente elitari di giornalisti ed accademici con la puzza al naso, eccetera. E’ questo terribile segreto che i traditori tradiscono, cioè consegnano ai loro nuovi padroni, che hanno sempre avuto il complesso di colpa e di inferiorità dei macellai e dei commercialisti arricchiti, cioè il fatto di essere pieni di soldi però anche cafoni ed ignoranti. Ed ecco che i traditori consegnano loro il terribile segreto: è vero che siete ignoranti come capre e volgari come maiali, ma sappiate che anche quegli altri con la puzza al naso non sono migliori di voi.
La leggenda metropolitana per cui persino la moglie dell’uomo più ricco d’ Italia, il capitalista Berlusca, si è scelta come amante il filosofo di sinistra Cacciari, è in questo senso esemplare, così come in genere lo sono i miti e le leggende metropolitane :ma i traditori, appunto perché vengono dal mondo di sinistra, di cui conoscono bene i tic, l’illimitata presunzione, il conservatorismo bovino di fondo, il disprezzo elitario per le masse bestiali che votano Berlusca e Schwarzenegger, eccetera, possono tradire, e cioè consegnare, questo terribile segreto.
Questo segreto è in effetti talmente importante da meritare cento zecchini, mille corone, diecimila scudi,, dieci feudi (televisivi) e venti rendite (giornalistiche ed editoriali). Non esiste somma che possa ripagare un servizio ideologico del genere. Una spia che parla di un castello ricco e bene armato aiuta poco. Ma una spia che parla di un castello privo ormai di cibo e di munizioni è estremamente più utile per una strategia di attacco.
22. In secondo luogo, e questo punto è molto piu’ importante del precedente, la progressiva degenerazione umana del vecchio e nobile tipo del comunista rivoluzionario ha dato luogo ad una figura antropologica che in linguaggio nicciano possiamo indicare come l’Ultimo Uomo, colui che è informato del terribile annuncio della morte di Dio (e cioè del comunismo, di cui si era fatto una divinità pagana), e che appunto per questo sa che ormai tutto è possibile.
Il tipo umano alla Giuliano Ferrara è in proposito insuperabile, molto al di sopra dei nani come Fulvio Grimaldi o Magdi Allam. Ma il vero problema è accertare il tipo di patologia che ha prodotto questi mostri. Si tratta di una patologia casuale, di una patologia ambientale o di una patologia genetica?
Facciamo l’ipotesi della patologia casuale. Essa non regge, perché un’epidemia che nel semplice decennio 1985-1995 ha trasformato milioni di comunisti, sia pur “scoppiati” per abuso di farmaci burocratici, in milioni di membri di un personale politico ultraimperialista ed ultracapitalista (dalla Russia all’Italia, all’Irak all ‘Azerbaigian, dalla Polonia alla Romania, dalla Georgia all’Uzbekistan eccetera) non può essere casuale.
Casuale è ovviamente il fatto che Tizio abbia fatto una scelta e Caio un’altra, ma il fenomeno nel suo complesso è troppo macroscopico ed epidemico da poter essere casuale .
Facciamo l’ipotesi della patologia ambientale, Si tratta di un’ipotesi molto più razionale. L’ambiente esterno diventa capitalistico e determinato dai consumi di prestigio, e tutta la marmaglia opportunista che aveva puntato su di una carriera “comunista” deve rapidamente riciclarsi.
Le scarpe non vendono più, perché improvvisamente ai piedi della gente sono spuntate le pinne . I guanti non vendono più, perché improvvisamente al posto delle mani la gente si è vista spuntare le zampe. Ed allora i più astuti sono anche i primi a riciclarsi, mentre i piu’ lenti di comprendonio continuano a cercare di infilarsi le scarpe nelle estremità pinnate.
Facciamo infine l’ipotesi della patologia genetica. Essa mi sembra la più razionale, ma anche la più complicata . E’ la più complicata, perché l’equivalente della genetica per spiegare la patologia dell’intelletto è la filosofia, che tradizionalmente nella cultura veterocomunista è la più disprezzata delle discipline, in quanto è confusa con l’ideologia. Non esiste modo migliore per disprezzare la filosofia di quello di confonderla con l’ideologia. Ebbene, detto in poche parole, il fondamento del comunismo nel pensiero comunista non è mai stato di tipo ontologico, e cioè veritativo, ma sempre e solo di tipo storicistico, e cioè sociologico e politico.
Spieghiamoci meglio. Se io fondo la mia critica al modo di produzione capitalistico in modo ontologico, cioè veritativo, cioè riguardante i rapporti tra la natura umana e la società, il fatto che la classe operaia possa non dimostrarsi capace di fare l’attesa rivoluzione, oppure che il partito politico comunista tradisca, si sciolga o cambi colore, oppure che si abbia una provvisoria vittoria epocale del grande capitale finanziario, eccetera, non cambierà nulla dell’essenziale, o meglio cambierà molto sul piano dell’analisi sociale, ma non cambierà nulla sul piano filosofico, e cioè sul piano del rifiuto della critica del capitalismo.
Se invece io fondo la mia critica al modo di produzione capitalistico sul rifiuto della filosofia, e su di una scommessa politica (il mio partito non mi tradirà mai), su di una scommessa sociologica (la classe operaia, o un suo sostituto, è una classe veramente rivoluzionaria), o infine su di una scommessa storicistica (il progresso storico e l’evoluzione economica lavorano per noi contro i capitalisti) allora io sono predisposto geneticamente “ a cambiare di colore”.
E’ questa la chiave genetica dei milioni di Bondi, D’Alema, Fassino, Cicchitto, Adornato, Ferrara, eccetera.
23. Possiamo allora cominciare a stringere il senso del discorso. E possiamo farlo perché ormai disponiamo dei fondamentali elementi teorici per farlo. E’ bene anche compendiare questa conclusione in un punto solo, perché al lettore non sfugga che le cose sono certamente complicate, ma sono anche molto semplici nel mettere a fuoco l’elemento essenziale.
24. E l’elemento essenziale sta in ciò, che il segreto della formula per la costituzione di u movimento di resistenza all’impero americano ed ai suoi proconsoli locali indifferentemente ulivisti e /o polisti non sta affatto nella presunta “addizione” di forze estremiste classiche di estrema destra e di estrema sinistra, ma sta esattamente nel contrario di questa addizione, e cioè nella “sottrazione” degli elementi sani e razionali provenienti da queste forze al destino mortale della coazione a ripetere le proprie illusioni e le proprie follie.
Come si vede, è esattamente il contrario del modello evocato da Magdi Allam e da Fulvio Grimaldi .e non ci vuole neppure un acume particolare per poterlo capire.
Il modello della “addizione” di Forza Nuova e del Fronte Nazionale con forze ultramarxiste di tipo trotzkista, maoista o come diavolo le si vorrebbe nominare è una follia logica e politica che ovviamente nessuna persona intelligente perseguirebbe mai, e che può soltanto essere agitata propagandisticamente come spauracchio da chi in questo modo trova l’alibi per sottrarsi ad ogni serio impegno autonomo antiimperialista al di là degli strettissimi e soffocanti limiti del politicamente corretto consentito dalle forze macro e micro parlamentari, per cui ad esempio la guerra di Bush sarebbe criminale, ma non si fa parola del buon diritto del popolo iracheno ad opporsi anche con le armi all’invasore. Questo modello, che nessuno ha in mente, nessuno propone e che nessuno seguirebbe se qualche stupido (o più esattamente qualche provocatore) per caso lo proponesse seriamente, non farebbe che raddoppiare le patologie incurabili, perché alle patologie incurabili della sinistra verrebbero aggiunte anche le patologie incurabili della destra.
L’unione di sostenitori rasati del razzismo biologico con sostenitori barbuti della dittatura del proletariato sarebbe certamente un buon copione di pornografia hard, ma non potrebbe uscire dal piccolo circuito a luci rosse del sottobosco politico.
Il solo modello culturale e politico che abbia un minimo di prospettiva seria è quello opposto .Deve essere consentito a persone o a gruppi che hanno fatto la triste esperienza della militanza estremistica e settaria sbattendovi contro la testa di uscirne fuori senza essere ricattati per il resto della loro vita con accuse infamanti.
Al di fuori del caso nominativamente verificato di agenti segreti, ricattati o provocatori vari,chi ha fatto esperienze settarie ne è positivamente vaccinato, a meno che sia un cretino incurabile, cosa facilmente verificabile in un gruppo sufficientemente ampio.
A questo punto si apre un bivio. O costui diventa un “traditore” nel senso tecnico prima segnalato, oppure deve in un certo senso “rinascere” ad una nuova vita culturale, filosofica, scientifica e razionale.
Su questa sua “rinascita” verrà giudicato, e non certo sull’interminabile demonizzazione della sua diabolica infamia originaria. E questo corrisponde anche al buon senso comune non del tutto inquinato dal furore ideologico. |