Russia: il diritto alla difesa
mag 3rd, 2022 | Di Thomas Munzner | Categoria: Politica Internazionale
Russia: il diritto alla difesa
di Mário Maestri*
Le sorti del mondo del lavoro e della civilizzazione nei prossimi decenni potrebbero dipendere fortemente dall’evoluzione e soluzione del confronto militare tra la Russia e l’imperialismo statunitense ed europeo sul territorio ucraino. Buona parte della sinistra che si rivendica marxista rivoluzionaria si divide attorno a questa questione cruciale, assumendo posizioni chiaramente pro-imperialiste e pro-nato, che in questo articolo nomineremo con l’acronimo italiano di Otan (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.)
Non parliamo delle organizzazioni che da decenni sono schierate a favore delle operazioni militari imperialiste, come la Liga Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (LIT-QI), che negli anni 1979-89, festeggiarono la sconfitta dell’Afghanistan e applaudirono i mujahidins della contro-rivoluzione; che negli anni 1989-1991 si compiaceva dell’esplosione dell’URSS, dell’unificazione tedesca e della restaurazione del capitalismo nelle nazioni del “socialismo reale”; che sostennero la distruzione della Jugoslavia e l’aggressione alla Serbia, nel 1999; le aggressioni all’Iraq, all’Afganistan, a Cuba, alla Siria, alla Libia e così via; difesero diversi colpi di stato: quelle del 2013 in Egitto, del 2014 in Ucraina, del 2016 in Brasile, sempre proponendo di sostenere rivoluzioni popolari mai viste ne sentite, sia prima sia dopo quegli avvenimenti.
Per la vittoria della OTAN
Oggi, così come altre organizzazioni che si definiscono marxiste-rivoluzionarie, la LIT-QI rivendica il rompimento delle relazioni diplomatiche; maggiori e più dure ritorsioni alla Russia; l’invio di armi pesanti e lo stabilimento di una “Zona d’interdizione al volo” sull’Ucraina.
Inoltre, quell’organizzazione milita attivamente per la sconfitta della Russia e la vittoria della Otan e dell’imperialismo statunitense. Ripete come pappagallo la narrativa e le fake news della Otan riguardo ai massacri russi.
Per quanto riguarda la LIT-QI, si tratta di una collaborazione con l’imperialismo che dura da quasi mezzo-secolo, su questioni scottanti della lotta di classe. Non può quindi essere imputata ad “errori” o “deviazioni” di analisi politica, nel seno di un’azione rivoluzionaria e anticapitalista. É anzi l’espressione indiscutibile di opzioni per politiche e orientamenti di classe controrivoluzionari.
In senso opposto, organizzazioni marxiste-rivoluzionarie hanno resistito alla pressione delle classi medie e del capitale, proponendo il principio della difesa incondizionata della nazione oppressa contro il paese imperialista aggressore, indipendentemente della natura del governo e della direzione politica della nazione oppressa. Tale politica fu ampiamente sostenuta da Lenin e da Trotskij quando essi si riferirono a episodi internazionali equivalenti.
Tuttavia, in alcuni casi, tale trincea politico-ideologica vacilla o cede sotto la pressione esercitata dall’imperialismo statunitense ed i suoi succubi, che hanno il monopolio della narrativa degli avvenimenti in corso. Nel dibattito tra le organizzazioni che si rivendicano del marxismo, il principale ariete che colpisce la muraglia di questa visione politica, che consideriamo corretta riguardo ai fatti presenti, è la definizione della Russia come paese imperialista e aggressore e l’Ucraina come una nazione aggredita.
Nazione aggredita
Proporre che la Russia sia una nazione imperialista costituisce una violenza analitica, soprattutto al lato degli Stati Uniti e della Cina, così come definirla paese aggressore dell’indipendenza nazionale ucraina. Nel momento attuale la Russia non è in alcun modo una nazione imperialista. Al contrario, lotta da anni per la sua indipendenza e sopravvivenza nazionali. Ed è il monopolio mediatico dell’imperialismo che offusca la comprensione di tale realtà. Marx ricordava che, “Ogni scienza sarebbe superflua, se la forma fenomenica e l’essenza delle cose coincidessero immediatamente”. Dobbiamo quindi oltrepassare necessariamente il senso comune.
Fin dall’Antichità, la conquista territoriale ha demarcato l’imperialismo. In senso leninista e contemporaneo del termine, una nazione è imperialista quando la sua accumulazione e riproduzione del capitale viene dominata dall’esportazione di capitali o di complessi industriali, di servizi, etc. monopolisti, sotto la dominazione del capitale finanziario. Per le nazioni imperialiste moderne, l’espansione territoriale ha cessato di essere importante. La Svizzera è una nazione imperialista e non ha mai occupato un altro paese. Così come il Giappone, anch’esso imperialista, che non lo fa dal 1945.
In America Latina, tramite il nuovo attivismo del grande capitale finanziario cinese, si percepisce facilmente come avviene l’azione dell’imperialismo moderno. In Brasile, negli ultimi anni, una parte considerevole della distribuzione dell’energia, dei minieri, del petrolio, di aziende di applicativi, ecc. si trovano nelle mani del capitale cinese. Prima, solo gli USA, la Germania, la Francia, l’Italia, il Giappone, ecc. si dividevano sistematicamente il bottino di quella nazione sudamericana. E questo vale anche per le altre nazioni sudamericane.
Non è imperialista
In America Latina non vi sono costruttori automobilistici, compagnie minerarie, porti, aeroporti, reti di comunicazione, banche, ecc. controllate dal grande capitale russo. Anzi, è stata la terra di Putin ad essere invasa dalle grandi marche tedesche, italiane, francesi, olandesi, svizzere, ecc. – la lista è enorme. Tra quelle si possono citare BASF, BP, Coca-Cola, Danone, Enel, Engie, Equinor, Generali, HSBC, Intesa Sanpaolo, Leroy Merlin, Maire Tecnimont, Nestlé, Renault, Shell, Stellantis, Unicredit, ecc.
L’essenziale delle entrate russe proviene dalle esportazioni di beni primari e di merci. Le esportazioni di capitali hanno un peso relativo basso rispetto alle vendite di petrolio, gas, carbone, oro, prodotti chimici, grani, carne di pollo, ecc. Gli investimenti di capitali russi all’estero (IED) si appoggiano perlopiù su attività primarie nazionali – Lukoil, Gazprom, Mechel, ecc. Una struttura di esportazione di un paese semi-coloniale, benché ricco, tranne per quanto riguarda l’industria tecnologica ereditata dall’era sovietica — l’industria bellica ed aerospaziale, soprattutto.
Nel 2021, il PIL della Russia è stato inferiore a quello della Germania, cinque volte minore di quello degli Stati Uniti e sei volte inferiore a quello della Cina. É minore dei PIL della California e del Texas sommati, pur avendo la Russia il doppio della popolazione di quei due stati. Il PIL russo è praticamente uguale a quello del Brasile. È quindi un abuso analitico proporre che la Russia sia una nazione imperialista, come la Cina, gli USA, il Giappone, la Germania, ecc., che esportano capitali e imprese tecnologiche
Brasile Imperialista!
La relativa fragilità dell’economia russa non impedisce ai suoi conglomerati, pubblici e privati, di gareggiare per ottenere una pur piccola parte dei mercati internazionali, con l’appoggio dello Stato, soprattutto nelle repubbliche dell’ex-URSS, in Asia e in Africa. L’orientamento tendenziale della Russia sembra essere di trasformarsi in una nazione imperialista, caso l’imperialismo USA glielo permettesse. Ma oggi non lo è.
Soprattutto dopo il 1967, quando in Brasile vigeva ancora la dittatura militare (1964-1985), vi fu da parte del governo di quel paese un tentativo di esternalizzare il capitale nazionale monopolista, nell’ambito dell’industria bellica, dei servizi, dei finanziamenti, ecc., perlopiù nella stessa America Latina, in Africa e in Asia. Alcune previsioni affrettate definiranno allora il Brasile una nazione semi-imperialista e addirittura imperialista. Oggi, sotto l’offensiva statunitense, è diventato un paese in via di regressione “neo-coloniale globalizzata”, che esporta perlopiù energia, minerali, carne, cereali, con poche industrie di bassa tecnologia, già che le sue aziende monopolistiche sono state distrutte e internazionalizzate.
Trasformare l’oriente dell’Eurasia in territori coloniali costituisce un antico programma del capitale imperialista europeo. Il progetto del grande capitalismo tedesco di dominare le terre fertili e le riserve infinite di materie prime dell’Ucraina e della Russia, nonché di regioni limitrofe, fu recuperato e tentato dal nazismo, tramite la narrativa razzista dello “spazio vitale”. Prima di far crollare la barbarie tedesca e liberarne l’Europa, l’URSS perse più di venti milioni di anime.
Alle Porte del Paradiso
L’URSS ha costituito una grande muraglia contro l’espansione coloniale-imperialista europea e USA. Nel 1991 la sua distruzione, seguita dall’Era Yeltsin (1991-1999), materializzò la possibilità che tale espansione potesse accadere. La Russia divenne pertanto una specie di piccolo cortile del club imperialista USA, che non ha mai perdonato a Putin di essere riuscito a recuperare l’autonomia economica relativa (capitalista) di una parte sostanziale del paese. Basata soprattutto nell’esportazione di energia, l’economia russa è riuscita ad uscire, sempre in modo relativa, dalla sua situazione di semi-colonia del grande capitale mondiale, pur continuando ad esserne fortemente determinata.
La Russia ha lottato per recuperare un’autonomia nazionale relativa e un’integrazione armonica, benché subordinata, nella divisione internazionale capitalista del lavoro. Ma ciò le fu sempre negato. Come capo dello Stato, Putin ha perfino proposto che il suo paese entrasse nella OTAN. Di fronte al rifiuto di una sua compartecipazione, pur subordinata, la resistenza dello Stato e della nazione russa chiuse le sue porte al neocolonialismo americano e dell’occidente europeo. A peggiorare la situazione del club imperialista yankee, più a oriente nacque il Drago Cinese, che si rifiuta di sottomettersi alla stessa rapina semi-coloniale, ma soprattutto compete con gli Stati Uniti per l’egemonia imperialista mondiale, in modo da poter partecipare alla rapina del mondo.
Il programma di disorganizzazione-saccheggio degli stati russi e cinesi non costituisce un’opzione malefica e aleatoria del grande capitale internazionale. Non si tratta di malignità, bensì dell’unica possibilità per il grande capitale globale, nella sua fase senile, di garantire una lunga ripresa dell’espansione del capitalismo, sotto il pieno dominio della dittatura statunitense e del grande capitale, in uno scenario mondiale di estrema violenza, con il mondo del lavoro ridotto a una semi-schiavitù capitalista. Non c’è spazio per una convivenza pacifica tra l’imperialismo nordamericano in involuzione, quello cinese in espansione e altre nazioni autonome. Oggi è un’illusione pensare in un mondo puri-polarizzato.
Fame Pantagruelica
L’attuale campagna militare del grande capitale occidentale contro la Russia è la prosecuzione dell’offensiva che ha contribuito alla dissoluzione dell’URSS, nel 1991. I burocrati che guidarono la fine dell’URSS s’illudevano nel credere che il capitalismo russo avrebbe trovato posto a destra del dio-capitale. L’offensiva imperialista non era solo antisocialista. Era anche un attacco neocoloniale alla Russia come nazione che doveva essere soggiogata nonché un’offensiva lanciata contro quella nazione, considerata il “ventre molle” della nuova alleanza sino-russa.
La dissoluzione dell’URSS non impedì che continuasse l’assedio contro la Russia. Nonostante le promesse del 1991, di non avvicinarsi alle frontiere russe, la OTAN, con la sua fame pantagruelica, assorbì i paesi-satelliti dell’ex-Unione Sovietica e, subito dopo, le sue ex-repubbliche disperse: nel 1999: la Repubblica Ceca e l’Ungheria; nel 2004: la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, la Romania; la Slovacchia e la Slovenia; nel 2009: l’Albania e la Croazia; nel 2017 il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord.
L’obiettivo era stabilire un anello di fuoco attorno alle frontiere della Russia, nonostante non fosse più una minaccia socialista, ma al contrario una regione ora dominata dal grande capitale nazionale ed internazionale. Laddove fu possibile, gli Stati Uniti e la OTAN promossero il separatismo, cercando di radicalizzare lo smembramento territoriale e demografico che conobbe la Russia quando esplose l’URSS – Cecenia, Georgia, ecc. Furono assediate le ex-repubbliche sovietiche e furono promosse “rivoluzioni colorate”, antirusse e pro-occidente.
Solo dopo la fine dell’era Yeltsin [1991-1999], furono incentivate e sostenute “rivoluzioni colorate”, tra l’altro in Jugoslavia, Georgia, Ucraina, nel Kyrghyzistan, in Siria, nello Yemen ecc. Ci fu un salto di qualità nel 2014, in occasione del colpo di stato in Ucraina e l’intronizzazione di un governo fantoccio, filoccidentale, russofobo e sostenuto dai fascisti. Venne perseguitata, assediata, massacrata la popolazione ucraina di origine russa nonché i partiti e movimenti che si opponevano al nuovo ordine.
Con le spalle al Muro
Nel 2014, la burlesca e sanguinosa messinscena della Piazza Euromaidan costituì il colpo più duro lanciato contro la Russia dopo il 1991. Con il nuovo ordine, le truppe della OTAN si preparavano a stabilirsi lungo i quasi duemila chilometri di frontiera tra i due paesi, imponendo alla Russia un insopportabile incremento della spesa per la sua difesa. L’istallazione dei missili atomici Otan lungo le sue frontiere, fece si che la situazione della Russia divenne drammatica. È importante ricordare che nel 1961, il veto degli Stati Uniti all’istallazione delle stesse armi sull’isola di Cuba fece correre al mondo il rischio di un conflitto atomico.
La risposta russa arrivò in due movimenti. Primo: il recupero della Crimea, che era stata annessa all’Ucraina nel 1954 tramite un atto amministrativo senza maggiori conseguenze, in uno scenario storico in cui l’Ucraina e la Russia erano parte dell’URSS. Il suo possibile ritorno all’URSS non fu mai oggetto di manifestazioni popolari contrarie. Secondo: l’appoggio della Russia alle repubbliche popolari del Donbass, in parte dei territori amministrativi delle province di Donetsk e Lugansk. Tuttavia, contrariamente a ciò che aveva fatto in Crimea, il governo russo non riconobbe le nuove repubbliche, lasciando aperta la possibilità di un loro ritorno all’Ucraina, mediante ordine federativo e con uno statuto speciale.
Lo Stato russo esigeva inoltre la non adesione di Kiev alla OTAN. Senza alcuna compromissione con la propria nazione, i governi fantocci ucraini continuarono ad attaccare le repubbliche del Bacino del Donetsk, in un totale disprezzo degli accordi di Minsk, firmati nel settembre del 2014 e nel febbraio del 2015. Sottolineando la sua sottomissione all’imperialismo statunitense, Kiev introdusse nella costituzione ucraina il necessario ingresso del paese nella OTAN. La situazione di conflitto a bassa intensità nel Donetsk impediva tuttavia l’adesione formale dell’Ucraina alla OTAN. Ciononostante, tale adesione venne anticipata in modo informale ed accelerato.
In difesa dell’autonomia
Dopo il 2014, gli Stati Uniti e la OTAN promossero continue vessazioni alla Russia, tramite un’incessante campagna di russofobia, spesso con accuse inverosimili, tra cui: il “tentativo di avvelenamento” e, di seguito, le “terribili condizioni di prigionia” di Alexei Navalny, politico russo pro-occidentale; gli “attacchi cibernetici” contro satelliti, partiti politici, industrie statunitense nonché contro la distribuzione di energia in Germania; la manipolazione delle elezioni statunitense; lo “spionaggio” generalizzato dei diplomati russi. Montature che ricevettero l’appoggio permanente dei partiti Democratico e Repubblicano statunitensi.
Queste e tante altre accuse, sempre prive di prove materiali, vennero accompagnate di importanti sanzioni contro lo Stato, l’economia e la popolazione russa, da parte degli Stati Uniti e dell’UE. In tale offensiva, si contraddistingue la campagna contro la conclusione dell’oleodotto Nord Stream 2 e l’esigenza che i paesi della OTAN aumentino la spesa militare al 2% del loro rispettivo PIL. Il ché porrebbe la Russia in una corsa agli armamenti pari a quella che devastò l’economia dell’URSS.
In realtà, si stava organizzando l’offensiva militare contro la Russia, con le prime provocazioni dirette, con un numero maggiore di aerei militari, di truppe e di manovre della OTAN alle frontiere russe. Il 23 giugno 2021, fu dato un passo in avanti. Il destroyer inglese HMS Defender invase le acque territoriali della Russia, lungo la costa della Crimea e venne espulso dalla difesa aerea e navale russa. L’offensiva economica, politica, di intossicazione dell’opinione pubblica fu sostenuta da praticamente tutti i governi e partiti politici europei.
Senza opposizione
Agli inizi del 2021, il Partito Democratico italiano, ex-Partito Comunista, entrò nel governo dichiarandosi radicalmente atlantista e pro-americano. In molti casi, la destra nazionalista e xenofoba europea è la meno russofoba. Essendo spesso antiglobalizzazione, tende a diffondere – apertamente o no – l’uscita dall’Unione Europea, la fine della OTAN e la reindustrializzazione nazionale. L’ordine cesarista, antisocialista, pro-capitalista dell’attuale governo russo esercita anche un’attrazione sulla destra europea e su alcuni politici che sono al governo, come in Ungheria. Molti dei partiti della destra nazionalista hanno la simpatia della classe operaia tradizionale, che, da decenni, ha abbandonato i partiti di sinistra globalisti e social-liberali.
La Russia si prepara da anni, come può, in vista di un attacco che sapeva inevitabile. Ha venduto i suoi titoli del debito statunitense; si è data una rete internet nazionale; ha formato riserve miliardarie in oro; ha modernizzato le sue forze militari. Ha anche diminuito il suo debito esterno, costruito un sistema alternativo allo SWIFT, pur di piccola portata. Una maggiore prossimità con la Cina gli garantisce anche una retroguardia economica e gli ha permesso di dislocare le sue truppe militari dalle frontiere orientali a quelle occidentali.
Alla fine del 2021, vedendo prosperare l’alleanza di fatto della OTAN con l’Ucraina, sempre più con le spalle al muro, il governo russo cercò di iniziare a negoziare con gli USA, centro di decisione della OTAN. Esigendo soltanto le garanzie che gli erano state promesse nel 1991 ed in particolare la neutralità ucraina e la ritirata della OTAN lontano dalle sue frontiere.
Esattamente ciò che volevano gli USA!
Si trattava del confronto voluto, già nel 2016, soprattutto dal Partito Democratico statunitense, contro la Russia, che sarebbe stato combattuto in territorio siriano. Tale progetto fu interrotto con la vittoria di Donald Trump, che permise la consolidazione del regime siriano. Con il rifiuto di tutte le richieste della Russia, gli Stati Uniti non gli lasciarono altra opzione che invadere l’Ucraina, asse centrale della discussione e cuore della crescente minaccia alla Russia.
Gli Stati Uniti hanno finora raggiunto tutti gli obiettivi perseguiti nell’attuale conflitto: la rottura crescente delle relazioni diplomatiche ed economiche dell’Unione Europea con la Russia, soprattutto per quanto riguarda la Germania. La guerra permise anche che venisse interrotto, al meno in modo temporaneo, il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, già concluso, il ché rende plausibile la possibilità, anch’essa nella misura del possibile, della sostituzione del gas russo con quello, più caro, proveniente dagli Stati Uniti.
La demonizzazione di Putin e della Russia fece aumentare il prestigio della OTAN tra la popolazione europea, manipolata in modo vergognoso, nonché l’egemonia statunitense nell’Unione Europea. La furia guerriera europea, in particolare tedesca, garantirà – già lo fa – eccellenti ordinazioni per l’industria degli armamenti statunitense e intende lanciare la Russia in una dura corsa alle armi. Le spese con l’armamento inviato all’Ucraina e finanziati dall’UE e gli Stati Uniti sono state favolose.
Fino all’ultimo alleato
Il grande successo dell’imperialismo statunitense è che il conflitto avviene in Europa ed è sostenuto essenzialmente dal vecchio continente. Gli Stati Uniti cercano di allungarlo fino all’esaurimento della capacità di resilienza europea. È considerevole la formattazione dell’opinione pubblica europea, nella più sfrenata russofobia, in cui Putin è il terribile orco di turno, dopo Nicolae Ceausescu, Milosevic, Fidel Castro, Bin Laden, Saddam Hussein, Khomeini, Gheddafi, Bashar al-Assad, Chaves, Maduro ecc., con un successo mai raggiunto, neppure nei tempi peggiori della cosiddetta Guerra Fredda.
L’obiettivo strategico degli Stati Uniti-Otan è quello di mantenere la guerra frontale per mesi – e, se possibile, con una situazione di confronti intermittenti addirittura per anni, come nel Donbas, dal 2014 al 2022, trasformando l’Ucraina nel “Vietnam russo”. Si vuole dissanguare la Russia, portarla allo sfinimento, forzare il suo depauperamento, le convulsioni interne, la caduta del regime, la disorganizzazione dello Stato. Il sogno USA-NATO è il sorgere di un Zelenskyj russo che abbia la plasticità pro-imperialista di Yeltsin.
Per portare a termine tale operazione, gli USA-Nato sono disposti a lottare fino all’ultimo ucraino, senza mai coinvolgersi legalmente nel conflitto. L’attore Volodymyr Zelenskyj, uomo di un’immensa fortuna e burattino scelto accuratamente per governare l’Ucraina, con un futuro politico ed economico garantito per sempre, non è minimamente preoccupato con le sorti del paese di cui è alla guida e della sua popolazione. Quando sarà necessario, l’imperialismo sceglierà un altro politico ucraino, mediatico e obbediente.
Russia delenda est
Non vi è uno scenario plausibile che suggerisca una sconfitta generale russa, nonostante gli ingenti investimenti militari occidentali. Come già detto, gli USA-Nato cercano soprattutto l’erosione e la demoralizzazione delle forze militari e dell’economia russe, anche a costo di un’ampia e non necessaria distruzione di regioni dell’Ucraina. Come strategia di difesa, l’esercito ucraino e le truppe nazional-fasciste occupano le città e impediscono l’evacuazione delle popolazioni civili, usate come scudi umani. Il che aumenta la complessità dei combattimenti per le forze russe preoccupate con il numero di vittime civili.
In mancanza di vittorie militari, Otan e Stati Uniti producono fakes news su supposti crimini russi mostruosi. Narrative macabre che si succedono une alle altre, senza qualsiasi preoccupazione con la loro credibilità, sicuri del dominio totale della stampa e dei media europei e mondiali. Senza paura del ridicolo, parlano di genocidio. I migliori pezzi pubblicitari furono il “pilota fantasma di Kiev”, con decine di aerei russi abbattuti, prodotto tramite animazione virtuale. I tredici marinai ucraini dell’isola dei Serpenti, nel mare Nero, che avrebbero preferito la morte piuttosto che rendersi a una nave di guerra russa. Dopo essere stati decorati post-mortem ed essere oggetti di un francobollo commemorativo, sono riapparsi totalmente vivi e ben trattati, come prigionieri, tutti arrabbiati per essere stati abbandonati, soli, sull’isola, dai loro superiori ucraini. Si susseguono supposti massacri di civili dall’aviazione, da missili balistici e da truppe russe, con enorme successo in una popolazione europea e mondiale a cui viene negata un’informazione non ideologica. Come quelli del Teatro di Mariopoli, o della città di Buča, di Kramatorsk, Járkovetc, ecc. I media di massa internazionali non si riferiscono minimamente alle numerose prove materiali che smentiscono quelle narrative. Solo su informazioni provenienti da media alternativi, non sempre facilmente raggiungibili, si alzano alcune voci contro l’enorme messinscena mediatica. I lusitani dicevano che nella guerra, la menzogna è come la terra.
Cosa aspettarci da questa guerra
La fornitura all’Ucraina di moderne armi, personali, antiaerei e contro i blindati causarono perdite di mezzi di trasporto, di carri armati, di elicotteri e di aerei volando a bassa quota russi. Ciò ha tolto alle truppe russe il vantaggio che si erano assicurati all’inizio della guerra. Alcuni missili furono intercettati, il che significa un aumento della qualità e della quantità degli armamenti consegnati all’Ucraina. È il caso degli S-300, per esempio. L’affondamento della nave ammiraglia Moskva, certamente sotto la guida della OTAN, il 14 aprile, fu un duro colpo per la Russia. Tuttavia, tutto fa pensare che i russi vogliano concludere il conflitto il più presto possibile, con lo spostamento verso sud, già realizzato, delle truppe che assediavano Kiev. Esse mantenevano immobilizzate le forze armate ucraine, nell’aspettativa di un attacco alla capitale, che possibilmente non faceva parte dei piani di Mosca. L’obiettivo militare strategico sembra essere stato, sempre, la Nuova Russia, al sud/sudest del paese, regione di forte popolazione di lingua e etnia russe.
La nuova battaglia già cominciata si farà in campo aperto, in un enorme area di combattimento, in cui si confronteranno circa 40 mila soldati ucraini, armati e addestrati dalla OTAN, che circondavano il Donbass, pronte ad invadere le due repubbliche. Adesso, prevarranno la quantità, la qualità ed il coordinamento delle truppe meccanizzate, della fanteria, dell’aviazione, della marina. Nonostante la disposizione della OTAN di fornire il materiale bellico più moderno – come blindati – agli ucraini, la vittoria dei russi sembra assicurata, a scapito di pesanti perdite umane e materiali.
Caso il governo ucraino non voglia iniziare a negoziare seriamente, è probabile che ci sia una partizione della Ucraina, tra, da un lato il nord e dall’altro il sud-sudest. E se la Russia non riuscirà ad imporre una neutralità di fatto all’Ucraina, è possibile che scelga di mantenere il controllo del litorale ucraino sul mar Nero, il ché unirebbe la Russia e la Crimea, per via terrestre, attraverso le repubbliche del Donbass e della città di Mariopoli. È a ciò che si deve la violenza dei combattimenti in quella città, che era stata prima fortificata da specialisti della OTAN. Nel miglior dei casi, Odessa, città fondata dai russi e fortemente russofona, sarebbe, per l’Ucraina, l’unica uscita sul mare.
La Nuova Russia
Le forze militari delle repubbliche del Donbass stanno avanzando nel controllo territoriale delle sue rispettive province - oblasts. In un certo modo, l’occupazione dei territori della Nuova Russia e delle repubbliche di Donetsk e Lugansk agevolerebbero un allontanamento della OTAN dalle frontiere storiche della Russia e rinsalderebbero la possibilità di un eventuale negoziato in favore di un’Ucraina neutrale e federale. Dopo le dure perdite, soprattutto umane, sarà difficile al governo russo abbandonare a una sorte incerta le popolazioni russofone dell’Ucraina. La partizione dell’Ucraina, se avverrà, avrà degli sviluppi difficili da prevedere.
Le dure e incessanti sanzioni economiche non hanno ancora rivelato la dimensione del danno che possono aver causato all’economia russa. La dipendenza dell’Europa all’energia russa, per un corto e medio periodo di tempo si è dimostrata maggiore di quanto si pensasse. L’Europa occidentale continua a finanziare la campagna ucraina, senza tuttavia interrompere l’acquisto di gas e petrolio che arriva dalla Russia demonizzata.
La politica militarista, sostenuta dagli attuali governi europei, inasprirà la crisi sociale che già occorre nel Vecchio Continente, determinando nuovi scenari politici. Il rifiuto soprattutto dell’India e della Cina di aderire alla campagna di isolamento della Russia, costituisce già una difficoltà nel tentativo dell’Occidente di imporre alla Russia un cerchio come quelli applicati a Cuba, alla Corea del Nord, all’ Iran. E quasi un terzo della popolazione mondiale vive in quei due paesi continentali. La capacità di manipolazione dell’Africa Nera e dell’Asia da parte dell’Occidente è fortemente diminuita negli ultimi anni. Per molte nazioni, la Russia può uscire da questo conflitto come esempio di resistenza di fronte a Stati significativamente più ricchi e potenti.
La Terza Guerra Mondiale
Si è molto discusso se l’attuale conflitto sarebbe l’inizio o potrebbe risultare nella III Guerra Mondiale. Riteniamo questo dibattito infondato. La Seconda guerra mondiale fu un conflitto generale, con obiettivi di conquiste di aree terrestre e marittime, che mise a confronto eserciti di terra, mare e aria. Come sta succedendo in Ucraina. Ma oggi tale modalità di scontro militare frontale è insostenibile tra nazioni che possiedono armi atomiche. Qualsiasi paese strategicamente svantaggiato in un confronto generale, potrà usare il suo potere atomico, anche solo tattico, prima di soccombere. La Russia possiede il maggior numero di arme atomiche tattiche – difensive – e ha già dichiarato che le userà se vi sarà costretta.
Una specie di III Guerra Mondiale, dal 1947 al 1991, tra l’URSS e gli USA, e i loro rispettivi alleati, si diede attraverso una successione incessante di colpi di Stato e di conflitti militari localizzati e controllati, — guerra in Corea; colpi di stato in Indonesia, Brasile, Cile; guerre di liberazione nazionale in Africa; guerra nel Vietnam, Laos, Cambogia; El Salvador, Nicaragua, Afganistan, ecc. Ciò che si perseguitava era indebolire il nemico, strategia vincitrice con la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Tale forma di conflitto dell’Occidente contro la Russia si sviluppa da anni, conformando ciò che si potrebbe proporre come la Quarta Guerra Mondiale, con battaglie localizzate in Cecenia, Iraq, Bosnia Erzegovina, Georgia, Siria, Iran, Libia, ecc. La lotta per l’imposizione dell’egemonia statunitense esige ora la sottomissione, soprattutto della Russia, della Cina, dell’Iran, della Corea del Nord, del Venezuela.
Il confronto militare tra Ucraina e Russia costituisce un salto di qualità in questo scontro. Forse per la mancanza di condizioni, per l’imperialismo USA, di avanzare la stessa iniziativa contro la Cina, in cui potrebbe non avere l’appoggio dell’Europa Occidentale e del Giappone. Una delle possibilità statunitensi di portare la Cina a un conflitto, senza uno scontro frontale e totale, è un incentivo all’indipendenza di Taiwan o lo stabilimento di troppe americane su quell’isola. Un po’ come fu fatto in Ucraina. Il governo cinese ha dichiarato più volte che una tale realtà porterebbe ad un suo intervento a Formosa. Il pericolo di un conflitto generalizzato è sempre reale, pur non essendo desiderato da nessuno dei due blocchi.
Dove va la Cina?
Gli Stati Uniti minacciano ritorsioni alla Cina caso mantenga rapporti privilegiati con la Russia, indebolendo le sue politiche di sanzioni economiche. Pechino, che dipende dal mercato statunitense per le sue esportazioni, si è finora mantenuto in un’apparente equidistanza. Cerca di tumultuare il minimo possibile le già agitate acque del suo rapporto con gli USA. Alcuni analisti occidentali sognano un avvicinamento tra Washington e Pechino, che isoli Mosca e faciliti la sua sconfitta. Tuttavia, gli Stati Uniti continuano a definire la Cina il suo nemico strategico. E la Cina sa di avere una superiorità o un’uguaglianza militare con gli Stati Uniti solo in alleanza con la Russia. Si propone che una sconfitta della Russia con il rovesciamento dell’attuale regime e l’avvento di un nuovo “Zelensky-Yeltsin”, condurrebbe a un inevitabile allontanamento con la Cina. Una ragione in più per Pechino di preoccuparsi – pur discretamente – del successo del suo alleato russo.
L’imperialismo statunitense, in relativa decadenza, possiede un arco di tempo limitato per disorganizzare l’imperialismo in ascesa della Cina. L’offensiva degli Stati Uniti è spesso presentata come contesa della Russia e della Cina, come se la pressione venisse dalle nazioni aggredite. Una sconfitta generale russa faciliterebbe un attacco alla Cina che, se sconfitta, si tradurrebbe in terribili sequele per il mondo del lavoro, per la popolazione in generale, per la propria sorte dell’umanità. La sconfitta degli Stati Uniti in questa operazione permetterebbe, in un lasso di tempo più largo, il sorgere di una nuova egemonia imperialista cinese.
I prossimi tempi saranno comunque di tensione e violenze mai conosciute dall’umanità, perché vissute all’insegna del confronto tra nazioni che possiedono armi nucleari. Soltanto l’organizzazione nazionale ed internazionale dei lavoratori e la costruzione di sua egemonia garantirà un’uscita dal terribile punto morto in cui ci troviamo, e un futuro per l’umanità.