La città socialista. Origini, utopia e realtà. Alessandro Attori
apr 29th, 2022 | Di Thomas Munzner | Categoria: Recensioni
Marco Pondrelli
Dopo essersi dedicato all’architettura sovietica Alessandro Attori presenta un altro interessante lavoro sulla concezione della città socialista. In realtà il libro è molto più complesso ed articolato di quanto il titolo possa suggerire, i primi capitoli sono infatti una panoramica sintetica ma completa sullo sviluppo delle città nella storia umana.
La storia delle città si intreccia ovviamente con quella dello sviluppo economico produttivo della società nel suo complesso. Il XIX secolo diviene alla luce di queste considerazioni un secolo fondamentale non solo per capire le trasformazioni urbane di quell’epoca ma anche per capire le scelte urbanistiche che in parte determinano la nostra contemporaneità. Assieme alla nascita di grandi fabbriche le città vedono l’emergere di grandi quartieri popolari, che diventano luoghi di grande miseria ed insalubri. I primi a teorizzare un intervento ed un cambio urbanistico per affrontare questi nuovi problemi sono quei pensatori conosciuti come ‘socialisti utopisti’. La critica di Owen al sistema a lui contemporaneo è una condanna del liberismo, a questa condanna si affianca il tentativo di costruire ‘il primo vero piano urbanistico’ [pag. 48], tentando poi di costruire la sua città utopistica negli Stati Uniti. Purtroppo l’esperienza di New Harmony (così venne chiamato questo villaggio) non riuscì. Anche Charles Fourier tentò di modificare l’urbanistica ottocentesca introducendo la sua idea di Falansterio [pag. 49], in questo tentativo secondo Fourier le arti dovevano aiutare attraverso, l’abbellimento e la salubrità, a fare coincidere l’interesse particolare con quello generale.
Per quanto queste idee, così come quelle di Cabet, avessero ancora un’impostazione utopistica come nota Leonardo Benevolo (grande architetto ed urbanista che seppe unire le sue ricerche teoriche all’intervento concreto nelle città) ‘questi modelli […] sono l’esatto contrario della città liberale‘ [pag. 50], proprio per questi motivi queste ‘idee ebbero un peso notevole nello sviluppo dell’urbanistica e del movimento architettonico moderno’ [pag. 57].
Engels intervenne in questo dibattito iniziando a prefigurare il decentramento del sistema produttivo superando la dicotomia fra città e campagna attraverso ‘la liquidazione della divisione sociale del lavoro e la fusione dell’industria con l’agricoltura’ [pag. 59]. questi temi saranno ripresi di William Morris ed infine anche da Lenin che sosterrà anch’egli la necessità di eliminare i contrasti fra città e campagna individuando nelle ‘vie di comunicazione la molla capace di rinnovare la struttura urbana, attenuando le concentrazioni troppo dense e collegando le grandi città ad una rete integrata di insediamenti’ [pag. 61].
In un quadro rivoluzionario come quello sovietico nasce la nuova Associazione degli Architetti Contemporanei per la quale è essenziale mettere al centro degli interventi architettonici ed urbanistici ‘le esigenze reali dei lavoratori sovietici’ [pag. 77]. Sono molti i temi che in URSS vengono affrontati, trovo particolarmente interessante la sottolineatura che l’Autore compie rispetto all’organizzazione del tempo libero. Una riflessione che mantiene una sua importanza anche oggi, se il comunismo si pone l’obiettivo di liberarci dal lavoro, ovverosia di togliere tempo ad esso ridandolo alla vita privata, questo tempo ‘liberato’ deve essere impiegato in modo democratico, ciò vuole dire che l’arte e la cultura non devono essere ad appannaggio esclusivamente di una ristretta cerchia di intellettuali.
I ragionamenti e le domande presenti nel libro di Attori sono essenziali per capire l’urbanista contemporanea che, a differenza di quello che si può pensare, non è staccata e lontana dai bisogni sociali di una comunità. È un tema ben presente nei Paesi socialisti a partire dalla Cina. Afferma in conclusione l’Autore ‘se Manhattan, con i suoi grattacieli e la sua eccezionale densità urbana, è stata la città per antonomasia del solo scorso, e la Parigi haussmanniana di quello ancora precedente, Pechino, Honk Kong e Shanghai sono le principali icone della città verticale di quello in corso, e testimoniano lo spostamento del centro di gravità economico del mondo contemporaneo’ [pag. 102].