La geopolitica multipolare che ruota intorno all’asse ucraino
mar 25th, 2022 | Di Thomas Munzner | Categoria: Cultura e societàLa geopolitica multipolare che ruota intorno all’asse ucraino
Punto della situazione
di Pierluigi Fagan
L’evento più importante della giornata di ieri è stata la video-chiamata tra Xi e Biden. Nei giorni scorsi, il Financial Times (proprietà giapponese) e il the Economist (proprietà Exor-Agnelli) avevano riscaldato l’ambiente accusando la Cina di star attivamente aiutando la Russia nel conflitto ucraino. Cinque giorni fa a Roma, americani e cinesi si sono incontrati in un meeting molto lungo e, pare, poco amichevole. Ieri, prima della video-call Xi-Biden, il ministero degli Esteri cinese ha fatto dichiarazioni molto dure: ha accusato gli USA di avere la “coscienza sporca” sul precipitare della questione ucraina, di aver agito come “ladri” per trarre vantaggi geopolitici, accusa gli USA di essere “ipocrita” nel mostrare preoccupazioni dopo aver “appiccato l’incendio”. In fondo, tali cose erano state detta dai cinesi già dall’inizio del conflitto. Colpiscono i toni molto diretti, tutt’altro che diplomatici, ma di più il fatto di aver sparato queste dichiarazioni -prima- del vertice.
Il vertice è durato poi due ore. Dopo, per qualche ora successiva la fine dell’incontro, i cinesi hanno sparato dichiarazioni una dopo l’altra.
Secondo Pechino gli USA-NATO dovrebbero affrontare direttamente con Mosca le questioni strategiche alla base del conflitto, capire che è in gioco la stabilità globale con effetti planetari inimmaginabili, rivedere la logica delle sanzioni che hanno gravi effetti sul sistema mondiale più che solo russo. Xinhua poi ha aggiunto la richiesta a chiarire il ruolo degli USA nei laboratori di sviluppo di armi biologiche, tema sul quale ieri è tornato Lavrov. Xi ha ammonito Biden di non aver fatto nulla nelle relazioni bilaterali dopo il drastico peggioramento ereditato dall’era Trump e di aver dato retta a settori degli USA che hanno posizioni inaccettabili per Pechino, su Taiwan a molto altro. Se questo è il “comunicato” all’esterno, chissà cos’altro si sono detti all’interno delle due ore. Tant’è che ha colpito il quasi totale silenzio da parte americana. Gli americani non hanno dato ragguagli sul vertice se non molte ore dopo, con i portavoce del dipartimento di Stato e della stessa Casa Bianca che hanno ribadito l’avvertimento che Biden avrebbe dato a Xi a non partecipare direttamente o indirettamente al conflitto pena non meglio precisate ritorsioni.
La mia del tutto personale impressione è che Xi abbia detto a Biden qualcosa che gli americani non avevano preventivato e questa posizione ha portato gli americani a meditare i possibili sviluppi -evidentemente- assai problematici. Dobbiamo infine chiarire che il potere americano, come quasi sempre avviene ed è avvenuto negli scorsi decenni, è un composto di varie posizioni che vanno dagli idealisti armati ai realisti strategici. I presidenti debbono fare sintesi ma le sintesi a volte non sono proprio possibili, così oscillano. Ricordo che gli americani vanno a votare a novembre ed i sondaggi sono ampiamente sfavorevoli ai dem. Infine, come è successo ripetutamente ad esempio con Obama, ci sono settori dello Stato che agiscono in maniera del tutto divergente rispetto alle posizioni ufficiali. Storico un false flag in Siria dopo che Obama aveva concordato in un viaggio a Mosca posizioni più concilianti.
Ieri l’India ha comprato 5 milioni di barili di petrolio dai russi al prezzo di 25 dollari. Recentemente, gli indiani hanno sottoscritto accordi di produzione militare di kalashnikov coi russi nonché progetti su nuove centrali nucleari. Gli indiani comprano armi indifferentemente da russi ed americani. I buoni rapporti indo-russi risalgono ai tempi dell’URSS, anche in chiave di bilanciamento anti-cinese (che supporta il Pakistan). I portavoce americani hanno commentato in modo molto cauto. Ricordo che Washington vorrebbe convincere fino in fondo l’India a stare nell’alleanza regionale indo-pacifica QUAD (con Australia e Giappone), mentre gli indiani che pure vi partecipano a livello di colloqui, stanno nei BRICS, nella SCO e AIIB. Ieri lo shopping indiano è stato invece severamente censurato dai britannici, cosa che non avrà fatto per niente piacere a Delhi.
Come ricordava ieri Scenari, l’inserto geopolitico di Domani diretto dall’ex-Limes Fabbri, al recente voto Onu di condanna dell’invasione russa, la somma degli astenuti e contrari supera il 50% di popolazione mondiale, con attori come Cina, India, Pakistan, Vietnam, Bangladesh, Iran, i due Sudan, Sud Africa ed una quindicina di altri stati africani, oltre ovviamente ai russi. Tra i paesi che non si sono presentati al voto, Venezuela ed Etiopia più altri 10. Fonti non occidentali parlano di vero e proprio scatenamento diplomatico americano (c’è chi dice con generose promesse e severe minacce) per ottenere l’allineamento alla condanna. Infine, come già qui scritto, attenzione a scambiare un ininfluente voto di censura (che pure ha una sua ovvia logica e pertinenza in quanto non si invadono altri Stati come regola internazionale) con reali comportamenti sanzionatori o di allentamento o rottura delle relazioni con la Russia. Lo stesso voto a favore del Brasile dove pure il Brasile è nei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e dove nei giorni precedenti si è astenuto dallo schierarsi apertamente contro Mosca, mostra la difficile arte del non allineamento.
Sarà forse per questo che Repubblica, dopo l’incessante campagna stampa incendiaria dei giorni scorsi, oggi fa un articolo rivelando crepe all’interno del fronte occidentale. Si tratta delle intemperanze balto-polacche che vorrebbero addirittura lo scontro aperto NATO-Russia, ma anche del viaggio dei ministri polacco-ceco-sloveno (dove si comprende poco la presenza degli sloveni che, fate attenzione, non sono gli slovacchi, vedere la cartina geografica) a Kiev, che ha prodotto forte irritazione a Bruxelles. I polacchi hanno anche avanzato l’idea di una missione umanitaria in territorio ucraino e l’altro giorno Biden aveva sottolineato che oltre ai profughi esterni (che ieri ONU ha aggiornato in stima a 6,5 milioni contro i 3 milioni attuali) ci sono quelli interni (quelli che si condensano in Ucraina occidentale, Leopoli e dintorni) ben 12 milioni! Del tutto logisticamente ingestibili. Una missione umanitaria sembra una idea ragionevole ma lì è guerra. Cosa succederebbe se ci fosse un “incidente” con morti occidentali umanitari? Lavrov ieri ha ribadito di non entrare in Ucraina perché è teatro di guerra, il che significa “non garantiamo l’incolumità di nessuno”. Poi ci potrebbero essere i prevedibili false flag. Si dice anche che i balto-polacchi spingerebbero per l’impossibile no-fly-zone o in subordine il porre qualche invalicabile “linea rossa”. Ma Washington e alleati europei di maggior peso pare non ci pensino affatto, in particolare si sa dall’esperienza Obama in Siria quanto sia ambigua e politicamente pericolosa l’idea della “linea rossa”.
Domenica, Zelensky parla alla Knesset israeliana, dopo esser intervenuto al Bundestag dove ha sostanzialmente sgridato Berlino per i suoi tergiversamenti. Ieri tabloid inglesi denunciavano Italia, Francia, Germania di aver venduto armi ai russi da dopo il 2014. Portogallo, Spagna, Grecia ed Italia si sono visti per promuovere un proprio punto di vista sia geopolitico, sia economico rispetto a quello che dovrà fare l’UE. Von der Leyen continua a promettere a Zelensky porte aperte nell’UE, ma nei fatti Olanda, Germania e Francia non ci pensano affatto. L’UE potrebbe fare un secondo nuovo investimento in armi di 500 milioni per l’Ucraina.
Più d’uno comincia a porsi il problema di come Zelensky non si capisce come possa gestire una eventuale pace rispetto al proprio popolo mandato a morire -e non solo- per intere settimane quando s’è capito che i russi non si smuoveranno di un millimetro dalle richieste avanzate nei primi giorni del conflitto. Come detto ieri dagli americani, se i russi dovessero perdere sul campo potrebbero arrivare al nucleare, Mosca non può andare indietro ma solo avanti. E come potrà farlo rispetto al vasto fondo nazionalista che non è neo-nazista, ma che non è meno intransigente. Mentre alcuni dicono che i russi sono alla frutta e manca poco al loro collasso logistico-militare, altri si domandano chi tiene in vita l’Ucraina dove non si produce, vende e compra nulla da settimane, l’Ucraina – 133° paese per Pil pro-capite- è tecnicamente uno stato fallito. Viepiù il problema della ricostruzione, della bonifica degli esplosivi, della marea di armi inviate colì. Rimane qualche esaltato che continua a ripetere che i russi arriveranno a conquistare tutta l’Ucraina minacciando l’Europa, ma per fortuna la logica di ciò che si osserva è quella individuata dal gen. Mini già giorni fa “mezzi limitati per obiettivi limitati”. Come evidenziato da Dottori-Limes, i russi hanno sorpreso tutti mandando T70 e T80 (tank degli anni ’70 o ’80 quindi ferrrivecchi) e sostanzialmente un esercito di ragazzini di primo pelo. Ora pensano ai contractors. Tant’è che sono lì impiccati ai bordi orientali da settimane dove l’obiettivo è solo prender le città per fame, quindi lunghi assedi. Non si capisce allora come i russi pensino di giocare col tempo se i nostri astuti commentatori sostengono che il tempo gioca a loro sfavore e quindi bisogna continuare a mandare armi alla resistenza ucraina. Altresì molti sbavano per vedere l’assalto ad Odessa e Kiev, ma altri fonti dicono che non ci sarà alcun assalto cittadino com’è ovvio se si conoscono due-tre cose dell’Arte della guerra. Ieri, poco notato, il sindaco di Mariupol pare abbia affermato che a conti fatti non è morto nessuno nel bombardamento del teatro. Qualche decina è scappata, ma mille stanno ancora nel bunker sotterraneo. Cosa ci facciano mille civili in un bunker invece che scappare via della città distrutta pare all’80%, è mistero.
Giovedì e venerdì prossimi, vertice europeo e NATO con Biden di persona. Solo dopo la prossima settimana avremo idee più chiare su come gli USA intendono continuare o finire ed a che condizioni, la partita.
Si cominciano sempre più a calcolare i prezzi della guerra e dopo ONU e FMI, ora un think tank americano prevede 40 milioni di poveri assoluti (a rischio di morte per fame e malattie), 6-7 volte i morti per Covid in due anni. E fra una settimana, il rombo delle onde telluriche planetarie del disastro ucraino, sarà più forte.
Vedremo quindi “il tempo” a favore e sfavore di chi giocherà.