Stati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici E’ l’inizio di una fase post-pandemica?
nov 4th, 2021 | Di Thomas Munzner | Categoria: Politica InternazionaleStati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici.
E’ l’inizio di una fase post-pandemica?
di J. Furnam, G. Winant
Riprendiamo dal sito statunitense The Intercept. Una versione in francese di questo articolo è sul sito www.alencontre.org
Un materiale interessante che, insieme con i due testi sulla massa dei lavoratori che si sono dimessi in questi mesi dal proprio lavoro o si rifiutano di tornare ad un lavoro quale che sia, aiuta a comprendere come al declino storico dell’imperialismo statunitense corrisponda un degrado nelle condizioni medie di salario, negli orari di lavoro e nelle prestazioni di welfare che pare inarrestabile, con una stratificazione di condizioni accentuata tra anziani e giovani. E come si stia da qualche mese innescando una reazione operaia e proletaria che, incoraggiata dalla riduzione dei tassi di disoccupazione prodotta dalla ripresa economica in corso, prende due forme differenti: un’ondata nuova di scioperi e di mobilitazioni, un’altrettanto nuova ondata di dimissioni volontarie dai posti di lavoro – due fenomeni che giustamente in un articolo su Counterpunch Sonali Kolkhatar collega.
Questa duplice reazione sta assumendo dimensioni tali da imporsi anche al dibattito politico interno al partito democratico, che da un lato vuole presentarsi, con Biden, come il partito più sensibile alle istanze dei lavoratori e dei sindacati, e dall’altro disattende regolarmente le illusioni che crea con le proprie promesse – ad esempio il trio Biden/Jellen/Pelosi ha già lasciato cadere il tema del salario minimo, mentre delle misure di riforma e riduzione dei poteri della polizia non c’è traccia. Nel corso di questa esperienza i proletari statunitensi, così come la grande massa dei partecipanti al movimento Black Lives Matters, dovranno convincersi che il solo modo per realizzare le loro aspirazioni è assumersi autonomamente questo compito, che non può essere delegato a nessun Biden né a nessun Trump – e comporta la lotta per la distruzione del sistema sociale capitalistico, prima che questo distrugga le precondizioni di una formazione sociale nuova, senza sfruttamento e senza oppressione.
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Poco prima della mezzanotte di mercoledì 13 ottobre, gli operai di uno stabilimento John Deere a Waterloo, nello Iowa, hanno iniziato a chiudere l’impianto, spegnendo i forni della fonderia. L’impianto era già quasi vuoto, con la Deere che diceva ai lavoratori di rimanere a casa durante la notte. Tre giorni prima, i membri del sindacato UAW (United Auto Workers) in Iowa, Illinois e Kansas avevano rifiutato a stragrande maggioranza una proposta di contratto che dava aumenti salariali al di sotto dell’inflazione ed eliminava le pensioni per tutti i nuovi assunti. Il rifiuto è stato una sorpresa sia per la dirigenza sindacale che per l’azienda; anche alcuni dei lavoratori che avevano votato no e autorizzato lo sciopero erano sorpresi di ciò che stava accadendo. I 10.000 lavoratori che hanno sospeso il lavoro scioperano alla Deere per la prima volta in 35 anni. “Ho appena confermato che [lo stabilimento di] Waterloo ha installato i suoi picchetti di sciopero”, ha detto un lavoratore prima dell’inizio dello sciopero. “La merda sta per venire a galla.”
Questi lavoratori si uniscono a 2.000 operatori ospedalieri in sciopero a Buffalo, New York; 1.400 addetti alla produzione di Kellogg’s in quattro stati; 450 metalmeccanici di Huntington, West Virginia; e ai 2.000 addetti alle telecomunicazioni in California che hanno fatto un giorno di assenza, tutti dal 1° ottobre. Mille minatori di carbone dell’Alabama, 700 infermiere nel Massachusetts, 400 produttori di whisky nel Kentucky e 200 autisti di autobus a Reno, in Nevada, erano già in sciopero [a quella data], oltre gli scioperi recentemente deliberati da 2.000 falegnami a Washington, 600 lavoratori di Frito-Lay in Kansas e 1.000 operai della fabbrica Nabisco in cinque stabilimenti in tutto il paese. E ci sono decine di migliaia di lavoratori in attesa dietro le quinte, con 37.000 operatori sanitari di Kaiser in Oregon, California e Hawaii che hanno autorizzato lo sciopero o stanno per farlo, così come diversi grandi sindacati di lavoratori e lavoratrici delle università che si stanno preparando a scioperare. Più di 60.000 lavoratori del cinema e della televisione erano pronti a entrare in sciopero, con il 90% dei membri dell’International Alliance of Theatrical Stage Employees che hanno votato al 98% per lo sciopero, prima che fosse raggiunto un contratto provvisorio sabato. Nelle prossime settimane si voterà per la ratifica o la bocciatura del contratto.
Questa ondata di scioperi non ha niente a che vedere con quella degli anni ’40, quando negli Stati Uniti scioperava 1 lavoratore su 10 nel giro di un anno. Ma non è nemmeno la tregua sindacale degli anni 2010, quando le grandi iniziative di sciopero nel settore privato sono scese verso lo zero. Oggi i lavoratori sono sempre più militanti, cioè non sono disposti ad accettare cattive condizioni di lavoro, ma non sono particolarmente organizzati. Con una densità sindacale al minimo storico, i sindacati stanno giocando un ruolo ispiratore, ma non sono l’unica fonte dell’azione. Quello che stiamo vedendo ora è l’attività di sciopero che inizia a crescere dopo un decennio di depressione, mentre il lavoratore “essenziale” – una nuova categoria di lavoratori nata dalla pandemia di coronavirus – sfida il padronato ad onorare quella qualifica. Non sono solo i lavoratori a prendere atto del potenziale cambiamento del rapporto di forze. Questa settimana anche gli analisti di Wall Street hanno lanciato l’allarme sul prezzo delle azioni di Deere, con uno di loro che ha rivisto le sue proiezioni al ribasso del 25%. In una sezione di un rapporto confidenziale intitolato “Il pendolo del potere si è messo ad oscillare”, questo analista ha scritto: “I dipendenti della Deere, oltre a volere concessioni dalla impresa riguardo a un nuovo contratto di lavoro della durata di 6 anni, potrebbero anche collegare questi negoziati con il loro desiderio di cambiare il modo in cui viene eletta la leadership nazionale della UAW, e ad un più ampio attivismo a livello nazionale (e anche internazionale) poiché vedono il loro potere crescere in un mercato del lavoro teso.” Il rapporto di questo analista di Wall Street agli investitori indica che la classe dei proprietari guarda a ciò che accade dentro l’UAW.
Il piccolo imprenditore desolato, che non riesce ad attrarre lavoratori, è stato uno dei protagonisti preferiti dai media dell’era “Build Back Better”, in parte come copertura per i CEO di Fortune 100 come John C. May di Deere, che beneficiano dello stesso mercato del lavoro a bassi salari. Ma l’attuale mercato del lavoro teso, che costituisce un problema dal punto di vista degli imprenditori, rimanda invece un’immagine speculare a quei lavoratori che non hanno mai lasciato il posto di lavoro: i lavoratori “essenziali”, “in prima linea”, gli “eroi”. All’interno dei loro luoghi di lavoro, i lavoratori di tutti i settori, dai trasporti all’assistenza sanitaria, dalla logistica alla produzione alimentare, sono davanti ad una carenza di personale, che porta a straordinari obbligatori e al burnout. Nei macelli, nelle case di cura e in innumerevoli altri luoghi di lavoro, il Covid-19 ha dato una nuova intensità al panorama già esistente dei rischi professionali: nel 2020, quello di assistente infermieristico è diventato il lavoro più pericoloso negli Stati Uniti.
I lavoratori sentono anche l’effetto dell’inflazione sul paniere dei beni di consumo. L’offerta di aumento dell’1% di Kaiser (insieme all’introduzione di un taglio salariale medio del 26% per tutti i nuovi assunti) diventa un taglio del salario a fronte di un’inflazione del 5%. L’aumento di 15 centesimi all’ora che i lavoratori edili della International Brotherhood of Electrical Workers stanno ottenendo a Orlando, in Florida, è ben lungi dal tenere il passo con l’aumento del costo della vita. La proposta di Kellogg’s include il taglio dell’adeguamento dei salari al costo della vita, che un tempo aveva un ruolo centrale nella contrattazione collettiva nei settori di base. Ma non ha più ritrovato il suo posto per i lavoratori dei tre colossi dell’auto (GM, Ford, Stellantis) dopo la crisi finanziaria del 2008 e i successivi fallimenti.
Il nucleo di molti di questi scioperi – Deere, Kellogg’s e Kaiser – è una rivolta contro l’introduzione, avvenuta negli anni ’80, di contratti “a due livelli” che stabiliscono condizioni peggiori per i nuovi assunti. Come ha dichiarato a Labor Notes Trevor Bidelman, presidente della sezione 3G di Bakery, Confectionery, Tobacco Workers and Grain Millers’ International Union, e leader dello sciopero di Kellogg’s, “Il futuro non è in vendita”.
Nel caso della Deere, i lavoratori sono ben consapevoli dei profitti record dell’azienda e non sono certo commossi da un aumento salariale di 1 dollaro l’ora per la maggior parte di loro. Si sono da tempo auto-organizzati in un gruppo Facebook chiamato “Post ’97”, che significa dipendenti assunti dopo il 1997, con salari, benefit (l’assicurazione malattia in particolare) e pensioni peggiori. Con l’attuale contratto per la maggior parte dei lavoratori “post-’97” ci sarebbe un aumento di 6 centesimi rispetto a quello che avevano i lavoratori “pre-’97” dieci anni fa. La proposta dell’azienda di ridurre le pensioni per tutti i nuovi assunti – creando così una forza lavoro “post ’21” – si scontra con un’opposizione morale che corrisponde ad un nuovo contesto economico, portando molti lavoratori a pubblicizzare come una richiesta fondamentale dello sciopero: “Nessun terzo livello!” (ovvero: nessuna terza categoria di lavoratori). [Gli operai della John Deere mi hanno contattato (John Furman) arrabbiati per quello che propagandano i media ripetendo ciò che afferma l’azienda: loro guadagnano da 60 a 70.000 dollari l’anno. Uno di loro, che ha un’anzianità di dieci anni, mi ha mostrato la sua busta paga: meno di 40.000 dollari.]
Ma un mercato del lavoro teso è anche un sinonimo di leva per i lavoratori. Sapendo che sono più difficili da sostituire, i singoli lavoratori diventano più propensi a dire di no ai loro padroni. Oggi i lavoratori stanno lasciando il proprio posto lavoro al tasso più alto da decenni – e questa è una delle misure più precise del loro “potere” sul mercato del lavoro come individui. Laddove i lavoratori sono organizzati collettivamente in sindacati, mercati del lavoro tesi portano a una crescente capacità dei lavoratori di confrontarsi con gli imprenditori sulle condizioni di lavoro, invece di cercare un accordo migliore altrove. In altre parole, le stesse forze che rendono il lavoro intollerabile per tanti – non abbastanza lavoratori e troppo lavoro – stanno preparando contemporaneamente i lavoratori a reagire e a difendersi. La fine di una mobilitazione nazionale [legata alla pandemia] tende anche a liberare delle pressioni accumulate sul posto di lavoro. Le lavoratrici e i lavoratori che sopportano salari ridotti o condizioni di lavoro stressanti durante una situazione di emergenza, si aspettano di vedere qualcosa cambiare quando l’emergenza finisce.
Come ha recentemente osservato Harold Meyerson (in American Prospect, 7 ottobre 2021), sia il 1919 che il 1945-1946 hanno visto massicce ondate di scioperi alla fine delle guerre mondiali. Nel biennio 1945-1946, quando più del 10% dei lavoratori statunitensi scioperarono, a Stamford, nel Connecticut, scoppiarono eventi che potrebbero essere chiamati scioperi generali; e così pure a Lancaster, in Pennsylvania; Rochester, New York; Pittsburgh, in Pennsylvania; e Oakland, in California. La valvola di sfogo che potrebbe aprirsi ora permette il collegamento con l’espansione dell’attività lavorativa avvenuta prima della pandemia. La generazione precedente la crisi del 2008 era stata caratterizzata da una stagnazione a lungo termine dei salari e dal calo della quota del lavoro nel reddito nazionale. La ripresa dalle recessioni negli anni ’80, ’90 e 2000 ha richiesto più tempo rispetto agli anni precedenti e un gran numero di lavoratori è rimasto bloccato in una situazione di sottoccupazione o nell’inattività permanente. Queste tendenze sono culminate nella Grande Recessione e nella sua angosciante e protratta ripresa.
Ma alla fine la disoccupazione è scesa al di sotto del 4% nel 2018, e proprio in quell’anno e nell’anno successivo si è verificato un notevole aumento dell’attività di sciopero, in particolare una massiccia ondata di scioperi degli insegnanti, quando i “mercati del lavoro” si erano finalmente ripresi dalla devastazione seguita alla crisi finanziaria del 2008, ma gli stipendi degli insegnanti no. In termini di attività di sciopero, l’attuale ondata del settore privato riprende da dove gli insegnanti si erano fermati, dopo una parentesi di relativa inerzia durante il culmine della pandemia. Nel 2020, inoltre, gli insegnanti hanno costituito il primo grande gruppo di lavoratori a rifiutare di accettare qualsiasi condizione dettata dal datore di lavoro per la riapertura del posto di lavoro. È difficile immaginare che gli insegnanti si esprimano contro il ritorno al lavoro in condizioni non sicure tanto quanto hanno fatto senza l’ondata nazionale di scioperi militanti degli insegnanti nei due anni precedenti. Questa resistenza si è ora diffusa in tutta l’economia, sia in forme organizzate che individuali.
Oggi la resistenza economica dei lavoratori – sia attraverso scioperi organizzati che attraverso il rifiuto di lavori pericolosi, sottopagati e poco attraenti – sta segnando l’agenda politica. Molte iniziative socio-politiche contenute nella proposta di bilancio da 3.500 miliardi di dollari dei Democratici perseguirebbero gli stessi obiettivi delle azioni dei lavoratori, ma nel campo della politica sociale. I sussidi proposti per l’assistenza sanitaria a domicilio e l’assistenza all’infanzia, il credito d’imposta per i bambini, l’espansione di Medicaid [la assicurazione sulla malattia per chi ha i redditi più bassi] e gli investimenti in alloggi ed energia verde sosterrebbero tutti, indirettamente, il potere dei lavoratori sul mercato del lavoro. Il governo federale rinforzerebbe la posizione negoziale delle lavoratrici e dei lavoratori sia aumentando ulteriormente la domanda di lavoro, sia alleviando alcune delle grottesche pressioni sociali che hanno costretto i dipendenti ad accettare qualsiasi condizione offerta loro dai padroni.
Quando il senatore democratico della Virgina dell’Ovest Joe Manchin [il più conservatore dei democratici] mette in guardia dal rischio che gli Stati Uniti diventino una “società dei diritti”, ciò a cui si oppone è il cambiamento nei rapporti di potere sul mercato del lavoro che tali misure politiche aiutano a garantire. L’intensa interazione tra conflitti industriali e politiche segna una rottura con la storia recente. Per gran parte dell’ultima generazione, le stesse azioni sindacali militanti nell’industria hanno avuto uno scarso significato esplicitamente politico. Uno sciopero importante come quello di UPS nel 1997 o quello di Verizon nel 2016 hanno ottenuto dei benefici per i lavoratori, ma sono rimasti chiusi in un ambito strettamente economico. Gli esponenti politici potevano sentirsi obbligati a commentarli – come ha fatto l’ex presidente Bill Clinton con lo sciopero dell’UPS -, ma questi conflitti non hanno sollevato o risolto alcuna questione politica più ampia riguardante i rapporti di forza tra le classi. (Dopo aver fornito un commento attentamente neutrale che esortava UPS e i Teamster a raggiungere un accordo, Clinton si è diretto direttamente a Martha’s Vineyard – che è la residenza di lusso dei presidenti degli Stati Uniti.)
Negli ultimi anni, un certo numero di vecchi democratici è arrivato ad accettare quello che in precedenza era stato un argomento di sinistra: che l’aumento della disuguaglianza sociale e il declino della sicurezza economica della classe operaia è la causa ultima della destabilizzazione della democrazia americana e deve essere affrontato di petto. La posizione dichiarata dell’amministrazione Biden è che “il declino del tasso di sindacalizzazione ha indebolito la nostra democrazia”. Quando i lavoratori organizzati sono più forti, l’insoddisfazione diffusa assume una forma più coordinata. Con livelli più elevati di sindacalizzazione, la militanza dei lavoratori organizzati genera una pressione concentrata sulle imprese prese di mira, e questo innesca discordie nel padronato. Alcuni padroni iniziano ad agitarsi e cercano di calmare i propri lavoratori accettando riforme sociali progressiste, mentre altri insistono nel mantenere la linea dura. Quelli presi nel mezzo, come i dipendenti della Deere, possono in gran parte simpatizzare con gli scioperanti, mentre sono costretti a lavorare durante lo sciopero nonostante un grave divario di competenze. [Secondo la testimonianza di un operaio, la John Deere cerca di spezzare lo sciopero chiedendo a degli impiegati di ufficio di far funzionare dei macchinari pesanti.]
Oggi, il basso grado di organizzazione dei lavoratori – la quantità ridotta di forza-lavoro sindacalizzata rispetto a una massa arrabbiata ma dispersa – rende più difficile dividere politicamente i padroni in questo modo. Tanto ai picchetti quanto al Campidoglio è messa alla prova la capacità politica di un movimento operaio diventato più piccolo. Più guadagni concreti ottengono ora i lavoratori nell’una o nell’altra delle arene, più altri milioni di lavoratori non organizzati vedranno i benefici dell’unità.
Il presidente Joe Biden si definisce il campione dei lavoratori, aspirando a essere “il presidente più pro-sindacato che si sia mai visto”. Giorni prima di lanciare la sua campagna presidenziale (usando una sala sindacale di Pittsburgh come suo palcoscenico), Biden è comparso sul picchetto di sciopero di uno dei principali scioperi del 2019, presso la catena di alimentari Stop & Shop nel New England. Di recente, di fronte alle aziende che hanno difficoltà ad assumere personale, il presidente ha detto: “Pagateli di più”. Ma quando gli è stato chiesto di schierarsi, è rimasto fedele alla neutralità ufficiale, il suo addetto stampa adduceva “ragioni legali” non meglio specificate. Venerdì, quando gli è stato chiesto dello sciopero alla John Deere, ha dichiarato, ovviamente, “Hanno il diritto di scioperare. Hanno il diritto di chiedere salari più alti. … Ma non interferisco nella negoziazione.”
E l’amministrazione ha permesso che venissero a scadenza le disposizioni chiave a favore dei lavoratori nell’American Rescue Plan Act, come i sussidi per il COBRA [che assicura aiuti per i piani-salute], che sono particolarmente cruciali per i lavoratori in sciopero i cui padroni tagliano l’assicurazione sanitaria. I lavoratori di Allegheny Technologies Inc., parte del sindacato United Steelworkers, che hanno scioperato per cinque mesi quest’anno, hanno beneficiato del COBRA sovvenzionato a livello federale; i membri dell’UAW che stanno attualmente scioperando alla John Deere, che prevede di sopprimere la loro assicurazione sulle malattie entro il 27 ottobre, non ne beneficeranno. Tuttavia, potrebbero beneficiare di altri sussidi, compresi i piani Obamacare fortemente sovvenzionati, anche se ciò comporterebbe un cambiamento dei piani-salute e, potenzialmente, anche delle reti mediche.
In definitiva, a seguito di questi scioperi, il problema è se i lavoratori americani possano essere costretti, oppure no, a ritornare alle condizioni punitive del mercato del lavoro della pandemia e dei decenni che hanno preceduto il Covid-19, condizioni che hanno reso gli effetti della pandemia all’interno dei luoghi di lavoro così brutali, fonte di insicurezza e di diseguaglianze. I lavoratori non sindacalizzati si accontenteranno di salari bassi e condizioni pericolose? I lavoratori sindacalizzati continueranno a ratificare i contratti a due livelli con crescenti concessioni ai padroni? Quando il lavoratore statunitense “ritornerà” al lavoro, in che tipo di economia si troverà? Questo è esattamente lo stesso problema che agita Capitol Hill in questo momento: se il ruolo del Congresso è quello di riportarci a uno status quo pre-pandemia o di intervenire a fianco di una classe operaia maltrattata.
[articolo pubblicato sul sito The Intercept e prodotto in collaborazione con Labor Notes]
Il Pungolo Rosso