Critica della società nei Grundrisse. Tra indifferenza e individuazione

mar 13th, 2021 | Di | Categoria: Teoria e critica

 

Critica della società nei Grundrisse. Tra indifferenza e individuazione

1La critica marxiana della società fornisce strumenti decisivi per la comprensione del presente, con la capacità di combinare un’analisi dei segni distintivi del sistema capitalistico e una pratica politica destrutturante. Ma intendo tale questione non in termini immediatamente attualizzanti, né sul piano della teoria né su quello della pratica. Per esempio, l’impianto dei Grundrisse, a cui è dedicato il mio intervento, è sorretto da un’immagine sostanzialmente progressiva del sistema capitalistico, in quanto fondato sulla centralità degli individui, delle relazioni che li attraversano e quindi della società nella sua ambivalenza, con un volto insieme spettrale e propulsivo. Un’analisi storico-economica, finalizzata a delineare i mutamenti intercorsi nella configurazione del capitalismo, metterebbe in luce che, in un periodo successivo rispetto a quello marxiano, alla fine dell’Ottocento e ancor di più con la Prima guerra mondiale, il sistema capitalistico si è venuto a caratterizzare sempre di più in termini amministrativi e burocratici, e la società borghese, con la sua valenza anche espansiva, ha subito un processo di frazionamento, con esiti devastanti. In una fase ancora successiva, che arriva fino alla situazione odierna, i processi di finanziarizzazione e di privatizzazione hanno complicato ulteriormente il quadro. E si potrebbe continuare il discorso, facendo emergere i mutamenti intercorsi a livello di composizione di classe, e anche rimarcando che, per una critica odierna volta a combinare linee di classe, di genere e di razza, si rivelano necessari strumenti ulteriori rispetto a quelli marxiani. Preciso, senza però in alcun modo approdare a una divaricazione fra i Grundrisse Il Capitale, perché la scelta di incentrare la riflessione sui Grundrisse, piuttosto che sul Capitale, è determinata dal fatto che la nozione di Gesellschaft, in quanto bürgerliche Gesellschaft, è cruciale nei Grundrisse, e invece nel Capitale, pur venendo adoperato anche il termine Gesellschaft, decisivo è non tanto il concetto di società, quanto quello di modo di produzione.

  •  Cfr. L. Basso, Socialità e isolamento: la singolarità in Marx, Roma, Carocci, 2008, pp. 153-215; (…)

2Dall’analisi della società nei Grundrisse emergono le differenze specifiche fra le varie strutture associative1. Marx non intende, in primo luogo, dare vita a una storia generale dell’umanità, e, in particolare, delle forme produttive che si sono succedute nella storia, bensì cogliere i segni distintivi del sistema capitalistico in quanto modo di produzione dominante, contrassegnato da contraddizioni peculiari, come risalta da un passo della Einleitung del 1857:

  •  K. Marx, Einleitung, in Id., Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie [1857-1858], in Mew(…)

La società borghese è la più complessa e sviluppata organizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti e che fanno comprendere la sua struttura, permettono quindi di penetrare al tempo stesso nella struttura e nei rapporti di produzione di tutte le forme di società passate, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita […]. L’anatomia dell’uomo è una chiave per l’anatomia della scimmia […]. In tutte le forme in cui domina la proprietà fondiaria il rapporto con la natura è ancora predominante. In quelle, invece, dove domina il capitale, prevale l’elemento sociale, prodotto storicamente2.

  •  Ivi, p. 41, trad. it., p. 35.

3Finché la società borghese rimane la struttura storica della produzione maggiormente complessa, i concetti che esprimono le sue relazioni appaiono anche i più adeguati nel comprendere le comunità meno complesse che l’hanno preceduta. Gli elementi caratterizzanti del sistema capitalistico non possono venir estesi, sic et simpliciter, alle altre forme produttive: «Sarebbe dunque inopportuno ed erroneo disporre le categorie economiche nell’ordine in cui esse furono storicamente determinanti. La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui esse si trovano l’una con l’altra nella moderna società borghese»3. È presente un rifiuto radicale del ricorso alla nozione di origine: è il sistema della combinazione degli elementi nella società attuale che ci apre anche alla comprensione delle formazioni passate. Si tratta, appunto, della struttura articolata degli elementi all’interno della società borghese.

  •  Sulle forme capitalistiche, fra gli altri, E.J. Hobsbawm, Prefazione [1965], in K. Marx, Forme ec (…)

4Le forme precapitalistiche vengono colte dopo il sistema capitalistico, come il suo «altro»4. Marx indaga le forme precapitalistiche nei quaderni iv e v dei Grundrisse, nella parte appunto intitolata Formen, die der kapitalistischen Produktion vorhergehen. All’epoca dell’elaborazione delle Forme economiche precapitalistiche, Marx aveva una conoscenza abbastanza superficiale delle comunità cosiddette primitive: in quel periodo era appena sorta l’antropologia moderna. Marx non esamina in modo approfondito le caratteristiche specifiche delle forme precapitalistiche, considerando queste ultime a partire dal richiamo cruciale al sistema capitalistico. Prima della formazione sociale capitalistica, nella «preistoria» del capitale, Marx non riconosce la presenza di una logica lineare e univoca della storia; si può al massimo sostenere che schiavitù, feudalesimo e sistema capitalistico, secondo Marx, si sono succeduti in quest’ordine in Europa. Nelle strutture precapitalistiche gli esseri umani appaiono completamente dipendenti dal Gemeinwesen di cui sono membri. L’aspetto principale di tali assetti risiede, quindi, nella riproduzione del singolo come appartenente a una comunità, rispetto a cui non possiede la minima possibilità di indipendenza. In tali contesti «lo scopo economico è la produzione di valori d’uso», e, quindi, l’uomo si trova in rapporto con le condizioni oggettive del lavoro come condizioni proprie, e con la terra tramite la mediazione della comunità. Così la circolazione delle merci e gli antagonismi sociali non si rivelano immanenti al processo produttivo. Le forme precapitalistiche si caratterizzano per un elemento unitario: unità dell’uomo con la terra, con le condizioni oggettive del lavoro, e con gli altri uomini. Tale «organicismo» si pone in termini dispotici, vincolando il singolo uomo alla comunità come a un cordone ombelicale, sulla base di un limitato sviluppo delle forze produttive. Si tratta di uno scenario basato su rapporti personali, mediati dalla natura, verso il quale Marx ha uno sguardo polemico, del tutto privo di nostalgia.

  • G, p. 395, trad. it., ii, p. 111.

5Dal percorso svolto si potrebbe sostenere che, in senso stretto, sia «individuo» sia «società» risultano inconcepibili prima del sistema capitalistico. Per indicare le situazioni precapitalistiche, Marx utilizza soprattutto il lemma «uomo», nel suo rapporto inscindibile con la comunità di cui è membro, piuttosto che «individuo», con la sua indipendenza, con la sua liberazione da legami prefissati. In merito al concetto di società, la questione si pone in termini più complessi, in quanto talvolta sembra emergere una storia degli assetti produttivi che si sono succeduti nella storia. Nonostante l’elemento indicato, la nozione di società, a rigore, per Marx concerne solo la società borghese, in quanto risulta connessa alla misura in cui il ricambio organico tra uomo e natura è diventato specificamente storico a un livello molto dispiegato, in cui le relazioni si autonomizzano, venendo a costituire una sorta di seconda natura: propria della società è una sua continua riapertura a sviluppi non segnati pienamente dalla natura. Per indicare gli assetti precapitalistici, invece, Marx adopera lemmi come «tribù», «comunità», in quanto strutture «naturali». La società in modo vero e proprio si attua con il sistema capitalistico. Un passo delle Forme precedenti la produzione capitalistica è molto chiaro al riguardo: all’interno degli assetti precapitalistici «possono sorgere grandi individualità. Ma non c’è qui da pensare a uno sviluppo libero e completo né dell’individuo (Individuum), né della società (Gesellschaft), giacché un tale sviluppo (Entwicklung) è in contraddizione con il rapporto originario»5 dell’uomo con la comunità.

6Emerge l’idea marxiana del cambiamento esplosivo attuato dal sistema capitalistico rispetto alle forme precapitalistiche:

  •  Ivi, p. 323, trad. it., ii, pp. 11-12.

Soltanto il capitale dunque crea la società borghese e l’universale appropriazione tanto della natura quanto della connessione sociale stessa da parte dei membri della società. Di qui l’enorme influenza civilizzatrice del capitale; la sua creazione di un livello sociale rispetto cui tutti quelli precedenti si presentano semplicemente come sviluppi locali dell’umanità e come idolatria della natura [...]. In virtù di questa sua tendenza, il capitale spinge a superare sia le barriere (Schranken) e i pregiudizi nazionali, sia l’idolatria della natura, la soddisfazione tradizionale, orgogliosamente ristretta entro angusti limiti (in bestimmten Grenzen), dei bisogni esistenti, e la riproduzione del vecchio modo di vivere. Nei riguardi di tutto questo il capitale opera distruttivamente, attua una rivoluzione permanente, abbatte tutti gli ostacoli che frenano lo sviluppo delle forze produttive […]6.

  •  Cfr. C. Lefort, Le forme della storia. Saggi di antropologia politica [1978], Bologna, il Ponte, (…)

7Si assiste non a una continuità dello sviluppo storico, bensì a un «nuovo inizio», secondo una discontinuità radicale, una mutazione dell’umanità. Emerge una nuova antropologia rispetto al passato, con il suo carattere insieme espansivo e spettrale, all’interno di uno scenario potenzialmente volto al mercato mondiale, dal momento che il capitale tenta continuamente di oltrepassare le barriere che vengono poste7.

  • G, p. 383, trad. it., ii, p. 95.

8Marx, volendo dimostrare la valenza rivoluzionaria del sistema capitalistico, con la scissione che esso introduce, ha dovuto postulare un’unità precedente. Così appaiono in parte inadeguate l’indagine delle forme precapitalistiche e l’individuazione del loro carattere di unità. D’altronde, se il punto di partenza risiede nella separazione, si rivela necessario presupporre, sul piano logico, una precedente unità, seppure non descritta secondo tratti idillici. Nell’intero percorso marxiano l’elemento della separazione e della scissione, reso con i termini TrennungSpaltungScheidung, svolge una funzione decisiva: «[…] un […] presupposto (del capitale) è la separazione (Trennung) del lavoro libero dalle condizioni oggettive della sua realizzazione – ossia dal mezzo di lavoro e dal materiale di lavoro»8. Con la formazione sociale capitalistica si attua un processo di sradicamento dell’uomo, di sua denaturalizzazione. Così viene dissolta ogni comunità di interessi, ponendo gli individui l’uno contro l’altro nella concorrenza, vero e proprio hobbesiano bellum omnium contra omnes, in cui si scontrano in quanto compratori o venditori della forza-lavoro. A differenziare il capitale da altri modi di appropriazione di lavoro altrui è il fatto che la coazione nei confronti dei lavoratori risulta interna al processo di produzione immediato, e la forza-lavoro viene incorporata nel processo di produzione.

  •  Cfr. H.J. Krahl, Attualità della rivoluzione. Teoria critica e capitalismo maturo [1971], Roma, m (…)

9Tale concezione marxiana dei Grundrisse presenta il punto di forza di cogliere la differenza specifica del sistema capitalistico, vera società, rispetto alle forme precedenti, ma insieme il rischio di attribuire a questa novità lo statuto del concetto di rivoluzione9. Quest’ultima, se connessa alla formazione capitalistica, verrebbe ad assumere tratti problematici, sulla base di un’enfasi sul massimo potenziamento dell’individualità e, insieme, sul suo massimo sfruttamento, aspetti contraddittori in grado di far «saltare in aria» la struttura capitalistica, con un eccesso di linearità. Da tale punto di vista, forse andando oltre Marx, si potrebbe affermare che il rapporto tra storia e preistoria si riapre costantemente nella dinamica capitalistica. Ma, riprendendo la questione del rapporto fra storia e preistoria, fra uomo e scimmia, si può sostenere che non sono le categorie dell’economia borghese a rivestire una validità per tutte le altre forme produttive, bensì è la critica di questi concetti che permette di acquisire strumenti fecondi per analizzare il passato. Infatti la possibilità di tale critica si apre solo con lo scenario capitalistico, quando si sviluppano le classi sociali in quanto manifestazione diretta dei rapporti di produzione, e quindi in quanto insieme di soggetti in grado di criticare la forma che le ha introdotte.

  • 10 G, p. 491, trad. it., ii, p. 247.

10Come sottolineato in precedenza, solo a partire dal sistema capitalistico si può parlare di «individuo», con la sua indipendenza, e di «società» come insieme di relazioni complesse fra gli individui. Ci si trova di fronte a uno stretto rapporto tra indipendenza e isolamento, risultando quest’ultimo inconcepibile in assenza di un individuo autonomo: «L’isolamento dei lavoratori presuppone ancora una loro relativa indipendenza (Unabhängigkeit10. Nella Einleitung del 1857 Marx afferma:

  • 11 Einleitung, in G, p. 20, trad. it., i, p. 5.

È soltanto nel xviiisecolo, nella «società civile», che le diverse forme del contesto sociale si contrappongono all’individuo come un puro strumento per i suoi scopi privati, come una necessità esteriore. Ma l’epoca che genera questo modo di vedere, il modo di vedere dell’individuo isolato (des vereinzelten einzelnen), è proprio l’epoca dei rapporti sociali (generali da questo punto di vista) finora più sviluppati. L’uomo (Der Mensch) è nel senso più letterale uno zoon politikonnon soltanto un animale sociale (ein geselliges Tier), ma un animale che solamente nella società (in der Gesellschaft) può (kann) isolarsi (sich vereinzeln)11.

11Marx fa emergere un aspetto cruciale, vale a dire la compenetrazione fra socialità e isolamento. Così la ripresa della definizione aristotelica dell’uomo come zoon politikon viene ripensata a partire dalla coimplicazione indicata. L’uomo «kann sich vereinzeln»: l’isolamento costituisce una condanna, in quanto sussunzione a un potere sociale oggettivo, è indifferenza reciproca, ma si configura anche come una potenzialità, come sta a indicare l’uso del verbo können. Come Marx rimarca a più riprese, tale isolamento, che presuppone una certa indipendenza, appare impensabile all’interno degli assetti precapitalistici. Infatti, la frase citata può venir resa anche nel seguente modo: «l’uomo può valere come singolo», può singolarizzarsi, a partire da una determinata situazione sociale e politica ma senza risultare riducibile a essa. Se facessimo interagire tale passo con il capitolo sulla cooperazione nel Libro i del Capitale (in cui peraltro ritorna il richiamo alla celebre definizione aristotelica di uomo), emergerebbe la centralità del sociale: si tratta di un rilievo sul processo di individuazione contenuto nella cooperazione capitalistica di molti individui. Il carattere sociale del processo produttivo si manifesta nella misura in cui il mio lavoro diventa equiparabile al lavoro di un altro: questa commensurabilità dei diversi lavori li rende sociali.

  • 12  Ivi, p. 19, trad. it., pp. 3-4.
  • 13 G, pp. 89-90, trad. it., i, pp. 96-97.
  • 14  Ivi, p. 189, trad. it., i, p. 242.
  • 15  Ivi, pp. 90-91, trad. it., i, pp. 97-98.
  • 16  Ivi, p. 149, trad. it., i, p. 183.

12La riflessione marxiana non può basarsi sulla rappresentazione di individui assolutamente autonomi. Infatti, come Marx mette in luce in modo icastico nella Einleitung del 1857, il punto di partenza, al contrario di quanto sostenuto dagli economisti politici classici e dai filosofi giusnaturalisti, entrambi artefici delle «robinsonate», deve essere visto non in un individuo svincolato dal contesto sociale, bensì nella «produzione socialmente determinata degli individui»12. Gli individui sempre e comunque si sono trovati a operare all’interno di una società. Come emerge nei Grundrisse, «la mutua e generale dipendenza degli individui reciprocamente indifferenti (der gegeneinander gleichgültigen Individuen) costituisce il loro nesso sociale»13. Segno distintivo del percorso marxiano è costituito dal richiamo alle relazioni sociali, sulla base di una sorta di primato dei rapporti sugli individui: «La società non consiste di individui, bensì esprime la somma delle relazioni (Beziehungen), dei rapporti (Verhältnisse), in cui questi individui stanno l’uno rispetto all’altro»14. La centralità del valore di scambio comporta la messa in discussione della possibilità di reale autonomia dell’individuo, appendice di un meccanismo sociale a lui esterno. Niente è più lontano da Marx rispetto a ogni visione basata sul dominio della società sull’individuo: la società possiede, per usare una terminologia successiva, una «spettrale oggettività», e quindi lo scopo non consiste, per Marx, nel sacrificarsi alla società, ma nel sacrificare la società presente. In tale scenario il valore di scambio si autonomizza rispetto alle merci, assumendo un’esistenza separata, e divenendo anch’esso una merce, il denaro: «Il potere che ogni individuo esercita sulla attività degli altri o sulle ricchezze sociali, egli lo possiede in quanto proprietario di valori di scambio, di denaro. Il suo potere sociale (gesellschaftliche Macht), così come il suo nesso con la società, egli lo porta con sé nella tasca»15. Così viene smascherata la «parvenza» di libertà e uguaglianza, che «seduce la democrazia»: scendendo dalla sfera della circolazione ai «bassifondi» della produzione, gli elementi esaminati si convertono nel loro opposto. Ci si trova di fronte all’idea della reciproca estraneità degli individui, nel loro comune asservimento al potere sociale. Da una parte, tale indifferenza sfocia nella formazione di un rapporto sociale; dall’altra, l’unico rapporto tra gli individui è rappresentato dalla sussunzione indicata, materializzata nel denaro: «Esso stesso, il denaro, è la comunità (Gemeinwesen), né può sopportarne una superiore»16. Il lemma Gemeinwesen, che nei Grundrisse generalmente denota gli assetti precapitalistici, nel passo in questione, invece, concerne ciò che costituisce l’«essere comune» del sistema capitalistico, vale a dire il denaro. Si assiste allo scompaginamento di tutte le strutture comunitarie: il lavoratore non fa più corpo con i mezzi di lavoro.

13Con il sistema capitalistico, società in senso stretto, la merce è diventata la forma generale di organizzazione e l’attività che produce merci si è configurata in termini egemonici. La formazione sociale capitalistica, che si basa sulla produzione per la produzione e non per il consumo, richiede agli individui un’astrazione che Marx definisce come astrazione dai particolari valori d’uso, bisogni e interessi. Se il plusvalore venisse per lo più consumato dai proprietari delle aziende, non avremmo capitalismo, ma forme precapitalistiche. La produzione in quanto segno distintivo della società è concepibile solo con il sistema capitalistico, dal momento che i mezzi di produzione si sono storicizzati e si sono già storicizzati e spersonalizzati anche i rapporti di proprietà, tendendo a un orizzonte mondiale, l’unità più ampia in cui i processi storici si trovano in una condizione di interdipendenza. Ben prima delle analisi degli ultimi decenni sulla globalizzazione, Marx aveva compreso la valenza globale del capitale.

  • 17  K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie, Erster Band, Buch I: der Produktionsprozeß (…)

14La posizione marxiana rispetto all’economia politica classica, che si contraddistingue per la giustificazione dell’assetto fin qui delineato, si configura in termini di critica. Innanzitutto, occorre mettere in luce che la critica marxiana rivela un carattere immanente, poiché il ragionamento non è volto a una sorta di un assoluto «altro» rispetto allo «stato di cose presente». In questo senso, è necessario entrare nella «verità effettuale della cosa» e nei saperi costituiti che la legittimano, ma allo scopo di destituirli, di farli entrare in crisi. Tale critica immanente, pur collegandosi alla modalità moderna, e in particolare illuministica, di concepire la critica, possiede un elemento ulteriore, inaudito. La «rivoluzione teorica» marxiana non appare riducibile ad alcuna delle «rivoluzioni teoriche» che si sono succedute nella storia della filosofia, dal momento che investe in modo del tutto inedito, e inaudito, la dimensione della pratica, e il nesso fra teoria e pratica viene a configurarsi in termini di radicale trasformazione politica e sociale. Così la critica dell’economia politica viene a rivestire una valenza direttamente politica: d’altronde, come Marx sottolinea nel Poscritto alla seconda edizione del Capitale, essa «può rappresentare solo la classe la cui funzione storica è il rovesciamento (Umwälzung) del modo capitalistico di produzione, e, a conclusione, l’abolizione (Abschaffung) delle classi: cioè il proletariato»17. Se l’economia politica classica è espressione della classe borghese, la critica dell’economia politica è espressione del proletariato. Ma la critica dell’economia politica, da un lato, possiede un carattere rivoluzionario, e non può essere svincolata dalla politica sans phrase, dall’altro, però, trova alla sua base un elemento di astrazione: appare necessario astrarre dalla molteplicità dei casi differenti, per poter delineare un’analisi generale del modo di produzione capitalistico. Se si restasse ancorati solo alla congiuntura politica, con il suo carattere metamorfico sul piano spaziale e su quello temporale, risulterebbe impossibile dare vita a un’articolazione complessiva del discorso relativo al sistema capitalistico.

15La dimensione antagonistica si inserisce nella struttura della critica dell’economia politica. Infatti, al capitale, in quanto rapporto sociale, non in quanto cosa, risulta immanente l’antagonismo (un antagonismo potenziale, non sempre in actu), dal momento che sia la forza-lavoro sia i singoli capitalisti cercano di sottrarsi alla coazione del rapporto: la prima affermando politicamente la propria libertà in quanto autonomia, i secondi volendo sostenere il primato naturale, cioè economico, della cosa. Tale meccanismo sociale, basato su una gerarchizzazione fra le differenti figure lavorative, costituisce il momento cruciale di un processo di sussunzione delle precedenti forme lavorative e delle corrispondenti comunità. La società capitalistica presenta un’asimmetria costitutiva, che, legando i soggetti al loro ruolo sociale, e quindi individuandoli a partire dal possesso di denaro, basa la «schiavitù» politica sulla «libertà apparente» del lavoro.

  • 18 G, p. 404, trad. it., ii, pp. 123-124.

16Anche se al riguardo esistono ambivalenze nell’itinerario marxiano, la classe in senso proprio, lungi dal costituire un filo rosso che attraversa tutte le epoche storiche, rappresenta un elemento specifico del sistema capitalistico. Un’opposizione di classe all’interno delle comunità precapitalistiche non aveva mai eroso l’unità uomo-terra, come invece sarebbe avvenuto con il sistema capitalistico. La lotta di classe in ultima istanza costituisce un segno distintivo del sistema capitalistico, e la prima lotta di classe in senso stretto, per Marx, è la «rivoluzione brutta» del giugno 1848 in Francia. La rivoluzione industriale ha creato quei ceti operai che nel 1848 fanno la loro vera prima comparsa come soggetto rivoluzionario: nel xix secolo la «nuova Rivoluzione francese» non potrà che configurarsi nei termini di una «rivoluzione sociale». Così l’antagonismo è non solo effetto, ma condizione decisiva del sistema capitalistico, con le sue contraddizioni specifiche, e il rapporto sociale possiede una valenza politica: «Nella società borghese il lavoratore, per esempio, non ha un’esistenza oggettiva, esiste solo soggettivamente; ma la cosa che gli si contrappone è ora diventata la vera comunità (das wahre Gemeinwesen), che egli cerca di far sua e dalla quale invece viene ingoiato»18. Così il lavoratore costituisce un soggetto privo di oggetto, elemento di soggettività inconcepibile negli assetti precapitalistici.

  • 19 K, i, p. 181, trad. it., p. 200.
  • 20 G, pp. 197-198, trad. it., i, pp. 251-252.

17Per cogliere il senso di tale riflessione sul lavoratore che «esiste solo soggettivamente», la cui soggettività non può però venir svincolata dalla «spettrale oggettività» del sistema capitalistico, risulta cruciale il richiamo a ciò che in genere nei Grundrisse Marx definisce «capacità di lavoro» (Arbeitsvermögen) e che nel Capitale chiamerà «forza-lavoro» (Arbeitskraft), ma anche di nuovo «capacità di lavoro», intendendo i due termini sostanzialmente in modo sinonimico. Il concetto di forza-lavoro viene concepito come «insieme delle attitudini (Fähigkeit) fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente d’un uomo»19, per citare la definizione che Marx darà successivamente nel Capitale. Emerge una duplicità del discorso: da un lato, la forza-lavoro è finalizzata alla valorizzazione del capitale, dall’altro, si configura come possibile opposizione dirompente al capitale. Occorre sottolineare che ci si trova di fronte a una produzione di soggettività, intendendo il genitivo sia come genitivo soggettivo sia come genitivo oggettivo, sulla base di una lettura irriducibile sia a soggettivismo sia a oggettivismo. Il processo di valorizzazione del capitale produce le figure soggettive del capitalista e dell’operaio salariato, ma al tempo stesso non è logicamente possibile senza queste figure. La nozione di potenzialità, intesa nel senso di dynamis, permette di intendere la soggettività operaia nella sua connessione con le condizioni in cui si trova, e quindi in quanto sottoposta a uno sfruttamento, ma nello stesso tempo nella sua eccentricità rispetto a tale scenario. E la plasticità della forza-lavoro permette anche di andare al di là dell’individualità del singolo lavoratore. Il rapporto capitalistico si fonda sulla differenza fra la forza-lavoro, con il suo carattere attivo, e il lavoro effettivo. Quando si vende qualcosa che esiste solo come possibilità, esso non può essere separato dalla corporeità del lavoratore: «Nella misura in cui deve essere presente temporalmente, come lavoro vivo, esso può esserlo soltanto come soggetto vivo (lebendiges Subjekt), in cui esiste come capacità (Fähigkeit), come possibilità (Möglichkeit); perciò come operaio. L’unico valore d’uso perciò che può costituire opposizione al capitale è il lavoro»20. Così la società capitalistica possiede un’instabilità strutturale, non solo per le sue contraddizioni interne, ma anche per le insorgenze soggettive, che ne mettono continuamente in discussione la compattezza.

  • 21 K, i, p. 532, trad. it., p. 556.
  • 22  Cfr. É. Balibar, La filosofia di Marx [1993], Roma, manifestolibri, 1994, p. 45.

18Grundrisse sono stati elaborati sulla base di una «febbre d’azione», conseguente alla scommessa politica sugli effetti rivoluzionari della crisi di sovrapproduzione del 1857. Come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Talvolta nei Grundrisse Marx, per così dire, va troppo veloce, presentando un rischio di eccessiva linearità nella delineazione del processo storico e un rischio di ipersoggettivismo, ma nello stesso tempo pone con radicalità una serie di questioni. Nonostante i limiti indicati, e senza voler operare indebite attualizzazioni o fornire risposte immediate in una situazione estremamente difficile com’è quella odierna, a mio avviso rimane potente l’analisi marxiana della contrapposizione, che origina le rivoluzioni, fra l’apparenza di libertà e uguaglianza, con l’ambivalenza di tali elementi, e la soggettività senza oggetto del lavoratore, che cerca di sottrarsi alla serialità del lavoro, perché, come Marx rimarcherà nel Capitale, «essere operaio produttivo non è una fortuna, ma una disgrazia»21. Per ritornare alla questione della società, Marx appare sideralmente lontano dagli ideologi socialisti: l’oltrepassamento della separazione tra il politico e il sociale non può verificarsi attraverso un’ipostatizzazione della società, ma sulla base della ricerca di un sociale fondato sulla destrutturazione dell’antitesi indicata. La dimensione sociale risulta sottoposta a una fortissima tensione, venendo insieme criticata e riarticolata, tentando di portare l’emancipazione dentro il rapporto di produzione. Ci si trova di fronte a uno scambio continuo fra poiesis e praxis, e fra trasformazione materiale e libertà effettiva, non essendo mai pienamente separabili critica dello «stato di cose presente» e suo mutamento22. In ogni caso, il comunismo non si configura sic et simpliciter come egualitarismo (del cui rischio è sempre pervaso l’orizzonte giacobino), ma trova alla propria base la differenziazione delle soggettività, contro ogni serialità. L’elemento dell’individuazione appare cruciale per cogliere i segni distintivi del comunismo marxiano, ovviamente non secondo una modalità atomistica, ma secondo una «forza di massa» eccentrica rispetto alla sommatoria degli elementi che la compongono. Con Marx, e anche oltre Marx, ritorniamo così all’idea dell’uomo come zoon politikon, animale sociale che solo nella società può isolarsi, con tutta l’ambivalenza dell’isolamento, fra indifferenza e individuazione, secondo percorsi che non possono essere predeterminati una volta per tutte. Rimane aperta, come posta in gioco inevasa, e cruciale per il futuro, un’articolazione del sociale secondo una modalità radicalmente incomponibile con le «passioni tristi» di un sistema capitalistico sempre più predatorio, sulla base della capacità di farsi carico del proprio agire, singolarmente e collettivamente.

NOTE

1  Cfr. L. Basso, Socialità e isolamento: la singolarità in Marx, Roma, Carocci, 2008, pp. 153-215; Id., Tra forme precapitalistiche e capitalismo: il problema della società nei «Grundrisse», in D. Sacchetto, M. Tomba, La lunga accumulazione originaria. Politica e lavoro nel mercato mondiale, Verona, ombre corte, 2008, pp. 58-73; Id., Mercato mondiale e «movimento assoluto del divenire» nei «Grundrisse», “Fenomenologia e società”, n. 3, 2010, pp. 40-52.

2  K. Marx, Einleitung, in Id., Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie [1857-1858], in Mew, 42, p. 39, trad. it., Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, Firenze, La Nuova Italia, 1997, i, pp. 32-33 (d’ora in avanti il riferimento ai Grundrisse con la semplice iniziale G). Per un commentario alla Einleitung: J. Janoska et al. (a cura di), Das «Methodenkapitel» von Karl Marx. Ein historischer und systematischer Kommentar, Basel, Schwabe, 1994.

3  Ivi, p. 41, trad. it., p. 35.

4  Sulle forme capitalistiche, fra gli altri, E.J. Hobsbawm, Prefazione [1965], in K. Marx, Forme economiche precapitalistiche, Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 7-65; B. Hindess, P. Hirst, Mode of Production and Social Formation. An Auto-Critique of «Pre-Capitalist Modes of Production», Atlantic Highlands, Humanities Press, 1975; P. Sereni, Marx: la personne et la chose, Paris, L’Harmattan, 2007, pp. 127-162.

5  G, p. 395, trad. it., ii, p. 111.

6  Ivi, p. 323, trad. it., ii, pp. 11-12.

7  Cfr. C. Lefort, Le forme della storia. Saggi di antropologia politica [1978], Bologna, il Ponte, 2005, in particolare p. 210.

8  G, p. 383, trad. it., ii, p. 95.

9  Cfr. H.J. Krahl, Attualità della rivoluzione. Teoria critica e capitalismo maturo [1971], Roma, manifestolibri, 1998, pp. 155-156.

10  G, p. 491, trad. it., ii, p. 247.

11  Einleitung, in G, p. 20, trad. it., i, p. 5.

12  Ivi, p. 19, trad. it., pp. 3-4.

13  G, pp. 89-90, trad. it., i, pp. 96-97.

14  Ivi, p. 189, trad. it., i, p. 242.

15  Ivi, pp. 90-91, trad. it., i, pp. 97-98.

16  Ivi, p. 149, trad. it., i, p. 183.

17  K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie, Erster Band, Buch I: der Produktionsprozeß des Kapitals [1867, 1890, = K, i], in Mew, 23, p. 22, trad. it., Il Capitale. Critica dell’economia politica. Libro i. Il processo di produzione del capitale, Roma, Editori Riuniti, 1991, p. 41.

18  G, p. 404, trad. it., ii, pp. 123-124.

19  K, i, p. 181, trad. it., p. 200.

20  G, pp. 197-198, trad. it., i, pp. 251-252.

21  K, i, p. 532, trad. it., p. 556.

22  Cfr. Marco Gatto, La filosofia di Marx [1993], Roma, manifestolibri, 1994, p. 45.

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