I cicli economici in Minsky – prima parte La lettura di Keynes di Minsky
feb 27th, 2021 | Di Thomas Munzner | Categoria: Capitale e lavoroIntroduzione
Hyman Philip Minsky (1919-1996) è stato uno dei principali specialisti in teoria monetaria e finanziaria nella seconda metà del XX secolo. Ha formulato la sua ipotesi di instabilità finanziaria (d’ora in poi, IIF), mostrando che le economie capitaliste in espansione sono intrinsecamente instabili e inclini alle crisi, quindi, la sua ipotesi contribuisce anche alla spiegazione dei cicli economici.
Se Schumpeter sviluppa la sua analisi dei cicli economici basandosi sulle innovazioni nei mercati dei prodotti non finanziari, Minsky, a sua volta, elabora la sua interpretazione dei cicli sulla base delle innovazioni derivanti dalle dinamiche dei fenomeni monetari presenti nelle economie capitaliste finanziariamente sofisticate. Il principio centrale dell’organizzazione della sua teoria si basa sul già citato IIF, su cui si basa il paradigma di Wall Street, il cui significato racchiude la pietra angolare di tutta la sua analisi: il primato e l’assoluta centralità delle relazioni finanziarie sulla comprensione di qualsiasi fenomeno in un’economia capitalista finanziariamente sofisticata.
Minsky ha contribuito a:
a) un’interpretazione “finanziaria” della Teoria Generale e una critica della sua interpretazione convenzionale b) un contributo teorico fondamentale, l’ipotesi di instabilità finanziaria e altre sussidiarie, come la sua teoria dell’inflazione; c) contributi sulle dinamiche istituzionali, ad esempio, analisi dell’attività bancaria, innovazioni finanziarie e banche centrali; d) contributi alla ricostruzione storica e all’interpretazione della crisi finanziaria americana e mondiale, dalla Grande Depressione degli anni ’30 all’inizio degli anni ’90 e e) contributi normativi, che vanno da una proposta molto ampia per riformulare tutta la politica economica e sociale a questioni specifiche, come l’esame delle banche da parte delle autorità regolatorie.
Il nostro obiettivo in questo saggio: 1. Esaminare i presupposti teorici, la metodologia di analisi e la teoria di Minsky. 2. Osservare come si generano i cicli nel sistema economico capitalista e il ruolo che l’innovazione gioca in questo processo. Lo studio di questi due punti è basato sull’IIF, sviluppata dallo stesso Minsky. A tal fine, i libri di maggior riferimento saranno John Maynard Keynes e Stabilizing an Unstable Economy, nonché il suo articolo fondamentale sull’innovazione Central Banking and Money Market Changes (1957). Il primo libro si occupa direttamente della costruzione di ipotesi teoriche basate sull’interpretazione e la critica della Teoria Generale di Keynes e il secondo, opera classica dell’autore, si occupa direttamente dell’IIF.
Per facilitare la presentazione, il capitolo sarà suddiviso nelle seguenti sezioni: La critica di Minsky alla sintesi neoclassica; La lettura di Keynes di Minsky con relativa critica; La costruzione del modello di Minsky e I cicli in Minsky. La prima, la seconda e la terza sezione trattano, grosso modo, le ipotesi teoriche, e quindi la struttura del suo modello euristico; l’ultima si occupa direttamente dei cicli, basati sull’IIF, includendo, quindi, il fenomeno delle innovazioni finanziarie, il boom economico e la questione dell’inversione.
La critica di Minsky alla sintesi neoclassica
Nel libro John Maynard Keynes, Minsky ha espresso la sua insoddisfazione per la sintesi neoclassica effettuata sulla Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (d’ora in poi TG), oltre a presentare la sua visione. Il suo obiettivo era di salvare la teoria di Keynes da ciò che – prendendo in prestito l’espressione di Joan Robinson – considera l’imbastardimento delle idee centrali di Keynes.
Minsky sostiene che gli economisti americani che hanno interpretato la TG (Samuelson, Patinkin, Modigliani e Friedman) sono più neoclassici dei keynesiani, quindi quello che considerano il “principio generale” mainstream, la Teoria Quantitativa della Moneta (di seguito, TQM), è stato mantenuto. Di conseguenza: “academic economics has recaptured much of the sterility and irrelevance with respect to the operation of the real-world economy which characterized the discipline prior to the appearance of The General Theory”.
Con il libro John Maynard Keynes, Minsky propone:
“1. Present an exposition of standard, or conventional Keynesian doctrine, ending with the neoclassical synthesis. 2. Derive an alternative interpretation of Keynes − one which builds upon those aspects of The General Theory that emphasize investment in a world where business cycles exist and engender uncertainty. This leads to a quite different image of how the world operates than that embodied in current standard theory. 3. Examine the policy and philosophical implications of the alternative interpretation of Keynes.”
Affinché queste proposizioni possano essere raggiunte, Minsky sostiene che ““however, before we turn to a presentation of an alternative interpretation of The General Theory, we need to survey the current standard interpretations of Keynes’s work, so that what we deviate from is clear.”
In questo senso, secondo Minsky, tre modelli macroeconomici basati sulle idee della TG sono dibattuti in ambito accademico: il primo è focalizzato solo sulla funzione di consumo; il secondo è costituito da modelli che mirano a formalizzare i requisiti per il soddisfacimento simultaneo delle condizioni di equilibrio nel mercato dei beni e monetario; a sua volta, quest’ultima corrente dà origine a una terza, costituita da una combinazione di modelli di funzioni di produzione e un sistema di preferenze che mira a derivare condizioni di equilibrio nel mercato del lavoro, insieme ai modelli di equilibrio della seconda corrente.
Il primo insieme di modelli ignora completamente i fenomeni monetari nella determinazione del consumo, come afferma Minsky: “the idea that consumption is a determined function of income, basically independent of monetary and financial influences, leads to a simple model, that has become the ‘first’ exercise in income- determination theory in most textbooks”.
La seconda linea interpretativa derivata dalla TG comprende un insieme di modelli in cui le relazioni di investimento e di portfolio si inseriscono nella funzione di consumo e risparmio degli agenti. In realtà, questa linea costituisce il miglioramento del modello analitico sviluppato da Hicks, il cui obiettivo era quello di “explicate the links he saw between The General Theory and the so-called classics: the ideas and theories embodied in the work of Marshall, his predecessors, and his followers” il noto modello IS / LM.
Per quanto riguarda la terza corrente, c’è l’introduzione del mercato del lavoro nell’analisi e nell’aggregazione dei mercati. Per Minsky, questo modello presenta “an inconsistency among the equilibrium conditions in the various sets of markets can arise”. In questo senso, esistono una serie di possibili soluzioni alle incongruenze, la predominante delle quali è caratterizzata dall’introduzione di moneta e attività finanziarie nella funzione di consumo (è la seconda linea di ricerca sopra citata). Questa costruzione teorico-analitica conduce “to a ‘neoclassical’ model in which the labor-market equilibrium dominates in the theoretical determination of system equilibrium.” La determinazione delle condizioni di equilibrio implica che il raggiungimento e il mantenimento della piena occupazione consenta la riduzione delle rigidità del mercato ed eviti le fluttuazioni, unitamente all’ausilio di adeguate politiche economiche.
Secondo l’economista post-keynesiano, le analisi e le conclusioni ottenute da questi modelli sono in contrasto con la proposizione reale di Keynes, poiché “not only thoroughly violates the spirit of The General Theory but it also returns the argument to the world of the ‘classical economy’.” Pertanto, per Minsky, le suddette linee sviluppate dalla TG “were in their gross simplicity a misrepresentation of Keynes’s views”.
L’economista sottolinea che la maggior parte dei modelli che sono considerati “keynesiani” sono, in realtà, modelli incentrati sulle funzioni di consumo ed ignorano i rapporti della sfera finanziaria con l’investimento: “much of the popular policy discussion that is called Keynesian is dominated by models that are based on the consumption function, to the virtual exclusion of the more sophisticated models which allow for monetary and investment interactions”.
Minsky sostiene poi che queste costruzioni teoriche presentano nuovi modi di esprimere una TQM, dato che i titoli valutari e finanziari sono inseriti nella funzione di consumo e che non ha nulla a che fare con la determinazione dei livelli di produzione e occupazione nell’economia, determinati dal mercato del lavoro. Per Minsky, queste interpretazioni “leads to a model in which the proposition that money is neutral, in the sense that the equilibrium values of all economic variables except the price level are independent of the money supply, is conditionally valid”. Pertanto, l’influenza delle relazioni e dei fenomeni finanziari nel determinare i livelli di investimento e produzione nell’economia, che Keynes voleva mostrare nella TG, viene ignorata.
Di conseguenza, vengono trascurate anche le influenze delle fluttuazioni che si verificano nei mercati monetari e finanziari – a causa delle “imperfections in the banking system, or the failure of management of monetary systems” – sui livelli di investimento dell’economia.
Minsky sottolinea che “these ignored portions combined with some of the ingredients used in the standard models lead to an alternative and radically different interpretation of The General Theory”. Questa interpretazione distorce quelle che la TG considera le vere determinanti dell’investimento, poiché “fundamental to Keynes’s ideas in The General Theory is the notion of uncertainty as a major determining element in portfolio choice and thus in investment”.
Quindi, ne consegue che: “such Keynesian models are either trivial (the consumption-function models), incomplete (the IS-LM models without a labor market), inconsistent (the IS-LM models with a labor market but no real-balance effect), or indistinguishable in their results from those of the older quantity-theory models (the neoclassical synthesis)”.
Pertanto, per Minsky, le interpretazioni tradizionali della TG non sono fedeli a ciò che Keynes voleva dimostrare, né preservano le caratteristiche fondamentali dell’approccio rivoluzionario di Keynes. In realtà, queste costruzioni neoclassiche conservano i propri presupposti fondamentali e, con essi, permeano le idee di Keynes, portando così a interpretazioni ibride a favore della propria tradizione.
La lettura di Keynes di Minsky
Partiamo dal presupposto che la base della teoria di Minsky deriva dalla TG di Keynes, specialmente per quanto riguarda l’influenza della formazione delle aspettative degli agenti sul comportamento dell’economia. Per Minsky “Keynes’s theory of a capitalist economy integrates the operations of Wall Street into the determination of what happens in the economy”, cioè promuove l’inserimento dei fenomeni della sfera finanziaria nel determinare le dinamiche dell’intera sfera reale dell’economia. Quindi il fatto che “Keynes was almost exclusively a monetary economist.” Pertanto, per Minsky, l’aspetto più importante del Keynes della TG è la rottura con la TQM. È dalla TG che “Keynes attacked with gusto and obvious relish the logical and empirical foundations of traditional economics”.
Per Minsky, prima della TG, Keynes presumeva che le proposizioni di base della Teoria Quantitativa della Moneta (TQM) fossero valide nelle condizioni di equilibrio economico “but that the theory was vague and imprecise about the mechanisms and processes by which the long- run results were achieved, and that more had to be known about how the economy behaves in between positions of equilibrium”. Pertanto, è proprio dalla TG che Keynes inizia a trattare con maggiore attenzione il comportamento dell’economia tra posizioni di equilibrio. La TG rappresenta quindi una rottura con il consenso fino ad allora prevalente nell’interpretazione dei fatti economici sul rifiuto del ruolo attivo della moneta.
Keynes non solo ha dato l’indipendenza alla valuta, ma ha anche rivelato che è dietro tutte le decisioni degli agenti economici. Questi ultimi, a loro volta, sono di natura estremamente instabile, in quanto legati alle aspettative degli agenti e, quindi, non ci sarebbe alcun principio guida o “autoequilibrante”. Pertanto, Keynes concepisce la percezione che non vi sia alcun meccanismo inerente al processo di aggiustamento economico che porta naturalmente l’economia alla sua posizione di equilibrio di piena occupazione. Sulla base di questa osservazione, Keynes mantiene l’importanza dell’intervento del governo e delle politiche di regolamentazione, al fine di ridurre l’instabilità generata dai mercati. Nelle parole di Minsky:
“his analysis yielded the result that money was not neutral. In contrast to the quantity theory, his theory showed that real variables depend in an essential way on monetary and financial variables; that the price level does not depend solely or even mainly on the quantity of money; and that the transitional processes are such that a decentralized, unplanned, capitalist economy − one in which economic policy did not intervene in an appropriate manner − was not a self-correcting system that tended toward a stable equilibrium at full employment.”
L’atteggiamento di Keynes nei confronti dell’interpretazione monetaria presenta una rottura rispetto alla TG, in relazione ai suoi lavori precedenti. Al fine di chiarire questo aspetto, Minsky effettua dei confronti con il Trattato sulla moneta (di seguito, TM) e la TG:
“In A Treatise on Money, at all times the quantities of output and employment are determined by real factors independent of monetary influences. It is assumed that the market mechanisms of a decentralized capitalist economy will lead to what may be labeled full employment, and that deviations from full employment are transitory and can be imputed to nonessential flaws […].”
Considerando che “the view of The General Theory is that no such tendency to achieve and then sustain full employment exists”, cioè che non esiste alcun meccanismo che porti all’equilibrio della piena occupazione e quindi, il comportamento di base dell’economia sarebbe ciclico.
Minsky intende il TM come un apparato teorico basato sulla decisione di produzione e semplici sistemi di preferenza, mentre la TG sarebbe uno strumento analitico in grado di studiare i rapporti di investimento derivati da un sistema in cui la “speculative nature of asset holding and financing choices dominates production-function characteristics in determining investment output”, cioè un sistema in cui le decisioni monetarie superano le decisioni di investimento produttivo. Minsky afferma che c’è un passaggio oscuro e poco esplorato nell’interpretazione teorica della TG che segna sostanzialmente il cambio di prospettiva e strumentazione analitica in relazione al processo di determinazione dell’investimento nella visione neoclassica: “a fundamental theme of The General Theory is that the asset-valuation process is a proximate determinant of investment.”
Affermando che la valutazione delle attività è un determinante prossimo all’investimento, Keynes rivela che le decisioni di investimento sono legate al livello di aspettative degli agenti di questa economia. Tenendo presente che i rendimenti degli asset sono naturalmente legati alle dinamiche speculative dei mercati finanziari, si può creare un’atmosfera di aspettativa non realistica sulla reale redditività degli investimenti produttivi. In definitiva, gli agenti possono preferire, a seconda del loro stato di aspettative, dare la priorità agli investimenti in attività finanziarie – in alcuni casi è preferibile anche trattenere la valuta, a fronte di livelli più elevati di incertezza – a scapito degli investimenti produttivi. Questi comportamenti hanno effetti significativi sull’economia, come si vedrà di seguito.
Minsky afferma che senza la percezione di queste relazioni finanziarie, qualsiasi approccio non sarà in grado di determinare le relazioni rilevanti nelle decisioni di investimento di un sistema capitalista. Tuttavia, includere le relazioni finanziarie nell’analisi della determinazione degli investimenti comprende “a complex taxonomy involving many variables, a fine set of definitions, and nice distinctions among variants of the major concepts”. Pertanto, dalla TG. “monetary phenomena emerged as a full, not a silent, partner in determining system behavior.”
Secondo Minsky, è dal ruolo della sfera finanziaria rispetto alle decisioni di investimento nell’economia capitalista che la teoria di Keynes rivela un’idiosincrasia implicita della sua analisi: l’economia capitalista è fondamentalmente instabile. “This flaw exists because the financial system necessary for capitalist vitality and vigor − which translates entrepreneurial animal spirits into effective demand for investment − contains the potential for runaway expansion, powered by an investment boom”.
La suddetta espansione incontrollata a cui fa riferimento Minsky viene inevitabilmente interrotta perché una serie cumulativa di cambiamenti finanziari rende il sistema finanziariamente fragile che, a sua volta, può causare seri problemi finanziari e strutturali nell’economia. Secondo l’economista post-keynesiano, Keynes è arrivato a queste conclusioni osservando il comportamento dei decisori, che sono sempre soggetti a irriducibili incertezze, il che lo porta alla conclusione che “in his system, stability, even if it is the result of policy, is destabilizing”.
Minsky afferma che, quindi, Keynes ha sottolineato un attributo intrinseco del capitalismo stesso:“the tendency to generate stagnation and great depressions accompanied by financial collapse” . Ma per Minsky, il contributo di Keynes è andato oltre, perché:
“His theory not only explained stagnation as well as boom, depression, and financial phenomena in an integrated fashion − making the anomaly of orthodox theory, the usual of Keynesian Theory − but it also led to a set of policy proposals to offset the consequences of depression and financial collapse.”
Keynes sostiene che il sistema non ha meccanismi stabilizzatori, ma, al contrario, è necessario avere l’intervento di uno strumento che non fa parte del sistema stesso, che esercita la funzione di ridurre l’incertezza ambientale nel tentativo di alleviare l’instabilità . Questo “strumento” sarebbe la posizione attiva dello Stato (governo e banca centrale) sull’economia, con lo sviluppo e l’attuazione di politiche economiche sistematiche.
La critica di Minsky a Keynes
Nonostante tutto il riconoscimento e l’ispirazione data dal Keynes della TG, Minsky afferma che è necessario dare un’interpretazione adeguata del lavoro, per poter identificare ciò che è vitale e ciò che non è essenziale per la revisione radicale che lo stesso Keynes credeva di formulare. Minsky sostiene che “like many other seminal and original works, The General Theory is a very clumsy statement. Much of the old theory is still there, and a great deal of the new is imprecisely stated and poorly explained”. In altre parole, per Minsky, la stessa TG è imperfetta, sia in termini di combinazione con la vecchia teoria sia in passaggi poco chiari.
Come risultato di quella che sarebbe una sorta di “macchia” derivante dalle vecchia teoria e presente nella TG, Minsky sottolinea una serie di punti critici, specialmente in alcuni passaggi su investimenti, tassi di interesse e valorizzazione degli attivi, affermando che “he conceded much to the classical school.” Usa le stesse parole di Keynes, presenti nella prefazione della TG, per indicare i limiti teorici dell’autore e per sottolineare le ragioni dell’esistenza di lacune nella proposta della TG:
“Keynes stated in the preface that “The composition of this book has been for the author a long struggle of escape . . . from habitual modes of thought and expression”; however, his escape from the old was not complete. He acknowledged that the old ideas ramified “into every corner of our minds.”
Minsky spiega che oltre alle difficoltà teoriche dell’opera di Keynes – legate sia all’incidenza di ogni nuova intuizione sia alla difficoltà di proporre una struttura teorica del tutto indipendente da quella tradizionale – ci sono altri motivi che hanno collaborato ad abortire la rivoluzione keynesiana. Tra questi, ritiene che Keynes non abbia seguito o criticato a sufficienza le interpretazioni fatte della TG, salvo alcune spiegazioni e obiezioni. Inoltre Minsky afferma che:
“it is difficult to understand how the standard interpretation and formalization, which in the main tradition took off from J. R. Hicks’s article, “Mr. Keynes and the ‘Classics,’ became the accepted interpretation of liquidity preference as equivalent to a variable velocity in the quantity theory.”
Tuttavia, nei trent’anni successivi alla pubblicazione della TG, gli economisti, ispirati dall’economia keynesiana, sostenevano che “endogenous business cycles and domestic financial crises were a thing of the past, now that the secrets of economic policy had been unlocked.”
Minsky comprende che il successo delle politiche economiche ispirate da Keynes ha oscurato il fatto che è implicito nella sua analisi: l’instabilità dell’economia è endogena.
Se quei fenomeni – cicli economici endogeni e crisi finanziarie interne – venissero screditati dagli stessi “keynesiani”, allora “an economic theory based upon a business cycle associated with a financial-instability view of how the economy operates can be replaced by theory with an equilibrium and steady-growth perspective”. Segue, quindi, un’altra ragione per il mancato avanzamento della rivoluzione keynesiana e la mancanza di un modello più profondo della teoria keynesiana: “is that the older standard theory, after assimilating a few Keynesian phrases and relations, made what was taken to be real scientific advances”.
In questo scenario, i risultati dell’evoluzione della teoria di Keynes, e della stessa teoria economica, possono essere osservati che “accomplishments of pure theory during the 1950s and 1960s are more apparent than real”, in ragione del fatto che “problems of a financially sophisticated capitalist economy are under consideration.” Pertanto, quello che Minsky considera il principale contributo di Keynes (le relazioni finanziarie e le sue implicazioni per la sfera economica) è stato ignorato o, almeno, sottovalutato. Eventuali teoremi sull’esistenza dell’incertezza, sull’importanza della moneta e della finanza, sia nel determinare gli investimenti che nell’esprimere posizioni nella ricchezza reale, sono stati relegati in secondo piano.
In John Maynard Keynes, Minsky sottolinea l’ultimo fattore che potrebbe aver contribuito ad abortire la rivoluzione keynesiana come l’”adeguatezza” della sintesi neoclassica alla posizione politica adottata nei trent’anni dopo la TG: “lessons drawn from the standard interpretation not only did not require any radical reformulation of the society but also were sufficient for the rather undemanding performance criteria that were ruling”.
Tuttavia, a partire dagli anni ’70, lo scenario ha cominciato a cambiare a causa del verificarsi di fenomeni economici simili a quelli degli anni ’20 e ’30, e quindi, in considerazione dei limiti imposti dalla sintesi teorica stabilita, il comportamento dell’economia mondiale è diventato anomalo, secondo Minsky:
“Financial instability and crises, now labeled crunches and squeezes, as well as periods of relative stagnation are occurring. Inflation now seems to be a chronic ailment of even the sophisticated economies. The world is now performing in ways that can be interpreted as anomalous from the point of view of the current standard theory.”
Così, per Minsky, in questo scenario le interpretazioni e le costruzioni della sintesi neoclassica sembravano dissolversi, aprendo contemporaneamente lo spazio per: “extract from Keynes the ingredients that point to a radical reformulation of economic theory and to determine if these ingredients can serve as a point of departure for a new attempt at an alternative to the standard theory.”
Pertanto, Minsky propone di salvare le idee rivoluzionarie di Keynes dal miscuglio di sintesi neoclassiche, la cui interpretazione è soggetta alla macroeconomia mainstream, nonché di filtrare i contributi rivoluzionari dell’opera originale. L’economista dice che è necessario chiarire quanto le idee rifiutate da Keynes forniscano una visione diversa da quella offerta dalla macroeconomia tradizionale, sia per quanto riguarda il comportamento dell’economia sia per quanto riguarda i limiti della politica economica.
A tal fine, Minsky dice che dovrebbe “to sharpen some of the clumsy presentations and fill in some gaps in the argument of The General Theory.” Costruendo così un modello teorico che identifichi e utilizzi i contributi reali di Keynes alla teoria macroeconomica.
Bibliografia
Minsky H.P; John Maynard Keynes. McGraw-Hill Book Company, New York
Minsky H.P Stabilizing an unstable economy. McGraw-Hill Book Company, New York
Bollettino Culturale