Giornata della Memoria. Oltre le liturgie mediatiche
gen 28th, 2021 | Di Thomas Munzner | Categoria: Cultura e società
Giornata della Memoria. Oltre le liturgie mediatiche
Salvatore A. Bravo
Liturgia mediatica
La liturgia mediatica dell’Olocausto si ripete invariata, anche quest’anno, naturalmente il pensiero unico non può che ideologicamente ragionare secondo schemi stereotipati volti a confermare il presente. Ogni anno l’Olocausto unico del pensiero unico è presentato come il fondamento della cultura del diritto e della giustizia perennemente minacciato dal nazifascismo alle porte. Nel ricordare l’Olocausto ebraico e nel dimenticare gli altri innumerevoli olocausti vi è una postura ideologica che nei fatti uccide simbolicamente due volte le vittime. La liturgia impedisce di capire la genealogia dell’Olocausto che si vuole celebrare ed inibisce la comprensione profonda degli eventi storici e la pubblica consapevolezza della tragedia. Si occultano le cause storiche rimuovendo la funzione delle banche e della finanza che dopo il trattato di Versailles del 1919 hanno impaurito ed immiserito il popolo tedesco giudicato unico responsabile della Prima guerra mondiale, a cui viene richiesto un indennizzo inaudito che provoca l’iperinflazione (1923) e il piano Dawes (1924) con cui un’intera nazione indebitata per decenni è tenuta nella gabbia d’acciaio dei debiti. Non secondaria è la scienza medica dell’epoca che in modo trasversale in ogni Stato proclama il razzismo genetico come scientifico. Le vicende storiche sono sempre più complesse con il loro intreccio di responsabilità del semplicismo delle liturgie, in cui si separa un evento dal contesto storico rendendolo non solo illeggibile ed indecifrabile, ma specialmente lo si trasforma in un mito. Il rispetto verso le vittime di ogni olocausto ci dovrebbe indurre a donare alle future generazioni visioni complesse e dialetticamente fondate sull’interconnessione degli eventi storici per comprendere il presente e, quindi, prevenire con la consapevolezza della cultura nuove forme genocidarie, che nel tempo attuale non si concretizzano solo nel genocidio fisico, ma anche linguistico, culturale e ideologico.
La prospettiva unica della “cultura dell’azienda” non è anch’essa una forma genocidaria di altre visioni del mondo?
I tagli ai diritti sociali, in nome della parità di bilancio, non sono una forma genocidaria, di cui constatiamo gli effetti nell’attuale pandemia?
Rileggere il Mein Kampf per comprendere le contraddizioni del presente
Il giorno dell’Olocausto con il seguito di iniziative didattiche dietro le quali, spesso, vi è non un bisogno autentico di formazione, ma un’occasione per vendere un prodotto, dovrebbe essere un momento per porci domande sul presente. Rileggere il Mein Kampf (1925) di Hitler potrebbe essere un modo per comprendere il potere della propaganda che oggi impera senza limiti e confini. La propaganda al tempo del nazionalsocialismo mescola verità e menzogna, fa appello alle paure e solletica le pulsioni distruttive. Nel Mein Kampf l’ebreo è rappresentato come uno sradicato, un eterno migrante che si radica nelle comunità nazionali per destabilizzarle. La verità si mescola alla menzogna, si occultano le ragioni per cui gli ebrei sono il popolo migrante per eccellenza, in primis, la diaspora[1] del 70 d.c causata dall’oppressione romana. Si fa appello al timore di una comunità di avere un nemico nel suo seno e si rimuovono le responsabilità delle classi dirigenti nell’aver condotto il popolo al macello ed alla sconfitta. Tali abilità manipolative possono essere smascherate, se la formazione e la partecipazione politica sono qualitativamente valide. La contemporaneità ci offre un tessuto sociale disgregato ed abbrutito e una formazione scolastica in cui il successo formativo da cui dipende il destino della scuola-azienda forma generazioni la cui cultura è carente e strutturata in senso adattivo: di ciò dovremmo temere, poiché senza cultura critica, seria e profonda un popolo è alla mercè delle menzogne imbiancate di verità. Oggi, come allora, la responsabilità della crisi sociale ed economica è spostata su un asse orizzontale per impedire che le vere contraddizioni profonde possano emergere.
Aggressione finanziaria
L’aggressione finanziaria internazionale spinge i popoli a restare vittime di facili soluzioni, anzi in un momento di crisi questo può favorire regressioni generalizzate. Colpevolizzare la finanza internazionale e i suoi rappresentanti è un’ottima modalità con cui le classi sociali al potere sono salvaguardate dalle loro responsabilità e in un momento di crisi colgono l’occasione per strutturare il loro potere e proiettare l’aggressività generalizzata su vittime inermi. Tali dinamiche non si sono eclissate con il nazionalsocialismo, ma sono vive tra di noi, forse abbiamo smesso di riconoscerle e ciò ha l’effetto di conservare ingiustizie e nuove discriminazioni. Il male è proiettato fuori dai modi di produzione attuale, e così l’oligarchia può perseverare nella conservazione del presente con le sue tragedie. Il Mein Kampf è un classico esempio di proiezione delle contraddizioni della Germania postguglielmina su una minoranza senza intaccare gli equilibri sociali all’origine della tragedia tedesca. La propaganda esemplifica le dinamiche storiche per autolegittimarsi. Diviene fondamentale, dopo l’esperienza dei fascismi, una formazione finalizzata alla complessità senza complicazione. La formazione filosofica e storica è l’argine alla deriva dei totalitarismi, per prevenire tali pericoli la formazione è fondamentale. Il pericolo attuale è una formazione che fonda il suo asse solo sulla quantità esemplificando i fenomeni storici e politici. La formazione ha il compito di sviluppare le interconnessioni virtuose che possono rafforza la democrazia contro i semplicismi della riduzione di ogni “evento” a poche variabili quantitative:
“L’aspetto quantitativo, e dunque matematizzabile, del mondo, è reale, ma è appunto un suo aspetto, non la sua struttura essenziale, non la sua verità. Il mondo può cioè venire considerato sotto il profilo delle grandezze matematicamente misurabili, così come sotto quello delle qualità incommensurabili, o sotto quello delle strutture viventi. Nessuno di questi o di altri possibili punti di vista è in se stesso quello vero. La verità può stare soltanto nella logica delle loro implicazioni reciproche, e nel significato specifico che ciascuno di essi riveste in questa logica complessiva. Questo significato è, per quanto riguarda la quantità matematizzabile, il punto di vista della dominabilità del mondo. Le cose, cioè, si vedono dal punto di vista della quantità, ed è indispensabile vederle anche da questo punto di vista, nella misura in cui le si assumono come oggetti manipolabili. Volendo prendere una caffettiera bollente per versarne il caffè, occorre che la mano ne afferri il manico. Non per questo, però, definiremo una caffettiera come un manico, o diremo che il manico ne è l’elemento essenziale, e il buon aroma che ne promana, o l’acqua e la polvere di caffè che vi sono stati messi, siano dettagli irrilevanti. Se prendiamo la caffettiera per il mondo, allora il suo manico sono le grandezze quantitative del mondo, e la mano che afferra il manico è la loro trattazione matematica. Il gusto del caffè, la cui gradevolezza è la ragion d’essere della caffettiera, rappresenta, volendo continuare il paragone, la verità del mondo, che non deve venire confusa con la manipolabilità dei suoi oggetti[1]”
Storia ed ideologia
L’insegnamento della Storia è il campo su cui si gioca la formazione delle future generazioni, essa non è semplicemente “maestra di vita”, spesso inascoltata, ma è il luogo della formazione per eccellenza. La storia insegna a ricostruire il presente e rifugge da facili manicheismi. Non a caso il nazionalsocialismo la riscrive per causare una mutazione identitaria del popolo. L’attualità ci offre un curriculum scolastico, in cui la storia è ridotta a poche ore ed è valutata come una disciplina secondaria. La distruzione della cultura storica è funzionale al dispositivo di controllo e passivizzazione dei popoli, alla trasformazione della globalizzazione in un’arena dove le vittime non hanno voce. Senza formazione storica generalizzata e di qualità le liturgie annuali non sono che ritualità senza contenuto e progettualità. In queste giornate sarebbe più opportuno porci domande sul presente e sulla scuola per capire l’orizzonte verso cui siamo orientati, se con una formazione organica al mercato le nuove generazioni ed i popoli corrono il pericolo di non saper decodificare i segni di tragedie collettive presenti e future:
“Il problema che dobbiamo porci è: quale potrebbe essere l’asse culturale della scuola attuale? Secondo me, per varie considerazioni che qui non posso svolgere, l’asse culturale della scuola oggi dovrebbe essere la dimensione della storicità. Occorrerebbe cioè reintrodurre la storia là dove è stata svuotata, e quindi insegnare la lingua e la letteratura dal punto di vista storico. La dimensione storica è poi di importanza cruciale per l’insegnamento delle materie scientifiche. Per esempio, quando si insegna la geometria euclidea non si dice chi era Euclide, dove aveva studiato, perché aveva costruito quel sistema deduttivo. Se si riscoprissero tutti i legami fra la geometria euclidea, i progetti dell’accademia platonica, la continuità e la separazione di Euclide rispetto alla filosofia platonica, la sua geometria acquisterebbe un profondo significato culturale ed educativo. Pensate che bello se l’insegnante di storia insegnasse la storia dell’età ellenistica, e l’insegnante di matematica insegnasse la geometria euclidea, e le cose si incastrassero. In mancanza di ciò, l’insegnamento scientifico, che dovrebbe quasi per definizione essere un insegnamento critico, diventa, paradossalmente, come ci spiega Lucio Russo, il più dogmatico. Perché le persone imparano delle leggi scientifiche, dei procedimenti, delle soluzioni di problemi in maniera totalmente dogmatica, tant’è vero che lo studente della scuola secondaria generalmente non sa che la scienza non è mai definitiva, che è un modello, che la fisica newtoniana non è più vera in senso assoluto, perché addirittura le sue disconferme sono state quasi cooriginarie alla sua formazione. Ad esempio le leggi di Keplero sulle orbite dei pianeti vengono imparate a scuola completamente svuotate di significato storico. Non si immagina che le ipotesi che hanno guidato quello scienziato nella scoperta dell’orbita di Marte sono ipotesi metafisiche, di tipo neoplatonico e neopitagorico. Io penso che una scuola dovrebbe coordinare le materie, i programmi, gli insegnamenti, insegnare cioè arte, letteratura, scienza, filosofia dal punto di vista di una connessione storica e penso che questo sarebbe molto importante[2]”.
Le parole di Massimo Bontempelli risuonano più vere che mai nel silenzio di una ritualità che cela il fondamento nichilistico del presente: sempre i grandi pensatori ci indicano il problema, ma senza lo sguardo filosofico della civetta tutto si perde in gesti e parole stantie e sterili.
[1] Diaspora Ebraica (in lingua ebraica ‘Tefutzah’ o ‘Galut’ גלות, letteralmente “esilio”, “dispersione”)
[2] Massimo Bontempelli, Il pregiudizio antimetafisico della scienza contemporanea, Petite Plaisance Pistoia, 2018 pag. 22
[3] Massimo Bontempelli, La convergenza del centrosinistra e del centrodestra nella distruzione della scuola italiana, Petite Plaisance, Pistoia 2003, pp. 7-8.
http://www.linterferenza.info/attpol/giornata-della-memoria-oltre-le-liturgie-mediatiche/