Fenomenologia del politicamente corretto
nov 16th, 2020 | Di Thomas Munzner | Categoria: Cultura e società
Fenomenologia del politicamente corretto
Ci sono alcuni passaggi che non condivido o condivido solo in parte di questo comunque molto interessante e in larghissima parte condivisibile articolo del nostro collaboratore Salvatore A. Bravo.
Uno di questi in particolare è quello (sostenuto in primis dal filosofo Costanzo Preve) in cui si sottolinea l’utilizzo strumentale e ipocrita dell’“antifascismo in assenza di fascismo”.
Non c’è alcun dubbio che l’antifascismo sia stato e continui ad essere utilizzato in maniera ipocrita e strumentale. Lo è stato durante i quarant’anni e passa di governi democristiani (con alleati al seguito) e lo è tuttora, diciamo pure da trent’anni a questa parte, cioè dalla caduta del muro di Berlino con il conseguente mutamento di paradigma ideologico avvenuto nelle società occidentali in seguito al crollo del comunismo.
L’antifascismo ipocrita e di maniera è servito e serve come bandiera ideologica da sventolare contestualmente alla retorica politicamente corretta sui diritti civili e umani. Quegli stessi diritti che il sistema capitalista e imperialista calpesta spudoratamente in tutto il mondo, derubando, sfruttando, colonizzando, occupando, bombardando e sostenendo regimi e dittature (spesso neofasciste) al suo servizio. Ma lo scopo dell’ideologia politicamente corretta è proprio quella di coprire questa clamorosa contraddizione.
Per la verità, fino al 1989 (fase storica che nel nostro Paese coincide con il regime democristiano) non solo l’antifascismo ma anche e soprattutto l’anticomunismo era sventolato come bandiera ideologica per coprire il dominio capitalista e imperialista con annesse malefatte e crimini di ogni genere commessi in tutto il mondo in nome della libertà e della democrazia (leggi del mercato…).
Crollato il comunismo, la retorica anticomunista non aveva più senso di essere. L’antifascismo, invece, ha continuato ad essere mantenuto artificialmente in vita, ma è bene specificare alcuni aspetti. In realtà con questo concetto si fa riferimento ad una destra reazionaria, populista, nazionalista, “sovranista” (a chiacchiere…), xenofoba, razzista, vetero tradizionalista, integralista e liberista, sia pure con accenti e sfumature diverse, e del tutto organica e prona, in tutte le sue declinazioni (dalle destre polacche, ungheresi, ucraine ed est europee in generale a quelle occidentali, tedesca, austriaca, italiana, francese, olandese, americana ecc.) alla NATO, agli Stati Uniti, a Israele, e quindi al sistema capitalista e imperialista a trazione USA.
Ora, da un punto di vista, diciamo così, storico/formale e in parte anche ideologico, non sarebbe corretto definire queste destre come fasciste o fasciste tout court, nel senso che il fascismo è stato un fenomeno storico-politico storicamente dato e che deve essere contestualizzato in quel dato frangente storico. Non c’è dubbio che esistano delle somiglianze e degli aspetti contigui fra queste destre e il fascismo (così come con il franchismo e il salazarismo, varianti iberiche del fascismo) in alcuni casi ma non in tutti. Questo non significa che le attuali destre siano “migliori” del fascismo e dei vari fascismi che si sono manifestati nella storia. Non sono né migliori né peggiori, sono tutt’al più diverse in molti aspetti (né potrebbe essere altrimenti), il che non cancella la loro pericolosità e la loro natura profondamente antidemocratica, antisocialista e ovviamente anticomunista.
Queste destre, come ho già detto, sono del tutto organiche al sistema capitalista e soprattutto gli sono funzionali, perché servono appunto da spauracchio – come ho avuto modo di sottolineare più volte – utile a creare consensi intorno al polo dominante liberale e neoliberale (di cui è parte organica la “sinistra” neo liberale ed ex o post socialdemocratica e anche quella “radicale”) che proprio grazie a questo spauracchio, può continuare ad esercitare una sostanziale egemonia politica ed ideologica. Volendo ricorrere ad una metafora, magari banale ma forse efficace, queste destre sono una sorta di mostruoso spaventapasseri che serve a spingere quegli stessi passeri a rinchiudersi in una rassicurante voliera, nel caso specifico della voliera liberale, neoliberale e politicamente corretta, quella preferita dal sistema capitalista in tempi di pace sociale. In tempi di “guerra” o, diciamola meglio, di irrequietezza o turbolenza sociale, quando il sistema capitalista si sente minacciato, la preferenza va ovviamente alle destre.
E’ in questi termini che vanno lette le cose. A mio parere, parlare di “antifascismo in assenza di fascismo”, come faceva Preve, potrebbe portare ad un pericoloso fraintendimento e soprattutto ad una sottovalutazione delle destre attuali che non sono affatto ectoplasmi o finzioni create ad hoc, ma forze politiche reali e concrete che non vanno affatto sottovalutate; nemici di classe senza se e senza ma né più e né meno del fronte liberale e neoliberale.
Ho voluto fare questa precisazione perché ritengo che quella posizione assunta da Preve sia stata quella che ha ingenerato più ambiguità e fraintendimenti, ben oltre quello che lui stesso voleva significare.
Ma, proprio per questo, è bene essere chiari. Per il resto, l’analisi di Bravo (che è la stessa di Preve) è senz’altro lucido e condivisibile e invito a leggerla fino alla fine.
(Fabrizio Marchi)
Ogni organizzazione sociale ha le sue interdizioni, senza di esse non vi è comunità che regga. Il capitalismo assoluto cela le sue interdizioni pur rappresentandosi come la società più libera che la storia umana abbia conosciuto. Il politicamente corretto è il dispositivo interdittivo del capitalismo assoluto. Per necrotizzare il concetto e sostituirlo con la chiacchiera si opera secondo modalità plurali. La chiacchiera è il distrattore di massa del capitale, l’etere è occupato dal continuo flusso di informazioni, e di gossip che funzionano per distrarre i popoli, ormai plebi, dalla durezza del reale e trasportarlo in un mondo onirico di desideri e sogni derealizzanti. La chiacchiera è la nuova religione del capitalismo assoluto, religione nichilista in cui mediocri personaggi di nessun talento raccontano il loro privato. Il dispositivo opera per sostituire il concetto (Begriff) con la chiacchiera (Gerede). I Santi, i letterati e gli scienziati che nella fase precedente del capitalismo erano i modelli dialettici e critici del capitalismo, sono sostituiti dalla mediocrità dei narcisi dello spettacolo, dai loro racconti “tutti simili” come le loro fisicità e che convergono sulla cultura del privato e dell’indifferenza verso il pubblico. Sono vere armi per veicolare il capitalismo assoluto nella forma infantile ed innocente del narcisismo incentrato sul corpo da esporre e della parola da annichilire. La differenza, e l’identità dialettica sono respinte, poiché qualsiasi intelligenza media può ben rendersi conto che le storie e le aspirazioni raccontate sono tutte “drammaticamente” eguali. L’attenzione è volta unicamente al proprio privato che riproduce mediante gli automatismi della chiacchiera i modelli socialmente imposti. La gabbia d’acciaio ha le sbarre invisibili, perché costruite con gli atti fonatori senza prospettiva e senza logos. Il potere non cala dall’alto, ma si diffonde mediante le stesse vittime, è nella loro carne, si installa per renderli automi nei quali convive la vittima con il carnefice. I diritti individuali sono negati, benché siano la bandiera ideologica e violenta del grande capitale. Il diritto alla parola non è il diritto alla chiacchiera, ma al concetto, alla riflessione, pertanto la chiacchiera interdice il pensiero e neutralizza il diritto alla parola, al libero concetto e alla pratica del logos. Il dialogo decade a pura emissione di dati e di immagini, nega se stesso, è sostituito con un suo surrogato. Il circo mediatico, mentre spinge a parlare di tutto, ad usare un linguaggio senza filtri opera per impedire l’esperienza critica comunitaria, la quale non può che concretizzarsi con il linguaggio significante. La chiacchiera è veicolo della reazione, della conservazione senza speranza e senza pensiero. La chiacchiera allarga i suoi spazi per occupare la temporalità delle menti. È associata all’immagine fino a confondersi con essa, dato che la semplicità lessicale diviene la copia dell’immagine, l’una non aggiunge nessuna informazione all’altra, ma entrambe destabilizzano l’attenzione, attaccano il pensiero nella sua genealogia. Gli automatismi irriflessi divengono la forza del capitale che desoggettivizza, e riduce le identità a semplici presenze gettate nella ridda degli stimoli senza mediazione concettuale. L’interdizione è tanto più violenta tanto più è occultata dall’ideologia della chiacchiera, la quale è l’arma con cui si conquistano “le nuove colonie” per il capitale. Ogni vivente è un regno da usare e da occupare. Il politicamente corretto è la forma del nuovo dispositivo di controllo. La tragedia attuale è il passaggio della sinistra sconfitta nell’impero della chiacchiera dei diritti individuali. La frontiera del politicamente corretto con le sue interdizioni ha trovato nella sinistra il mezzo di consolidamento del capitale. Dopo la caduta del comunismo ed il dissolvimento del partito comunista, la sinistra di potere ha ritrovato un suo nuovo ruolo nell’ideologia dei soli diritti individuali, è il salvagente a cui aggrapparsi per salvarsi, ma che in realtà l’ha fatta affondare. Il naufragio ed il timore di perdere posizioni di potere hanno favorito un ribaltamento tanto veloce quanto opportunistico. Il nichilismo rende adattivi, per cui la sinistra recava in sé tale matrice che ora si svela nella sua verità. Il nuovo mantra della nuova sinistra, come rileva Costanzo Preve, è l’acquisizione dogmatica e preconcetta della liberalizzazione dei costumi e dei consumi[1]:
“In primo luogo, la genesi vera e propria. Si tratta di un episodio interno alla cultura radicale di estrema sinistra negli USA, dalla Vecchia Sinistra (old left), ancora socialista e comunista di tipo europeo, alla Nuova Sinistra (new left), postsocialista e postcomunista, sconfitta a livello di “struttura”, e che cerca una rivincita al livello del costume, dei modi di pensare e della “sovrastruttura”, in particolare per quanto concerne i quattro punti del sessismo maschilista, dell’omofobia, dell’antisemitismo antiebraico e del razzismo contro i “diversamente colorati” (neri, amerindi eccetera). In secondo luogo si tratta di una generalizzazione dell’intera società “ufficiale” di questo movimento, generalizzazione resa possibile e necessaria da un mutamento di natura dell’intera società capitalistica globale, r cioè caratterizzata dalla dicotomia Borghesia/Proletariato, ad una fase speculativa, e cioè postborghese e postproletaria, deve far cadere e rendere obsoleti i vecchi modelli razzisti, sessisti ed omofobi”.
Semplicismo del politicamente corretto
La sinistra ha abbracciato la causa della liberalizzazione dei costumi, ha rinunciato al pensiero critico e comunitario con il risultato che è diventata parte del politicamente corretto. Con la rinuncia alla dialettica in favore dell’individualismo narcisistico la lettura complessa e profonda dei fenomeni politici è sostituita da un semplicismo povero di idee e di ideali. Il femminismo e la lotta contro i razzismi sono diventati il mezzo più efficace per rafforzare il sistema capitale. La sinistra arcobaleno favorisce l’assimilazione nella società dei consumi, libera per poter mettere ai ceppi i “liberati”. Nel regno animale dello Spirito c’è spazio per chiunque, perché al capitale non importa il genere di appartenenza o l’identità di provenienza, il suo scopo è trasformare ciascuno in consumatore senza limiti e in adoratore idolatra del plusvalore. Il capitale è flessibile, è rivoluzionario, è un buco nero che attrae energia e materia per ridurla in “niente”. Le differenze sono rese irrilevanti in nome del consumo, pertanto a ciascuno è concesso di dichiarare la propria differenza, purché non si sottragga ai consumi ed all’individualismo dall’io minimo. Il capitale vive di ossimori, pertanto l’individuo è ammesso, ma solo se si connota come personalità minima. Si interdice la formazione personale ed identitaria in nome del “divino consumo[2]”:
“In breve: la “sinistra” (nulla a che fare con le severe analisi strutturali di Marx) crede che il keynesismo in economia e la liberalizzazione dei costumi nella cultura siano tappe di avvicinamento progressivo (e di fatto “stadiale”) ad una società socialistica e comunistica (in senso umanistico ed antistaliano), in quanto crede che per sua stessa insuperabile natura il capitalismo si fondi su di un profilo razzista, omofobico, maschilista, sessista, autoritario, eccetera. Di fronte al fatto inatteso, invece, che il capitalismo per sua stessa natura riproduttiva tende a superare il suo primo momento di instaurazione, effettivamente razzista, maschilista, omofobico, sessista eccetera, per poter allargare le sue basi di consenso e di gestione attiva, includendovi appunto i neri, le donne, gli omosessuali, eccetera, non sapendo neppure più dove porre le sue basi culturali identitarie”.
Fascismo sempre alle porte
Il politicamente corretto per interdire la discussione su alternative potenziali e sulla verità del presente utilizza abilmente timori e paure del passato. Si fa appello al fascismo in assenza di fascismo. Si mette in atto un’operazione di derealizzazione, si proietta l’aggressività verso un nemico immaginario. Si legittima il presente con la religione dell’olocausto, per cui il sistema capitale è idolatrato per contrasto con i crimini del nazifascismo, ma naturalmente si occultano i crimini del capitalismo del passato come del presente. La religione dell’olocausto con la sua immensa produzione libraria e mediatica inonda il mercato ed unisce al profitto lo strutturarsi ossessivo e delirante della minaccia del nazismo alle istituzioni democratiche. Il pericolo inoculato nei popoli è lo strumento per tenerli docilmente alla catena[1]:
“La religione olocaustica è quindi bivalente, in quanto serve sia all’asservimento simbolico dell’Europa, chiamata ad espiare per sempre, sia alla giustificazione indiretta delle atrocità razziste del sionismo colonialistico. Il capitalismo ha superato da tempo lo stadio ascetico-weberiano dell’accumulazione e lo stadio freudiano della necessità del Super-Io paterno baffuto, barbuto e peloso con completamento amoroso materno in busto a stecche soffocanti, ed in questo modo ha soltanto una fondazione individualistica e consumistica”.
L’antifascismo funziona come catalizzatore per una società disgregata, per impedire che l’individualismo divori se stesso si produce un artificio valoriale con cui unire all’occorrenza gli individui in perenne lotta e competizione. La religione dell’olocausto funziona, anche perché è una religione senza responsabilità verso il presente e che si limita a brevi liturgie da attivare nei momenti di crisi[2]:
“L’antifascismo in assenza completa di fascismo è in realtà un meccanismo ideologico pestifero per impedire la valutazione dei fatti attuali. La costituzione italiana è stata distrutta nel 1999 con i bombardamenti sulla Jugoslavia, e da allora l’Italia è senza costituzione, e lo resterà finché i responsabili politici di allora non saranno condannati a morte per alto tradimento (parlo letteralmente pesando le parole), con eventuale benevola commutazione della condanna a morte a lavori forzati a vita”.
La religione dell’olocausto giustifica l’occupazione americana dell’Europa e con essa la sua colonizzazione.
La quarta guerra mondiale
Il capitalismo assoluto produce surrogati per compensare l’inquinamento dei bisogni autentici ed eterni dell’essere umano (religione, filosofia, arte e scienza). Ogni surrogato non è che un prodotto che non potrà rispondere alle autentiche esigenze assiologiche ed ontologiche dell’essere umano, ciò malgrado la religione dell’olocausto, del femminismo in carriera, delle famiglie arcobaleno e dell’uguaglianza come irrilevanza sono diventati i valori della sinistra che pratica il politicamente corretto senza prospettive[1]:
“L’Antifascismo Senza Fascismo è stato quindi la religione di compensazione di un mondo che stava disgregando i precedenti valori comunitari. Si è trattato di una vera e propria “religione laica” o meglio di un surrogato laico della vecchia religione, e questo spiega perché i cosiddetti “fascisti” sono diventati l’equivalente degli intoccabili e degli immondi delle vecchie religioni tribali”.
Il politicamente corretto coincide con la quarta guerra mondiale, ovvero con l’americanizzazione del pianeta, con l’omogeneizzazione di popoli, lingue e culture. Il politicamente corretto cela la guerra in corso, la quale è un’azione belligerante continua contro ogni identità che si oppone al dominio messianico ed imperiale americano. Le responsabilità della sinistra divengono inquietanti dinanzi a tali crimini[2]:
“Il progetto egemonico del nuovo impero americano si fonda su di una omogeneizzazione oligarchico-plebea dell’intera umanità. Al posto della ricca compresenza di nazioni, popoli e classi del mondo, si avrebbe un’unica piramide sociale omogeneizzata composta di individui preventivamente sradicati e poi risocializzati su basi consumistiche (ovviamente, basi consumistiche non egualizzate, ma a differenziati gradi di potere d’acquisto)”.
Contro il politicamente corretto bisogna operare riaprendo la catena dei perché, e trasformare la domanda in prassi. La resistenza è possibile, e l’emancipazione personale deve diventare potenza comunitaria per la liberazione culturale ed economica. Nessuna emancipazione può concretizzarsi con azioni singolari, ma l’impegno critico nel quale il concetto è il protagonista è la premessa per ogni trasformazione e prassi[3]:
“Bisogna dunque riprovare a riaprire la catena dei perché. Questa volta, però, bisogna riaprire questa catena con un altro approccio e con altri destinatari. L’approccio dev’essere molto più radicale, e i destinatari non possono più essere i cosiddetti “militanti”, il “popolo di sinistra”, eccetera. I destinatari sono tutti coloro che vogliono riflettere e comprendere, del tutto indipendentemente da come si collocano (o non si collocano) topologicamente nel teatrino politico. Per chi scrive l’appartenenza è nulla, e la comprensione tutto. Cerchiamo allora di riaprire la catena dei perché partendo da un anello della catena che ci permetta di stringere con sicurezza qualcosa di solido”.
La filosofia come talpa e civetta
La filosofia lavora non per l’immediato, essa è a volte come la talpa di Hegel il cui lavoro carsico prepara l’emancipazione ed il volo della civetta. Costanzo Preve è stato consapevole di aver lavorato per un futuro non determinabile. La sua dedizione alla filosofia diviene eguale alla passione dei grandi filosofi che hanno pensato il passato per capire il presente e preparato il futuro. La filosofia è, anche, dono di sé e questo i sofisti del politicamente corretto non possono comprenderlo[1]:
“Passiamo al lungo termine. Dal momento che sono un pessimista generazionale ed un ottimista storico, e sono abituato a studiare i secoli ed i millenni, dò per scontato che questa abietta formazione ideologica del Politicamente Corretto certamente sparirà. Ma quando? Sospetto che questo non solo riguardi me, ma neppure gli attuali ventenni”.
Costanzo Preve ha pagato con l’impegno e l’automarginalità la sua lotta contro il politicamente corretto, il suo nome sarà sempre legato alla passione filosofica (Bestimmung) la quale non può che essere attività politica comunitaria. Può essere un esempio scomodo, ma ogni grandezza ci scopre impreparati ed inadeguati, ciò malgrado che ognuno salga sul suo asinello e scenda dal dorso dei grandi, come era solito affermare, poiché solo il coraggio di deviare dal cammino tracciato dalle potenze del nichilismo può rendergli onore. Non siamo vocati a diventare eroi, ma ognuno può trovare il modo di impegnarsi a suo modo sul solco dei dissenzienti del concetto, bisogna tradurre la società dello spettacolo in concetto per sperare nella prassi collettiva[2]:
“Nella produzione televisiva della comunicazione il mezzo determina il contenuto del messaggio, scegliendo sistematicamente gli aspetti più superficiali ma anche più “visivi”, e dunque impressionanti, dell’evento riprodotto. In questo modo, ad esempio, la CNN americana, che è lo strumento televisivo dell’impero, sceglie di rappresentare le “atrocità” che poi serviranno da legittimazione pubblica alla risposta dei bombardieri americani. Tutto questo è rivestito da un’aura di presunta imparzialità ed autenticità che sembra non nascondere niente mentre nasconde tutto, dagli interessi economici in gioco ai precedenti storici. Lo voglia o meno, il giornalista televisivo è al servizio di questo meccanismo di eccezionalità visiva, che gira sempre intorno a tre forme archetipiche di spettacolo, lo spettacolo sportivo, lo spettacolo porno e lo spettacolo di morte in diretta”.
In questi giorni cade la data della sua morte[3], ma ogni grande pensatore non muore mai, le verità che un pensatore ha svelato sono il lascito, a volte scomodo, con cui bisogna dialetticamente confrontarsi.
[1] Costanzo Preve, Politically correct, Petite Plaisance Pistoia, 2020 pag.21
[5] Costanzo Preve, La quarta guerra mondiale, Edizioni all’insegna del Veltro Parma, 2008 pag. 91
[7] Costanzo Preve, Marx e Nietzsche, Petite Plaisance Pistoia, 2004 pag. 6
[8] Costanzo Preve, Politically correct, Petite Plaisance Pistoia, 2020 pag. 58
[9] Costanzo Preve, La crisi culturale della terza età del capitalismo, in Comunismo e Comunità, 25 ottobre 2019
[10] Costanzo Preve (Valenza, 14 aprile 1943 – Torino, 23 novembre 2013)
Salvatore A. Bravo
http://www.linterferenza.info/cultura/fenomenologia-del-politicamente-corretto/