2020 L’anno geopolitico

mar 14th, 2020 | Di | Categoria: Politica Internazionale
 

L’anno appena iniziato, sotto il profilo geopolitico, si prevede interessante ma tendenzialmente tranquillo. Ciò che dominerà sarà infatti che il principale attore geopolitico del mondo, gli Stati Uniti, vanno ad elezioni presidenziali a novembre. Oltretutto, il presidente uscente non è a fine mandato, ma in cerca di rinnovo. Cercherà quindi di portare alla valutazione elettorale quanti più risultati positivi e quanto di meno possibile, negativi.

Sul positivo, Trump può contare sul nuovo NAFTA, ricordo che Canada e Messico sono pur sempre primo e secondo paese per l’export e secondo e terzo per l’import americano. L’accordo funziona e pare che, per parte americana, dia buoni risultati. Il primo paese a cui sono legati per import gli americani sono i cinesi. Qui già si sa della firma di una prima parte di nuovo accordo già a gennaio, ma Trump farà di tutto per arrivare a novembre anche con la seconda parte e quindi con una ricontrattazione complessiva dei rapporti col competitor, che non sarebbe poco. I cinesi, potrebbero scommettere sulla sua non rielezione, ma non mi pare che i cinesi tendano alla scommessa, non si sa se la scommessa avrà possibilità e soprattutto, ormai anche i democratici danno ragione a Trump sulla revisione dei rapporti col gigante asiatico ed un presidente democratico magari potrebbe esser anche più guerrafondaio di Trump.

L’operazione disgelo coi russi, per ora condotta da Macron come mediatore nell’affaire ucraino, sta andando avanti dopo le ripetute riunioni tra cui l’ultima nel “formato Normandia”. Decisamente Putin preferisce Trump ad un democratico e penso entrambi valutino un vantaggio la possibile riammissione dei russi nel bel mondo che conta, con l’invito al prossimo G7 in Florida in giugno. Un po’ stretti i tempi per chiudere in qualche modo la partita ucraina con revoca delle sanzioni europee, da vedere come andrà. Gli ucraini potrebbero esser tentati dalla scommessa contro Trump, ma al di là di tante belle parole ai tempi della Nuland&Co, non è che poi abbiano visto tutto questo attivo-economico e finanziario- appoggio concreto da parte degli Stati Uniti. Altre considerazioni portano e ritenere poco probabile l’evenienza. La normalizzazione di Putin, converrebbe soprattutto a Trump, anche perché mostrerebbe indirettamente quanto isterico è stato l’atteggiamento dell’opposizione in questi anni (vedi Russiagate), trasferendo il giudizio di inconsistente isteria anche all’attuale procedura di impeachment che lo accompagnerà fino ad elezioni.

Sul piatto della valutazione elettorale, Trump calerà anche il molto probabile nuovo accordo di privilegiato libero scambio con il Regno Unito post Brexit. Tra l’altro, un evidente riallineamento atlantista stile classico, che aiuterebbe anche a far capire quanto differenza c’è tra l’atlantismo anglosassone e quello coi continentali. Non in attrito con Macron che anzi si è riservato una nicchia di agibilità geopolitica importante, potrebbe continuare il suo lento logoramento all’Europa, fatto questo che non ha in vista un accordo ma solo la disgregazione del macro-sistema concorrente a guida tedesca. Concorrenza anche valutaria, il che è fatto sensibile per i prossimi anni in cui il dollaro comunque perderà qualcosa nei nuovi equilibri multipolari e quindi da qualche altra parte deve conquistare se vuole mantenere forte il suo peso relativo. In più l’euro, valuta senza potenza al seguito, è la valuta potenzialmente più neutra per un sistema multipolare e quindi potrebbe esser il primo ad erodere posizioni al dollaro. Eccezionalmente stabile e per statuto non svalutabile a piacere, croce per chi ne è interno, delizia per chi ne è all’esterno.

Il mondo del Golfo ed Israele, dovrebbero star quieti poiché ogni loro intemperanza grave potrebbe metter in imbarazzo Trump. Per altro, non sembra avrebbero giovamento da un eventuale cambio di presidenza. L’Iran è sotto cottura a fuoco lento sanzionatorio ed i recenti disordini dicono che la cura sta facendo effetto, quindi non si vede ragione per dar fuoco alle polveri, se non quelle di twitter.

Ci sono certo le questioni libiche, la questione siriana o turco-siriana, le questioni sud americane in cui un po’ si perde (Venezuela) ed un po’ si vince (Bolivia, Uruguay), le frizioni indo-pachistane, quelle diplomatiche coreano-giapponesi ma, ripeto, nella misura in cui tali questioni portano vantaggi o svantaggi a Trump, saranno gestite con riguardo. Kim Jong-un, di recente, fa un po’ l’intemperante, ma potrebbe anche questa esser una tattica per trattare un accordo 2020 con Trump di modo da mettergli in mano qualche altro asso e garantirsi -almeno sulla carta- un periodo tranquillo. Ricordo che più che l’accordo con gli USA, in ballo c’è la fine formale della guerra di Corea con nuovi rapporti coi cugini del Sud.

Si tenga infine conto che il totale dei nuovi accordi con cui presentarsi al giudizio è maggiore della loro somma perché spiegherebbe a ritroso del perché di tanti atteggiamenti a suo tempo censurati. “Sì ho fatto un po’ il pazzo, ma perché stavo trattando e questo è il risultato che convalida la mia promessa di Make America Great Again. Quindi per finire l’opera, poiché mi sono mostrato credibile, datemi altri quattro anni”.

Tutt’altro scenario se Trump dovesse esser rieletto, ma da qui in poi le variabili impazziscono e fare previsioni diventa un “se…allora” ripetuto a catena più volte e quindi approdante a tutto ed il suo contrario. Per altro, sarà questo l’oggetto del post del 1° gennaio 2021 e quindi aspettiamo che il tempo faccia il suo corso. Probabilità di Trump di esser rieletto? Rifare la domanda a settembre, prego. Al momento, comunque, sul positivo più che il contrario, ma per maggior precisione c’è Branko.

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