Prefazione di Costanzo Preve alla traduzione greca de “Il Bombardamento Etico” (luglio 2012)
lug 25th, 2019 | Di Thomas Munzner | Categoria: Recensioni
Il 14 aprile 2016, Costanzo avrebbe compiuto 73 anni.
Ed invece ha dovuto congedarsi dalla vita nel novembre 2013.
Ma ha pensato, lavorato, scritto fin che ha potuto.
Nel luglio del 2012 aveva preparato la prefazione alla edizione greca
del suo «Il Bombardamento Etico», tre pagine che proponiamo
alla considerazione critica dei lettori.
Sono trascorsi 16 anni da quando pubblicammo questo suo importante testo,
che – come dice l'autore – non solo non è invecchiato, ma è ancora più attuale.
Sedici anni, eppure vivida è la memoria di quei giorni in cui,
ospitando Costanzo per qualche giorno a casa mia qui nella campagna intorno a Pistoia,
leggevamo il suo dattiloscritto,discutendone in modo appassionato,per prepararne la pubblicazione
C. F.
Gheddafi, Assad, Milosevic, Torri gemelle
Sono molto contento che il mio saggio Il Bombardamento Etico, scritto negli ultimi mesi del 1999 e pubblicato in lingua italiana nel 2000, sia stato tradotto in greco. Rivedendo la traduzione, precisa, corretta e fedele, mi sono reso conto che purtroppo il saggio non è “invecchiato” in dieci anni, ma in un certo senso è ancora più attuale di dodici anni fa. E’ ancora più attuale, purtroppo. E su questo “purtroppo” intendo svolgere alcune rapide riflessioni. Dodici anni non sono pochi, ed è possibile capire meglio che l’uso strumentale e manipolatorio dei cosiddetti “diritti umani” ed il processo mediatico di hitlerizzazione simbolica del Dittatore che di volta in volta deve essere abbattuto (Milosevic, Saddam Hussein, Gheddafi, Assad, domani chissà?) inauguravano una fase storica nuova, che potremo definire dell’intervento imperialistico stabile nell’epoca della globalizzazione con l’uso massiccio della dicotomia simbolica di sicuro effetto Dittatore/Diritti Umani. L’importantissimo articolo 11 della Costituzione Italiana, entrato in vigore nel 1948 e mai più da allora formalmente abrogato, recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. E’ storicamente chiaro che questo articolo segnala una profonda autocritica morale dell’intero popolo italiano per aver aderito alla guerra di Mussolini fra il 1940 e il 1945. In ogni caso, la presenza dell’articolo 11 ha da allora costretto i governi italiani ad una sorta di ipocrisia istituzionalizzata permanente. Tutte le guerre che sarebbero state fatte dopo il 1948, all’interno dell’alleanza geopolitica NATO a guida USA, avrebbero dovuto costituzionalmente “essere sempre ribattezzate missioni di pace, o missioni umanitarie. Possiamo dire che così l’ipocrisia, la menzogna e la schizofrenia sono state in Italia istituzionalizzate e “costituzionalizzate”. Lo dico con tristezza, perché vivo in questo paese. Oggi sappiamo cose che alla fine del 1999 non sapevamo, e potevamo soltanto sospettare. Era capo del governo italiano l’ex comunista D’Alema (oggi “democratico”), che inviò i caccia italiani a bombardare il paese balcanico, dicendo in parlamento che i suoi aerei non sganciavano bombe, ma partecipavano semplicemente a non meglio precisate “operazioni di difesa integrata”. Una presa in giro pari solo alla faccia tosta dell’allora primo ministro. Alla fine delle operazioni saranno gli stessi alleati a riconoscere che l’Italia era stata solo seconda -dopo gli USA, ma prima della Francia e della Gran Bretagna- per numero di raid sulla Jugoslavia. In un’intervista sul quotidiano “Il Manifesto” dei primi mesi del 2012 l’ex generale in pensione Fabio Mini, allora direttore delle operazioni, confessò che la cosiddetta “strage di Raciak”, uno dei pretesti dell’intervento in Kosovo, era stata un falso e una montatura, e lui lo sapeva. Potremmo continuare, ma il decennio trascorso ci ha reso bene informati. Nel 2001 ci fu l’invasione dell’Afghanistan, in base al pretesto dell’attacco di Al Qaeda di Bin Laden alle torri Gemelle di New York. Bin Laden è stato nel frattempo ucciso, l’islamismo radicale è stato “normalizzato” fino a farlo diventare alleato strategico geopolitico degli USA (vedi Libia 2011 ed oggi Siria 2012), cinquanta soldati italiani sono morti in dieci anni combattendo contro gli insorti afgani come mercenari della NATO, le possibilità di formare un governo di coalizione afgano relativamente stabile sarebbero a portata di mano, ma gli USA non se ne vogliono andare per il semplice fatto che voglio istallarvi basi militari permanenti, il cui scopo geopolitico è la minaccia potenziale futura verso l’Iran, la Russia e la Cina. I morti italiani in Afghanistan vengono riportati in patria nelle bare come “caduti per la pace”, ove in realtà sono caduti per poter permettere agli USA di istallare basi permanenti in Asia Centrale. Nel 2003 Bush decise di aggredire l’Irak. In Italia c’era Berlusconi, che aveva una parte di elettorato cattolico, ed a quei tempi la Chiesa Cattolica non era favorevole all’attacco all’Irak, sapendo che avrebbe aperto una fase di massacri fondamentalisti per la componente religiosa cristiana irachena. Il sistema mediatico per sei anni attuò una “hitlerizzazione” capillare della figura di Saddam Hussein, simile a quella attuata quattro anni prima per Milosevic. Questa hitlerizzazione lascia indifferenti il popolo normale, quello che legge solo le pagine sportive e la cronaca cittadina, ma è particolarmente adatta alla manipolazione del gruppo sociale degli “intellettuali”. L’Italia mandò un corpo di spedizione nella zona irachena di Nassiriya, che fu oggetto di attentati sanguinosissimi, e si rese colpevole dell’uccisione di civili. In tutto questo periodo si parlò di “missioni di pace” e di “caduti per la pace”. A proposito della Libia, da tempo gli occidentali premevano su Gheddafi per la piena privatizzazione delle imprese del paese, ed avevano trovato un potente alleato nel ministro Jibril. Fu questo stesso Jibril ad organizzare un colpo di stato con l’aiuto di gruppi islamici radicali e di tribù divise da rivalità storiche. L’Italia partecipò massicciamente ai bombardamenti che furono decisivi per la sconfitta di Gheddafi ed il successivo terribile linciaggio. Mentre scrivo queste righe, il ministro degli esteri italiano Terzi (che nessuno ha eletto, ma che è stato insediato da Monti e Napolitano) è in prima fila a chiedere insistentemente un intervento armato in Siria, fatto sul modello precedente ben riuscito della Libia. Potrei ovviamente continuare con altri particolari, ma non voglio annoiare il lettore greco. Ciò che conta è ribadire che il modello dell’intervento umanitario e della hitlerizzazione mediatica simbolica del dittatore di turno si è dimostrata in questo decennio molto “performativa”, cioè ricca di successo. Dal momento che tutto questo dovrà pur essere inquadrato in uno schema interpretativo, per non sembrare un semplice insieme di violenze comuni da gansters, voglio citare un’affermazione dello studioso francese di geopolitica Aymeric Chauprade: “Il mondo unipolare è il progetto dell’oligarchia mondiale anglosassone e della sua estensione oligarchica europea. E’ evidente che questo progetto dispone di forze considerevoli e che è fortemente avanzato dopo la fine dell’URSS. Nello stesso tempo, deve confrontarsi con un risveglio multipolare portatore di promesse considerevoli. Io non penso che questo processo unipolare possa venire a capo delle potenze russa, cinese, indiana, brasiliana, turca, iraniana, eccetera. Noi siamo quindi entrati nella fase iniziale del declino del progetto unipolare ed è per questo che la situazione è tanto pericolosa. Se gli Stati Uniti non accettano la realtà multipolare, allora ci sarà una nuova guerra mondiale”. Io penso che il futuro sia completamente aperto e ignoto, e quindi non mi unisco alle previsioni catastrofiche di Chauprade. L’accettazione da parte degli USA di un mondo realmente multipolare è resa difficile dall’ideologia messianica di origine veterotestamentaria di essere un “popolo eletto da Dio” (gli americani non sono cristiani nel nostro senso europeo del termine, ma sono piuttosto “sionisti cristiani”). Quindi, gli USA devono essere costretti ad accettare un mondo multipolare, ma purtroppo hanno sottomesso politicamente e culturalmente le oligarchie europee. Questa sottomissione integrale delle oligarchie europee, fenomeno che spiega la Jugoslavia 1999, l’Afghanistan 2001, l’Irak 2003, la Libia 2011, ed oggi la Siria, è qualcosa di nuovo nella storia europea. Dal 1945 al 1990 c’era la cosiddetta “guerra fredda” (che fu comunque “calda” in quasi tutto il mondo, dalla Corea al Vietnam, dall’Angola all’Etiopia) e la contrapposizione fra paesi comunisti e paesi capitalisti faceva parte di uno scenario certo sgradevole, ma anche chiaro e comprensibile. Dopo il 1990, invece, non sembrò esserci più nessuna ragione perché le oligarchie europee dovessero continuare nella linea di canina obbedienza all’impero geopolitico USA. Eppure, la situazione peggiorò, anziché migliorare. L’Europa è ormai soltanto una povera appendice geopolitica subalterna degli interessi strategici degli USA nel mondo. Il mio saggio “Il Bombardamento Etico” non voleva certo limitarsi ai fatti del Kosovo. Voleva mettere in guardia da una forma di barbarie incipiente, che consiste nel poter facilmente conoscere i dati principali dei problemi, ma nell’ignorarli ostentatamente, rimandando ad un capro espiatorio su cui concentrare l’attenzione e il fanatismo degli ignoranti. Il lettore greco sa bene che il suo paese soffre una situazione di impoverimento progressivo morale e materiale, e mentre le colpe, che ci sono certamente, riguardano ristrette oligarchie e circoli politici semimafiosi, l’intero popolo greco è stato colpevolizzato dall’apparato mediatico europeo, in particolare quello tedesco, ma non solo. Sembra che stia giungendo l’ora della Spagna, e comunque l’ora dell’Italia non è lontana. In un simile momento, sarebbe necessaria la solidarietà e la fratellanza tra i popoli, e non certo le stupidaggini su popoli virtuosi e sui PIGS, sulle formiche e sulle cicale. E’, ovviamente, uno scandalo. Ma abbiamo taciuto e tollerato su scandali che non ci toccavano direttamente, dal Kosovo 1999 all’Irak 2003 e alla Libia 2011. Abbiamo finto di credere alle menzogne mediatiche sui feroci dittatori e alla necessità di difendere i diritti umani, perché in fondo si trattava soltanto di trasmissioni televisive e di “sangue virtuale” sugli schermi dei televisori. E adesso la menzogna tocca anche noi. Un problema filosofico molto interessante, cui non so assolutamente rispondere perché non conosco il futuro, è quanto tempo ancora una società che si dice civile potrà continuare a vivere nella menzogna sistematica. La crisi economica che stiamo vivendo è certamente dovuta anche a ragioni strutturali di debolezza dell’apparato produttivo europeo rispetto ai paesi detti emergenti (India, Cina, Brasile, eccetera), ma è continuamente minacciata da speculatori finanziari che agiscono incontrollati, e che lasciano giovani senza lavoro, padri di famiglia senza casa, pensionati senza medicine. Per quanto tempo ancora potrà durare la favola sulla colpa esclusiva dei politici che rubano (peraltro realmente esistenti) e su popoli pigri contrapposti a popoli virtuosi? La Grecia è stata in proposito una cavia, un animale da laboratorio, ed è stata facilmente isolata e demonizzata. Sarà però più difficile attuare una demonizzazione del genere per gran parte dell’Europa. Questo saggio parte dalla grande menzogna organizzata della guerra del Kosovo del 1999, cui viene negata la natura di un conflitto etnico realmente esistente e risolvibile pacificamente in linea di principio, per esserle attribuita la natura di guerra dell’intera civiltà e dei diritti contro un singolo dittatore sanguinario (il macellaio dei Balcani). In questo modo fu creato mediaticamente un mondo alla rovescia. Il meccanismo ebbe successo, e fu ripetuto in questo decennio. In questo luglio 2012 in cui scrivo viene massicciamente applicato a proposito della Siria, e prescindo qui completamente dal giudizio che si può dare sui conflitti all’interno dei paesi arabo-musulmani. Qui sta dunque l’attualità di questo mio saggio. Parte da un fatto specifico, limitato nel tempo e nello spazio, per individuare le forme dominanti del potere ideologico delle oligarchie del nostro tempo. Esse hanno creato un perfetto “mondo alla rovescia” alla Orwell ed alla Huxley, in cui la disumanità è chiamata umanità e l’ingiustizia è ribattezzata giustizia. Questo mondo merita una rivoluzione. Per ora certo ne mancano le condizioni, ma la storia procede secondo ritmi che neppure gli osservatori più acuti possono prevedere.