Il reddito di base nell’era digitale

mar 4th, 2019 | Di | Categoria: Recensioni

 

 

Claire Fontaine Jeton (Slaves of slaves) 2013 (2) (2000x1511)
Claire Fontaine, Jeton (Slaves of slaves) 2013.

Sabato 2 marzo 2019, ore 18-20 presso la Sala lettura del MACRO Asilo, via Nizza 138 e via Reggio Emilia 54, a Roma, in collaborazione con il Basic Income Network – Italia, si è tenuta la presentazione del libro Il reddito di base nell’era digitale. Libertà, solidarietà, condivisione, di Giuseppe Allegri (Fefè eitore, 2018).  Hanno partecipato con l’Autore: Ilaria Bussoni, Roberto Ciccarelli, Herta Manenti, Nicolas Martino, Cesare Pietroiusti, Rachele Serino. Per l’occasione pubblichiamo una versione rivista e remixata estratta dal volume.

Il millennio si era aperto con il grande sociologo e filosofo francese Pierre Bourdieu (1930-2002) che anticipava una speranza: «la precarizzazione generalizzata può essere all’origine di una solidarietà di tipo nuovo» (Pierre Bourdieu, Controfuochi 2. Per un nuovo movimento europeo, manifestolibri, Roma 2001, ma del 1999). E l’urgenza di pensare a rifondare la solidarietà era il tema che accomunava due sostenitori del reddito di base che abbiamo già incontrato all’interno del volume, come André Gorz e soprattutto Philippe Van Parijs che dedicherà il suo libro, non a caso titolato Refonder la solidarité (Cerf, Paris, 1997), proprio ad André Gorz (si veda: Reddito di esistenza. Oltre la società del lavoro salariato. Il futuro anteriore di André Gorz).

Per una nuova idea di solidarietà riflessiva tra pari nell’era precaria

E la visione di una nuova solidarietà, che Gorz e Van Parijs insieme ad altri contribuiscono a definire, deve essere in grado di superare le strettoie paternalistiche e conservatrici di quella familiare, che ora sembra tornare ad essere tribale, etnica, ancorata alla pre-modernità, così come quella burocratica, organicistica e selettiva di uno Stato che dal Welfare declina in un Workfare sempre più in affanno dal punto di vista della regolazione e della sostenibilità economico-fiscale e perciò sempre più ripiegato in una tardo-capitalistica individualizzazione dei rischi sociali (per dirla con Ulrich Beck).

Si apre così lo spazio possibile per un terzo tipo di solidarietà, riflessiva e dialogica (François Ascher, Francis Godard, Vers une troisième solidarité, in «Esprit», n. 11, 1999), che noi pensiamo fondata sulla centralità della garanzia di un reddito di base, inteso come nuova istituzione e architrave di una responsabilità sociale collettiva, circolare, tra tutela della persona nella società – per la promozione dell’autodeterminazione individuale – e istituzioni pubbliche intese come strumenti di protezione collettiva e potenziamento delle singolarità di ciascuno, dall’istruzione alle relazioni sociali, dalla ricerca di un’attività lavorativa all’accesso alla cultura, dalla tutela della salute al ripensamento dell’ambiente di vita. E l’idea di “solidarietà riflessiva”, intesa come una relazione virtuosa tra promozione dell’autonomia individuale e affermazione di un nuovo garantismo sociale, intorno al reddito di base come vero e proprio Ius Existentiae, permetterebbe di ripensare la società nel quadro di un nuovo rapporto tra persone, territori, ambiente, regole sociali, norme giuridiche e istituzioni, evitando le scorciatoie naturalistiche e tradizionalistiche della famiglia, come quelle disciplinanti e sanzionatorie del Welfare/Workfare centralizzato, categoriale e burocratico, che stigmatizza la persona disoccupata e il povero, percepiti come condizioni astratte, passive, immobili, incolpando il disoccupato ed il povero per la sua condizione economica e sociale.

È un percorso di cultura politica e pratica istituzionale che si inserisce nel tentativo di rintracciare quell’“equilibrio impossibile” eppure necessario tra i concetti di libertà ed eguaglianza, nel senso dell’égaliberté indagata da Étienne Balibar e quindi nella proposta di rilettura progressiva della tradizione rivoluzionaria franco-statunitense, che può alludere a una nuova prospettiva costituzionale in dialogo con la reinterpretazione della triade rivoluzionaria francese fatta da Erhard Denninger nel senso di «sicurezza, diversità e solidarietà» (É. Balibar, La proposition de l’égaliberté. Essais politiques 1989–2009, Puf, 2010 e Erhard Denninger, Diritti dell’uomo e legge fondamentale, 1998, 16 e ss).

Sicurezza sociale, diversità come potenziamento delle differenze, solidarietà tra estranei come avvio di un processo di solidarietà riflessiva tra esseri umani, ambiente, istituzioni è il quadro di riferimento costituzionale di una nuova idea di eguaglianza e libertà. Consapevoli del fatto che questi primi decenni del secondo millennio configurano una società in cui l’impiego salariato tradizionale, come fonte di continuità di reddito e di sicurezza di tutele, diviene «una specie in via di estinzione» (André Gorz, L’uscita dal capitalismo è già cominciata, in Id., Ecologica, Jaca Book, 2009), in assenza di adeguate garanzie sociali fondamentali contro lavoro informale, povero, precario, intermittente, sottoccupazione, disoccupazione, etc. E perciò con l’accortezza di riprendere l’intuizione di una “concezione solidale della libertà”, nel solco delle lotte e sperimentazioni riportate nel primo capitolo di questo libro, per una nuova visione di ecologia politica e sociale. Per sostenere l’affermazione di un reddito di base universale, partendo dal reddito minimo garantito, nell’era della precarietà e nella transizione all’epoca digitale e dall’automazione a venire. Con una postura al contempo pragmatica e trasformativa, locale e post-nazionale, puntuale e diffusa, macro-regionale, europea, e globale.

Il reddito di base per una Reale libertà per tutti

Così, nella prospettiva di pensare il reddito di base come assicurazione sociale adatta al tempo dei robot e dell’intelligenza artificiale, la proposta futuribile precipita nel concreto degli spazi politici e sociali attuali, per un Basic Income inteso come dividendo sociale multilivello, reddito di esistenza nell’economia digitale. Da un lato per redistribuire la ricchezza collettivamente prodotta in rete, grazie alla cooperazione sociale tra diversi, estrapolata dall’alto dai giganti monopolisti proprietari del Web. Dall’altro come innesco di una politica generativa di una innovazione sociale che fatica a trovare gli spazi di una sua realizzazione, soprattutto nei Paesi storicamente più refrattari alla messa in discussione delle tradizionali rendite di posizione, come il nostro, dove anche chi ha poco o pochissimo, teme di perdere quel poco o pochissimo.

Si tratta di uno spazio di intervento immediato, sul presente, per affermare gli spazi di una libera e comune intrapresa sociale, artistica, culturale, tra ripensamento delle città e nuova immaginazione istituzionale europea. Con la prospettiva di introdurre uno strumento di sicurezza sociale che provi a disegnare un’altra idea di società, dove portare fino alle più estreme e rosee conseguenze la capacità umana di inventare artifici, strumenti, meccanismi di riduzione della fatica, aumento della ricchezza sociale e sua conseguente redistribuzione, risparmio di tempi lavorativi sotto comandi ripetitivi, per dare immaginazione alle possibilità di un post-capitalismo sopito tra le pieghe e le piaghe del presente:

«l’ambizione di questo progetto è strappare l’idea di futuro dalle mani del capitalismo, di costruire nel XXI secolo il mondo in cui vorremmo vivere e di mettere a disposizione il tempo e il denaro necessari a un concetto sostanziale di libertà». [Nick Srnicek – Alex Williams, Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro, 2018 (2015), Nero edizioni, p. 194],

Quella Real Freedom for All (Philippe Van Parijs, 1995), reale libertà per tutti, che il reddito di base può iniziare a garantire.

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