Il ruolo della Russia e la bancarotta dei rossobruni
gen 31st, 2016 | Di Maurizio Neri | Categoria: Contributi
Stefano Zecchinelli
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha criticato l’operato di Lenin, leader bolscevico ed architetto della Rivoluzione russa. A detta di Putin le teorie leniniste sull’autodeterminazione dei popoli sarebbero una ‘’bomba atomica’’, la vera causa della distruzione dell’Urss. La posizione di Putin è impegnativa e non può essere liquidata con poche battute.
Per il capo del Cremlino “E’ stato proprio questo modo di pensare – il presidente russo si riferisce alla teoria bolscevica sull’autonomizzazione – che ha portato al crollo dell’Unione Sovietica”, “La rivoluzione mondiale non ci serviva”. Putin non attacca l’esperienza sovietica, ma rinviene nel leninismo la ‘bomba’ che ha fatto crollare l’esperimento nazionalcomunista staliniano. Questa contrapposizione Lenin/Stalin – contrapposizione reale – ha una sua precisa genesi storica ma, prima di dare le dovute spiegazioni, è bene chiarire cosa intendesse Lenin per ‘’diritto delle nazioni all’autodecisione’’.
La reale posizione di Lenin sulla questione nazionale
Per prima cosa chiariamo che cos’è una nazione. Una nazione secondo Stalin è ‘’un’entità stabile di linguaggio, territorio, vita economica, formazione psicologica, che si è storicamente evoluta e si manifesta in una cultura comune’’ ( Il Marxismo sulla Questione Nazionale e Coloniale ). Questa posizione venne accolta, pochi anni dopo, addirittura dal suo avversario storico, Leon Trotsky il quale spiega che “La lingua è lo strumento più importante di comunicazione umana, e di conseguenza dell’industria. Diviene nazionale insieme col trionfo dello scambio di merci che integra le nazioni. Su queste fondamenta lo Stato nazionale è eretto come l’arena più conveniente, proficua e normale per il gioco delle relazioni capitaliste.” ( Storia della rivoluzione russa ). Sia Stalin che Trotsky concordarono nel ritenere ‘’la lingua’’ l’elemento caratterizzante lo Stato nazionale, ma per Lenin, i due teorici, non coglievano un ulteriore aspetto importante. Nessuno negherebbe mai che la Svizzera sia uno Stato ‘semi-indipendente’ e sovrano ma – e faccio parlare il rivoluzionario russo – “In Svizzera ci sono tre lingue statali, ma le leggi che sono sottoposte a referendum vengono stampate in cinque lingue, vale a dire, in due dialetti Romanici in aggiunta alle tre lingue statali. Secondo il censimento del 1900 questi due dialetti sono parlati da 38.651 dei 3.315.443 abitanti di Svizzera, cioè da un poco al di sopra dell’1%. Nell’esercito ufficiali e sottufficiali permettono la più larga libertà ai loro uomini di parlare nel loro linguaggio nativo. Nei cantoni di Graubünden e Wallis (ciascuno con una popolazione poco sopra i centomila) entrambi i dialetti godono di un’uguaglianza completa.” ( Commenti Critici sulla Questione Nazionale, ottobre-dicembre 1913 ). L’identità nazionale svizzera – il discorso si potrebbe estendere a tutte le nazioni che tutt’oggi rivendicano la propria indipendenza – si è forgiata durante il conflitto contro l’impero austriaco, compattando i ceti popolari di quel paese, per questa ragione Lenin sostituì la categoria staliniana di ‘’entità stabile’’ con quella di ‘’entità evoluta’’ facendo del conflitto di classe la forza motrice degli Stati nazionali a venire. La sua posizione, per quanto ne dica Putin, resta di grande attualità ed è il punto di partenza per tutti coloro i quali vogliano lavorare ad una progettualità politica che spezzi l’egemonia di Washington e dei suoi vassalli.
Le rivendicazioni autonomiste possono essere definite democratico-borghesi, non socialiste, ma questo non impedì a Lenin di appoggiarle preservando, sapientemente, l’indipendenza di classe del mondo del lavoro. Dall’altro lato, il leader bolscevico individuò con grande anticipo nei vuoti slogan sulla ‘’cultura nazionale’’ un’arma neocolonialista volta a disintegrare le nazioni. Putin ha letto questa eloquente pagina leninista?
“Il risveglio delle masse dal loro torpore feudale, la lotta contro tutte le oppressioni nazionali, per la sovranità del popolo e per la sovranità delle nazioni, è progressiva. Quindi, è un dovere vincolante per un marxista mantenere la più risoluta e coerente democrazia su tutti i punti della questione nazionale. Si tratta di un compito prevalentemente negativo. Ma il proletariato non può andare oltre questo e appoggiare il nazionalismo, perché oltre a questo punto comincia l’attività “positiva” della borghesia che si sforza di rafforzare il nazionalismo.”
“Ecco perché il proletariato si limita, per così dire, alla richiesta negativa del riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, senza offrire garanzie ad alcuna nazione, e senza impegnarsi a concedere nulla a danno di altre nazioni.”
“La conclusione è che ogni nazionalismo liberal-borghese causa la più grande corruzione fra gli operai e infligge un immenso danno alla causa della libertà e della lotta di classe proletaria. È tanto più dannosa in quanto la tendenza borghese (e feudale-borghese) si nasconde sotto lo slogan della “cultura nazionale”. In nome della cultura nazionale – grande russa, polacca, ebraica, ucraina, e altre – i reazionari centoneri, i clericali, e anche la borghesia di tutte le nazioni, fanno il loro sporco lavoro.
“Questi sono i fatti dell’odierna vita nazionale, se la esaminiamo dal punto di vista della lotta di classe e non dal punto di vista di insipidi ‘principi generali’, declamazioni e frasi.”( Commenti critici sulla questione nazionale ) 1
Lenin sostenne che l’indipendenza e l’ “autonomizzazione” fossero la vera base dell’ “assimilazionismo”: “il proletariato non può appoggiare qualsiasi consolidamento del nazionalismo, al contrario, appoggia tutto ciò che contribuisce a cancellare le distinzioni nazionali e a rimuovere le barriere nazionali, appoggia tutto ciò che rende più stretti i legami fra le nazionalità, o che conduce all’amalgamare le nazioni. Agire differentemente significa prendere le parti del filisteismo nazionalista reazionario.” Per questa ragione, Leon Trotsky, una volta che l’Ucraina cadde in mano all’anarchico di dubbio provenienza, Nestor Machno, non esitò ad intervenire militarmente inglobando quel paese nell’Urss. La domanda resta la stessa: quale modello di società si vuole costruire ? Chiarito ciò, io non credo che Putin falsifichi la posizione di Lenin per ignoranza. Putin è un uomo colto, uno statista ‘’scuola Kgb’’; le sue ragioni sono ben altre.
Vladimir Putin, conteso da antimperialisti e rossobruni
Vladimir Putin salva dell’esperienza sovietica due aspetti di cruciale importanza: (1) la geopolitica di potenza ( da non confondere con l’imperialismo: né l’Urss e nemmeno la Russia, sono mai state imperialistiche ); (2) il compromesso con la Chiesa ortodossa. Per dare una coerente ideologia al suo progetto politico, ha dovuto conciliare i settori più conservatori dello stalinismo russo rappresentati dal Partito comunista della Federazione Russa di Zjuganov, con i tradizionalisti, un tempo di destra, di cui il maggior esponente e pensatore è Aleksander Dugin. Detto questo è corretto ribadire l’appoggio di molti progressisti alla lodevole opposizione geopolitica russa contro i progetti imperialistici nord-americani: molti intellettuali antimperialisti ed associazioni socialiste si sono affiancate, giustamente, alla Russia in questa lotta. Gli aspetti bivalenti si susseguono continuamente.
Nel 1922 Lenin si rivolge con grande durezza verso Stalin: ‘’Perciò l’internazionalismo da parte della nazione dominante, o cosiddetta “grande nazione” (sebbene sia grande soltanto per le sue violenze, grande soltanto come è grande Diergimorda), deve consistere non solo nell’osservare la formale uguaglianza tra le nazioni, ma anche una certa ineguaglianza che compensi da parte della nazione dominante, della grande nazione, l’ineguaglianza che si crea di fatto nella realtà. Chi non l’ha capito, non ha capito l’atteggiamento realmente proletario verso la questione nazionale, ed è rimasto, in sostanza, su una posizione piccolo-borghese, e perciò non può non scivolare ad ogni istante nella posizione borghese’’ ( Sulla questione nazionale o della autonomizzazione). Se Stalin ha cozzato frontalmente con la politica di Lenin ( difesa, per quanto se ne dica, coerentemente da Trotsky ) in nome della salvaguardia ‘’patriottica’’ dello Stato proletario sovietico ( in realtà una inedita forma di ‘socialismo burocratizzato’ ), Putin mira a riconquistare le antiche sfere di influenza sovietica col fine di rafforzare il capitalismo russo. Scompare, per l’attuale capo del Cremlino, la dicotomia ‘destra/sinistra’ e Dugin diventa un ideologo di primo piano in