Strage di Parigi 2: un film già visto
nov 15th, 2015 | Di Maurizio Neri | Categoria: Primo PianoFabrizio Marchi
La più che comprensibile reazione di sdegno e di orrore da parte di noi tutti di fronte all’ennesima strage di Parigi rivendicata dall’Isis è direttamente proporzionale all’indifferenza (alimentata ad arte dai media occidentali) nei confronti di ciò che accade a pochi chilometri da noi. Senza allontanarci troppo, infatti, nel cuore del Vicino Oriente, a un paio di ore di volo dall’Italia, L’Arabia Saudita ha brutalmente aggredito, peraltro senza nessun mandato da parte dell’ONU (sempre ammesso che l’essere autorizzati dalle Nazioni Unite legittimi una guerra, cosa che personalmente non penso affatto…) lo Yemen, seminando il terrore con bombardamenti indiscriminati (e, come sembra ormai accertato, anche utilizzando armi non convenzionali fra cui armi nucleari a bassa intensità) e provocando migliaia e forse decine di migliaia di morti, per lo più civili. Insomma una guerra imperialista a tutto tondo, “silenziata” dai media, che non desta nessuno scandalo nella indifferente (e colpevole) opinione pubblica occidentale.
Perché? Perché l’Arabia Saudita è un prezioso alleato degli USA e di Israele, oltre che un partner commerciale di prim’ordine dell’ Occidente, e in particolare della Francia, della Gran Bretagna e dell’Italia, con cui fa affari d’oro. Le bombe che stanno facendo a brandelli il popolo yemenita, infatti, con il beneplacet di Washington e di Tel Aviv (che gli ha fornito appoggio aereo, tecnico e logistico) sono in grandissima parte di fabbricazione europea. Inoltre l’Arabia Saudita, come noto, è schierata in prima fila contro l’Iran, lo “stato canaglia” per eccellenza, e naturalmente contro la Siria baathista e laica di Assad e i movimenti di liberazione nazionale libanesi e palestinesi, in primis il libanese Hezbollah, che pochi giorni fa è stato anch’esso e non a caso duramente attaccato dall’Isis nella sua roccaforte, a Beirut. E’ forse per questa ragione che, beffa delle beffe, nonostante, come ampiamente risaputo, quella di Casa Saud sia una brutale tirannia dove i più elementari diritti umani vengono sistematicamente calpestati, proprio all’Arabia Saudita è stata addirittura assegnata dall’ONU la Presidenza del Consiglio dei Diritti dell’Uomo.
Il regime saudita è il principale finanziatore del terrorismo jihadista e dell’Isis, che viene utilizzato come arma di ricatto e di contrattazione con quello stesso Occidente con cui Casa Saud è in affari. Quello fra l’Arabia Saudita e l’Occidente nel suo complesso (ma in particolare con gli USA) è il classico esempio di come funzionano le relazioni fra le grandi potenze imperialiste, in costante competizione fra loro per la spartizione delle risorse, per il controllo geopolitico dei territori e per esercitare egemonia su una regione piuttosto che su un’altra. Questa competizione avviene senza nessuna esclusione di colpi. Non solo, avviene contestualmente – anche se alla gran parte delle persone che non si occupano di queste materie può sembrare una contraddizione in termini – alla collaborazione e allo scambio economico e commerciale e, molto spesso, anche all’alleanza politica e militare. Ma questa relazione di alleanza-competizione- scontro apparentemente contraddittoria fra le grandi potenze imperialiste, è sempre avvenuta nella storia. Pensiamo ai grandi confronti-scontri che hanno caratterizzato intere epoche, fra Inghilterra e Spagna, tra Francia e Inghilterra, tra Germania e Francia, e così via. La storia di queste grandi potenze colonialiste e imperialiste ha visto alternarsi e spesso sovrapporsi fasi di collaborazione economica e commerciale con fasi di guerra, più o meno aperta. Uno degli esempi storici più significativi in tal senso che mi viene immediatamente alla mente senza pensarci più di tanto è lo scontro fra Inghilterra e Spagna avvenuto nella seconda metà del sedicesimo secolo, culminato in guerra aperta ma preceduto da una lunghissima competizione economica e commerciale (con una guerra strisciante e non dichiarata durata decenni). Potremmo portare tantissimi altri esempi ma mi sembra che questo possa esserci di aiuto per capire cosa sta accadendo oggi. I contesti storici e culturali, ovviamente, sono completamente diversi, ma le dinamiche politiche, a mio parere, restano le stesse.
Per comprendere da un punto di vista squisitamente politico e geopolitico la genesi dei tragici fatti parigini, bisogna partire dall’analisi delle dinamiche di cui sopra. E’ lì, in quelle contraddizioni, la chiave di lettura.
Ma non è sufficiente. Le cause di ordine politico e geopolitico si sovrappongono, come sempre succede, a questioni di ordine sociale, storico e culturale (e religioso, nel caso specifico). Come abbiamo cercato di spiegare in questo video realizzato subito dopo l’attentato alla redazione di “Charlie Hebdo”, sempre a Parigi (non è certo un caso che sia la Francia, in questa fase, uno degli obiettivi preferiti del terrorismo jihadista) Chi attacca chi le ragioni della crisi hanno radici antiche. Le potenze egemoni subito dopo la fine della prima guerra mondiale, cioè Francia e Inghilterra, si sono spartite il Vicino e Medio Oriente, dopo averlo sconquassato, distruggendo e separando popoli, nazioni e comunità intere. E’ sufficiente dare un’occhiata alla cartina geografica per rendersene conto. I confini degli stati sembrano (e in effetti è così) essere stati tracciati con un righello e tali sono rimasti a distanza di un secolo. Dopo la Francia e l’Inghilterra è stata la volta degli Stati Uniti e di Israele che (come prima gli inglesi e i francesi) si sono naturalmente avvalsi del supporto di quei regimi feudali o semifeudali (ovviamente ostili al nazionalismo laico socialista o socialistoide panarabo), in primis quello saudita, per imporre il proprio dominio, con le buone o con le cattive (vedasi l’invasione e l’occupazione dell’Iraq, dell’Afghanistan, la sempiterna occupazione sionista della Palestina, l’aggressione alla Libia e il tentativo di destabilizzazione della Siria).
Ora, tutto ciò non poteva non creare delle contraddizioni che oggi stanno esplodendo e sono in larga parte già esplose in tutta la loro tragicità. Le potenze occidentali hanno fatto di tutto per combattere e distruggere il nazionalismo laico arabo (pensiamo al ruolo svolto dalla R.A.U, dall’Egitto di Nasser e dall’OLP di Arafat, ma anche dalla Libia di Gheddafi) che per ovvie ragioni costituiva un ostacolo per la loro strategia espansionistica, e lo hanno fatto proprio appoggiando e finanziando quei movimenti e quei regimi fondamentalisti (in primis l’Arabia Saudita) che oggi, come si suol dire in gergo politico, presentano il conto.
E una delle modalità per presentarlo è proprio rappresentata dal terrorismo. Naturalmente , e qui arriviamo a trattare un altro nodo fondamentale, sulle cause di ordine politico – come dicevo prima – si innestano o vengono scientemente innestati elementi di natura culturale e sociale. L’Occidente appare (non a torto…) agli occhi di grandi masse popolari arabe e mussulmane come quel mondo che le sfrutta, le opprime, che occupa militarmente la loro terra, che è responsabile della loro condizione di miseria e che ha anche la presunzione di imporgli i propri modelli culturali, ritenendoli superiori, secondo la più coerente delle logiche colonialiste.
E’ facendo leva su questo legittimo risentimento che le organizzazioni terroristiche (le cui teste pensanti dimorano nelle capitali di alcuni stati del Golfo e non solo) fanno proseliti fra quei giovani arabi e mussulmani privi di un presente e di un avvenire, molto spesso anche e soprattutto nelle banlieu delle metropoli occidentali, che individuano in una concezione completamente distorta dell’Islam (fondamentalmente quella wahabita) il mezzo per dare una risposta, non solo di tipo sociale, ma anche ideologica, esistenziale e personale, alla loro condizione complessiva, sociale ma anche umana. Il sostanziale deserto esistenziale del mondo capitalistico occidentale viene così riempito con un sistema di valori ideologici e/o religiosi, sia pure in una visione distorta e deformata. Da un punto di vista filosofico, potremmo in fondo dire che siamo di fronte ad una sorta di rivincita di un certo pensiero “forte” rispetto al cosiddetto pensiero “debole” ormai largamente dominante in tutto il mondo occidentale e capitalistico. Questo è un aspetto fondamentale che non può essere sottovalutato o tanto meno ignorato ai fini della comprensione di quanto sta accadendo. Perché se è vero che l’Occidente da un certo punto di vista costituisce una sorta di miraggio per masse di disperati del cosiddetto “sud del mondo” alla ricerca di una vita appena decente, è altrettanto vero, dall’altra parte, che la società capitalistica occidentale, priva di un qualsiasi collante che non sia il profitto, l’accesso al consumo, alla merce e alla sua illimitata riproduzione, può produrre, come in effetti produce, effetti devastanti su chi proviene da altre culture e si trova precipitato in una condizione di totale sradicamento ed estraneazione. E’ un effetto che produce sugli autoctoni, figuriamoci su chi proviene da culture così diverse e distanti dalla nostra. Tale condizione di sradicamento complessiva, sociale, culturale ed esistenziale può gettare nella disperazione e può portare alcuni a cercare una via d’uscita nell’adesione ad una fantomatica “guerra santa contro l’Occidente” che null’altro è se non l’altra faccia (ma disperata) della medaglia di coloro che in Occidente (stra)parlano di guerra di civiltà per la difesa del’Occidente cristiano e liberale.
Infine, a tal proposito, solo poche parole, ma necessarie, per segnalare l’atteggiamento delle forze politiche della neo destra europea a cui non sembra vero di poter speculare politicamente su tutto ciò riproponendo appunto il solito e del tutto fasullo mantra dello “scontro di civiltà”. Eppure è evidente anche ai ciechi che i primi ad essere sotto attacco da parte dei terroristi dell’Isis (e soprattutto a combatterli sul terreno, armi in pugno) sono proprio quelle forze politiche e quei movimenti mussulmani, arabi e non solo, sia pur molto differenti fra loro, come alcuni movimenti sciiti, i movimenti di liberazione nazionale palestinesi , libanesi, curdi ma anche stati nazionali come l’Iran che, pur con le loro contraddizioni, hanno fatto a fanno da argine (nonostante l’Occidente…) al fondamentalismo terrorista e si rifiutano legittimamente di sottostare ai diktat delle potenze occidentali e dei loro alleati (Israele, Arabia, Saudita e Turchia, fra i principali).
Ma fin qui nulla di nuovo. Ciò che è preoccupante è che anche a “sinistra” (ma sapevamo già anche questo) c’è chi ripropone la logica dello scontro di civiltà, in base alla quale l’Occidente e i valori di cui è portatore sarebbero sotto attacco da quello che viene ormai definito come una nuova forma di nazismo, cioè il fondamentalismo wahabita. Questa “sinistra”, sia pur partendo da presupposti ideologici diversi, si trova a condividere la stessa logica della destra più rozza, becera e volgare. Il che è ancora più grave da parte di chi dovrebbe disporre di strumenti adeguati per una analisi lucida e non ideologica (oserei dire marxista ma non vorrei abusare…) della realtà.
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