Debito di stato e classi sociali: il caso greco
lug 8th, 2015 | Di Maurizio Neri | Categoria: Capitale e lavoroDante Lepore
Forse il miglior modo di trovare come il debito affetta la nazione sarebbe quello di considerare il popolo in generale, come diviso in due classi, una di gente industriosa, e l’altra di oziosi; di riflettere, che ogni aumento di debiti produce da se stesso un aumento nel numero degli oziosi;
ed ognuno converrà che questi vivono su i travagli ed a spese della classe industriosa: finalmente, di osservare, che fino a che la proporzione tra queste due classi è tale, che il carico imposto sugl’industriosi non sia troppo pesante, potrà forse agire in modo da eccitare maggiormente l’industria.
Ma quando i carichi pesano al di là della proporzione che la natura delle cose
è in istato di soffrire, allora l’industria sarà calpestata, il commercio col forestiere fuggirà da noi, cadremo ben presto nella povertà e nel niente, e non saremo più che una nazione senza industria,
senza forze, e senza considerazione in Europa….
Allorché gl’industriosi e la classe del basso popolo che da per tutto sono i più numerosi e, quando lo vogliono, i più forti, vedranno che vanno a succumbere sotto un peso che non hanno più la forza di sopportare,
egli è probabile che rifiuteranno di pagare gl’interessi di un debito enorme
che essi non hanno formato, e che gli opprime, per risparmiare l’ozioso e l’infingardo.(1)
(2)
Con eventi come questa miserabile trattativa con la Troika su come, quanto e a quali condizioni debba esserci restituzione del debito da parte del “popolo greco” ai creditori europei (entro il 30 giugno, 1,6 miliardi di euro al FMI (il cui direttore, la signora C. Lagarde, è soprannominata la “commare secca”, ossia “la morte”, perché ossessionata dal rischio longevità, ovvero dal fatto che, se la vita continua ad allungarsi, sarà un problema pagare le pensioni); 6,7 miliardi alla BCE entro il 20 luglio, in realtà sulla ristrutturazione di complessivi 280 miliardi di debito), ci si può convincere, con un po’ di attenzione, di quanto sia forte l’occultamento dell’essenziale e l’ostentazione di ciò che è ingannevole e secondario, pur di favorire col terrore una sequela di manovre di spremitura continua dei redditi da lavoro. Né si riflette abbastanza sul fatto che quando le banche concedono prestiti non è per aiutare i bisognosi, in realtà si garantiscono delle entrate e dei tassi aggiuntivi sul capitale nel tempo, come quando il pivello va a chiedere il mutuo per la casa e deve sottoscrivere decine di fogli di garanzia, i diritti di carta che la vezzosa funzionaria gli sottopone dandogli l’immagine visiva del capitale fittizio. Con tali patti scannatori (garanzie!) agli stessi pescecani della finanza internazionale, cinici e inamovibili creditori del debito ellenico: banche, stati europei (a loro volta indebitati come l’Italia ma viventi sul debito), e al FMI, alla BCE, è già tornato il 90% dei prestiti, mentre lo Stato e le banche greche, non meno parassiti degli altri, hanno appena sniffato il restante 10%. Ebbene, i miliardi di cui sopra sono concessi in cambio di tali garanzie: ristrutturazioni, privatizzazioni, tagli alla spesa sociale (welfare) e, guarda caso, mai tagli o soppressioni delle rendite, dei profitti, degli interessi, delle imposte. Ci si dimentica che A. Tsipras vinse le elezioni grazie ad una promessa (o nella speranza) verso il “popolo” greco se non proprio di cancellazione del debito con la Troika, almeno di una ristrutturazione di esso. Ma il popolo ha l’inconveniente che è composto in tutti i paesi capitalisti, di borghesi e proletari, e verso i primi, specie la finanza di Bruxelles e le arpie come la Lagarde e i mostri come Frau Merkel e Scheubele, Tsipras ha garantito alcune riforme, come quella delle pensioni, dell’Iva, e la facilità di licenziamento nel pubblico impiego, mentre la borghesia interna, quella greca, degli armatori e petrolieri, è rimasta, come vedremo, esentasse. Ci si dimentica pure troppo facilmente che nei precedenti salvataggi dei default della Germania, sia il governo greco che quello italiano acconsentirono obtorto collo aMerkel, l dimezzamento e alla cancellazione dei debiti di guerra, perché nessuno poteva frenare, ma solo ritardare lo sviluppo economico e la ripresa tedesca, vera manna per i capitali americani, gli unici disponibili per un’intera Europa da ricostruire. Nel senso che, il debito si può comunque cancellare, potendolo fare.
Per chiarire ciò, è utile rammentare che nel primo dopoguerra, la Repubblica di Weimar aveva un debito di Stato di 132 miliardi di marchi (280% del Pil tedesco del 1913). Il 60% venne rapidamente cancellato e i pagamenti annuali ridotti a 2 miliardi di marchi (appena oltre il 4% del Pil). Il paese finì in ginocchio per la proverbiale iperinflazione (il marco valeva meno della carta su cui era stampato), così nel 1923 fu inevitabile addivenire ad una moratoria. I vincitori della guerra vararono il Piano Dawes, che tra l’altro consentiva alla Germania di pagare solo una piccola parte del debito, ed emettendo un nuovo debito con scadenza a 25 anni e un tasso di interesse del 7%. Con il crollo di Wall Street e la crisi finanziaria mondiale del 1929, il PIL della Germania, già fragile, nel 1932 precipitò del 24% rispetto al 1928, la produzione industriale dimezzò e la disoccupazione salì a +470%. Alla Conferenza di Losanna, terminata il 9 luglio del 1932, le potenze europee vincitrici della Grande Guerra (Francia, Gran Bretagna e Italia) nei fatti decisero l’annullamento quasi totale del debito di guerra tedesco. Dopo la cancellazione delle “riparazioni”, il partito nazista trionfava alle elezioni del 31 luglio 1932. Hitler pervenne al potere nel gennaio successivo, e di “debito di guerra” non se ne parlò più. Il ciclo economico riprese con un classico: la guerra, i marchi andarono a investirsi nell’industria bellica costruendo i costosi panzer nell’ambizione ad unificare manu militari l’Europa; un po’ come gli altrettanto costosi, ma a quanto pare anche malriusciti e malfunzionanti F35 attuali! In quella occasione, nei quattro anni di occupazione tedesca, dall’aprile 1941 fino all’ottobre 1944, la Grecia fu costretta ad un “prestito”, per pagare ai nazisti il costo dell’invasione del proprio territorio, di ben 476 milioni di marchi (circa 11 miliardi di € attuali) che la Banca centrale greca fu costretta a versare nelle casse del Reich(3). La disastrosa conclusione della guerra condusse la Germania alla divisione e al secondo ancora più grande default di fatto, nel 1953, quando alla Conferenza di Londra l’ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari di allora pari al 100% del Pil tedesco(4). Nel trattato, cui aderirono 21 paesi, i 23 miliardi furono dimezzati a 11,5 e dilazionati in 30 anni. Senza quell’accordo, ancora oggi, la Germania dovrebbe pagare un debito per ancora 50 anni. Per l’occasione furono gli Stati Uniti ad imporre alla Grecia e agli altri paesi di accettare L’altra metà sarebbe dovuta essere rimborsata ad eventuale riunificazione. Ma nel 1990, l’allora cancelliere Kohl si oppose alla rinegoziazione, che avrebbe procurato un ulteriore default. Nel 2010 la Germania finiva di pagare l’ultima rata del debito di 69,9 milioni di €. Una volta diradate le nubi della confusione, della demagogia e della menzogna, apparirebbe in chiaro ciò che da almeno cinque anni i governi e le classi dominanti in Europa cercano di occultare: il fatto che l’indebitamento pubblico greco enorme rispetto al PIL (175%), non accomuna affatto in una sorta di unione sacra tutto il popolo greco e le sue classi, che invece erano e restano inevitabilmente antagoniste e inconciliabili. Più semplicemente, è sfacciatamente falso che “ogni cittadino” europeo sia creditore della Grecia. Un ottuso nazionalismo dei poveri ma imbecilli impedisce di vedere che al contrario i padroni del mondo hanno superato da un pezzo l’ottica nazionalista, perché il campo d’azione è mondiale e diversamente non sussisterebbe. Per tale motivo tutti i creditori internazionali di cui sopra della Grecia riescono a indurre i colleghi di Atene a porre in vendita a prezzi convenienti l’aeroporto di Atene, la lotteria, grandi centri commerciali, terreni, spiagge, casinò a Rodi e Corfù, compagnia nazionale del gas, 35% della compagnia nazionale del petrolio, 49 per cento delle ferrovie, 39% delle poste, e così via. Dal lato degli acquirenti troviamo ad es, per le compagnie delle acque di Atene, la francese Suez Environnement e la israeliana Mekorot, cosa che mostra la sua natura di classe perché ha già fatto triplicare, ma non basta, il prezzo dell’acqua e ridurre drasticamente il personale,(5) Cercherò pertanto di mostrare come il debito pubblico dello stato greco è una grandezza economica che non unisce gli strati della società greca ma anzi li contrappone. Il giornale londinese «The Guardian» rivela che la fetta più consistente dei 240 miliardi di € (altre fonti danno 275) prestati alla Grecia tra il 2010 e il 2012 (attualmente il debito ammonta a 320 miliardi!) è andata a finire nelle casse delle banche che avevano prestato denaro prima del crollo(6). È il classico patto satanico tra apparati statali e banche: gli uni salvano le altre e viceversa. È necessario distrarre le menti per un attimo dalle contraddittorie paure che i media mainstream cercano di alimentare. Lo scopo della stampa serva non è informare ma creare correnti d’opinione e fazioni per la propria ingorda guerra, facendoci credere che nel suo complesso l’indifferenziata Grecia, tutti i greci insieme e appassionatamente, alla stregua di vere e proprie cicale spendaccione rispetto ai creditori, non onorando il loro debito, ci sottrarrebbero ben 600 € a testa per vivere, come noi del resto siamo accusati (quando non c’è la Grecia di mezzo) di vivere al di sopra delle possibilità.(7) Molto più spudoratamente si è attribuita la colpa alla poca voglia di lavorare che avrebbero i lavoratori greci, i quali con 2.017 ore lavorate annue pro capite risultano al primo posto in Europa e al terzo tra i 34 paesi dell’OCSE, dopo quelli sud-coreani (2.193 ore di lavoro l’anno) e quelli cileni (2.068 ore)(8). Questo mito è stato pesantemente adoperato qui in Italia da Monti-Fornero e governi suc- cessivi per i tagli della spending rewiew, presentata subdolamente come l’etica della formica risparmiosa, per rastrellare denaro fresco a chi produce senza intaccare rendite e parassitismi vari e per farci ingoiare l’idea che il tenore di vita di ognuno è dato da quanto ognuno può spendere, anche se, come capita anche in Italia, quando le differenze tra le possibilità di ognuno sono divenute ormai così abissali come vedremo, un motivo ci sarà. Neppure in Italia la faccenda è conclusa (il debito statale non si è ridotto con la ricetta Monti-Fornero ma è arrivato al 137% del PIL, sempre più avanti rispetto alle previsioni), e questo sarà un altro capitolo, che anticipiamo col grafico qui a fianco, pubblicato dal compagno Attilio Folliero dal suo blog in Venezuela(9). Partendo dall’indispensabile confronto mondiale, secondo uno studio del World Institute for Development Economics Research (Istituto Mondiale per la ricerca sull’economia dello sviluppo), la metà della popolazione mondiale con reddito più basso detiene circa l’1% della ricchezza globale(10), detto in altri termini, circa l’1% possiede la metà del reddito mondiale e inoltre, oltre 3 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale, vive con meno di 2 $ al giorno(11). Il fenomeno macroscopico del gigantismo della forbice tra chi può tanto e chi niente è simboleggiato da un dato: Bill Gates ha un patrimonio netto dell’ordine dei 50 miliardi di dollari. All’incirca 140 paesi al mondo hanno un PIL annuo inferiore alla ricchezza di Bill Gates. Il modo mistificatorio di presentare le cose come se tutti fossimo sulla stessa barca, complice un giornalismo servo, menzognero e distratto, induce il popolo, ben imbottito di luoghi comuni e impaurito a dovere, a ignorare il fatto che mentre esso paventa gli effetti del default greco o le “invasioni” dei migranti o i furti dei rom o gli stupri e le decapitazioni dell’ISIS, il governo italiano gli sta preparando, accanto alle altre ugualmente silenziose, una batosta persino per quando sarà defunto, quando anche dal suo funerale la voracità dello stato spendaccione riuscirà a tirar fuori altro denaro, da circa 300 € a defunto a salire.(12) Che il debito pubblico sia inevitabilmente tendente a salire e che ciò non dipenda dalla buona o cattiva amministrazione dei governanti lo si tocca con mano quando si constata che il problema investe tutti gli apparati statali e le pubbliche amministrazioni del mondo nei diversi regimi politici. È una tendenza del capitale alla completa sussunzione reale della vita in tutte le sue manifestazioni, da quella biologica a quella relazionale tra gli esseri umani. L’asservimento alla macchina capitalista deve essere totale e totalizzante perché ogni ingranaggio funzioni. In questo senso il capitale non teme nulla nel suo andare avanti come un rullo compressore a velocità crescente anche verso la propria rovina, come i ratti dietro al pifferaio di Hamelin. Naturalmente rendendo capitalista ogni funzione, anche quella morale ed estetica, ha bisogno di sempre più funzionari, rappresentanti, facenti veci, segretari, intermediari che si sviluppano come per partenogenesi, che coprano le funzioni più disparate, tutte cose che costano e dunque hanno un prezzo che alla lunga tendono a soffocare l’intero corpo sociale.
Un esempio lo vedremo nel sistema delle tangenti e mazzette negli appalti, e in genere nel sistema della corruzione, che è assimilabile ad una forma di lavoro sommerso del capitale nella fase della sua decadenza e di putrescenza e regressione sociale. Per i lavoratori e per i pensionati italiani, i quali ultimi non possono sperare neppure nella restituzione dei pochi € che spetterebbero, solo a chi lo chiedesse, e solo per pensioni tre volte la minima (1500 € lordi) l’idea (fasulla!) di vedersi sottratti (anche senza sapere come!) 600 euro, è un elemento di terrore, di incertezza, di angoscia. Questa idea folle deriva da decenni di diseducazione prona, servile (anche da parte della cosiddetta “sinistra”, quando si chiamava ancora PCI) ed acquiescente alla distorta concezione per cui lo Stato siamo tutti noi, anziché essere il nemico numero uno, in quanto comitato d’affari della borghesia, delle banche, degli speculatori, dei parassiti, e dai cui provvedimenti sempre guardarsi perché volti ad estorcere reddito dai produttori.
Insomma le colpe dell’abnorme debito pubblico greco, come del resto di altri debiti pubblici, con questa idea fasulla che siamo tutti nella stessa barca nazionale, vengono addossate esattamente a tutti, compresi, oltre ai lavoratori, anche i grandi capitalisti e alla chiesa ortodossa greca, che, per chi non lo sapesse, sono esentasse. Ma come sarà evidente, su quella barca nazionale costituita dal popolo, alcuni prendono il sole, altri remano. E i preti greci ortodossi non pagano tasse e, come in Italia dall’unificazione in poi, anche in Grecia la Chiesa rappresenta la quota più alta della rendita immobiliare, possedendo terreni, immobili, alberghi, centri turistici, imprese. Certamente la Grecia è scarsa parte dell’Europa (all’incirca quanto una Lombardia), il suo PIL rispetto a quello della UE è solo il 2% e il suo debito pubblico incide solo del 3% circa su quello europeo, ma la sua flotta mercantile è la prima del mondo, dopo aver sorpassato quella giapponese nel 2013 in piena crisi(13) e i suoi armatori (famigerata oligarchia di alcune centinaia di miliardari detti “paperoni” d’alto rango) ne rispecchiano la potenza avendo una quasi totale esenzione fiscale sugli enormi profitti esteri, secondo una norma costituzionale risalente al 1967, anno del colpo di stato dei militari, e recepita ancora dalla costituzione del 1975. Ciò ha consentito loro tra il 2000 e il 2010 di trasferire all’estero 140 miliardi di utili esentasse (43% del debito pubblico greco). Neppure le minacce (rientrate!) di patrimoniale da parte di Tsipras riescono a smuoverli. Questi “paperoni” posseggono una ricchezza davvero spaventosa, se ne contano decine tra i più ricchi del mondo. Possiedono flotte intere e interessi ramificati in tutti i settori dal petrolifero all’edile, aeronautico, finanziario e controllano banche nel Regno Unito, in Svizzera e a Monaco. Per i Greci si valutano 600 miliardi migrati all’estero. Basterebbero la metà per pagare il debito, togliendone solo parte a quegli ultra miliardari, lo stillicidio di questa estenuante trattativa finirebbe in meno di 24 ore. E se poi toccare questi interessi è un tabù stabilito da qualche ignota divinità “costituzionale”, ci sarebbero altre maniere per colmare il debito. Delle 6.575 imprese offshore (quelle operanti in condizioni di agevolazione fiscale e di anonimato dei proprietari, insomma nei cosiddetti paradisi fiscali) solo alcune decine pagano tasse, mentre la stragrande maggioranza froda il fisco greco grazie alla complicità guarda caso del presidente della Commissione europea Juncker.
La piccola Grecia poi, per quanto piccola, sperpera il 3,1% del suo PIL(14) disastrato in armamenti (più di GB e F in testa agli altri paesi per spesa militare al di là dei balletti delle cifre), e il suo indebitamento è andato crescendo secondo i dati SIPRI, proprio dal 2005 al 2009, prima dello scoppio della crisi. Se al di sopra o al di sotto delle sue “possibilità” vediamolo. La spesa militare greca già nel 2014 assorbiva il 2,2% del Pil (pari circa a 4 miliardi di €) e la previsione per il 2015 era di 4,2 miliardi, pari al 2,3%, dato più basso rispetto a quello dell’Istituto di Stoccolma. Comunque, esattamente come nel 2013. Qualcuno fa notare che dai 6 miliardi del 2009 ai 4 di oggi, qualche taglio c’è stato, però il problema nasce dal fatto che pochi paesi vantano una incidenza della spesa militare in percentuale sul PIL così alta come la Grecia: l’Italia si aggira intorno all’1%, la Germania intorno all’1,2% nel 2014, la Francia, notoriamente l’imperialismo più aggressivo in Africa, va sull’1,8% ma il confronto non regge con i tagli in altri settori meno golosi ad es. per la Germania, la quale per cinque anni stranamente vuole un taglio alla spesa pubblica greca ma non a quella militare. I maligni sottolineano lo scandalo scoppiato tempo fa secondo cui al ministero della difesa greco venivano pagate mazzette (per 18 milioni!) per “incoraggiare” l’acquisto di sottomarini Poseidon(15), carri armati Leopard 2A6 Hel(16), missili Stinger e i caccia F-15. Chi li produce? La Krauss-Maffei Wegmann, tedesca, manco a dirlo.(17) In definitiva, la spesa maggiore è per il 38% in aerei da combattimento, tra cui 26 F16 comprati alla Lockeed Martin, 25 Mirage 2000 dalla Dassault, francese (1,6 miliardi di €). Da ultimo, a bocciare la proposta della Commissione Europea centrata sulla risistemazione dei conti attraverso una riduzione della spesa militare(18) si sono uniti il FMI e la NATO e persino l’ultima proposta di Tsipras di tagliarla di 200 milioni nel 2015 e 400 nel 2016 è stata stoppata dal no di Juncker.(19) Il banchetto ricco di corruttela proprio degli armamenti è connesso anche a quello delle grandi opere e infrastrutture, in cui includere i 20 miliardi € delle olimpiadi triplicati rispetto alle previsioni, una manna per le tangenti internazionali, anche italiane.
Ma il problema di ogni debito pubblico sono gli interessi crescenti che fanno lievitare l’ammontare negli anni, con cifre sotto gli occhi di tutti, e su cui nessuno stato, compreso l’Italia, è disposto a fare sconti, ma tutti, compreso Renzi, chiedono al governo greco l’introduzione di tasse, es. l’IVA, e altre misure d’austerità per garantirsi il rendimento dei propri crediti. La voracità del capitale finanziario rispetto al divino tasso d’interesse ha portato a 40,6 i miliardi di € che gli stati e grandi banche europei e del FMI si sono goduti, non certo a spese dei paperoni di cui sopra, che come si è visto non solo sono esenti ma qualche volta sono implicati anche nelle partite di giro finanziarie. A fare le spese sono proprio i lavoratori che, oltre a lavorare più degli altri, come abbiamo visto, sono in prima linea nelle misure punitive. Si è arrivati ad una disoccupazione del 27,6% che tra i giovani sotto i 35 anni supera il 60%. 3800 lavoratori alla settimana i licenziati. Il 30% delle imprese ha chiuso tra il 2010 e 2013. Solo i folli gli strozzini e i mafiosi chiedono ancora soldi in queste condizioni o offrono ulteriori crediti a prezzi profumati. Ma lo strozzinaggio esercitato sui lavoratori licenziati e senza lavoro porta a far si che si tolgano sussidi ai disoccupati, col risultato che quelli che ne ricevevano siano diminuiti del 63,7%. E avanti a valanga: giovani sulla soglia della povertà: 44%. Discesa salariale: dal 2010, del 38%, delle pensioni, del 45%. Se non erano pensioni da nababbi, si-gnifica condanna a morte, infatti alcuni vecchi stanchi di rovistare nei cassonetti si suicidano, come quello, famoso, in piazza Syntagma (vedi qui sotto la lettera). La spremitura sui redditi delle famiglie ne ha provocato la discesa del 39%, con una crescita, di riflesso, della mortalità infantile di ben il 42,8%. E ciò è comprensibile perché non si è potuto vaccinare il 20% dei bambini e ormai il 1 greco su 10 non ha più assistenza sanitaria, il 44% delle famiglie non ha da pagarsi il riscaldamento, circa un milione di persone risultano registrate presso servizi di ca-rità e ONG per aiuti alimentari.(20)
a cura di DANTE LEPORE, per l’Associazione Culturale PonSinMor
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(1) GAETANO FILANGIERI, La Scienza della Legislazione, 1780-1783. Opera monumentale subito tradotta in più lin-gue in tutto il mondo e in Italia, e… messa all’Indice.
(2) Chi detiene il debito pubblico della Grecia in Corriere della Sera, 5 gennaio 2015.
(3) G. DROGO, Tutta la storia dei debiti di guerra della Germania che Tsipras vuole indietro, in Next Quotidiano, 10 febbraio 2015, http://www.nextquotidiano.it/perche-la-germania-non-paghera-i-danni-alla-grecia/
(4) Sul London debt agreement del 1953 cfr. LEONARDO MAISANO, Quando fu la Grecia a chiedere il conto alla Germania, in Il Sole 24 Ore, 3 aprile 2012.
(5) Il dato in Quante balle sulla Grecia e il suo debito!, a cura di Redazione de “il cuneo rosso”, 18 gennaio 2015.
(6) <http://www.theguardian.com/world/2015/jun/29/where-did-the-greek-bailout-money-go?CMP=fb_gu>.
(7) Esempi di indecente e servile campagna in questo senso sono articoli di autorevoli giornali economici come il Sole 24Ore quando cercano di dimostrare che sono gli italiani che ci perdono quando le loro banche prestano soldi allo stato greco. Un es, l’art. di ISABELLA BUFACCHI, Quanto costa la Grecia al contribuente italiano, in Il Sole 24 Ore, 28.01.2015
(8) Fonte: OCSE 2012.
(9) ATTILIO FOLLIERO, Italia: PIL e Debito pubblico dal 1861 al 2015, Caracas, 22.o6.2015, in http://umbvrei.blogspot.it/.
(10) < https://en.wikipedia.org/wiki/Distribution_of_wealth>.
(11) <http://hope.convio.net/site/PageServer?pagename=hms_poverty_statistics>
(12) Cfr: http://www.laleggepertutti.it/92449_nuove-imposte-2015-arriva-la-tassa-sulla-morte. La disposizione, pre-sentata dall’On. Stefano Vaccari, prevede l’Iva al 10% sui servizi funebri, sino ad oggi esenti dall’imposta; si parla di spese aggiuntive a partire da 300 € a funerale; per ciascuna operazione cimiteriale, sia tumulazione che crema-zione, è prevista una nuova tassa fissa di 30 Euro, destinata ad aumentare, anno per anno, in base agli indici Istat relativi al costo della vita e così vi sarà, tra l’altro, un aumento della Tasi.
(13) Cfr. E. MARRO, Ecco chi sono i tre Paperoni greci più ricchi (e perché non pagano tasse), in Il Sole 24 ore, 3 luglio 2015. In http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-07-02/paperoni-greci-philip-niarchos-61-anni-patrimonio-11500-milioni-dollari-173003.shtml?uuid=ACC3upK&nmll=2707#navigation..
(14) Cfr. l’ottimo articolo Quante balle sulla Grecia e il suo debito!, a cura di Redazione de “il cuneo rosso”, 18 gen-naio 2015.
(15) Pe questi, la Hdv e la Ferrostaal avrebbero pagato 23,5 milioni di euro.
(16) Per garantirsi una commessa di 170 carri armati Leopard, missili Stinger e caccia F-15, la Krauss-Maffei Weg-mann, la Rhienmetall e la Atlas hanno pagato in totale ad Antonis Kantas, il numero uno del settore armamenti del ministero della difesa greco, mazzette per 3,2 milioni di euro. L’elenco potrebbe continuare con la Siemens, che ha ammesso il versamento di 1,3 miliardi di euro in tangenti per assicurarsi commesse e appalti alle olimpiadi del 2004, ai danni della società greca Ote. E poi la Daimler, la Deutsche Bahn… (cfr. i già citato Quante balle sul-la Grecia e il suo debito!, a cura di Redazione de “il cuneo rosso”, 18 gennaio 2015.).
(17) http://www.lanotiziagiornale.it/grecia-spese-militari-folli-su-ordine-di-germania-e-fmi-dossier-shock–della-nato-sullacquisto-di-armi-e-le-rivelazioni-di-wikileaks-atene-fu-costretta/#.VZVg7qvV2us.facebook
(18) Ivi
(19) Ivi.
(20) I dati nell’art. citato del Cuneo rosso.
Fonte: www.ponsinmor.info 5 luglio 2015