GLI SCHIAVI DEL BURKINA FASO

giu 28th, 2015 | Di | Categoria: Cultura e società

Un reportage fotografico in forma di appello al Tribunale dei Diritti dell’Uomo contro il governo del Burkina Faso per violazione della dignità e della bellezza di uomini, donne e bambini…

 
Gli schiavi del Burkina Faso sono centinaia di persone che lavorano ai limiti della sopravvivenza nella cava di pietre di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso… la cava è in mano al malaffare… e bambini, donne, uomini ricevono pochi centesimi a cesto di pietre… la corruzione passa sotto silenzio e nessuno denuncia questo crimine contro gli ultimi della terra!
Il mio amico e maestro don Gallo diceva: «Il diritto della forza va combattuto con la forza del diritto!».

 
Pino Bertelli
SULL’ARTE DI STRISCIARE AD USO DEI CORTIGIANI DELLA FOTOGRAFIA
Un buon cortigiano non deve mai avere un’opinione personale ma solamente quella del padrone o del ministro, e deve saperla anticipare facendo ricorso alla sagacia; ciò presuppone un’esperienza consumata, una profonda conoscenza del cuore degli uomini. Un buon cortigiano non deve mai avere ragione, non è in nessun modo autorizzato ad essere più brillante del suo padrone o di colui che gli dispensa benevolenze, deve tenere ben presente che il Sovrano [Papa, Banchiere, Generale, Primo ministro] e più in generale l’uomo che sta al comando non ha mai torto.
[Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach (1723-1789)]

I filosofi dionisiaci, che sovente sono di cattivo umore per i dolori millenari che il canagliume dei privilegiati infligge agli ultimi della terra (non solo nel mare di mezzo)… considerano (non a torto) il mestiere del fotografo pari a quello del cortigiano, stupido, vigliacco e infame! I fotografi del mondano riciclato (e tutta la razza di artisti serventi), come i cortigiani, praticano la condiscendenza, l’adulazione, la benevolenza in cambio di trenta denari… basta una passata televisiva o una mezza pagina sui giornali a grande tiratura (anche on-line)… il portfolio poi impresso nelle pagine delle riviste specializzate, commentato dallo storico o dal critico che lavora per le banche, fondazioni, assessorati, università o i beni culturali… è il naturale battesimo d’ingresso del fotografo a corte.
Il fotografo che aspira alla conquista di un posto in società (quello dello spettacolare integrato nei dispositivi dell’impero) si dedica fin dal principio allo studio dell’arte di strisciare… si umilia alla presenza di qualsiasi insegnante, padrone, politico, prete o mercante e fa della devozione la sua filosofia… per acquisire una premio internazionale riesce persino a favorire imposture, persecuzioni, crimini che il potere giudica necessari al benessere del governo (quale che sia).
La nobile arte del fotografo strisciante sta nella pratica costante della dissimulazione… questa razza di serpi (volevo dire di fotografi) sono affettuosi, educati, servizievoli con tutti coloro che possono aiutarli a disprezzarli… sono arroganti e cinici solo con gli indifesi o con chi non può sostenere il prezzo dovuto per l’ascesa al ponte di comando. Il buon fotografo servente è talmente assorbito dalla voglia di successo, consenso, celebrità… che nemmeno gli sfiora l’idea che la vera arte è incompatibile con le gabbie delle istituzioni e tutte le forme di potere sono solo strumenti di oppressione. Da qui la necessità, secondo alcuni filosofi libertari e libertini, di rovesciare le istituzioni esistenti per fondare una nuova società tra liberi e uguali e promuovere la pubblica felicità.
Il Saggio sull’arte di strisciare ad uso dei Cortigiani (di ogni tempo), scritto da Paul Heinrich Dietrich, barone d’Holbach, pubblicato postumo nel 1813, subito censurato dalla chiesa, è un insostituibile manuale per apprendere quest’arte della genuflessione, che ha le sue radici nella nascita delle religioni, dei governi, delle banche, delle guerre, dei musei e perfino dei mercati delle pulci dei Sud della terra (si attanaglia bene alla cortigianeria fotografica della nostra epoca)… qui il barone dell’ateismo scrive: «Un perfetto cortigiano è senza ombra di dubbio il più sorprendente degli uomini. Smettiamo di parlare di abnegazione dei devoti verso la Divinità […]: la vera abnegazione è quella del cortigiano verso il proprio padrone; guardate come si umilia in sua presenza! Diventa pura macchina, o meglio, si riduce a un niente; attende di ricevere da quello la propria essenza, cerca di individuare nei suoi tratti caratteri che lui stesso deve assumere; è come una cera malleabile pronta a riceve qualsiasi calco le si voglia imprimere»1. Tutto vero. I governi sembrano fatti apposta per accogliere tali deficienti… uomini necessari, indispensabili, di cui ogni Stato non può fare a meno… a loro spetta escogitare ingegnose trovate per tormentare, tassare, violentare il popolo. Il contagio del potere è legato indissolubilmente all’arte di strisciare e costituisce il fondamento di ogni forma di assolutismo. L’arte di strisciare ad uso dei cortigiani-fotografi si attiene a una regola non scritta: conoscere a memoria il prezzo di tutti quelli che incontrano! Un fotografo suscettibile o di cattivo carattere non riuscirà mai ad entrare a corte e subire le peggiori mortificazioni.
Sui sentieri ininterrotti di ogni forma espressiva ci sono stati (e ci sono) però artisti che hanno praticato l’arte della diserzione e dell’opposizione: i loro percorsi affabulativi hanno respinto l’autorità, la dipendenza, la sottomissione e fatto della propria vivenza un ponte, un gesto che ha respinto il trionfo della barbarie (estetica ed etica) sulla quale si poggia l’assenso generalizzato dell’arte al potere. Solo al fotografo-cortigiano è dato di trionfare sulle proprie immagini e fare di se stesso il calco dell’umiliazione… il fotografo-cortigiano esperto è oggetto d’invidia dei suoi simili e della pubblica ammirazione. Incarna come nessuno mai l’arte di strisciare, una disciplina difficile da praticare; questa disciplina è forse la più grande conquista dello spirito umano (certo la più frequentata).
Per quanto concerne la maestria fotografica senza collari né guinzagli, Sebastião Salgado è un fulgido esempio di fotoscritture della bellezza in rapporto all’ingiustizia che ne consegue… un fotografo non si definisce tanto per la sua libera coscienza, quanto per la sua capacità libertaria che si svincola da ogni obbedienza… questo implica lavorare al ribaltamento delle prospettive istituzionali, sottomettere l’economico al politico e porre il bello, il giusto e il buono al servizio dell’etica, far primeggiare la compassione, la condivisione, l’amore per gli esclusi, ridurre le strutture del dominio al solo ruolo di etichette al servizio dei potenti e schierarsi a fianco dei diritti dell’uomo. Ne Il sale della terra2, un documentario di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado sulla vita spericolata di Sebastião Salgado, possiamo vedere non solo la grandezza creativa di un fotografo: più di ogni cosa, ciò che emerge dallo schermo è lo scoramento di un testimone del nostro tempo per la tirannia, il cannibalismo, la violenza che la civiltà dello spettacolo continua a produrre contro l’intera umanità.
Né estetizzazione della politica, né politicizzazione dell’arte, ma aspirazione alla nascita di un’estetica generalizzata che diffida di ogni capolavoro sacralizzato dall’industria, per principio. «Per vivere vibratamente il vuoto traboccante della sera spirituale, occorre non solo educare il nostro senso storico, ma anche prendere le distanze dal mondo, coltivare una certa sensibilità neroniana senza follia, una predisposizione per i grandi spettacoli, per le emozioni rare e pericolose, per le aspirazioni audaci» (E.M. Cioran)3. La burrasca dei sensi (che è incline alle dissociazioni) non si esaurisce nella coltivazione delle disobbedienze civili, interroga l’irrazionalismo dell’ordine costituito e poiché tutto ciò si mantiene nei limiti del permesso all’interno della pura apparenza, occorre farsi un futuro contro la sorte che i costruttori di ideologie approntano sulla genuflessione del genere umano.
La fotografia imperante esprime un’estetica della desolazione priva d’avvenire… fluttua nel corpo delle culture/politiche del falso e dell’oppressione prolungata… è la calligrafia visuale del potere al tempo della falsità e dell’impostura… dove ogni illusione è santa e ogni consenso ottenebrato dalla rapacità del neoliberismo… la fotografia dello spettacolo – o della modernità liquida – esprime il culto della carogna e alimenta o avvelena la paura e il servaggio delle masse piegate al potere assoluto dell’economia politica contemporanea4. La fotografia consumerista è parte del processo di liquefazione tra individui, disgregazione dei rapporti sociali che tendono a dissiparsi e diventare sempre più effimeri… è uno strumento della società globalizzata che agisce sul comportamento delle persone, è un pretesto per assoggettare i cadaveri del declino alla gogna dei mercati che li strozza.
Va detto. La banca, il fucile e l’aspersorio sono sempre andati d’accordo… i loro alleati sono il fatalismo, il pessimismo e il nichilismo… l’uguaglianza delle tirannie è in atto… democrazie della violenza, regimi totalitari, terrorismi religiosi, mercato delle armi e della droga, saccheggio di oro, argento, acqua dei paesi impoveriti dall’innalzamento dei dividendi delle banche multinazionali… lavorano per il mantenimento delle disuguaglianze, utili a tenere in piedi un edificio sociale in mano a una minoranza di saprofiti… i governi stanno al giogo… i popoli restano sfigurati sui marciapiedi della storia come puttane sfiorite… tuttavia ai quattro venti della terra debuttano uomini in rivolta che cercano di mettere fine a questa mattanza degli esclusi.
L’angelo della rivoluzione è più che mai necessario per passare dalla resistenza all’insubordinazione e permettere ai dannati, ai reprobi, agli schiavi della mistica della merce, di riprendere nelle mani il loro destino e mettere fine a millenni di vessazioni… si tratta non di costruire, ma demolire, non annunciare affatto nuove favole, ma sopprimere le vecchie menzogne (diceva Aleksandr Herzen)5: vi è un diritto che prevale su tutti gli altri, è il diritto alla rivolta, la più antica e vitale delle risposte dell’uomo ai despoti che lo tengono a catena… è la gioia per la vita che rende liberi.
L’intero reportage (141 foto) è visibile qui


1 Paul H.D. d’Holbach, Saggio sull’arte di strisciare ad uso dei Cortigiani, Il Melangolo, Genova 2009.
2 Wim Wenders – Juliano Ribeiro Salgado, Il sale della terra, 2014.
3 Emil M. Cioran, Sulla Francia, Voland, Roma 2014.
4 Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari 2003.
5 Aleksandr Herzen, Dall’altra sponda, Adelphi, Milano 1993.
Tags: , , ,

Lascia un commento