PERCHÉ L’ASTENSIONE È LA GIUSTA SCELTA
mag 21st, 2014 | Di Rodolfo Monacelli | Categoria: Dibattito PoliticoAttualmente il dibattito politico è incentrato sulle elezioni europee del 25 maggio che vengono viste come un referendum tra “europeisti ed eurocritici”. Naturalmente, proprio per questo motivo, anche il Coordinamento della Sinistra contro l’Euro è chiamato a esporre la propria opinione. Come si è visto, le visioni su questo tema all’interno del Coordinamento sono diverse e diversificate e, per questo, mi accingo ad esporre anche la mia personale valutazione.
Diciamo innanzitutto che una posizione su tale tema per chi voglia “uscire dall’euro da sinistra” è difficile e complessa. Proprio perché, attualmente, non esiste ancora una sinistra contro l’euro che si sia presentata alle elezioni. Qualunque movimento o partito si appoggi, se si decide di appoggiarlo, dunque, non sarà il “nostro” e qualunque posizione rischia di essere strumentalizzata o, peggio, sembrare semplicistica. Prima di esporre la mia opinione su cosa fare alle europee penso sia utile dare il mio giudizio sui partiti/movimenti che, a vario titolo vengono definiti eurocritici o euroscettici, presenti alle Elezioni del 25 maggio.
1) L’Altra Europa con Tsipras: – Questa ritengo essere l’ennesima riproposizione di una sinistra ormai in disuso, che con indefessa puntualità si presta all’ennesimo fallimento (un fallimento politico e teorico, iniziato con l’appoggio ai governi Prodi e proseguito fino a Rivoluzione Civile). In questo caso, risulta difficile anche definire questa lista – formata da un’accozzaglia di sigle e di personale politico fallimentare – come “euroscettica o eurocritica” – e, per questo, spenderò poche parole per descriverla. Infatti, se ascoltiamo i principali esponenti della Lista Tsipras, in primis Barbara Spinelli, assisteremo a frasi fatte e un programma che sembra scritto dal PUDE (Partito Unico dell’Euro). Un programma che sembra una versione vagamente più sociale di quella del Partito Democratico renziano: “Più Europa”, “L’euro non è il problema”, “In un’epoca globalizzata non possiamo ritornare agli stati nazionali”, eccetera. Cosa abbia questo a che fare con una sinistra alternativa non è dato sapersi. Come non è dato sapersi come questa sinistra non riesca ancora a comprendere come la difesa dello stato nazionale voglia dire permettere la dialettica democratica e la rivendicazione dei diritti dei lavoratori e come, dopo anni di dibattiti e di informazione sul tema della moneta unica, ancora finga di non capire come l’euro non è stato altro che lo strumento per attuare le riforme neoliberiste e, in particolare, la deflazione salariale. Parce sepultis!
2) Movimento Cinque stelle: – Sul MoVimento spenderò più parole anche perché, com’era ovvio che fosse, è proprio su di esso che esiste un dibattito all’interno del Coordinamento. Le criticità che cercherò di elencare, ovviamente, non hanno nulla a che vedere con la cecità della sinistra italiana che, come al solito, quando si trova di fronte a movimenti nuovi e che non riesce a comprendere, indirizzare o egemonizzare ha il vizio di additarli o etichettarli. Quindi in questo articolo non leggerete baggianate tipo “nuova destra”, “nuovo Fascismo” eccetera. Le sciocchezze potete leggerle altrove. Il problema del MoVimento è, invece, nella sua analisi e, conseguentemente, nelle sue proposte. Un’analisi errata che, proprio quando si affronta il problema europeo, si mostra con tutta la sua evidenza.
Da un analisi sbagliata le soluzioni non possono che essere sbagliate. L’analisi del Movimento Cinque Stelle si basa su un’analisi errata della crisi. Si afferma, infatti, che il problema principale italiano deriverebbe da quello della casta. Un’analisi moralistica che non sfiora neanche lontanamente il problema fondamentale: la permanenza nell’Eurozona e nella gabbia dei trattati europei, cui si lega il problema del debito estero e la crisi da domanda scatenata da una distribuzione sempre più regressiva del reddito. Se, infatti, fosse vero, come dichiarano Grillo e Casaleggio, che eliminando le “spese inutili”, le spese della “casta politica”, tutti i problemi si risolverebbero, allora le soluzioni di austerità non sarebbero così sbagliate e, infatti, in una recente intervista, Casaleggio ha esplicitamente parlato di “riduzione della spesa pubblica”.
E purtroppo non è la prima volta: basti ricordare le dichiarazioni di Beppe Grillo a una televisione tedesca, in cui affermava esplicitamente “Dovremmo avere un piano paragonabile all’Agenda 2010 in Germania. Ciò che ha dato buoni risultati in Germania, lo vogliamo anche noi […]”. I buoni risultati a cui Grillo alludeva erano la deflazione salariale e la flessibilità? Un’inquietante identità di vedute, da questo punto di vista, con Mario Monti, Romano Prodi e Matteo Renzi.
Questa errata analisi della crisi porta, inoltre, anche altre pericolose conseguenze come la valutazione del MoVimento 5 Stelle sul finanziamento pubblico. Nessuno, ovviamente, vuole negare i ladrocini che si sono verificati in Italia da parte della classe politica e dei partiti sistemici. Partire, però, da questa giusta valutazione per arrivare a negare ogni finanziamento alla politica significa impedire ogni possibilità reale di rappresentanza politica nelle istituzioni democratiche. E non tutti potranno avere la visibilità mediatica e il patrimonio di Beppe Grillo o le capacità di marketing di Gianroberto Casaleggio.
Né destra né sinistra. Beppe Grillo, e con lui il Movimento Cinque Stelle, utilizzando questo slogan (che altro spazio meriterebbe per essere approfondito e criticato) afferma che “le idee non sono di destra e di sinistra, ma giuste o sbagliate”. Negando, sostanzialmente, uno dei principi cardine del marxismo e della sinistra in genere, e cioè che le idee rappresentano interessi confliggenti e contrapposti. Per entrare nel pratico: cosa voteranno un piccolo imprenditore del nord ex leghista e un ex delegato della Fiom sull’articolo 18? Le prime dichiarazioni dell’ex capogruppo alla Camera Roberta Lombardi, dopo le strampalate dichiarazioni sul “fascismo buono”, non sono state certo rassicuranti:
“Rintrodurre il testo così com’era è a mio avviso un errore. E questo è il pensiero di una persona che comunque ha il privilegio (di questi tempi lo è) di un contratto a tempo indeterminato. Pensare di poter reintegrare nel posto di lavoro da cui è stato licenziato senza giusta causa o giustificato motivo è secondo me un’aberrazione e crea uno stato di tensione (relazionale, discriminatoria o di natura economica) maggiore tra datore di lavoro e lavoratore stesso di quello che ha dato origine al licenziamento. Meglio a mio avviso prevedere invece un veramente congruo indennizzo a favore del lavoratore ove venisse riconosciuta dal giudice del lavoro l’illegittimità del licenziamento. Qualcosa che gli dia veramente la tranquillità di potersi guardare intorno in cerca di nuove opportunità”.
Forse all’Onorevole e cittadina Lombardi è sfuggito che l’indennizzo non durerebbe per sempre, anche qualora il lavoratore non avesse trovato una nuova occupazione?
Il Referendum sull’euro. Sono proprio questa analisi errate, in buona fede o meno non importa, che ha portato a un programma per le europee molto simile a quello della Lista Tsipras. Un’occasione mancata. Certo, molti mi potrebbero contestare che “Il Movimento cinque stelle propone, però, il referendum sull’euro”. Ma proprio questa proposta è sintomatica di una mancata comprensione della crisi. Non solo e non tanto perché anticostituzionale, l’articolo 75 della Costituzione, perché si potrebbe fare una legge ad hoc come si fece per il referendum del 1989. Ma nel frattempo passerebbero almeno sei mesi e non sarebbero rimasti neanche i conti correnti con la pensione da 500 euro. Ammesso e molto non concesso che vi sia una possibilità, dopo anni di disinformazione criminale da parte dei mezzi di informazione, di poterlo vincere. E perdendo il referendum non sarebbe soltanto una sconfitta politica tra le tante. Sarebbe qualcosa di molto più grave. Sarebbe la legittimazione democratica dell’euro (che oggi, in Italia, non ha). Un suicidio politico ed economico.
3) Lega Nord e Fratelli d’Italia: – In una situazione politica normale non andrebbero neanche analizzate le posizioni di movimenti politici come questi (uno secessionista, l’altro neofascista), tali e tante sono le differenze e i valori che ci distanziano e ci differenziano. Ma, purtroppo, soprattutto per colpa della sinistra italiana, non viviamo in tempi normali. E, dunque, è evidente che attualmente gli unici movimenti che parlano esplicitamente di “uscita dall’euro” sono proprio Fratelli d’Italia e la Lega Nord (più l’ultima che la prima a dire la verità, anche grazie alla candidatura di Claudio Borghi e Francesca Donato). Questo, naturalmente, non può portare a un voto verso un movimento che ha votato a favore del Trattato di Maastricht, del Trattato di Lisbona, del pareggio di bilancio in Costituzione – ma, va detto, non del Fiscal Compact – e che utilizza in maniera strumentale la lotta contro l’euro (senza dimenticare la loro natura xenofoba e razzista e il loro collaborazionismo con il governo Berlusconi).
Il discorso, non settario né semplificatorio, è un altro: perché gran parte del mondo sovranista voterà Lega Nord? Per la stima per Claudio Borghi e Francesca Donato (che ha anche chi scrive, pur non condividendo la loro scelta)? Certamente. Ma non basta e, certamente, non basta pensare che tutto il mondo sovranista si sia spostato a destra. La questione da analizzare, a mio parere, è più complessa e, dunque, ancora più difficile da affrontare. Ovviamente dovrò essere sintetico e spero mi perdonerete. La scelta di molte persone di sinistra, e che si dicono ancora di sinistra, che voteranno Lega Nord va oltre la contingenza (e solo la stima personale per quello o quell’altro candidato) delle Europee. Ma dimostra la debolezza politica della sinistra, incapace di proporre un’alternativa all’uscita “liberista” dall’euro. Non è una posizione da prendere con sufficienza o da rifiutare sdegnosamente per questioni ideologiche o di purismo, non lo è perché la nostra società è veramente ammalata e la crisi sempre più incessante e preoccupante. Necessario, piuttosto, è creare un’alternativa che possa veramente contare in un futuro CLN.
Che fare? – La mia posizione, come è ovvio, sarà dunque quella di un’astensione sofferta. Sofferta per l’incapacità della sinistra, ancora una volta, di proporre – anche solo da un punto di vista elettorale -un’alternativa credibile. Certo, la mia astensione alle europee non dipende solo da questo. Va ricordato, infatti, l’assoluta inconsistenza politica del Parlamento Europeo (un Parlamento che non fa le leggi) e la totale antidemocraticità dell’Unione Europea (in cui le leggi le fa la Commissione Europea, non eletta da nessuno). Anche la mia valutazione sul quadro politico successivo a queste elezioni (che sarebbe l’unico motivo per votare a queste elezioni, quello di far perdere il Partito Democratico) è diversa da quella di molti compagni: non ritengo che subirà scossoni di rilievo. Anche con un’ipotetica vittoria del Movimento Cinque Stelle l’unico risultato ottenuto sarebbe quello di far aumentare di numero le proposte propagandistiche e populiste del governo Renzi.
Per concludere: chi lotta contro il sistema eurista voti (o non voti) chi ritiene utile, ma non pensi che questo nell’attuale congiuntura storica cambierà gli attuali sistemi di potere nazionali e internazionali. Per fare questo bisogna iniziare a creare un’alternativa perché, per citare i compagni del Movimento (R)evoluzione, «Tocca a noi cominciare una nuova via, non partendo dalle macerie del passato ma attingendo da nuove risorse. Tocca a noi incentivare le migliori menti per impostare e attuare un nuovo modello di società».