Economicidio: tre libri e un crimine

apr 25th, 2014 | Di | Categoria: Recensioni

 di Daniele Trovato

I libri, scrisse qualcuno, sono amici che ti presentano altri amici, creano percorsi di conoscenza, reti di relazioni tra idee, fatti e passaggi, ci si ritrova, leggendo, ad aver imparato dalla somma delle letturepiù di quanto si cercasse in ognuna di esse.

In questo caso ci riferiamo a tre saggi divulgativi di taglio (socio)economico scritti e pubblicati in anni diversi e facenti riferimento a vicende apparentemente distanti nello spazio e nel tempo: Shock Economy di Naomi Klein, Il tramonto dell’Euro di Alberto Bagnai e Anschluss di Vladimiro Giacché. Soltanto quando se ne è ultimata la lettura (a distanza di anni tra il primo e gli ultimi due) e si è avuto il giusto tempo per ragionarla, improvvisamente i pezzi del puzzle sembrano prendere il loro posto, svelando in questo caso una strategia, un metodo e la sua applicazione sistematica nella storia del capitalismo degli ultimi quarant’anni.

Shock Economy‘ (Rizzoli, 2008) è un testo notissimo, apprezzato dalla sinistra no-global di cui la stessa Klein è stata una delle icone mondiali,  ma la cui influenza e rilevanza va ben oltre la parabola  di quel movimento, collocandolo nella più vasta biblioteca della critica al capitalismo e all’imperialismo. La Klein riallacciava, attraverso una carrellata di paesi e regimi diversissimi, le vicende ispirate all’intervento degli ideologi neo-liberisti della Scuola di Chicago di Milton Friedman, quelli che l’autrice stessa definisce i principali artefici dell’ ascesa del capitalismo dei disastri. Il termine “ideologi”, non è fuori luogo, in quanto uno dei maggiori pregi del libro fu quello di sfatare definitivamente il mito secondo cui il (neo)liberismo economico sia post-ideologico, sottraendolo alla sua aurea scientifico-pragmatica e restituendogli la sua dimensione eminentemente ideologica: con tutti i dogmi, le ottusità, la doppiezza e l’autoritarismo delle ideologie più feroci. Il totalitarismo del libero mercato realizzato, che non disdegna la democrazia formale finché gli agnelli si impegnano ad eleggere i leoni, ma è pronta a schiacciarla, con lo shock e col terrore (shock and awe) non appena questa, o qualunque altro tipo di regime, vi oppongano una qualche forma di resistenza.
‘Il Tramonto dell’Euro’  (Imprimatur, 2012) racconta la crisi europea di questi anni con un linguaggio divulgativo ma anche con estremo rigore scientifico, spiegando come il fallimento dell’Euro sia stato dal punto di vista economico un errore tecnico troppo macroscopico per essere involontario. Nella sua coerente e approfondita dissertazione, Bagnai, mostra come la letteratura economica internazionale avesse ampiamente previsto l’inevitabile crisi della moneta unica e come le sue devastanti conseguenze per i paesi periferici (o PIIGS, fate voi) fossero in realtà auspicate  dalle tecnocrazie europee,  dal capitale finanziario, dalla volontà egemonica dei paesi più forti e dai politici conniventi dei paesi più deboli.  Una vera e propria Shock Therapy per forzare l’unione politica (a guida tecnocratica) saltando ogni passaggio democratico, favorire le grandi imprese e la grande finanza e comprimere salari e diritti dei lavoratori in tutto il continente.

I legami con la Shock Economy descritta da Naomi Klein  sono molteplici. Entrambi i libri trattano di relazioni asimmetriche tra Stati, dove quello più forte economicamente costringe, attraverso la corruzione e la cooptazione delle élite politiche di quello più debole, un metodico processo di spoliazione e impoverimento a proprio vantaggio. I legami più evidenti tra i due testi avvengono proprio nella descrizione del metodo che, nel caso dell’Europa come e nei molteplici casi dei paesi del terzo mondo descritti dalla Klein, ripercorre gli stessi identici passi: piena circolazione di merci e capitali tra i due paesi, imposizione di una moneta unica o del cambio fisso sulla moneta del paese più forte (l’Euro in un caso, il dollaro nell’altro),  indebitamento privato finanziato dal paese più forte il cui sistema creditizio non sconta più il rischio di cambio, invasione dei prodotti dell’economia più avanzata nel mercato più debole (finanziata a debito), distruzione delle tutele sociali, annientamento delle funzioni regolatrici dello stato sull’economia e, infine, privatizzazioni selvagge a buon mercato  e definitiva alienazione dei beni pubblici. Oltre al metodo, l’ideologia neo-liberista (o ordoliberista per citare Barra Caracciolo) è la base culturale comune, gli interessi della grande finanza internazionale e del grande capitale che può delocalizzare varcando a piacimento frontiere che non esistono più sono gli stessi; gli attori, come l’FMI e gli ideologi neoliberisti, in molti casi coincidono.

L’ultimo pezzo del puzzle ce lo fornisce infine Vladimiro Giacché nel suo illuminante Anschluss (Imprimatur, 2014), letteralmente “annessione”, che ci racconta come sia avvenuta in realtà la celebrata riunificazione tedesca, una storia apparentemente di successo che mantiene a distanza di 25 anni squilibri gravissimi di cui nessuno parla. Un’annessione in piena regola con annessa messa in liquidazione di un paese, dove nulla dell’esperienza dell’Est venne mantenuto: imposizione del Marco occidentale,  il patrimonio pubblico  e un’intera economia industriale (seppure in parte arretrata), svenduta a prezzi simbolici al capitale dell’Ovest nel migliore dei casi,  più frequentemente distrutta e rasa al suolo per far spazio ai capitalisti d’oltrecortina. Stesso metodo, stesso risultato. Creazione da un mese all’altro di livelli di disoccupazione che oggi  vediamo in Grecia (all’Est non c’erano disoccupati), svendita del patrimonio (industriale come già detto, ma anche immobiliare, perfino i terreni), rimozione totale delle classi dirigenti e dell’identità  nazionale, deindustrializzazione e gigantesca distruzione di valore,  reddito medio nei nuovi Lander che ancora oggi dopo un quarto di secolo è lontano dall’essersi equiparato a quello dell’Ovest. Ancora la Germania, ancora lo shock neoliberista, perfino le stesse facce, che vedevano nella Merkel, nata all’Est, l’alunna più diligente  degli esegeti della nuova economia e dei suoi disastri.
Ogni volta, e qui la Storia si fa davvero “maestra”,   l’aggressione economica non viene dichiarata ma imposta ammantandola con le vesti lucenti di un grande ideale: la modernizzazione del terzo mondo, la riunificazione del popolo tedesco, la pace in Europa. La Storia da una parte, dicevamo,  e noi dall’altra, gli utili idioti che non avendola capita sono condannati a ripeterla.

Fonte: http://www.parolibero.it/

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