Cina: 800 milioni di soldati
mar 2nd, 2010 | Di Matteo Brumini | Categoria: Politica Internazionaledi Matteo Brumini
In caso di guerra d’ora in avanti la Cina potrà disporre di un esercito di 800 milioni di coscritti tra uomini e donne. A fine Febbraio difatti l’assemblea nazionale popolare cinese ha approvato una nuova legge che permetterà di mobilitare tutta la popolazione. La legge include tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni e tutte le donne dai 18 ai 55 anni, con alcune eccezioni quali i lavoratori della scuola,delle organizzazioni sociosanitarie e i funzionari delle Nazioni Unite. La mobilitazione potrà essere decisa dal Consiglio di Stato (organo esecutivo) o dalla Commissione Militare Centrale (lo stato maggiore dell’esercito) quando la sovranità del Paese, l’unione, l’integrità territoriale e la sicurezza nazionale siano direttamente minacciati. Non va dimenticato che già attualmente l’Esercito di Liberazione Popolare cinese è la forza armata numericamente maggiore del mondo potendo contare su un organico di due milioni di effettivi.
Per commentare la notizia non si può non guardare agli ultimi avvenimenti sullo scacchiere internazionale che hanno visto la Cina scontrarsi duramente con gli Stati Uniti per le questioni di Taiwan e della recente visita negli Stati Uniti del Dalai Lama. È questa solo la punta dell’iceberg. Geopoliticamente ed economicamente sul piano internazionale c’è in questi ultimi mesi un duro braccio di ferro tra Cina e Stati Uniti con fronti che vanno dall’Iran al Sudan passando per il Corno d’Africa; attraverso questi punti nodali passano le strategie politico-economiche dei capitali cinese e nordamericano e chiaramente si scontrano. Una più attenta analisi delle notizie riportate e delle notizie omesse dai grandi organi di informazione italiani difatti ci pone di fronte ad alcune evidenti contraddizioni. Le aspre proteste della Cina agli accordi militari tra Stati Uniti e Taiwan sembrano appaiono di prassi se non addirittura straordinarie considerando i rapporti storici di grande livello tra l’isola rivendicata dalla Cina e gli USA. Parimenti le dure proteste del governo cinese per la visita del Dalai Lama ricalcano lo stesso solco. Non è difatti una novità per nessuno il sostegno da parte degli Stati Uniti sotto ogni forma politica e di propaganda al movimento che ruota attorno alla figura del Dalai Lama e altrettanto nota è la debole importanza reale all’interno della questione tibetana di quest’ultimo.
Ben più concreto è lo scontro tra i due giganti in Africa senza dimenticare l’Iran. La Cina in questi ultimi anni ha investito pesantemente in Africa riuscendo a strappare importanti concessioni di sfruttamento petrolifero e minerario, giacimenti e concessioni importanti anche per Stati Uniti e Europa. La storia più recente del Sudan va in buona parte letta sotto questa lente di analisi; un governo amico di Pechino con il presidente Bashir sempre più bersaglio di Washington e dell’ONU mentre il Sud Sudan (dove si concentra il 70% dei giacimenti petroliferi e dunque di buona parte degli investimenti cinesi) si prepara al referendum per l’indipendenza ottenuto con una guerra in cui le armi del braccio armato del Sudan People’s Liberation Movement venivano e vengono direttamente da Washington via Israele; un Bashir messo all’angolo che cede anche sul fronte darfurino e annuncia in questi giorni una pace con uno dei gruppi guerriglieri (il JEM) della zona (e ricordiamo che nel Darfur si concentra un altro 19% delle risorse petrolifere sudanesi) consentendone l’ingresso nelle istituzioni politiche del paese. Poi c’è l’Iran, partner commerciale strategico cinese e cerniera geopolitica verso l’India, l’altro gigante economico e geopolitico dell’area orientale. Mentre l’amministrazione Obama, Israele e le potenze occidentali spingono verso un inasprimento dello scontro con Teheran (a cui si aggiunge un altalenante Russia) la Cina sembra essere l’unica a frenare e a resistere.
Tornando alla notizia iniziale è del tutto evidente che nessuno stato possa essere in grado di armare e sostenere in una eventuale guerra un esercito di 800 milioni di soldati soprattutto considerando il grado tecnologico e di complessità logistica che gli eserciti regolari odierni hanno raggiunto. A questa evidenza non può certo sfuggire nemmeno la Cina del miracolo economico di questi ultimi anni il cui esercito e le cui strutture belliche non sono certamente più quelle di cinquanta anni fa.
Dunque come leggere una decisione di Pechino evidentemente non realizzabile? È parere di chi scrive, alla luce di quanto esposto in queste righe, che questa legge sia da inserire in un ottica di inasprimento graduale dello scontro su scala mondiale tra i due nuovi blocchi politico-economici che si sono formati in questi ultimi anni. Le parti stanno mostrando al mondo e all’avversario i muscoli spingendo su una linea mediatica (Dalai Lama e Taiwan da una parte, 800 milioni di potenziali soldati dall’altra) di risonanza globale tenendo allo stesso tempo sul basso profilo i reali terreni di scontro. Come negli incontri di pugilato, siamo alle prime riprese, gli avversari si studiano e si lanciano colpi di avvertimento cercando di attirare a sé il sostegno degli spettatori.