Sceneggiature e sceneggiate
feb 24th, 2014 | Di Piero Pagliani | Categoria: ContributiTra la sceneggiatura del golpe in Ucraina e la sceneggiata di Vladimir Luxuria a Soci, assistiamo al marketing del nuovo imperialismo. Bugie, martellamenti e amnesie.
di Piotr.
Sceneggiatura. L’Ucraina
1. Quando nel mio post di un mese fa ho scritto che prevedevo che l’Ucraina stesse per diventare la Siria europea, la profezia era purtroppo molto facile.
Tutto si è ripetuto da copione. Mi viene in mente la barzelletta del carabiniere che va due volte a vedere Ben Hur perché pensa che possa cambiare il risultato della corsa delle bighe.
No. Il risultato è lo stesso ovunque Cia, Nato e suoi uffici specializzati in “rivoluzioni colorate”, con contorno di Ong e di media e intellettuali progressisti (che sono diventati i nemici giurati di ogni ipotesi di emancipazione umana, comunque la si declini, vuoi con Marx, vuoi con Gesù o vuoi soltanto per puro amore di noi stessi, dei nostri figli e dell’Umanità e della Natura).
Il risultato è lo stesso perché il copione è esattamente lo stesso. Persino la pretesa “morte in diretta” dell’infermiera. Quando l’ho vista mi è subito venuta in mente la “morte in diretta” di Neda Soltan a Teheran. Ve la ricordate? Fece piangere indignato tutto il cortile della distopia ginocratica di sinistra, con a capo Lidia Menapace, più propriamente detta Menaguerra da quando votò a favore delle nostre missioni sub-imperiali a fianco degli Usa con motivazioni pseudo-poetico-intellettuali da presa per il culo.
Tutta la sinistra, da quella rossobruna al Parlamento (spiegherò in un altro post perché “rossobruna”) a quella confusionaria e disorientata fuori dal Palazzo, trainata dalle ginocrati si mise allora a piangere una sedicenne, ma anche ventunenne, ma anche ventiseienne, che aveva un volto ma anche un altro, che aveva un papà che la prese tra la braccia morente ma che invece era anche il suo insegnante di musica, che aveva un fidanzato che dichiarò come Neda fosse determinatissima ad andare a quella manifestazione, ma anche il suddetto insegnante di musica che dichiarò invece che erano rimasti imbottigliati in auto per caso in quella manifestazione, che era musulmana ma anche cristiana, che fu seppellita ma anche fatta sparire dal “regime”. E soprattutto, che era morta ma anche viva, perché resuscitò in buona salute in Germania.
Ragazzi! Che superbo ma-anchismo. Nemmeno Veltroni.
2. Insomma, amica veritas, sed magis amicum imperium.
La nostra infermiera ucraina ci ha messo un solo giorno a resuscitare, ma in quel breve lasso di tempo si sono riscatenate le lacrime dirittumaniste ma di fatto imperiali di tutti, di tutta la destra come di tutta la sinistra.
Dato che il copione era noto, le lacrime erano state preparate da tempo, pronte per essere distribuite ai buonisti moderati e a quelli estremisti. Preparate assieme ai titoloni.
“Kiev brucia, guerra civile!” titolava Venerdì scorso La Repubblica. E faceva fatica a nascondere la soddisfazione. Da quanto tempo infatti i suoi stakeholders Nato e Cia stavano preparando questo risultato!
Pensate che non sia così? Ma dai! Abbiamo visto il bacio in bocca tra John Kerry e Oleh Tiahnybok, Führer dei nazisti che hanno tenuto in ostaggio le piazze ucraine. E non finisce lì. Da quelle piazze è trapelata da tempo la notizia del soldo dei “manifestanti democratici”: 100 grivnia (8 euro) per le persone normali, 300 grivnia (25 euro) per gli studenti. Ed è stato anche spifferato che il più munifico “datore di lavoro” nelle piazze insanguinate di Kiev è il Konrad Adenauer Stiftung, legato alla CDU della Merkel (l’Unica in Europa che ci guadagnerebbe qualcosa).
Tanto è vero che l’Assistant Secretary of State, Victoria Nuland (quella del famoso «In culo l’Unione Europea»), si è sentita sollevata e ha deciso di fare outing dichiarando lo scorso dicembre al National Press Club che gli Usa avevano «investito» 5 milioni di dollari per organizzare un “network” finalizzato a «raggiungere gli obiettivi statunitensi in Ucraina».
A parte il fatto che se questa signora, che la sinistra statunitense (ma non la nostra!) definisce “a rabid warmonger“, cioè una guerrafondaia affetta da rabbia, ammette cinque milioni, allora evidentemente devono essere stati almeno cinquanta, a parte ciò chiediamoci da cosa è fatto il suddetto “network“? Ma lo sappiamo benissimo: dalla rete di partiti e partitini neonazisti di cui è affetta l’Ucraina.
Eccoli qua sotto, i nostri vecchi amici, nelle loro migliori estrinsecazioni democratiche di piazza (ricorda qualcosa?).
Ed eccoli eseguire gli ordini finali:
Sapete, no, a cosa servono i fucili di precisione (che la polizia ucraina non ha in dotazione nelle piazze)? Servono a fare cecchinaggio, quello stesso cecchinaggio sulla folla che poi metodicamente verrà incolpato al governo in carica.
Questo fa parte integrante del copione.
Non ci credete ancora? L’Occidente non fa di queste cose? Noi non organizziamo i massacri? Occidente brava gente? State allora a sentire, perché è istruttivo.
Audrius Butkiavicius era a capo della sicurezza della capitale lituana quando il 13 gennaio 1991 qualcuno sparò sulle migliaia di manifestanti che si erano radunati attorno alla torre della televisione di Vilnius, uccidendo 14 persone.
In seguito questo losco figuro è diventato ministro della difesa (integrata nella Nato). Nel 2000 rilasciò un’intervista alla giornalista Natalia Lopatinskaja del giornale lituano in lingua russa Obzor:
Domanda: Fu lei a pianificare i morti di quel gennaio?Risposta: Sì… io non posso certo giustificarmi di fronte ai parenti delle vittime, ma davanti alla storia posso farlo. Voglio aggiungere: quelle vittime inflissero un colpo decisivo alle due principali colonne del potere sovietico, l’esercito e il KGB. Lo dico apertamente, sì io ho organizzato tutto ciò. Avevo lavorato per lungo tempo nell’Istituto Einstein, con il professor Gene Sharp, che si occupava di quella che allora si chiamava difesa civile. Cioè di guerra psicologica. Sì, io pianificai come mettere l’esercito sovietico in una posizione psicologica tale che ogni ufficiale avrebbe dovuto vergognarsi di farne parte.
Quelle erano le “Primavere baltiche” a cui il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, non a caso paragonò in seguito le “Primavere arabe”: «Quando guardo all’Europa centrale e orientale, sono estremamente ottimista riguardo il futuro che possiamo raggiungere in Nord Africa».
Purtroppo alla sinistra non basta nemmeno farle i disegnini. Tutta presa dai suoi piagnucolosi miti e dalle sue nostalgie per il bel tempo andato, quando c’erano i buoni e i cattivi, gli indiani e i cow-boy, finisce per scodinzolare di fronte anche alle più sputtanate azioni imperiali. Basta, per l’appunto, che gli si dica “i buoni stanno lì e i cattivi là“. Poi il suo bisogno irrazionale di credere in qualcosa fa il resto (e a volte ha persino la spudoratezza di definirsi marxista).
In Venezuela si ritenta oggi per l’ennesima volta il medesimo copione. Per ora siamo all’inizio. Ma facile facile, tra poco arriveranno i cecchini. Lo dice la sceneggiatura. Dovete guardare assolutamente questo video, perché la sceneggiatura è tutta lì e vale per il Venezuela, l’Ucraina, la Siria, la Libia, l’Iran e per tutti i Paesi nel mirino dell’impero; anche per noi se occorresse (immaginatevi le parti):
In Ucraina adesso si parla di accordo, di governo di unità nazionale. Staremo a vedere, perché una cosa a me sembra chiara: la Nato non mollerà finché l’Ucraina non sarà balcanizzata e la Russia vi si opporrà con tutte le forze.
Auguri agli Ucraini e auguri a noi.
Sceneggiata. La mercificazione imperiale del corpo
1. Ho avuto già modo di dire che la mercificazione del corpo a scopi di conquista imperiale, l’esibizione ad esempio dei corpi nudi delle donne come strumento di marketing della superiore civiltà occidental-imperialista, per me è una delle più laide forme di pornografia.
Le Femen sono parte di queste agenzie di marketing, così come le Pussy Riot in Russia.
All’allegra brigata non poteva non aggiungersi Vladimir Luxuria.
Le ultime notizie note sull’attività politica di questa signora è che strizzava l’occhiolino al Cavaliere dopo un temporaneo passaggio al servizio del saltimbanco mediatico Bertinotti.
Ora, come ben si sa, Vladimir Luxuria è stata fermata per un paio d’ore dalla polizia a Soci. Le agenzie dicono a causa di bandiere e cartelli pro omosessualità. Eccola qui sotto, “maltrattata” dagli agenti russi in borghese.
Bene. Parliamoci chiaro, il signor Wladimiro Guadagno non è al soldo di Obama. Aveva solo la necessità di rinverdire gli allori mediatici da tempo appannati e lo ha fatto come è richiesto dalla società dello spettacolo e come era in grado di fare, cioè come compartecipe alle insulsaggini dirittumaniste della sinistra. In altre parole, il signor Guadagno è la prova che l’impero non agisce solo con commitment diretti, ma forse ancor di più creando un milieu politico e culturale paludoso. Un milieu rivolto prevalentemente alla sinistra, che possa affascinarla. Per un motivo ovvio: la destra è già al fianco dell’impero mentre la sinistra deve essere costantemente rassicurata che se appoggia l’impero, lo fa per cause buone e giuste. Per dirla brutalmente, la sinistra ha sempre bisogno di essere un po’ masturbata, così si acquieta.
Il lavoro imperiale è ben fatto, perché i miasmi della palude entrano nei polmoni di tutti, anche inconsapevolmente.
Non so quanto sia inconsapevole Vladimir Luxuria, fatto sta che pensare che la comunità gay italiana sia rappresentata da questa persona è raggelante. Per fortuna non è così. Questa pretesa ce l’ha però Vladimir Luxuria che si è sentita investita del ruolo di rompighiaccio nella fredda Soci fregandosene di come la pensasse la comunità gay russa (si veda sotto).
Le lobby nascono in vari modi tra i quali anche l’autoinvestitura. Ma se la lobby di un settore industriale rappresenta proprio quel settore industriale, quando si tratta di fenomeni sociali e culturali la cosa è ben diversa, e così la lobby omosessuale sta agli omosessuali come quella ebraica sta agli ebrei. Con complicazioni in più di carattere ideologico e culturale, le relazioni sono come quelle del board di una corporate con i lavoratori di una sua controllata. Il loro compito è quello del vantaggio dei membri della combriccola, indipendentemente dal fatto che si possa creare un danno ai propri presunti rappresentati (sia chiaro che qui essere omosessuali o ebrei è del tutto accidentale, perché queste dinamiche sono comuni a tutti i gruppi di “rappresentanti” e di “facenti vece”; pensiamo, purtroppo, a cosa diventò il già glorioso Partito Bolscevico).
2. Ora, per favore, non incominciamo con la solfa che a me piace Putin. Non è così perché a me non piace nessun potente. Sto solo cercando di ragionare su un fatto abbastanza insignificante che però è paradigmatico di quelle dinamiche che hanno portato la sinistra, anche radicale, a fare da cassa di risonanza del “senso comune dell’avversario all’attacco” (espressione di Rossana Rossanda, felice ma molto, molto antica). Ovviamente qui parlo di sinistra come insieme di fenomeni culturali e non necessariamente politici.
Ad ogni modo qualche precisazione è dovuta, data la generale disinformazione che ci viene riversata addosso. Per prima cosa, la contestata legge non è “di Putin”, perché è stata votata da tutti i partiti, anche quelli d’opposizione.
In secondo luogo, la legge non proibisce l’omosessualità ma la «propaganda di orientamenti sessuali non tradizionali davanti a minori». Le pene previste non contemplano la Siberia come qualche sciocco si è subito affrettato a dire, bensì multe che vanno dai quattromila ai cinquemila rubli (circa 100-125 euro) per il cittadino comune al milione di rubli (circa 19.000-23.400 euro) per chi ha un ruolo nella magistratura. Gli stranieri, infine, sono punibili con una multa fino a 100.000 rubli e possono essere detenuti per 15 giorni ed espulsi (questo è l’aspetto geopolitico della legge, se così possiamo dire).
Se per “propaganda di orientamenti sessuali” si intendono adescamenti e pornografia, questo è proibito dappertutto, che siano tradizionali o meno. Penso però che il problema sia meno banale. Mi chiedo, infatti, se con “tradizionale” si intende l’usare i termini “papà” e “mamma” davanti a bambini e con “non tradizionale”, invece, “genitore 1″ e “genitore 2″ come qualcuno politicamente corretto vorrebbe fare da noi. Si capisce subito che se si vuole entrare nel merito di quella legge, si entra in un bel ginepraio, più facile da districare col machete dell’ideologia che scostando i rami e le spine con pazienza, gentilezza e sensatezza.
Comunque cercherò d’informarmi, perché solo in questo caso ci sarebbe discriminazione.
Fatto sta che Nikolay Alexeyev, leader gay e attivista LGBT, con alle spalle anni di battaglie per i diritti degli omosessuali e tentativi spesso repressi di organizzare gay pride a Mosca, per nulla amante di Putin, ha dichiarato che pur non approvando la legge ritiene che definirla “persecutoria” sia esagerato.
E fatto sta che il famoso ballerino gay Dmitry Oskin ha dichiarato: «Putin non è un omofobo. Amo Putin, lui è grande. Ha fatto un sacco di cose buone per la Russia. E’ il mio presidente preferito Lo rispetto». Il ballerino fa l’ossequioso perché vivendo in Russia vuole fare carriera? Proprio per niente: Oskin si è trasferito da quattro anni a Londra dove si è unito civilmente al suo compagno.
3. Strano, eh? Non è che la realtà sia diversa da come ce la raccontano? Certo, a volte si fa una fatica infernale a cercare un po’ di controinformazione. Una volta la sinistra la faceva, adesso la sua controinformazione si discosta a stento dall’informazione mainstream e quando se ne discosta è quasi esclusivamente su questioni di politica economica, come se tutto si riducesse a quella sfera.
Putin può sicuramente fare della propaganda quando esalta l’arte di Tchaikovsky affermando che quando una persona è meritevole, è meritevole e basta, indipendente dal suo orientamento sessuale. Però è un dato di fatto che il duo lesbico t.A.T.u. abbia cantato alla cerimonia d’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Soci, come si può vedere sopra.
Ora però le cose si fanno più serie e vi prego di prestare attenzione al ragionamento che segue.
Tutti si ricorderanno della grande performance di Vladimir Luxuria all’indegno reality chiamato “L’Isola dei Famosi”. L’isola si trovava in Honduras. Il 28 giugno del 2009 il presidente democraticamente eletto di quel Paese, Manuel Zelaya, accusato di essere favorevole a Hugo Chávez (che riposi in pace) fu arrestato dai militari fascistoidi formatisi alla famigerata “Scuola delle Americhe” in un colpo di stato tramato in prima persona dall’entourage dell’allora Segretario di Stato Hillary Clinton, altra losca virago per la quale stravedono tutti dal Manifesto a Repubblica. Io mi ricordo bene gli ammiccamenti di quest’ultimo giornale col presidente golpista Roberto Micheletti. L’intervista che gli fece Omero Ciai iniziava con queste frasi surreali: «Dottor Micheletti ma chi glielo ha fatto fare di cacciarsi in questo guaio? Non si rende conto di essere perlomeno fuori moda?» (La Repubblica, 3 luglio 2009). Cioè, un golpe fascista era diventato un guaio per il golpista e una questione di “moda politica”.
Così l’organo del PD. O forse è il PD ad essere l’organo del Gruppo Espresso. Boh! Mentre ci penso andiamo avanti.
Qui di seguito vedete la lista di lesbiche, omosessuali e transessuali uccisi dai fascisti subito dopo il golpe (fonte globalgaiz.com; riporto la lista con un copia-incolla, così com’è):
Vicky Hernández Castillo, transgender, June 29, 2009 Valeria, (Darwin Joya), transgender, June 30, 2009 Martina Jackson (Martín Jackson), transgender, June 30, 2009 Fabio Adalberto Aguilera Zamora, gay, July 4, 2009 Héctor Emilio Maradiaga Snaider, gay, August 9, 2009 Michelle Torres, (Milton Torres), transgender, August 30, 2009 Enrique Andrés García Nolasco, gay, September 2, 2009 Jorge Samuel Miranda Mata (Salome), transgender, September 20, 2009 Carlos Reynieri Salmerón (Sadya), transgender, September 20, 2009 Marión Lanza, transgender, October 9, 2009 Montserrat Maradiaga (Elder Noe Maradiaga), transgender, October 10, 2009 Juan Carlos Zelaya, transgender, October 26, 2009 Rigoberto Wilson Carrasco, transgender, November 2, 2009 José Luís Salandía, gay, November 2, 2009 Anonymous man, gay, November 4, 2009 Walter Tróchez, gay, December 13, 2009
L’ultimo ucciso, dopo essere stato orrendamente torturato, Walter Tróchez, era uno dei più amati leader LGBTI (in Honduras “I” sta per “intersex”) e membro del Frente Nacional de Resistencia Popular, FNRP, contro il golpe in Honduras. Un bravo compagno omosessuale.
Orbene, avete mai sentito che Vladimir Luxuria sia andata a protestare in Honduras? Mai.
Però, guarda caso, è andata a Soci.
Eppure nel gennaio del 2011 l’organizzazione honduregna LGBTI Red Cattrachas aveva chiamato alla protesta contro le decine di uccisioni di gay, lesbiche e transessuali perpetrate dal momento del golpe. Si è fatta vedere Vladimir Luxuria?
No. Però si è fatta vedere a Soci.
Alla fine dello scorso anno in Uganda è passata una legge per cui l’omosessualità può essere punita persino con l’ergastolo. Certo, Vladimir Luxuria ha protestato sul suo sito. Anzi aveva pre-protestato, perché la sua protesta è ferma al novembre del 2012. Si è fatta vedere in Uganda dopo l’approvazione della legge? No. E ci credo: nessuno se la sarebbe filata di pezza in Uganda. Per essere presa in considerazione avrebbe dovuto rischiare di grosso. Meglio andare a Soci dove al più ti fermano per un paio d’ore, così si può sbraitare a buon mercato, ci sono le Olimpiadi e tutti aspettano solo che succeda questo. La visibilità è assicurata.
In Arabia Saudita la sodomia viene equiparata al reato di fornicazione e pertanto punita alla stessa maniera: se il colpevole è un uomo sposato deve subire la lapidazione fino alla morte; se invece si tratta di uno scapolo la pena ammonta a 100 frustate nella pubblica piazza e l’esilio per un anno. Lapidazione fino alla morte. I nostri progressisti però ci hanno spinti a protestare non contro l’Arabia Saudita, ma contro l’Iran per la lapidazione di Sakineh Ashtiani mai avvenuta e che non potrà mai avvenire perché in Iran non la si praticava da decenni ed è stata ufficialmente abolita due anni fa. Siccome ci sono certamente cose per cui l’Iran potrebbe essere a ragione censurato, un giorno bisognerà riflettere come mai gli apparati propagandistici occidentali cerchino invece di far leva su casi farlocchi. Ma ritorniamo adesso in quella spensierata nazione che è proprietà privata dei principi Sauditi.
Abbiamo mai visto lì Vladimir Luxuria col parruccone arcobaleno inneggiante ai diritti LGBT? No. Troppo rischio e poi non è certo il caso di disturbare chi è impegnato a preparare i massacri in Siria.
Quindi meglio farsi vedere a Soci a disturbare quelli che quei massacri tentano di impedirli.
Così è, e delle gesta dell’intrepida Vladimir Luxuria in Hoduras ci ricorderemo solo di quando esulta con le mutande di Valeria Marini in testa, con Piero Sansonetti, allora direttore di “Liberazione”, che scriveva che per Rifondazione Comunista la vittoria di Luxuria era un po’ come la vittoria di Obama in America. Contenti lui e Bertinotti, oltre che Luxuria. Ma in realtà ex parte subjecti era sensato, perché da quelle parti non andavano oltre nella visione delle cose. Bertinotti elucubrava di «circolo vizioso guerra-terrorismo» e di «guerre ingiuste ma inefficaci» (notate il fantastico “ma”, che dice tutto dell’idiozia del concetto). Più tardi Ferrero si lanciava in un fantasmagorico “Compagne Pussy Riot” (cioè un gruppo sponsorizzato politicamente dalla Clinton, ovvero dalla mandante di gorilla fascistoidi che si dedicano alla mattanza in serie di gay e transessuali), così che l’universo mondo capiva la pregnanza della visione della direzione di Rifondazione riguardo i conflitti mondiali e riguardo i problemi della gente, lasciando migliaia di poveri militanti ad arrabattarsi disorientati e a cercare di capirci qualcosa.
L’importante, ancora una volta, era poter dire “Io c’ero“. C’ero all’evento mediatico, c’ero all’evento di marketing, ho in qualche modo partecipato al fenomeno di cui tutti parlavano. Posso magari perdere ogni appuntamento con la Storia, ma mai un appuntamento al cabaret globale.
Poi qualcuno ancora si domanda come mai i partitini della sinistra radicale stiano sparendo dalla faccia della Terra. Al punto in cui siamo, sarà doloroso ma è l’unico modo perché rinasca qualcosa.
Nel frattempo è meglio distogliere lo sguardo da queste miserie e rallegrarci che in altre parti del mondo le cose sono affrontate in modo molto più serio e infinitamente più dignitoso oltre che più coraggioso.
Ecco un manifesto del Movimiento de Diversidad en Resistencia sul presidente honduregno:
E sapete da cosa si nota che si sta parlando non di un altro continente ma proprio di un altro pianeta? Dal loro slogan:
“¡SOCIALISMO SÍ, HOMOFOBIA NO!“.