Complotti e complottisti, incapaci e servitori

gen 27th, 2014 | Di | Categoria: Contributi

 di Eugenio Orso

Un mio corrispondente di Sistiana-Visogliano, amena località in provincia di Trieste, mi ha inviato una mail avente per oggetto i complotti e i complottisti. Di seguito il testo:

Ecco qua, espresso in buon italiano e quindi non da me, il mio pensiero sui complotti.

Qua il riferimento è locale. Nel mio pensare però, si estende a livello globale.

<< È il principale difetto delle tesi complottiste: sono sempre molto affascinanti perché ogni complotto inizia regolarmente alcuni secoli fa, mette d’accordo centinaia di persone che manco si conoscevano, infila nella sceneggiatura potentissime banche d’affari, logge massoniche, potentati occulti e criminali, servizi deviatissimi e alla fine tutto torna. Poi uno guarda  in faccia Enrico Letta, Fassina, Angelino Jolie o l’ultimo acquisto Toti, ma pure i tecnici tipo Fornero, Saccomanni o Cancellieri, e deve arrendersi a un’evidenza più prosaica: questi non li manda nessuno, nemmeno Picone; si mandano da soli e, quando non rubano, non sanno quello che fanno. >>

Ci sono coloro che ancora non credono all’evidenza. Ci sono quelli che s’illudono di vivere in stati sovrani, governati da una politica tutto sommato autonoma, in qualche modo svincolata dai centri di potere esterni, non soggetta agli organi sopranazionali della mondializzazione che dominano incontrastati la scena. Così, l’enorme debito pubblico cumulato è solo colpa nostra, la perdita di competitività internazionale è imputabile unicamente alla cattiva politica nostrana e alla scarsa lungimiranza degli imprenditori indigeni, la disoccupazione giovanile è un effetto dell’eccessiva tutela garantita ai “vecchi” lavoratori con contratti di tutto favore. Quelli che ci credono sono “delusi di sinistra” ridotti come Linus quando perde la coperta, semi-colti rifluiti nel privato e/o allo sbando, soggetti resi orfani delle ideologie e politicamente impotenti, ex sessantottini che non hanno fatto brillanti carriere all’interno del sistema, quelli che da giovani volevano cambiare il mondo e sono stati beffati dalla piega che ha preso la storia. Secondo costoro, tutto ciò che ci sta accadendo in questi anni è semplicemente il frutto avvelenato dell’incapacità e della pochezza delle cosiddette classi dirigenti politiche, o meglio, tecnico-politiche. Il “Tutti a casa!” degli inefficaci grillini o dei fin troppo effimeri Forconi domina incontrastato le menti e i cuori. Si crede che rinnovando “la classe politica” tornerà a splendere il sole (quello capitalistico, però), torneranno a gonfiarsi i consumi di massa, si moltiplicheranno posti di lavoro e aziende come i pani e i pesci di Gesù, e la demolizione del welfare si arresterà come per incanto. Dietro i fondachi della politica liberaldemocratica dipinti dai media, nell’oscuro “backstage” in cui si decidono le strategie e le politiche da imporre a popoli e nazioni, non ci sarebbe nulla, ma proprio nulla da segnalare. I centri strategici sopranazionali della decisione politica effettiva sarebbero soltanto invenzioni letterarie, buoni spunti per trame di romanzi fantapolitici. In particolare, per noi che viviamo nel vecchio continente e nell’eurozona, non c’è alcun progetto criminale imposto, cioè il famigerato “progetto europeo” che suscita l’improbabilissima chimera degli stati uniti d’Europa. Un progetto, frutto di un complotto, fatto di sopranazionale, trattati più o meno fumosi, bce e moneta unica. Al più si è commesso qualche errore, ovviamente correggibile, quando è stato creato l’euro o si devono ampliare le competenze della bce, perché funzioni veramente come una banca centrale. Più in generale, il “grande complotto” millantato e descritto da ambigui analisti, da giornalisti investigativi e da teorici pazzoidi, per l’appunto definiti spregiativamente complottisti sparando nel mucchio, sarebbe un parto di pura fantasia. Secondo i più sprovveduti fra costoro, superando la fascinazione del complotto nel suo plurisecolare sviluppo, la realtà è molto più semplice di come si cerca di descriverla, l’origine dei mali che ci affliggono addirittura banale. Basta guardare in faccia i politici e i tecnocrati di quest’epoca travagliata, coglierne l’espressione quasi bovina, e concludere che molti fra loro sono destituiti persino del bene dell’intelletto. Si sono fatti da sé, e quando non rubano, pur dovendo rimuoverli dagli incarichi (seguendo la logica semplicistica del “Tutti a casa!”) bisognerebbe cristianamente perdonare loro, perché non sanno quello che fanno. L’inadeguatezza dell’uomo a gestire al meglio sistemi complessi da lui stesso creati e la sua corruttibilità, si rifletterebbero molto bene nell’attuale classe politica e tecnocratica, che ci governa portandoci alla rovina. Ovviamente sottintendendo “colpa nostra, che li abbiamo votati” (ma i tecnocrati non si votano …). Altro che complotti, oscure strategie ordite da oligarchi senza scrupoli che dominano i popoli e s’impossessano delle risorse! Per questi soggetti che nella migliore ipotesi semplificano e banalizzano, aggrappandosi ai “difetti umani” e alla pochezza di molti membri della nostra specie, l’ombra elitista proiettata minacciosamente sul mondo non esisterebbe proprio, le marionette diventerebbero attori protagonisti e i servi … padroncini.

Ho risposto al mio interlocutore con una mail sufficientemente articolata, ma non sono certo che possa servire a qualcosa.

In particolare, pur con sinteticità e semplicità, ho chiarito che ci sono alcuni approcci alternativi nella lettura e nell’interpretazione della realtà (politica, sociale, economica, culturale) in cui viviamo.

  • Teoria delle élite, dal latino eligere, cioè selezionare i migliori. Se vogliamo, anche Cratesiologia – da kratèsis e kratos, dominazione e potere – intesa come studio del potere delle élite dominanti e delle “tecniche” da loro utilizzate nell’arco della storia umana, soprattutto con riferimento alla cosiddetta modernità e agli ultimi due o tre secoli. Si può ammettere l’esistenza del solo conflitto verticale fra gruppi di dominanti, mentre le classi dominate (popolo medioevale, proletariato, post-proletari e ceti medi impoveriti) non hanno, non avranno e non hanno mai avuto alcun potere effettivo. Le masse non potranno fare mai nulla di buono, né liberarsi e liberare l’umanità con moti dal basso, poiché la trasformazione storica è interamente nelle mani dei “migliori”, cioè di quelle che sono ristrette élite, detentrici del vero potere e frutto di una selezione, per così dire, “darwiniana”. Tutte le forme di governo conosciute e applicate nel corso dei secoli – compresa la tanto santificata democrazia – non sono ciò che appaiono o si fa apparire, ma, bensì, altrettanti mascheramenti del potere delle élite. Infatti, seguendo questa scuola di pensiero va a farsi benedire la vecchia triade aristotelico-ellenica Monarchia, Oligarchia e Democrazia, perché esiste, è esistito ed esisterà solo un potere oligarchico. Qualcuno disse che chi controlla il cibo controlla il popolo e chi controlla il denaro controlla lo stato. Questi sono due importanti target elitistici, sempre raggiungi secondo i cosiddetti “complottisti” che osservano, nel nostro presente, come con la diffusione degli organismi ogm si tende a un ferreo controllo dei prodotti agricoli (vedi il gigante Monsanto, o Novartis), mentre con l’esperimento della moneta privata e straniera chiamata “euro” si prepara il terreno per una “moneta unica mondiale”. Non si tratta di aria fritta, o di fantasie, ma di tristi realtà. Gli ogm sono diffusi dagli Usa all’India, passando per l’Europa, e creano una pericolosa dipendenza dai produttori delle sementi, che aspirano con tutta evidenza al controllo mondiale del cibo e addirittura del patrimonio genetico. L’euro ci sta strangolando e il dollaro, quale valuta di riserva, da un po’ di tempo è in discussione. La soluzione finale adottata potrà essere la temutissima (dai “complottisti” e non solo da loro) moneta unica mondiale. Sono tutte minacce reali, concretatesi negli ultimi decenni, e non fantasie dei cultori del complotto. Nella prima metà del novecento ci furono lo svizzero Vilfredo Pareto, Roberto Michels (Robert Michels, tedesco naturalizzato italiano), Gaetano Mosca. Oggi, in Italia, il testimone l’ha raccolto Marco Della Luna, autore, guarda caso, diRoberto Michels , Neuroschiavi, Oligarchia per popoli superflui, il recente Traditori al governo e molto d’altro. Secondo questo approccio, il complotto contro il resto dell’umanità è insito nella fame di potere delle élite, che non possono estinguersi completamente e non possono essere sconfitte con rivoluzioni “dal basso”, giudicate del tutto inutili e fonte di ulteriori sofferenze per la popolazione. Il potere elitista si trasforma e si rigenera perché i dominanti si tramandano, nei secoli dei secoli, le conoscenze e i saperi che stanno alla base del loro potere assoluto, sia pur mascherato da democrazia a suffragio universale, o da meccanismo (im)perfetto autoregolantesi più noto come mercato. Questi sarebbero i veri complottisti, quelli “Dop”, gruppo del quale io sottoscritto – pur apprezzando molte delle loro analisi senza dover condividerne le conclusioni – non faccio assolutamente parte.
  • Teoria della Tecnica. Qui, pur di sfuggita, si può richiamare come padre illustre il filosofo tedesco Martin Heidegger, un vero “topo di biblioteca”, accusato di adesione al nazismo e autore di opere come Essere e Tempo (del lontano 1927). Gestell è l’essenza non materiale della Tecnica, ossia un impianto, o meglio un‘imposizione, che ne sancisce il dominio totalitario. La Tecnica è un meccanismo anonimo e impersonale che in qualche modo imprigiona l’uomo (e l’intero genere umano), al quale non è dato sfuggire. In questo calderone ci infilerei (abusivamente) anche il filosofo francese J.-F. Lyotard del celebre rapporto sulla postmodernità (La condition postmoderne: rapport sur le savoir, 1979), con la sua impersonale “razionalità dell’autoregolazione sistemica”. Si potrebbe affermare, ironicamente, che i politici e “tecnici” italiani, del tutto infedeli nei confronti della nazione, sono anche loro “prigionieri” della Tecnica, ma soprattutto tributari, su un piano più pratico, di potentati esterni come, ad esempio, le grandi banche d’affari internazionali (sicuramente Goldman Sachs per Draghi e, a suo tempo, per Romano Prodi).
  • Approccio storico-strutturale e marxiano, rivalutazione del ruolo veritativo della filosofia, rilettura dell’opera di Marx con piglio critico e ri-elaborazione della sua teoria dei modi storici di produzione sociale, eccetera. Dialettica hegeliana, filosofia degli Elleni, pensiero originale di Marx e pensiero di Preve stanno alla base di questa corrente di pensiero. L’esponente filosofico principale è senza dubbio Costanzo Preve. Questo è il mio approccio alla realtà e questa è la solida base teorico-filosofica che mi consente di elaborare i miei modesti scritti. Qui non c’è la denuncia di alcun “complotto”, nel senso attribuito ai teorici come Pareto e Della Luna, ai giornalisti investigativi, ai “signoraggisti”, a coloro che seguono il Bilderberg club, ma l’affacciarsi, sul piano storico, di nuovi modi di produzione, di nuovi rapporti sociali e di nuove classi dominanti, come la global class neocapitalistica sostituto della vecchia borghesia proprietaria. Vi è la deduzione storica e sociale delle categorie come ci ha insegnato Costanzo Preve, che può evitarci di leggere erroneamente, o strumentalmente, il passato con gli occhi del presente. L’emancipazione umana è possibile non per intercessione divina, per un finalismo della storia che dovrebbe portare automaticamente al comunismo, o per “globalizzazioni” dei mercati imposte dall’alto, ma esclusivamente nel corso storico, che può diventare in ogni momento imprevedibile facendosi beffe delle nostre attese. La storia non potrà finire finché ci sarà la specie umana, smentendo il Fukuyama dell’ultimo uomo, tutto democrazia liberale e mercato al capolinea della storia (eternità del capitalismo), nonché i marxisti che credevano nell’inevitabilità del comunismo (sancita dalla Teoria dei cinque stadi). Si riconosce la possibilità del conflitto verticale fra dominanti e dominati e la possibilità rivoluzionaria, per un completo superamento dello status quo ante. Le opere di Costanzo Preve, le decine di libri da lui scritti, che in questa sede non è possibile elencare per ragioni di brevità, sono i migliori testi per comprendere i lineamenti teorici e filosofici di questo approccio alla realtà, che ci offre, alla prova dei fatti, chiavi di lettura e interpretazioni validissime. In particolare, tornando alla questione che ci interessa, cioè la disonestà e l’incapacità dei politici e tecnici di governo, sopra i quali non ci sarebbe nessuno (“questi non li manda nessuno, nemmeno Picone; si mandano da soli”, come riportato nella mail del mio corrispondente), rileviamo che non è assolutamente così. Il neocapitalismo ha comportato, soprattutto nell’Europa dell’unione, la definitiva trasmigrazione della decisione politico-strategica verso l’alto, dal livello degli stati nazionali a un livello sopranazionale non controllabile dai popoli. Il livello delle cosiddette istituzioni europee, ferreamente dominato dagli interessi della nuova classe dominante globale e dalle esigenze riproduttive sistemiche, il tutto nel quadro più ampio della globalizzazione neoliberista.
  • Decriscismo latoucheano come risposta alla dismisura produttiva capitalistica e agli stili di vita che il capitalismo impone per dominare, riprodursi e velocizzare la creazione del valore finanziario. La crescita economico-produttiva illimitata non è un valore, ma un disvalore per l’ambiente e la socialità. La merce non è il bene, così come il valore di scambio non è il valore d’uso. Si deve tornare al bene e al valore d’uso, innalzando la qualità della vita e abbattendo il pil capitalistico.  Messa in questi termini la questione, non si può che essere d’accordo. Ecco che allora i politici nazionali e i tecnocrati, lungi dall’essere soltanto dei disonesti che rubano a man bassa e/o degli imbecilli con lo sguardo bovino, sono complici e agenti, di terza schiera se non semplici “impiegati”, di un sistema fondato sulla dismisura, che frantuma i rapporti sociali e comunitari originari e sfrutta sconsideratamente le risorse naturali, facendo credere che tutto è rinnovabile. Stati e governi diventano nient’altro che testimonial dell’allargamento dei mercati e della creazione del valore neocapitalistica. Non si tratta di un fantasioso complotto, ordito da entità malvage, quasi stregonesche, contro l’uomo e la stessa Gaia, ma del capitalismo che funziona così e non potrebbe funzionare diversamente. In Italia, il principale interprete delle teorie del professor Latouche è Maurizio Pallante, con la sua decrescita felice e conviviale. E’ chiaro che per arrivare pacificamente a una decrescita veramente conviviale, ci vorrà un cambiamento culturale a trecento e sessanta gradi con tempi quanto meno storici, cambiamento di cui oggi non c’è neppure traccia …
  • Economia politica fortemente critica nei confronti del neoliberismo imperante. In molti casi si guarda al passato e alla riforma del capitalismo di Keynes, riesumando la teoria dell’occupazione, interesse e moneta del baronetto inglese. L’”ingrediente segreto” della zuppa, come nell’esilarante film di animazione Kung Fu Panda (da bravo nonno, guardo i cartoni con il mio nipotino), è l’economia dal lato della domanda che oggi nell’Europa unionista non esiste, perché ha senso compiuto solo se c’è una piena sovranità monetaria. Se non c’è la proprietà della moneta, se questa è saldamente in mani private, l’”ingrediente segreto” viene meno e sfuma la possibilità di alimentare i consumi di massa innescando la funzione propulsiva del deficit statale. Il “complotto” globalista-elitista, in Europa, ha ottenuto con l’euro, la bce e i trattati unionisti proprio questo risultato, ossia lo scippo della sovranità monetaria degli stati nazionali e dei governi, con la complicità, la subordinazione e l’acquiescenza di un’intera “classe dirigente politica”. Non certo composta, come qualcuno crede, da ladruncoli un po’ beoti che se li guardi in faccia capisci tutto, ma da biechi collaborazionisti del nemico neocapitalistico e traditori del proprio paese. Allora si vorrebbe disperatamente tornare, per sfuggire alla morsa depressiva e deflattiva neocapitalistica, a Keynes e al capitalismo novecentesco, quando era possibile, grazie all’interventismo statale, al deficit pubblico e al possesso della moneta riattivare i consumi e le produzioni, espandendo l’occupazione. In Italia, su questo versante è molto attivo il giornalista e keynesiano di ferro Paolo Barnard, che spiega l’economia alternativa al pubblico indistinto, denunciando l’”economicidio” in atto nella gabbia televisiva di Paragone (su La7). Per molti aspetti, Barnard ha sicuramente ragione, ma c’è un ma, perché concentrando tutta l’attenzione sull’economia non si coglie la portata dell’offensiva europoide e neocapitalistica contro i popoli e le nazioni. In verità ciò che servirebbe, non restringendo la visuale ai soli aspetti economici, non è un’economia politica critica dentro l’orizzonte capitalistico, ma una complessiva critica dell’economia politica, oltre l’orizzonte capitalistico, nel senso dato a questa espressione da Karl Marx attraverso la sua opera complessiva. Una critica che ci allontani dalla trappola dell’economicismo e contempli anche altri piani, sui quali il neocapitalismo ha sviluppato i suoi punti di forza (aspetti antropologico-culturali, strutturazione sociale, stili di vita, propaganda, eccetera).

Chiarito quanto precede, Letta, Fassina, Alfano, Fornero, Saccomanni, Cancellieri, con i Napolitano, i Bersani, i Renzi, i Cuperlo, i D’Alema, i Civati e numerosi altri, non sono che sub-dominanti locali con pochissima autonomia, i quali gestiscono il potere, in Italia, per conto della nuova classe dominante globale, sempre attenti ai diktat degli organismi sopranazionali di riferimento, come la bce, la commissione e il fmi. Sempre pronti a non scontentare, autonomizzandosi un po’ troppo quanto a politiche applicate, il potentissimo padrone (che li sostituirebbe seduta stante). Chiaro che non può trattarsi di grandi personalità, destinate a passare alla storia e animate da un originale progetto “demiurgico” di trasformazione del mondo! Esemplifico meglio, metaforizzando un po’. Il servo “astuto” – che mi pare si scriva in latino servus callidus – è abbastanza utile al padrone e gli è in qualche modo fedele, anche se pasticcione, dedito agli intrallazzi e opportunista. Personaggio di commedie da Menandro a Plauto e oltre, difficilmente potrebbe prendere iniziative ribellistiche e danneggiare il potere vigente, o addirittura mettersi in testa di tentare la scalata dell’”Olimpo”, scalzando il padrone, poiché il suo obbiettivo è essenzialmente quello di sopravvivere al meglio, nella condizione di servo, riempendosi il più possibile la pancia. Il servitore un po’ troppo riottoso e indisciplinato, invece (come il Berlusconi politico), indipendentemente dalla sua maggiore o minore astuzia o dai suoi appetiti personali (e Berlusconi ne aveva e ne ha ancora), non è gradito ai veri dominanti, all’élite suprema, perché può fare danni e cagionare molti fastidi (infatti, il “povero” Silvio, che nicchiava sulle riforme richieste dalla bce, l’hanno sostituito con lo pseudotecnico Monti). L’ideale sarebbe il pedissequo, figura di schiavo che nella Roma antica seguiva a piedi sempre e ovunque il padrone, per soddisfare in qualsiasi momento i suoi desideri. Se erano per strada e il padrone aveva sete, il pedissequo che lo seguiva come un’ombra andava immediatamente alla fontana, a prendere un po’ d’acqua per dissetarlo. Il pedissequo, in quanto “seguace” privo di originalità e personalità (pedis e sequus, dal latino), non prende iniziative, non è intrallazzatore e opportunista come il callidus e non può costituire un fastidio, come il servo riottoso e indisciplinato. In Italia, i dominanti globali hanno un grande serbatoio di pedissequi, cioè di servi senza personalità e senza etica che obbediscono unicamente alla Voce del Padrone, immemori del dovere di fedeltà al popolo e alla nazione. Questo contenitore (sub)politico, come tutti sanno o dovrebbero sapere, si chiama pd. Alfano e Saccomanni non sono del pd, ma è ovvio che ci sono anche venduti, lacchè e servi di diversa provenienza. Se questi miserabili rubano, rubano principalmente per conto del padrone sopranazionale (vedi privatizzazioni, ultima quella delle Poste per qualche miliardino di euro), aspettando che questo, soddisfatto del loro agire, gli getti l’osso da spolpare sotto il tavolo. E’ chiaro che essendo adusi a servire il padrone, contro gli interessi di quello che dovrebbe essere il loro paese, lasciati a se stessi non sanno più ciò che fanno e possono sentirsi sperduti. Immaginiamo lo smarrimento del pedissequo, abituato a servire in silenzio per lunghi anni, ormai specializzato nel ruolo, che improvvisamente perde il suo padrone. Ma non per questo bisogna perdonarli, o peggio assolverli, banalizzando le loro colpe e facendoli passare per ciò che non sono, cioè degli sprovveduti, incapaci e in qualche caso mezzi scemi, buoni soltanto per rubacchiare. Non perdonateli, perché sanno il male che fanno. Sono colpevoli almeno quanto lo erano i kapò dei campi di concentramento nazisti, o i collaborazionisti slavi nell’Europa dell’est sotto il tallone tedesco, ai tempi della seconda guerra mondiale.

Ah! Quasi dimenticavo … lo scritto riportato in mail dal mio corrispondente è niente di meno che del giornalista Marco Travaglio, un noto liberale e filo-sionista. Di sicuro non un ingenuo credulone. Che faccia parte anche lui del “complotto elitista”, visto ciò che scrive? Come si sa … per tutti i mafiosi la mafia non esiste!

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