Il teorema della Merkel
nov 11th, 2013 | Di Maurizio Neri | Categoria: Capitale e lavoroAlternativlos, “senza alternative”: è questo il teorema di Angela Merkel, la “parola chiave” alla cui luce si può leggere la politica tedesca e, con essa, quella dominante nell’odierna Europa, il lager economico di cui siamo prigionieri. Tale teorema si pone come successore logico e cronologico del there is no alternative di Margaret Thatcher.
Tutte le scelte politiche vengono oggi compiute – non solo dalla Merkel, sia chiaro – sotto il segno della presunta inesistenza di alternative. In questo modo, le scelte soggettive, sempre in senso oscenamente neoliberale, in direzione della privatizzazione selvaggia e della liberalizzazione integrale, vengono presentate come necessitate, sistemiche, obbligate e inaggirabili: l’effetto, fin troppo noto, è sempre quello della deresponsabilizzazione degli attori sociali, le cui scelte soggettive sono, appunto, puntualmente rimandate alle sacre e indiscutibili leggi del sistema, alla situazione emergenziale indotta dalla crisi. Quest’ultima – per chi ancora non l’avesse capito – non è un fenomeno passeggero, ma è un preciso modo, avrebbe detto Foucault, di “governamentalizzare” le esistenze, piegandole alle decisioni neoliberali presentate subdolamente come necessità emergenziali dettate, appunto, dal tempo della crisi.
Del resto, è ampiamente noto che l’odierno mondo capillarmente pervaso dalla forma merce non pretende di essere perfetto: semplicemente nega l’esistenza di alternative, convincendo le menti non delle proprie qualità, ma del proprio carattere fatale, intrascendibile e destinale. Ha scritto Zygmunt Bauman (La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli 2000, p. 80): “I criteri della ragione e razionalità dell’azione, adottati in passato per guidare l’attività di definizione dell’agenda svolta dalle istituzioni politiche moderne, non si applicano più all’agenda svolta dal gioco delle forze di mercato. Quest’agenda non è né razionale né irrazionale, non risuona dei precetti della ragione né milita contro di essi. Semplicemente, essa è, così come sono le catene montuose e gli oceani: un’apparenza che trova spesso conferma nella frase preferita dei politici: ‘non ci sono alternative’”.
L’assenza di alternative è il modo in cui la coartazione che le tradizionali dittature ottenevano tramite la violenza nella sua forma esteticamente più lampante viene oggi garantita in forma impersonale e anonima, come se, appunto, fosse responsabilità univoca del sistema della produzione.
Il mondo del fanatismo dell’economia non permette chanches: impone l’adattamento ai suoi movimenti sottratti – con buona pace di Habermas – a ogni agire comunicativo e a ogni etica del discorso. Ciò si traduce, nell’immaginario comune, in formule che, nella loro limpidezza, valgono anche più della “vuota profondità”, come la qualificava Hegel, dei sofisticati sistemi filosofici in cui non di rado trova oggi cittadinanza (in primis nel rifiorire di vecchi e nuovi realismi): “non c’è più niente da fare”, “non esistono alternative”, “il mondo non può essere cambiato”, “ce lo chiede l’Europa”, e molte altre ancora dello stesso tenore.
In questo scenario, il teorema della Merkel esprime con grande trasparenza la spirito del nostro tempo, in cui destra e sinistra esprimono in forme diverse lo stesso contenuto e, in questo modo, rendono possibile l’esercizio di una scelta manipolata, in cui le due parti in causa, perfettamente interscambiabili, alimentano l’idea della possibile alternativa, di fatto inesistente.
Vi è, a questo proposito, un inquietante intreccio tra i due apoftegmi attualmente più in voga presso i politici – “non esistono alternative” e “lo chiede il mercato” –, intreccio che rivela, una volta di più, l’integrale rinuncia, da parte della politica, a operare concretamente in vista della trasformazione di un mondo aprioristicamente sancito immodificabile e – con la grammatica della Merkel – alternativlos.
È sul dogma dell’assenza di alternative, del resto, che è costruita l’odierno ordine eurocratico, come ricordavo poc’anzi. La Germania riesce oggi a ottenere con lo spread, con le sacre leggi dell’economia, della finanza e del debito, ciò che non era riuscita a ottenere nella seconda Guerra Mondiale con i carri armati.
In particolare, l’integralismo dell’economia riesce a ottenere, con le leggi anonime e impersonali del mercato, ciò che le dittature tradizionali potevano raggiungere solo mediante l’uso delle armi e dei carri armati. Il sofisticato teorema dell’assenza di alternative è l’ideologia di una classe dominante che vuole perseguire il perverso sogno della soppressione delle alternative, trasformando l’esistente in necessità sistemica, in unica realtà possibile.
Dichiarare il mondo intrasformabile è il primo passo da compiere per renderlo effettivamente tale, alternativlos. Compito di un pensiero autenticamente critico è oggi, più che mai, riaprire il senso della possibilità oggi desertificato dall’imperante mistica della necessità.