Banditismo sociale in India

set 15th, 2013 | Di | Categoria: Cultura e società

India

di Antonella Ricciardi

Pochi luoghi, al pari dell’India, hanno esercitato un fascino imperituro, in Europa: fascino spesso intriso di suggestioni mistiche, arcane, impregnate di esotismo. Eppure, sia l’immagine che in Europa si ha di un’India “fantastica”, che quella di un’India più legata alla realtà quotidiana, con i suoi progressi futuristici, e con i suoi problemi che si radicano nella notte dei tempi, vede spesso, da parte di gran parte degli europei, la mancanza di conoscenza, a volte totale, altre parziale, di aspetti fondamentali della vita sociale e culturale dell’India contemporanea.

Un esempio simbolicamente importante, tra i vari, è legato alla figura della celebre “regina dei banditi”, Phoolan Devi, popolarissima in India, già dai primi anni ’80, e semi-sconosciuta in Occidente. Solo da meno di un ventennio la conoscenza della vicenda di questa donna indiana, divenuta leggendaria in Patria, si è lentamente affacciata in Europa, attraverso, soprattutto, la traduzione di un’autobiografia, molto bella, intensa e sconvolgente, tradotta nelle principali lingue europee, e raccolta da due studiosi e scrittori europei (la francese Marie-Thérèse Cuny e l’inglese Paul Rambali); il titolo originario di tale opera, edita con la Sperling & Kupfer, è “Io, Phoolan Devi”, ma è stato pubblicato in italiano con il titolo “Le mie cento vite”, con allusione metaforica alle molto numerose volte in cui Phoolan era riuscita ad uscire da situazioni ai limiti…  la toccante vicenda di Phoolan, così,  ha ispirato articoli giornalistici, documentari, qualche lavoro teatrale. Inoltre, la diffusione di un celebre film del regista indiano Kahpoor (sia pur solo in parte rispondente alla realtà storica), circolato soprattutto in Inghilterra, e le più recenti vicende riguardanti la stessa Phoolan, che nel 2001 è stata vittima di un delitto politico, mente era impegnata a portare avanti i diritti dei più poveri con il partito socialista Samajwadi, hanno avuto una parte nella scoperta di questo personaggio. Spirito dell’India povera, in cerca di un giusto riscatto, la storia di Phoolan ne rappresenta, in realtà, milioni e milioni di altre: la sua vicenda, infatti, è un concentrato di temi, che variano dai problemi legati alla ricerca della giustizia sociale, in luoghi dell’India ancora feudali, dove la divisione in caste, abolita per legge da decenni, di fatto ancora sussiste,alla condizione della donna, frequentemente ancora in condizioni di drammatica marginalità, nel mondo rurale dell’India dei villaggi.

Per introdurre, comunque, alla toccante vicenda di Phoolan, e del contesto umano che fa da sfondo alla sua vicenda, è illuminante ricordare alcune considerazioni espressa dalla stessa Phoolan… tra queste, le seguenti, tra le tante, dalle quali emerge la consapevolezza dell’ingiustizia sociale che segna fin dalle origini e condiziona la sorte: “Per fare qualcosa di diverso, non dovevo nascere donna in una famiglia povera”, ed ancora “Non so nè leggere nè scrivere. Questa è la mia storia…”. Questa ed altre riflessioni, dalle quali emerge un dolore reale, infatti, esprimono, in modo limpido e molto lucido, il cuore del problema, che ha riguardato questa donna straordinaria, ma anche molte altre, sia pur, naturalmente, in circostanze mai del tutto identiche… Phoolan era nata nell’India del XX secolo, sebbene la sua storia sembri, a tratti, provenire da un passato remoto e non prossimo. Era venuta al mondo nel 1963 (sebbene alcuni dati facciano riferimento al 1957… Phoolan, tuttavia, aveva sempre affermato che la data veritiera fosse la prima), in un villaggio dell’Uttar Pradesh, Gurha Ka Purwa: vicino la metropoli di Mirzapur, nell’India settentrionale. Il suo nome aveva il significato poetico di “Fiore di Dio”, poichè la piccina era nata durante la festa dei fiori, nel periodo della  stagione delle piogge. Il nome fu uno dei pochi richiami gentili della sua infanzia. Vissuta, infatti, in una famiglia di bassa casta, i barcaioli, “mallah”, Phoolan, pur amata dai genitori, dalle tre sorelle, Rukmini, Rakmali (detta Choti), Bhuri, e dal fratellino, Shiv Narayan, soffrì in prima persona l’oppressione sociale di cui era vittima la sua famiglia.

Nell’infanzia, Phoolan era una bambina vivace, con molti slanci: pur avendo cominciato tardi a parlare con gli altri, dato che inizialmente “parlava solo con se stessa”, la bambina si faceva molte domande…c’erano giorni, ad esempio, in cui cercava Dio (pur essendo teoricamente politeista, la religione induista a volte vede interpretazioni che considerano gli dei espressione di un’unica potenza divina…per cui, a volte, anche tra loro l’espressione Dio viene usata al singolare). Phoolan, così, cercava Dio nel fiume Yamuna, dove venivano deposte le ceneri dei defunti, e si chiedeva se Dio le somigliasse. Il padre, Devidin, un uomo mite ed umile, le aveva spiegato che Dio fosse dappertutto; Phoolan si era interrogata anche sui musulmani, immaginandoli diversissimi…il padre, ancora una volta, le aveva spiegato che fossero, invece, persone non diverse da loro, che però, invece che andare nei templi, pregavano nelle moschee. Phoolan faceva ipotesi anche sulla vita dopo la morte, pensando, con una sorellina (non diversamente dai bambini di altri luoghi del mondo), di potere andare, dopo, su una stella: un astro che le somigliasse…non luminoso come le altre stelle, ma scuro come la sua carnagione..la stella “Kara” (nera), che faceva solo ombra…

La serenità di questi anni della prima infanzia, però, veniva turbata dalla vita di povertà del luogo… La madre di Phoolan, Moola, era una donna fiera, ma piegata ed indurita dalle ingiustizie; Phoolan, più volte, affermò di sentirsi come lei: “con troppa rabbia dentro…”. Il nucleo familiare di Phoolan, già di per sè numeroso (i figli viventi dei suoi genitori erano, appunto, cinque, ma vi erano state anche due gemelline, decedute poco dopo la nascita), dovette affrontare difficoltà ulteriori, dovute ad un sopruso avvenuto anni prima: il padre di Phoolan, infatti, era stato defraudato di gran parte della sua terra dal fratello Bihari..il figlio di Bihari, Mayadin, aveva continuato, secondo la  narrazione di Phoolan, ad avere un atteggiamento arrogante verso i parenti prossimi, ormai proprietari solo di una minuscola porzione di terra. I genitori di Phoolan avevano subito, così, varie persecuzioni giudiziarie ed erano stati pubblicamente picchiati, poichè si erano notevolmente indebitati, a causa delle espropriazioni subite: per tali motivi, avevano cercato un miglioramento della situazione economica dando in sposa la piccola Phoolan, a soli 11 anni, ad un vedovo di 35 anni: scelto anche perchè, in tale caso, la dote richiesta alla famiglia della sposa era minore. In cambio di una mucca e di una bicicletta, così, Phoolan venne consegnata ad un uomo che descriverà in quanto brutale, alcolizzato e giocatore d’azzardo accanito. In realtà, i genitori di Phoolan, pesantemente indebitati, cercavano, con tale matrimonio, un sollievo economico; nell’India rurale del tempo non erano rari matrimoni anche in età infantile…tuttavia, veniva considerato fondamentale che l’abitare insieme e l’unione sessuale tra gli sposi avvenisse, comunque, dopo l’inizio della pubertà. Erano diversi i casi, così, di matrimoni celebrati in età molto precoci, in cui gli sposini, però, iniziavano ad abitare insieme dopo degli anni; erano, peraltro, usanze di villaggio, in quanto la legge prevedeva i 18 anni per sposarsi di propria iniziativa del tutto autonoma. I genitori di Phoolan avevano cercato di proteggere la figlia da precoci ed innaturali attenzioni da parte del marito, cercando di convincerlo ad aspettare alcuni anni prima di prendere con sè la figlia, la quale, oltretutto, ancora non era maturata fisicamente, non avendo ancora visto il sorgere del ciclo mensile. Tuttavia, Putti Lal, questo il nome del marito, aveva insistito nel volerla portare con sè, nel suo lontano villaggio, affermando che Phoolan potesse essergli utile per le faccende domestiche, ed aggiungendo, comunque, che avrebbe aspettato riguardo la consumazione del matrimonio.

Sotto il ricatto della necessità economica, così, i genitori della bambina avevano ceduto. Questa triste situazione si era trasformata in una vera disgrazia per Phoolan, la quale si era trovata ad essere non solo schiava domestica, ma anche sessuale del marito, che, in breve tempo, l’aveva più volte violentata, mentre la ragazzina non poteva neppure comprendere chiaramente cosa le stesse succedendo. Solo a tratti, Phoolan era stata difesa da alcuni abitanti del nuovo villaggio, e dallo stesso suocero, che si era dichiarato disgustato dalle turpi e depravate azioni del figlio, intimandogli di non pensare di avvicinarsi alla ragazzina prima di alcuni anni… Putti Lal, tuttavia, aveva un atteggiamento altalenante, oscillante tra il fare entrare altre donne, stavolta adulte, nella sua stanza da letto (nonostante le proteste del padre, che gli ricordava, comunque, che ormai fosse sposato), ed il continuare a sottoporre a violenze la sventurata fanciulla… In questo contesto, misero e degradato, la situazione era precipitata ulteriormente: Phoolan, forse anche per le poche cure cui era stata sottoposta, si era seriamente ammalata…Qualcuno del villaggio, così, avendo avuto compassione per la sorte della piccola, e trovando ingiusta la sua situazione, aveva avvisato i suoi genitori, i quali erano, così, tornati a riprendere Phoolan, dato che non riceveva abbastanza cure.  Il padre e la madre, così erano stati accolti dalla proteste di Putti Lal, ma anche dall’accoglienza più umana del suocero di Phoolan, il quale aveva regalato alcune rupie (la moneta locale) alla fanciulla. Phoolan, così, era riuscita a tornare al villaggio natìo, dove i genitori avevano appreso, con rabbia e dolore, degli abusi subiti dalla figlia: essi avevano, così, deciso di considerare non più valido il matrimonio di Phoolan, restituendo a Putti Lal i gioielli che erano divenuti di Phoolan con il matrimonio.

Le vicende di Phoolan, da questo periodo, alla sua vita coi banditi, sono varie, ma ancora marcatamente caratterizzate dall’ingiustizia: la giovanissima non riuscì a liberarsi subito da Putti Lal, che temporaneamente riuscì a riprenderla e torna a torturarla, prima che Phoolan riuscisse a ritrovare la strada per la libertà. Il suo carattere indomito non sopportava le vessazioni che i membri della sua comunità, appartenenti alla casta più bassa della gerarchia induista, subivano da parte dei latifondisti locali, che spesso li sfruttavano  e consideravano un atto dovuto che le povere fossero a loro disposizione: così, due di loro entrarono con la forza nell’abitazione di Phoolan, che all’epoca aveva circa 14 anni, violentandola davanti ai suoi genitori. Phoolan che all’epoca si era sentita quasi soffocare per la rabbia e l’umiliazione, anni dopo ricorderà queste drammatiche circostanze con queste parole, volte a considerare anche quanto il linguaggio stesso, spesso, non renda abbastanza quanta sofferenza ci sia dietro tali vissuti: “Voi lo chiamate stupro, nel vostro vocabolario manierato,ma avete idea di cosa è la vita in un villaggio indiano? Quel che chiamate stupro avviene ogni giorno alle donne povere. E’ dato per scontato che le figlie dei povere siano ad uso dei ricchi. Per loro, non siamo loro proprietà…”. Attualmente, con i drammatici casi, all’ordine del giorno, sulle violenze carnali in India, tali parole ancora di più, tristemente attuali: ciò che è cambiato è una maggiore consapevolezza sociale del problema…Moralmente ancora più devastante dello stupro stesso, forse, fu per Phoolan la reazione di poliziotti, evidentemente corrotti e già vicini ai thakur (proprietari terrieri) autori del misfatto: dopo averla schiaffeggiata, le fu detto “Possono anche averti violentata, e allora? Non ti vergogni a venire qui ad accusarli? Come osi diffamare cittadini rispettabili? I thakur fanno un buon lavoro, tenendo in riga gente come te…”. L’oltraggio dello stupro si era addirittura ripetuto, perpetrato dalla stessa tipologia di soggetti, poco tempo dopo; il padre, Devidin, pur affranto, tendeva al fatalismo, affermando che, purtroppo, quello fosse il loro destino, in quanto poveri, e raccontando di disgrazie ancora peggiori: ad esempio, della storia di una ragazza, rapita da criminali thakur, e costretta a servirli con il suo corpo, di villaggio in villaggio; tuttavia, Phoolan non si era rassegnata…in un certo momento, aveva affermato: “Perché è il mio destino? Non sono diversi da noi, hanno lo stesso sangue nelle vene. Noi abbiamo il nostro orgoglio e loro il loro, quindi perché noi?”.

In quel periodo, poi, Phoolan era stata accusata di avere commesso furti di oggetti di calore in casa del cugino Mayadin: Phoolan, pur subendo la brutalità della polizia, riuscì, con l’aiuto di un avvocato, a dimostrare di essere stata altrove: era andata, infatti, ad accompagnare la sorella maggiore, Rukmini, ad abortire. Anche questo evento era legato alla povertà: la giovane Rukmini aveva già quattro bambini, e temeva che un quinto non potesse, comunque, sopravvivere; successivamente, Rukmini arrivò a farsi sterilizzare, tanto era spaventata dalla miseria… Pur istintivamente preferendo, entrambi, una possibilità diversa dall’aborto, il marito di Rukmini e Phoolan avevano, comunque, cercato di stare accanto alla ragazza, e Phoolan l’aveva, appunto, accompagnata…   Gli eventi, poco dopo, subirono un’accelerazione: Phoolan venne presa con sè da un banda di predoni. L’episodio è controverso… varie furono le versioni al riguardo: secondo alcuni venne venduta, secondo altri si unì volontariamente… Alcune circostanze, narrate dalla stessa Phoolan, possono far ipotizzare che ella si sia unita volontariamente ai banditi, esasperata dalle angherie subite: poco tempo prima, era stata difesa dal cugino Kailash e da altre persone, contro i notabili del villaggio, e correva voce che qualcuno, armato, la proteggesse già lì; alcune fonti, non confermate dalla donna, sostennero che Phoolan si era unita a Kailash in un matrimonio religioso. Tuttavia, Phoolan, comunque, dichiarò, al riguardo di essere stata rapita, probabilmente su suggerimento di coloro che già le avevano reso ardua la vita nel suo villaggio.

La banda di briganti era composta da componenti di vari strati sociali: c’erano soprattutto poveri, ma anche alcuni rappresentanti di caste più elevate. Il capobanda, Babu, era un uomo brutale, anche lui incline ad abusare delle donne: tuttavia, Phoolan viene presa sotto la protezione di Vikram Mallah, un giovane della stessa banda, che riescì a sopraffare Babu. Vikram era, a sua volta, un mallah, secondo il richiamo del suo stesso cognome, e, pur essendo un fuori-legge, cercava di rispettare alcuni “codici d’onore”, tra cui il rispettare le donne, il non uccidere nemici mentre sono inermi, ad esempio nel sonno, il cercare di aiutare i poveri oppressi da strutture sociali ancora feudali. Abituata a trovare uomini che volevano essere serviti e chiedevano obbedienza, Phoolan troverà in Vikram un uomo che le chiederà, con gentilezza, se lo trovasse degno di lei… Quando Vikram la baciò, per Phoolan fu il primo bacio, dato che in passato aveva subito solo brutali violenze sessuali… Phoolan diventa in breve tempo, nella giungla, la nuova moglie di Vikram, che la difese, coi suoi uomini, dalle insidie del mondo: ciò che i genitori di Phoolan non erano riusciti a fare, per la schiavitù economica, e che la polizia corrotta aveva rifiutato di attuare… In seguito, Phoolan scoprì dallo stesso Vikram che egli fosse già sposato: in effetti era possibile, sebbene raro, che degli induisti potessero avere più di una moglie: di solito, avveniva quando ci si fosse sposati molto giovani, senza una maggiore formazione della propria personalità; all’inizio, Phoolan aveva provato rabbia nell’apprendere ciò, ma poi si era calmata, dato che era una cosa avvenuta prima che si conoscessero, e Vikram le aveva raccontato la verità; anche la prima moglie di Vikram, abituata fin da piccola a questa mentalità, aveva avuto modo di conoscere ed accettare Phoolan.

Phoolan confidò a Vikram anche gli orrori vissuti con Putti Lal: Vikram, che pure nella sua vita di bandito ne aveva viste tante, rimase attonito: si fece giurare che la cosa fosse vera, e le disse che doveva dimenticare ciò, sebbene, prima, fosse giusto che avesse un po’ di giustizia per le angherie subite. Una delle azioni attuate dalla banda guidata da Vikram e Phoolan fu, così, un duro pestaggio ai danni dello stesso Putti Lal…  Vikram dichiarò di essere lui, adesso, il marito della giovane, mentre Phoolan non volle che Putti Lal venisse ucciso, ma che portasse addosso, per il resto della sua vita, i segni di quella rivalsa. Accanto a Putti Lal, ferito, venne lasciato un cartello, in cui venne scritto che questo era ciò che doveva accadere a persone più che adulte che approfittino di ragazzine. Per qualche tempo, pur in una condizione di grande precarietà, Phoolan conobbe l’amore e fu felice con Vikram; tuttavia, questa stagione della sua vita si rivelò breve: poco tempo dopo, Vikram venne assassinato, nel 1980, da banditi rivali, appartenenti ad una fazione di estrazione thakur.

In quei giorni, il dramma di Phoolan toccò un apice: straziata per l’assassinio del suo uomo, venne tenuta prigioniera dai suoi aggressori, che vollero che venisse violentata per settimane, di villaggio in villaggio. Da varie ricostruzioni, sembrerebbe che guadagnassero anche dal permettere a vari uomini di abusare di Phoolan, mentre lei, tutt’altro che consenziente, veniva tenuta immobilizzata… Ancora una volta, però, la sorte di Phoolan si dimostrò imprevedibile: apparentemente intenzionato ad abusare di lei, si presentò anche un anziano bramino…un uomo di alta casta, che però aveva sempre trattato Phoolan con gentilezza e rispetto: la ragazza era sconvolta all’idea che anche lui potesse pensare di approfittare in modo turpe della sua condizione… In realtà, l’uomo era lì per cercare di aiutarla, sebbene avesse dovuto fingere di essere intenzionato a condividere i criminali intenti degli altri. Egli aveva, così, aiutato Phoolan a fuggire, affermando anche che era una persona rispettata, ed i membri della gang non avrebbero osato fargli del male… Phoolan aveva, così riacquisito la libertà, ma la sorte del bramino era stata crudelmente sventurata: era deceduto, infatti, in seguito all’incendio appiccato alla sua abitazione, per rappresaglia rispetto al suo ruolo nella liberazione di Phoolan, che era stato scoperto.

Phoolan, invece, sopravvissuta agli stenti, oltre che alle violenze di gruppo, riuscì a raggiungere gli uomini di Vikram, che la riaccolsero e, anche per il valore da lei dimostrato mentre al suo fianco, la considerarono loro leader. La banda era composta sia da induisti poveri che da musulmani, i quali, solitamente, erano in povertà quanto i mallah; inoltre, la non ammissione delle caste, almeno sul piano dei principi, da parte dei musulmani, rendeva più facile e fruttuoso il rapporto di Phoolan con essi. La tolleranza religiosa era naturale nel gruppo guidato da Phoolan, ed i suoi uomini, a loro modo religiosi, donavano offerte sia ai templi induisti che alle moschee. Fedelissimo a Phoolan, in particolare, era il leale Man Singh, induista: da lei considerato un braccio destro, amico col quale avere un legame improntato a vera fratellanza morale. Phoolan, così, era a capo di una “formazione”, tra il banditesco ed il rivoluzionario, che usava la forza dei fucili, saccheggiando i beni dei più ricchi della regione, oltre che intimidendo la polizia: una volta, depredarono anche il palazzo di un maharajah (pur non avendo più un valore legale, le famiglie nobili, in India, conservavano, solitamente, i propri beni, comprese sfavillanti dimore principesche…). Phoolan aveva notato, con irritazione, che la bellissima dimora del nobile era tanto vasta che avrebbe potuto ospitare tutto il suo villaggio… Gran parte dei soldi rubati, però, venivano regalati, da Phoolan e Man Singh in persona, ai poveri della regione: soprattutto alle donne senza mezzi. Inoltre, per approvazione generale del gruppo, Phoolan era diventata colei che giudicava i casi di abusi nei villaggi della regione: in particolare, ella puniva i proprietari terrieri sfruttatori ed i violentatori, che spesso erano le stesse persone.

Phoolan era convinta che quello fosse l’unico modo per avere giustizia, dato che la sua esperienza le aveva mostrato quanto la polizia non desse ascolto alla voce dei poveri; la giovane donna si considerava uno strumento di Durga, la dea induista della giustizia…già al tempo in cui era stata lei a subire abusi sessuali, aveva infatti pregato Durga, la dea che, pensava, dava forza ai miserabili, di resistere e non piegarsi alle umiliazioni, cosa che invece accadeva a tante altre donne. In particolare, queste erano le parole più accorate, di una preghiera che spesso ella rivolgeva a Durga: “Canta delle mie gesta/Narra le mia battaglie/Come sconfissi i demoni/Perdona le mie colpe/E concedimi la pace”.   Il fenomeno definito “banditismo”, così, aveva in parte connotazioni di guerriglia sociale, sia pur in forma solo in parte auto-consapevole. Le azioni della banda di Phoolan erano quasi sempre incruente: tra le poche eccezioni vi fu l’eccidio di Behmai, la località dove, secondo Phoolan, si nascondevano i complici di Sri Ram, il bandito rivale, responsabile dell’assassinio di Vikram e delle torture ai suoi danni. Ventidue uomini, tutti appartenenti alla casta dei proprietari terrieri thakur, considerati suoi seviziatori, furono uccisi, e diverse feriti, durante l’attacco al villaggio, nel 1981. La polizia mise una taglia sulla testa di Phoolan, che superava le 11.000 rupie. Per alcuni anni, però, la giovane donna continuò a vivere alla macchia con i suoi uomini, continuando a condurre atti di banditismo-guerriglia a favore delle caste basse: sembrava imprendibile..si diffuse la voce che potesse diventare invisibile, mentre molti, tra i più derelitti, la divinizzarono.

Tuttavia, Phoolan ed i suoi uomini si resero conto che, in quel modo, non poteva durare a lungo: fu intavolata una trattativa tra la banda, da una parte, e gli organi di polizia e governo, dall’altra…circostanza che rende l’idea anche dell’appoggio sociale di cui godeva il gruppo, che gli forniva maggiore potere contrattuale. Inoltre, è possibile che, da parte del governo, ci fosse un reale tentativo di arrivare ad una pacificazione della regione, dove la devianza aveva, chiaramente, forti radici nella reazione ad ingiustizie sociali, attuali ed ancestrali. Nella trattativa furono coinvolti gli Stati federati indiani di Uttar Pradesh e Madhya Pradesh, e vi ebbe un ruolo la stessa premier dell’India, Indira Gandhi, che s’impegnò personalmente a salvaguardare l’incolumità personale di Phoolan e dei suoi uomini; Phoolan stessa le fu grata, ed affermò, anni dopo, di aver pianto lacrime amare dopo aver saputo che Indira Gandhi fosse deceduta a causa di un attentato… Le condizioni essenziali poste da Phoolan, ed accolte, erano le seguenti: che venisse evitata la pena di morte, ivi tramite impiccagione, per lei e gli uomini della sua banda; di una condanna non superiore agli otto anni di carcere; di essere giudicati ed imprigionati nel Madhya Pradesh e non nello stato originario dell’ Uttar Pradesh, dove governavano i thakur, per cui c’era una maggiore probabilità che vi fossero pregiudiziali contro di loro; che in prigione non venissero separati, e venissero ben nutriti; che la sua famiglia venisse trasferita, a sua volta, nel Madhya Pradesh, dove poteva essere meglio accolta, e le venisse fornita una porzione di terra pari a quella che le era stata rubata.

La resa di Phoolan, avvenuta, nel febbraio 1983, alla presenza di molte migliaia di persone, tra folla locale, poliziotti, giornalisti, politici, fu spettacolare: la giovane donna, accompagnata da Man Singh e da altri 12 uomini della banda, che pure si arresero, depose fiori davanti al ritratto del Mahatma Gandhi, in segno di abbandono della violenza; elle depose, poi, le armi di fronte al primo ministro del Madhya Pradesh, toccandogli i piedi, in segno di umiltà. La cerimonia, voluta dai governanti di quel territorio, era della stessa tipologia di altre, che avevano visto la resa negoziata di altri banditi con motivazioni sociali. Una delle sorelle di Phoolan, a proposito delle drammatiche ed estreme circostanze che avevano portato Phoolan sulla via del banditismo, aveva espresso questa riflessione, densa di significato: “Dio trasforma gli uomini in santi, ma degli uomini hanno trasformato una donna in bandito…”.

Phoolan scontò, in realtà, 11 anni: tre più del previsto, in quanto a differenza di altri membri della sua banda, che avevano accettati, successivamente, di essere estradati nell’Uttar Pradesh, che aveva fornito garanzie di incolumità, aveva preferito rimanere lontana da quel luogo. I capi di imputazione che la riguardavano concernevano rapine ed omicidi, ma la Devi non venne, effettivamente, processata; si trovò un accordo politico-giudiziario, per cui si ritenne che aveva ormai, comunque, scontato la pena che le sarebbe potuta essere comminata. Phoolan varcò i cancelli della prigione, così, nel 1994. Tornata in libertà, dopo qualche tempo si sposò nuovamente, stavolta con un deputato, oltre che agente immobiliare di Delhi: Umaid Singh. Nella loro casa di Delhi, Phoolan ed Umaid tenevano insieme i ritratti di Durga, di Buddha, di Gesù Cristo e di Bhimrao Ambedkar, uomo politico che, nato paria (intoccabile, ossia fuori casta), aveva poi, però, partecipato alla stesura della Costituzione dell’India. Storicamente, non è stato raro che i paria, e vari membri di caste povere, si convertissero a religioni che, almeno teoricamente, non prevedono caste (ad esempio, Buddhismo, Cristianesimo, Islam…); nel caso di Phoolan e del marito, non risulta una effettiva conversione, ma, piuttosto, una generica simpatia per le figure citate, e per ciò che rappresentano…cosa non rara anche tra altri induisti in situazioni simili.

Le battaglie di Phoolan Devi, però, non erano terminate; le accuse principali nei suoi confronti erano state ritirate anche dal governo dell’Uttar Pradesh, e Phoolan, coinvolta dal leader socialista Yadav, che aveva mediato anche per la sua resa e liberazione, si candidò diverse volte per il partito socialista Samajwadi, venendo eletta deputata: per la prima volta, nel 1996. Il suo seggio in Parlamento era stato ottenuto attraverso moltissimi voti raccolti proprio nell’Uttar Pradesh. Nella giungla, Phoolan era sopravvissuta alla fame, alle fughe dalla polizia, ai banditi rivali, ma fu nella metropoli di Delhi che si arrestò la sua marcia: il 25 luglio 2001, subì un attentato, a colpi di pistola, da parte di tre sicari a volto coperto: colpita da più pallottole, venne trasportata in ambulanza, ma il suo decesso avvenne durante il percorso per arrivare in ospedale. Una sua guardia del corpo, rimasta ferita, era riuscita a dare l’allarme. Proprio pochi giorni prima, a Phoolan era stata diminuita la scorta, ridotta ad una sola persona. Al governo dell’India vi era il Bharatiya Janata Party, formazione di destra, nazionalista ed integralista, induista, più vicina agli interessi della caste alte. Il delitto era avvenuto durante la campagna elettorale, mentre si stava profilando una disfatta elettorale dei partiti che sostenevano le classi sociali più alte proprio nell’Uttar Pradesh. Dei sospetti, sorti per ipotesi sull’eredità di Phoolan, addirittura verso la famiglia della stessa Phoolan (di origine ed il nuovo marito), per motivi di eredità, vennero successivamente smentiti.

Gli esecutori materiali del crimine vennero arrestati: uno di essi, evaso in modo rocambolesco con la complicità di alcuni poliziotti, venne nuovamente arrestato solo nel 2006. Particolare indegno, ma significativo, fu la richiesta di ricevere una parte dell’eredità di Phoolan da parte di Putti Lal, primo marito di Phoolan; sebbene si trattasse di un matrimonio non anche civile, non essendo riconosciute dallo Stato indiano delle nozze ad un’età tanto precoce.  Piuttosto che una vendetta per un passato molto lontano, appare molto probabile che si sia trattato di una manovra elettorale a sfondo delittuoso, che possa aver comportato una cospirazione; possibili mandanti, comunque, non sono stati attualmente individuati. Il Parlamento indiano aveva osservato un minuto di silenzio, comunque, in segno di rispetto per Phoolan, e lo stesso primo ministro dell’epoca, Vaypajee, aveva partecipato alla cerimonia funebre.  Phoolan, così, era caduta, combattendo, stavolta, senza armi, mentre stava continuando a portare avanti i suoi ideali, a favore degli oppressi: di coloro che considerava fossero, moralmente, suoi fratelli e sorelle, umiliati e sfruttati; in particolare, infatti, Phoolan Devi stava promuovendo un disegno di legge contro il lavoro minorile ed a favore di censimenti più accurati nelle campagne.

La memoria di questa pasionaria rimane molto viva e popolare in India: in realtà, Phoolan non è stata uccisa del tutto, ma la sua anima è viva e presente, e continua ad ispirare chi cerchi giustizia e dignità rispetto ad inumani soprusi; alcuni atti compiuti da Phoolan e della sua banda possono venire considerati crudeli, certamente, ma le attenuanti non mancarono loro, assolutamente…inoltre, gran parte degli atti da loro compiuti rappresentarono, effettivamente, un più che giusto riscatto, in circostanze che impedirono a queste persone di delegare alla legge la possibilità di difenderli…

La storia di Phoolan può apparire lontanissima, nonostante sia, più o meno, contemporanea: giustamente ciò era stato sottolineato nell’opera teatrale, in Italia, a lei dedicata in Italia da Federico Bertozzi, con la collaborazione di Giorgio Zorcù, il quale notava quanto la prima impressione fosse la distanza, ma anche temporale, dato che le vicende sembravano ambientate in un disumano Medioevo europeo e non nella contemporaneità di un Paese che è anche temuta potenza nucleare; ancora Zorcù notava, altrettanto giustamente, che ad uno sguardo più attento, però, i temi riguardanti le sopraffazioni narrate in quella vicenda non sono poi tanto sconosciute alla storia europea: dall’oppressione feudale ai matrimoni combinati, alla violenza alle donne, ad altro ancora. A tali, profonde, osservazioni si può aggiungere che anche i sentimenti umani essenziali rimangono gli stessi, pur nelle sfumature sempre nuove che variano da persona a persona.

Anche il tema del banditismo in quanto protesta sociale non è nuovo alla storia europea: tuttora vengono ricordate le leggende (con parziale sfondo storico reale) di Robin Hood, e, per riferirsi ad un esempio più vicino, non è stato certo dimenticato il “brigantaggio” delle campagne italiane meridionale, che, in larga parte, fu una protesta sociale contro sopraffazioni non del tutto differenti…un banditismo che, in buona parte, fu, più propriamente, una forma di guerriglia causata dal disagio sociale… Rimanendo al Sud italiano, non è stata certo dimenticata l’indomita figura di una “brigantessa sociale”: Michelina De Cesare..non l’unica, ma una delle più celebri, anche per la tragica sorte…violentata ed assassinata dalle forze che avrebbero dovuto riportare “legge ed ordine”. Il corpo nudo di Michelina De Cesare venne esposto e fotografato…non diversamente da quello che avvenne, oltre un secolo dopo a Neera, moglie di un bandito musulmano della banda di Phoolan, Baba Mustakim: nel caso riguardante il cadavere di Neera, venne esposto in più villaggi, come un trofeo…

Del resto, le stesse vicende della banda di Phoolan, pur originarie dell’India profonda, sono meglio comprensibili inquadrandole in un contesto sociale più vasto ed eterogeneo, con in comune un disagio sociale radicato, sfociato nella protesta in forma di banditismo: si tratta, appunto, del fenomeno del banditismo sociale, particolarmente analizzato, in particolare, dallo studioso marxista Hobsbawm: un fenomeno che si è verificato dall’America Latina all’India, dall’Italia meridionale a molti altri luoghi del mondo. In India, in particolare, è stato diffuso (ed ancora, in parte, lo è) in territori ancora, in molta parte, feudali: In particolare, nell’Uttar Pradesh, nel Rajasthan nel Bihar, dove una struttura sociale fondata sul latifondo è aggravata da annosi scontri tra caste. In particolare, poi, l’Uttar Pradesh, territorio originario di Phoolan, era una zona di banditismo endemico, alimentato dal disagio sociale, già dal XIII secolo… Già in passato, c’era stato qualche caso di bandito che aveva poi assunto qualche carica politica, forte dell’appoggio di una parte significativa della popolazione.  Anche la natura fisica di quella terra favoriva il fenomeno, tra i dirupi e le valli in cui scorre il fiume Chambal…un territorio tribale, sul quale lo Stato indiano, in parte, non aveva controllo…

Le vicende rievocate, così, apparentemente tanto lontane, sono, in realtà, preziose per comprendere meglio quanto sia radicata, sotto differenze di superficie, un’ essenza umana comune..concetto che traspare anche queste parole della stessa Phoolan Devi: “Volevo dimostrare che, qualunque siano le nostre origini, la nostra casta, il colore della nostra pelle, abbiamo tutti un senso dell’onore”.

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