In onore di Hugo Chavez: l’uomo che per primo disintegrò con i fatti il mito della fine della storia
mar 6th, 2013 | Di Redazione | Categoria: Primo Piano
E’ morto ieri all’età di 58 anni Hugo Chavez Frìas presidente del Venezuela bolivariano, paese in marcia nel duro cammino del socialismo.
Era il 1998 quando Chavez vinse le prime elezioni.
Erano gli anni del mito della fine della storia, i ruggenti anni ’90 dominati dallo stupido ottimismo narrativo dell’orizzonte capitalistico e democratico ormai inarrestabile e generalizzato al mondo intero. Gli anni della supremazia statunitense incontrastata a seguito della tragedia sociale e geopolitica della disintegrazione dell’Unione Sovietica. Gli anni in cui diveniva egemone la demolizione sistematica del novecento inquadrato come secolo delle follie totalitarie.
Il mito della fine della storia raccontato da Fukuyama nell’omonimo libro del 1992 aveva comunicato al mondo che non era più tempo per ideali politici e sociali alternativi alla democrazia liberale. Tutto l’umanità si sarebbe diretta verso l’unico sistema politico (ed economico) possibile e auspicabile: la democrazia occidentale del libero mercato.
Caduto il comunismo novecentesco in Unione Sovietica e avviata una fase di graduale e prudente restaurazione in senso capitalistico in Cina, gli argini dell’espansione democratico-liberale si erano ormai rotti e il capitalismo doveva divenire per l’umanità l’unico orizzonte economico ed esistenziale immaginabile.
Gi Stati Uniti, privi di un serio contraltare geopolitico d’opposizione, iniziavano proprio in quegli anni il lungo ciclo di guerre illegali e distruttive contro i paesi non allineati; l’Europa dava piena attuazione alla criminale architettura politica e istituzionale dell’Unione Europea ingabbiando i diversi Stati e popoli nell’ineluttabile destino delle scelte tecniche prive di alternativa.
In tutto il mondo, dagli ex-paesi socialisti depredati ai paesi capitalisti occidentali, predominava incontrastata una feroce e selvaggia restaurazione capitalistica in cui le oligarchie economiche che nei decenni precedenti erano state forzate a cedere qualcosa dei loro privilegi, grazie ad un vasto compromesso sociale trainato dalle lotte sociali e dal peculiare equilibrio geopolitico, si organizzavano per recuperare il terreno perso.
Mentre nei paesi europei la maggioranza della popolazione, drogata dai sogni del benessere, del progresso e della post-ideologia, aderiva acriticamente al nuovo corso neo-liberale, ponendo le premesse per il proprio stesso annichilimento (di cui oggi vediamo chiaramente i frutti) l’america latina degli anni ’90 appariva come una terra martoriata e saccheggiata dalle politiche del Washington Consensus, dal neoliberismo selvaggio e dalle spietate leggi del capitalismo “globalizzato” (ovvero il dominio incontrastato degli Stati Uniti), realizzato in quel decennio con il nuovo volto più presentabile della democrazia, dopo decenni di dittature assassine appoggiate dagli USA, con migliaia di morti, torturati e scomparsi.
Il Venezuela era ridotto a paese colonia depredato nelle sue immense ricchezze naturali, con una distribuzione della ricchezza estremamente sperequata a favore di un’esigua oligarchia capitalistica agente per procura e per cointeressanza con l’imperialismo nord-americano.
E’ in questo contesto storico che Chavez vince le elezioni del 1998 aprendo il lungo ciclo di trasformazione economica e sociale del Venezuela e tracciando una via che, partendo dalla preziosa alleanza con Cuba, travalicherà i confini del paese per estendersi via via ad altri paesi del sudamerica (seppur con tempi e modalità eterogenei).
L’elenco delle misure sociali e del processo di democratizzazione partecipativa adottati dal governo del presidente Chavez nei 15 anni di guida del paese è lunghissimo: aumento dei livelli salariali, costruzione di un sistema pensionistico e sanitario pubblico gratuito, nazionalizzazione delle imprese strategiche e vitali, uso della rendita petrolifera per gli investimenti sociali; redistribuzione della terra; più in generale la riacquisizione della sovranità politica sui processi economici e dell’indipendenza nazionale al cospetto delle pressioni dell’imperialismo statunitense, che si è tradotta in riacquisizione della dignità di un popolo tornato ad essere protagonista del proprio destino. In politica estera, inoltre, ha difeso la sovranità e l’integrità dei paesi subalterni minacciati o aggrediti dall’imperialismo occidentale (Iran, Libia, Siria), e la causa del popolo palestinese, ed ha saputo coniugare il rafforzamento delle relazione all’interno dell’America latina (costituzione dell’ALBA) con l’avviamento di relazioni proficue di mutuo vantaggio con le potenze emergenti alternative al blocco di potere nord-americano come Russia, Cina e Iran.
Il Venezuela bolivariano guidato da Hugo Chavez ha così dimostrato al mondo che la storia non si chiude con la globalizzazione capitalistica né con l’estensione della liberal-democrazia occidentale a tutte le aree del pianeta. Ha dimostrato che il mito post-moderno della tecnica e dell’economia che hanno ormai sovrastato la libera scelta politica sovrana è un’impostura ideologica odiosa e che il novecento come secolo delle lotte sociali e del dominio del politico sull’economico è ancora vivo, poiché vivo è il suo messaggio umanistico metastorico.
Pur sovrastata da soverchianti interessi materiali ostili, pur calunniata da una stampa occidentale indegna che non ha mai perso occasione (neanche adesso post mortem) per tacciare il sistema politico venezuelano di dittatura e Chavez di essere un caudillo senza scrupoli, la rivoluzione bolivariana ha proseguito con dignità il suo cammino tra mille ostacoli, contraddizioni e difficoltà.
Il processo rivoluzionario del Venezuela avrà senza dubbio una vita ben più lunga di quella di un uomo. La scomparsa prematura di Chavez non è giunta inattesa ed è assai improbabile che il sistema nella sua evoluzione possa subire un tracollo dovuto alla scomparsa del lider. E’ lecito confidare nell’esistenza di un organizzazione interna capace di gestire il difficile momento che attraversa il paese.
Per il momento, in attesa di seguire gli eventi, ribadiamo soltanto la nostra pienissima vicinanza emotiva e politica al deceduto presidente venezuelano e la nostra totale complicità con la rivoluzione sociale in atto da quindici anni in Venezuela.
Comandante Chavez riposa in pace!
La Redazione