Superimperialismo e democrazia totalitaria
dic 17th, 2012 | Di Stefano Zecchinelli | Categoria: Contributidi Stefano Zecchinelli
1. In questo intervento cercherò di fissare alcune basi teoriche riguardanti lo studio del (neo)imperialismo. Partirò, quindi, dalla analisi classica leninista, mettendo poi a fuoco le nuove forme di sfruttamento capitalistico.
Lenin spiegò (in polemica con Rosa Luxemburg e Bukarin) che ‘’ Monopoli, oligarchia, tendenza al dominio anziché alla libertà, sfruttamento di un numero sempre maggiore di nazioni piccole e deboli per opera di un numero sempre maggiore di nazioni più ricche o potenti: sono le caratteristiche dell’imperialismo, che ne fanno un capitalismo parassitario e putrescente’’. (Lenin, Imperialismo, Ed. Lotta Comunista)
In questo modo la borghesia imperialistica, da un lato, deruba i popoli coloniali delle loro risorse impedendogli di autodeterminarsi con le rivoluzioni democratiche (ed anticoloniali), dall’altro, a causa della esportazione dei capitali, sfibra il tessuto industriale del proprio Stato nazionale ponendo le basi per lo smantellamento di questo.
Dal dopoguerra fino ad oggi, in Italia, il Partito ‘’comunista’’ del revisionista Togliatti, ha rappresentato l’anello di congiuntura fra le borghesie filo-atlantiche italiane (figlie della ideologia azionista) e le borghesie burocratiche (figlie del fascismo e del capitalismo monopolistico degli anni ’30).
Questo ha permesso al blocco governativo (filo-americano) di gestire il conflitto di classe ricorrendo allo Stato sociale, ed alternare politiche riformistiche socialdemocratiche a grosse concessioni ai capitali privati stranieri (quindi favorendo i grandi capitalisti anglo-americani).
Da un punto di vista politico e militare, a poco a poco, tutti i paesi europei sono stati integrati nella NATO, ossia nel sistema di comando americano e sionista.
Caduto il blocco sovietico la situazione ha subito ulteriori cambiamenti:
(1) Gli Stati nazionali sono stati trasformati in cinghie di trasmissione delle direttive sociali ed economiche dell’imperialismo più forte: il duo Usa – Sionismo.
(2) La politica degli Stati viene dettata da organizzazioni sopranazionali come il FMI, la BCE, la Trilaterale, il Rotary, le grandi massonerie anglosassoni e sioniste.
(3) Le borghesie nazionali partoriscono un personale politico di tecnici totalmente alieno alla società civile (inteso, in senso borghese, come una amalgama di più classi sociali).
I meccanismi della riproduzione capitalistica quindi portano: (1) ad una nuova modifica della soprastruttura dello Stato capitalistico; (2) ad una fase ulteriore, più brutale, del neo-colonialismo.
2. Andiamo per ordine: modifica della soprastruttura dello Stato capitalistico.
Le nuove democrazie autoritarie non sono fasciste ma risolvono in sé elementi propri del fascismo.
Gli organi di rappresentanza popolare (tipici delle democrazie liberale e sociali, classiche) vengono svuotati, mentre gli esecutivi, da un lato, centralizzano nelle loro mani un potere immenso in materia di repressione e sospensione delle libertà civili (e politiche), mentre in materia economica e sociale ratificano le direttive del FMI (debito pubblico, liberalizzazioni, investimenti nella industria bellica).
Alla subordinazione militare del capitalismo italiano all’imperialismo Usa, segue una progressiva militarizzazione della società civile.
Su questo secondo punto penso che dovrebbero essere distinti due piani: (1) abolizione delle libertà democratiche da parte dello Stato imperialistico; (2) guerra psicologica attraverso l’utilizzo dei mass-media.
La privatizzazione delle squadracce (post)fasciste di polizia (fino ad arrivare – cosa che gli Usa ed Israele già fanno – alla privatizzazione degli eserciti) rende la politica repressiva sempre più incontrollata ed arbitraria: questo, necessariamente, è da collegare alle politiche neo-liberistiche che rendono reiette ampie fasce sociali (distruzione degli ammortizzatori sociali, dei servizi pubblici, e di qualsiasi forma di sostegno e sussidio).
La compagna Ulrike Meinhof, al processo di Stammheim, il 21 agosto 1975, così descrive la situazione del proletariato occidentale ‘’il proletariato nelle metropoli imperialista, organizzato schedato e controllato in tutte le manifestazione della sua vita, dal capitale attraverso gli apparati ideologici dello Stato, dei sindacati e dei partiti – non può costituirsi in classe per sé entro un quadro nazionale’’.
Ed ancora la grande rivoluzionaria tedesca ‘’ … nella completa compenetrazione di tutti i rapporti dell’imperialismo attraverso il mercato e del processo di statalizzazione della società, attraverso gli apparati statali repressivi ed ideologici non esiste nessun luogo e nessun tempo dove tu potresti dire di qui io parto’’.
La lotta contro il capitalismo neo-liberista inizia nelle metropoli capitalistiche nazionali ma deve mirare a creare delle reti su scala internazionale. Reti antimperialistiche nei paesi a capitalismo maturo e comitati di sostegno alle lotte di liberazione nazionale.
Nella ‘’zona di tempesta’’ del mondo arabo si sono articolate importanti resistenze antimperialistiche che potrebbero colpire Israele, un anello importantissimo della catena di comando imperialistica.
Le priorità sono:
(1) Il sostegno incondizionato alla Resistenza palestinese ed alla Resistenza libanese contro lo Stato nazista di Israele (che deve essere distrutto).
(2) La difesa incondizionata della Siria baathista e dell’Iran (soprattutto con il governo socialdemocratico dell’antisionista Ahmadinejad) dalle minacce degli imperialismi occidentali.
(3) Il sostegno alle Resistenze afghana ed irakena. La creazione di comitati di sostegno per la Resistenza libica in funzione antiamericana ed anti-sionista.
Per ciò che riguarda l’Europa, procedono le eroiche resistenze del Fln corso e del Fln bretone contro il vile capitalismo francese: appoggiare le rivendicazioni del popolo corso e del popolo bretone, significa dare un colpo mortale ad una delle principali forze capitalistiche del vecchio continente.
La stessa cosa vale per l’Eta basca (che negli anni ’70 ha colpito mortalmente i vertici dello Stato franchista) e l’Ira (i cui militanti, in passato, hanno quasi messo con le spalle al muro l’esercito inglese). Le lotte armate per l’indipendenza nazionale, in questa fase, non posso che trascendere verso formazioni economico sociali anticapitalistiche.
3. Israele rappresenta una Forma Atipica di Stato Imperialistico. Personalmente considero l’entità sionista uno Stato Post-Nazista, Neo-Militaristico. Definirò, seppur brevemente, questi tre concetti (Imperialismo Atipico, Post-Nazista, Neo-Militaristico).
Israele è un IMPERIALISMO ATIPICO perché – come dice giustamente James Petras – la sua estensione territoriale e la sua economia sono ridotte rispetto ad una potenza imperiale che dispone dalle 200 alle 400 bombe atomiche, inoltre la lobby ebraica condiziona fortemente le politiche imperiali degli Usa.
La lobby sionista è riuscita a sottomettere le elite dei tecnici di importanti Stati capitalistici (Francia, Italia, Germania). Ha condizionato le relazioni estere di questi Stati, e creato gravi disagi a livello interno (condizionamento del sistema mass-mediatico, prima di tutto).
Israele è uno STATO (POST)NAZISTA perché rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto alla repressione (etnica, classista, e sessista) attuata nella Germania hitleriana.
Le parole del rabbino Yossef Ovadia superano la perversione di un Himmler ‘’ Possa il Nome Divino diffondere il castigo sulla testa degli Arabi, e far disperdere la loro semenza e annichilirli definitivamente! È proibito avere pietà di loro! Noi dobbiamo scagliare loro addosso dei missili e sterminarli con gioia. Sono malefici e dannati!’’, ed ancora ‘’ Il sangue ebraico e il sangue dei goys (non-ebrei) non è lo stesso sangue,” e che “ammazzare non è un crimine se le vittime non sono ebrei’’.
In questo lo Stato Sionista è una Ideocrazia: la Germania nazista aveva delle forti e coraggiose dissidenze (di matrice comunista, socialista, ed anarchica) che lottavano contro di essa; Israele, invece, è riuscita ad ‘’hitlerizzare’’ (o meglio sionizzare) gran parte della sua popolazione civile.
Il 42% degli Israeliani si rifiuta di abitare nello stesso edificio con Arabi israeliani e non vuole che i propri figli vadano a scuola con i bambini di origine araba.
Il 33% vorrebbe che lo Stato introducesse una legge per vietare ai cittadini arabi di votare alle elezioni legislative.
Il 69% si opporrebbe all’idea del diritto di voto per i Palestinesi, una qual volta Israele annettesse la Cisgiordania.
Il 74% è a favore di strade separate per Israeliani e Palestinesi in Cisgiordania
Il 58% è a conoscenza del regime di apartheid in vigore contro gli Arabi, ma comunque lo approva. (Fonte: Rudi Barnet)
Le caratteristiche del regime sionista sono la (1) militarizzazione educativa e la (2) sistematizzazione ideologica di un messianesimo colonialistico.
Per finire il NEO-MILITARISMO SIONISTA riprende il progetto originario di Cecil Rhodes (fondatore della Rhodesia) di conquista del continente africano. Su questo punto le pressioni del Mossad sull’imperialismo Usa sono molto forti.
4. L’imperialismo contemporaneo risponde alle necessità dei capitalismi occidentali di de-popolare vaste aeree della terra.
In questo, il duo Usa – Israele, crea dei teatri dove sperimentare le sue politiche genocide.
Già Orlando Letelier, consulente del governo Allende (poi ucciso dalla DINA di Pinochet), accusò Milton Friedman di essere il responsabile di un vero e proprio genocidio sociale in Cile. Ma cediamo la parola al nobile dissidente cileno: ‘’ Il piano economico andava imposto, e nel contesto cileno ciò si poteva fare solo uccidendo migliaia di persone, costruendo campi di concentramento in tutto il Paese, imprigionando più di 100.000 mila persone in tre anni (…) La regressione per la maggioranza e la libertà economica per piccoli gruppi privilegiati, sono, in Cile, due facce della stessa medaglia’’. (cit. da Naomi Klein, Shock economy, Ed. BUR)
Le stesse accuse si potrebbero lanciare verso l’uomo del Gruppo Bilberbeng Mario Monti, qui in Italia: se ieri i laboratori dell’impero, per ciò che riguardava l’applicazione delle misure economiche neo-liberistiche, erano il Cile e l’Indonesia, oggi questi laboratori si chiamano Italia, Grecia e Spagna.
La cosa è agghiacciante: Italia e Spagna hanno un passato da potenze imperialistiche ma ora, il Superimperialismo Usa (con la reggenza del sionismo), può trattarle al pari del Cile pinochetista (Stato vassallo nelle mani di Kissinger e dei Chicago boys).
Del resto, nei paesi dell’ ex Unione Sovietica, la distruzione del sistema sanitario ha causato la morte di dieci milioni di persone. Giusto per avere una idea di che cosa significa perdere la sovranità nazionale e cadere in mano al capitale privato finanziario straniero (detto questo non voglio fare nessuna concessione alle fracide borghesie nazionali).
Nelle periferie invece si procede direttamente con lo sterminio sistematico (e pianificato) delle popolazioni locali.
Manuel Freytas ci comunica che ‘’ In Sri Lanka, nella fase finale contro il terrorismo “tamil” come lo ha definito il governo burattino degli USA e delle potenze occidentali, sonio stati assassinati in sole quattro settimane più di 20.000 civili, come rivela un’indagine del quotidiano britannico “The Times” di questa settimana’’. (Manuel Freytas, La soluzione finale: come funziona lo sterminio militare di massa, pubblicato nel sito come donchisciotte)
Ed ancora: ‘’ Nell’ultima fase della “soluzione finale” in Sri Lanka 50.000 persone sono rimaste bloccate – come successe a Gaza – in una piccola fascia di territorio per 24 ore sotto il fuoco incrociato di batterie terrestri, carri armati ed aeroplani del governo alleato degli USA e “dell’asse occidentale.”’’ (Ibidem)
L’imperialismo procede con la pratica genocida impunita, mutuando, in nome della esportazione dei capitali, la teoria della conquista degli spazi vitali di Hitler.
Inoltre questi scenari possono moltiplicarsi nei prossimi anni, in vista dello scontro del Superimperialismo Usa contro il blocco capitalistico emergente capeggiato da Russia e Cina, un futuro poco roseo se le classi lavoratrici, nel nord del mondo, non si organizzeranno per dare il giusto supporto ai movimenti di liberazione nazionale ed antimperialistici che operano nelle periferie.
5. Compendierei così questa mia breve analisi:
(1) La catena di comando imperialistica ha al vertice il duo Usa – Sionismo: tutte le principali offensive antimperialistiche, di classe o nazional-popolari, devono prendere di mira, prima di tutto, queste due potenze.
(2) La democrazia dei paesi occidentali è una inedita forma di oppressione classista: non siamo più davanti una democrazia borghese classica che lascia margini di manovra di classe o di riformismo socialdemocratico. La nuova democrazia autoritaria è totalitaria perché ha alla base quella che Ulrike Meinhof ha chiamato la statizzazione della società civile.
(3) Lo scontro fra il Superimperialismo Usa ed il blocco capitalistico emergente (Russia – Cina) aprirà nuovi margini di azione per organizzazioni antimperialistiche, nei paesi coloniali, e riaccenderà il conflitto di classe nei paesi occidentali. In questo i marxisti rivoluzionari devono stare attenti a non fare concessioni a movimenti neo-populisti che possano vincolare il fronte antimperialistico alle potenze capitalistiche emergenti (magari attraverso il ricorso al geopoliticismo).
Il modello capitalistico neo-liberista non reggerà ancora per molto quindi (1) o le forze di classe si compatteranno per un governo popolare e socialista, (2) oppure l’alternativa scelta dalle nuove classi dirigenti sarà il capitalismo di stato e dei rapporti geo-politici mediati fra est ed ovest. In questo caso sarebbe tutto da rifare.
Caro Stefano,
Ottimo scritto, come al solito, ma non sono d’accordo sulle tue conclusioni. “… l blocco capitalistico emergente (Russia – Cina) aprirà nuovi margini di azione per organizzazioni antimperialistiche, nei paesi coloniali, e riaccenderà il conflitto di classe nei paesi occidentali.”
Quali classi? Nei paesi occidentali le classi lavoratrici, (ammesso che esistano, che dubito) si interessano di calcio in Europa e di football americano in America. Per di piu’ il bombardamento capital-mediatico li ha convinti – probabilmente a livello di subconscio – che anche un’ipotetica appartenenza a una per ora inesistente classe lavoratrice, sia solo un trampolino per passare dall’altra parte appena se ne presenti l’occasione (vedi gli ex “comunisti” politici italiani, puttanieri mentali alla pari del puttanesimo di Berlusconi, il quale, nella sua puttanita’ e’ almeno coerente).
In visita in Italia di recente (tra l’altro per la presentazione del mio libro, “Il Nostro Dante Quotidiano – 3500 modi di cavarsela co Dante”) ho preso tempo a leggere i manifesti degli “anarchici” sui muri (nella fattispecie di Genova). Vi si legge tanto di quel dogmatismo purulento e inconcludente da far cader le braccia. Se questa e’ la “classe” (per citarti) da cui deve nascere la riforma, (in assenza di classi lavoratrici) c’e’ da mettersi le mani nei capelli.
La Cina avrebbe bisogno di una rivoluzione, ma a parte tutte le differenze culturali etc, e le differenze di facciata, l’elite Cina-USA costistuisce un tutt’uno con enorme forza coercitiva. Come del resto e’ successo in Europa dove persino la Francia e’ diventata il cane da passeggio degli US of A. Per non parlare dell’Italia.
La Cina “comunista”? Ma mi faccia il piacere, direbbe Toto’.
Stammi bene,
Jimmie
Cet article n’a ni queue ni tête. C’est un monument de bêtise néostalinienne dans lequel l’analyse en termes de classes a été remplacée par une fumeuse théorie “nationale” d’inspiration fascisante. Si Comunismo e Comunità veut être un “laboratoire” pour une nouvelle théorie anticapitaliste, il faut commencer par nettoyer toute cette merde mao-stalinoïde qui encombre vos cerveaux. Après seulement, on pourra commencer à parler d’une nouvelle vision du communisme.
Ciao Jimmie, grazie per l’attenzione che mi presti sempre, con attente e dovute considerazioni.
Io però non penso che siano proprio scomparse le resistenze di classe in Europa e nel mondo occidentale, ad esempio, i movimenti indipendentisti (Fln corso, Fln bretone, Eta, Ira) hanno un ruolo ancora importante. Comunque è vero, c’è una debolezza di fondo della sinistra di classe, debolezza teorica e politica. Secondo me una ripresa del conflitto di classe nei paesi a capitalismo maturo necessita di una serie di pesanti disfatte dell’imperialismo U$a: per questo ho indicato alcune resistenze e lotte di liberazione nazionale (avrei potuto citare, in Asia, in maoisti nepalesi, indiani, e filippini). Poi ovviamente non escludo l’utilizzo della geopolitica: sono per la difesa incondizionata di Siria ed Iran, e sono per la difesa (in questa fase) di Russia e Cina, davanti le minacce Usa. Il punto è che non mi faccio illusioni: la Russia non è più l’Urss (a prescindere dal gruppo dirigente, revisionista ed anti-marxista) e la Cina di oggi non è quella di Mao (lasciando stare lo scandaloso incontro Mao-Nixon del ’72) e della Banda dei Quattro (lasciando stare la vergognosa campagna contro Lin Biao). Comunque la storia si ripete: la rivoluzione anticoloniale a Cuba ha permesso lo sviluppo di movimenti marxisti in tutta l’America Latina fino ad arrivare a paesi con un forte proletariato urbano (es. Brasile ed Argentina); la rivoluzione vietnamita, non solo ha scatenato una tempesta antimperialistica in Asia, ma è stata il modello, come strumento di lotta, per la RAF nella Germania Ovest. L’indebolimento dell’imperialismo, di volta in volta, come si può vedere facilita la formazione di movimenti di classe. Il problema è organizzarli nella forma partito come, ben fecero, Lenin e Santucho (Partito polito più braccio armato). Ci vorrà del tempo, qualche anno, non penso che il sistema posso sopravvivere ancora per molto.
Denin Collin mi permetto di farle notare che parlare di mao-stalinismo è un non senso: già Isaac Deutscher, storico trotskista, richiamò l’attenzione (solo per fare un esempio) sulla comune critica di Trotsky e Mao alla coesistenza pacifica, sistematizzata dal gruppo dirigente staliniano dopo il 1926 (data che Trotsky indica come il termidoro). Inoltre Mao fu un profondo critico di Stalin, si leggano a riguardo le ”Note su Stalin e il socialismo sovietico” (Editore Laternza). Come sottolinea Mario Roberto Santucho, fondatore dell’ ERP, la rivoluzione culturale fu un importante tentativo di risolvere il problema della burocratizzazione dello Stato operaio. Questo per dimostrare che la storia del movimento operaio (e del movimento trotskista) è molto più complessa di quello che voi intellettuali, ed i vari gruppi trotskisti francesi sul libro paga della CIA, vogliono far credere.
Stefano,
Ringrazio con ritardo per i commenti e sono il primo a sperare che la fiammella (per non chiamarla fiamma) del buon senso non si sia spenta.
Rimane il fatto che con la presente tecnologia sarebbe possibile strutturare una societa’ almeno un po’ piu’ equilibrata – ma al momento la tecnologia e’ utilizzata esclusivamente dall’imperialismo e dal turbo-capitalismo piu’ bieco per soggiogare, distorcere, corrompere, adulterare, ipnotizzare, gabbare (non so quale verbo sia il piu’ adatto) le masse, purtroppo a partire dall’infanzia.
Rimando al mio sito – non per vanita’ ma perche’ ripetersi e tradurre e’ ridondante – dove vi si espongono quadretti della cultura degli US of A che la dicono lunga su come si stia sistematicamente uccidendo la parte pensante del cervello della maggioranza degli abitanti degli US of A.
Donchisciottescamente opino che si possano convogliare forze del pensiero che abbraccino un uditorio il piu’ vasto possibile (pur conoscendone i rischi) che solo la ‘vecchia guardia’ dell’ideologia ‘comunista’. Gli apostrofi indicano quanto abbia avuto successo la campagna capital-imperialistica nel distruggere il concetto di societa’ (vedi Thatcher & C.). Anche se romanticamente attraente, la spada del comunismo d’antan ha (dispiace dirlo) la punta spuntata. E questo lo dico pur rispettando i pensatori che di volta in volta leggo su questo sito – oasi mentale e alternativa incomparabilmente piu’ interessante dei programmi TV – i quali, e mi sa che il femomeno sia planetario – sono l’estensione della cloaca culturale del pensiero medio (e purtroppo mediatico) corrente.
Ben vengano le idee tue e dei pensatori che ti seguono e commentano. Marx, Hegel, Bakunin, Proudhon, Lenin, Trotzky, Gramsci ed altri vanno studiati e compresi. La storia non delude mai il cervello. Ma il futuro ha bisogno di nuove armi e di nuove alleanze fondate su un consenso sociale ancora tutto da costruire (o ricostruire).
Stammi bene, Jimmie http://www.yourdailyshakespeare.com