Filosofia della verità e della giustizia. Il pensiero di Karel Kosìk
ott 1st, 2012 | Di Redazione | Categoria: RecensioniFilosofia della verità e della giustizia. Il pensiero di Karel Kosìk
Linda Cesana – Costanzo Preve
Editrice Petite Plaisance
di Andrea Bulgarelli
Chiunque coltivi la “passione del reale”- che è innanzitutto passione per la comprensione e la trasformazione del reale- sa che esiste uno specifico vuoto morale, politico e intellettuale con il quale è necessario fare i conti; è questo vuoto, più che qualsiasi coercizione diretta, a rendere per ora inattaccabile la “gabbia d’acciaio” dello status quo occidentale.
La storia della capitolazione che ha spianato la strada alla passività e allo scetticismo è lunga, ma ha trovato la sua espressione più compiuta, per così dire il suo coronamento, con il crollo di quel movimento che aveva fatto della trasformazione del reale la sua bandiera. Dal punto di vista puramente storico, l’implosione del blocco socialista tra il 1989 ed il 1991 è stato interpretato, a seconda dei casi, come una tragedia, una commedia o la giusta ed inevitabile fine di una “utopia assassina”. Più raramente ci si è interrogati sulla sua ricaduta spirituale, cioè la convinzione che ogni prospettiva di trasformazione del mondo sia, ancor prima che impraticabile, impensabile. In un certo senso, una cesura storica (ed in quanto tale relativa) è stata rovesciata in una frattura definitiva, uno spartiacque che separa il “prima” (quando era lecito, seppur stupido, lottare in nome di Weltanschauung di tipo politico o religioso) dal “dopo” (l’epoca attuale, nella quale è più saggio gestire i propri gusti culturali e sessuali, e fare tesoro del meraviglioso “pluralismo” del mercato capitalistico). L’unico modo per confutare questa odiosa contraffazione è proprio gettare un ponte tra il “prima” ed il “dopo”, dimostrando la loro potenziale continuità.
Filosofia della verità e della giustizia è la prova che ciò può avvenire, e non certo sulla base di un retorico “passaggio di testimone”, bensì grazie ad una libera convergenza filosofica.
Costanzo Preve (nato nel 1943) e Linda Cesana (nata nel 1981) appartengono a due generazioni diversissime, la prima protagonista della resa incondizionata al liberalismo, la seconda costretta a fronteggiare le conseguenze di tale resa. Anche l’oggetto del saggio è significativo: Karel Kosìk è un filosofo cecoslovacco le cui opere, oggi sepolte nelle biblioteche dipartimentali o sulle bancarelle dell’usato, ribadiscono il rifiuto di qualsiasi fatalismo, facile alibi della sottomissione ad un ordine sociale assurdo ed alienante. Proprio per questo motivo i due autori ci ricordano costantemente che confrontarsi con Kosìk non significa solo studiare la sintesi di idealismo hegeliano, fenomenologia e marxismo esposta nella geniale Dialettica del concreto. Significa soprattutto riscoprire l’autonomia della filosofia e la sua ineliminabile funzione di critica anti-capitalistica in nome della Verità e della Giustizia, non intese come “oggettoni metafisici” (secondo una definizione di Maria Turchetto), ma come esigenze radicate nella natura umana.
La prima sezione del saggio, curata da Linda Cesana, articola una attenta disamina delle linee-guida del pensiero di Kosìk, ed in particolare del concetto di “pseudo-concretezza”, la situazione in cui il genere umano scambia i propri prodotto sociali per idoli, “cose” dotate di vita propria che esistono indipendentemente dalla sua volontà; una concezione, va detto, quanto mai attuale, soprattutto nell’era dello spread, surrogato economicistico di Dio. La giovane studiosa prende le mosse dai temi centrali dell’opera di Kosìk per confrontarlo con quello di Heidegger e Lukàcs, autori separati dalle loro posizioni filosofiche e politiche ma accumunati dalla radicalità dell’indagine filosofica e dal rifiuto di un mondo manipolato e reificato.
La seconda parte, curata da Costanzo Preve, si concentra sul dramma di questo intellettuale marxista costretto a vivere sotto un regime, esso pure ufficialmente marxista, che ne limitò pesantemente la libertà d’espressione, e che ciò nonostante rimase fedele alla speranza di “riformare in corso d’opera” il socialismo; criticare la teoria kosikiana della “deformazione burocratica” non significa quindi confonderlo con i tanti rinnegati del socialismo reale. All’inquadramento storico fa seguito una ulteriore riflessione sul protagonista del saggio, precisandone il profilo umanistico e veritativo.
In conclusione, il libro Cesana-Preve rappresenta un eccellente strumento per familiarizzare con un grande pensatore ormai dimenticato, non certo allo scopo di riesumare artificialmente un clima culturale ed ideologico esaurito da decenni, ma per riconoscere il legame indistruttibile tra verità e critica sociale. Questo riconoscimento potrebbe essere il primo passo per riannodare il “filo rosso” della passione del reale.