Brevi note sulla manifestazione FIOM
mar 10th, 2012 | Di Antonio Catalano | Categoria: Politica internadi Antonio Catalano
Sono andato in piazza in qualità di osservatore. Manifestava la Fiom. Per più di due ore in via Cavour ho visto sfilare la manifestazione, dalla testa alla coda: questo vuol dire – chi ha un po’ di esperienza di queste cose lo sa – che c’era tanta, tanta gente. Dare i numeri non conta, molti di più comunque di ogni ragionevole dubbio. Venuti da tutta Italia. Ho scattato molte foto, le ho riviste: lavoratori da tutte le regioni, con i propri striscioni, orgogliosamente e dignitosamente portati e seguiti.
È riuscita dal punto di vista sindacale, ma quel che più conta è riuscita dal punto di vista politico.
Sindacale è ovvio, si tratta di difendere le condizioni di lavoro (e di vita) dei lavoratori aggredite da una logica padronale – meglio dire capitalistica – che va avanti altro che rullo compressore, che si affida a sindacati più che concertativi collaborazionisti, che impone contratti offensivi e penalizzanti, che vuole avere piena libertà di licenziamento. La Fiom – oltre i sindacati di base, meno rappresentavi anche se coraggiosamente contro – è l’organizzazione sindacale di massa che non vuole abbassare la testa, e che è riuscita a raccogliere intorno a sé consensi ben al di là dei metalmeccanici. Comunque la si voglia pensare è – ed è deputata a rappresentare – opposizione sociale alle politiche liberiste sostenute con entusiasmo da tutte le forze politiche oggi presenti in parlamento, con la benedizione dell’italo-americano Napolitano. Quindi politico per le ragione appena esposte.
Ed è questa la colpa che non le si può perdonare: intende raccogliere intorno a sé (i Tav ne sono un esempio) opposizione sociale e, per forza di cose, politica.
Ipocriti sono coloro che oggi gridano «La FIOM fa politica!». Da Marchionni a Marcegaglia passando per Bersani e compagnia cantando. Fa politica! Non hanno mai urlato «Fa politica!» quando i sindacati hanno approvato e condiviso politicamente manovre, finanziarie, sacrifici, per non parlare di guerre d’aggressione. Un sindacato serio ha sempre fatto politica, perché difendere i lavoratori significa avere nella testa un’idea che non può che essere politica.
La politica – quella a difesa degli intoccabile privilegi dei potenti – la devono fare solo loro: Confindustria, Banchieri, Partiti al loro servizio. I lavoratori devono farsi fottere, ognuno che preghi il proprio santo, e fare come in quel cartello portato da un manifestante in cui una foto rappresenta una massa d’uomini nudi che porgono il culo. Sulla foto la scritta: Monti ci vuole così, i partiti pure… e il sindacato?
la fiom di Maurizio Landini è diventato un punto di coagulo del malessere sociale che il governo Monti-Fornero con l’appoggio di Napolitano stanno dispensando a piene mani sulle classi subalterne, la stessa trattativa sul neo-riformismo del mondo del lavoro né è l’esempio più eclatante, quando il padrone comincia a definire i tempi della trattativa e questo viene accettato già si sa come la “trattativa” finisce.
Il cuore è l’eliminazione dell’articolo 18 e cioè il padrone può licenziare chiunque e quando vuole.
Il No-Tav è l’altro punto di coagulo che da territoriale e locale, grazie alla resistenza, alle capacità e alle competenze che il movimento è riuscito ad esprimere, è diventato nazionale e generale, dove si raccoglie il modo di opporsi alle autorità facendo risaltare la palese inutilità, il costo e il degrado ambientale della “non opera”.
La manifestazione è stata la saldatura fra questi due punti di coagulo. Quello che avverrà nessuno lo sa, ma è il punto di partenza, per un’opposizione consapevole e di classe.