Ancora una volta al fianco dei Paesi non allineati
feb 4th, 2012 | Di Riccardo Di Vito | Categoria: Politica Internazionaledi Riccardo Di Vito
Qualche settimana fa abbiamo sottoscritto (invitando tutti a farlo) l’appello rilanciato in Italia da Domenico Losurdo, uscito originariamente in Germania, per sensibilizzare la cosiddetta società civile sulle imminenti guerre contro Siria ed Iran. Purtroppo in Italia la questione non pare interessare i parlamentari di alcuno schieramento, per via della consistente, trasversale e duratura linea filo-atlantica dell’intero arco costituzionale.
Oggi ci troviamo di fronte alla sempre più concreta e minacciosa probabilità che la solita macchina di distruzione di massa si scagli contro la Repubblica Islamica dell’Iran, dopo aver seminato distruzione e morte in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Libia, tutti Stati sovrani colpevoli di non essersi allineati all’asse criminale euro-nordatlantico.
Oggi il dominio geopolitico degli USA, sostenuto soprattutto dalla potenza militare, cerca di stabilizzare l’area mediorientale, per affermare con maggior sicurezza il loro controllo, attraverso l’egida della NATO, dando supporto economico e militare agli Stati che avallano le loro politiche. La guerra psicologica ed ideologica è cominciata da mesi, con la solita arma della disinformazione e della criminalizzazione degli Stati definiti ‘canaglia’, accelerando il processo di dispiegamento delle forze militari di terra con le prime truppe d’élite inviate sul territorio.
Oggi la macchina della propaganda sta spingendo sulle solite argomentazioni, come fece quella degli Stati Uniti nel 2003, prima di muovere guerra contro Saddam, agitando all’ONU la ‘pistola fumante’, la prova di armi di distruzione di massa mai trovate. Allo stesso modo Israele ha avviato la macchina del fango per preparare il terreno dell’aggressione all’Iran.
Secondo il capo del Pentagono, Leon Panetta, Israele potrebbe sferrare in primavera, fra aprile e giugno, un attacco all’Iran per un’atomica che non c’è: il rapporto AIEA afferma che Teheran “ci sta lavorando ma non ci sono ancora prove incontrovertibili”. Detto in altre parole, la bomba non c’è, molto probabilmente non ci sarà mai e, soprattutto, non sarebbe neanche una ‘buona scusa’ per attaccare uno Stato sovrano. A breve è prevista una nuova missione in Iran dell’Agenzia atomica, ma è chiaro che non sarà il risultato di questa a decidere della guerra, perché si tratta solo della solita ‘prova’ che non ha bisogno di essere supportata da fatti reali.
Le guerre, specialmente in Medio Oriente, dove è alta la sensibilità strategica, in maniera particolare per la concentrazione petrolifera, nascono da minacce ideologiche, perché il conflitto non si scatena mai per una ragione fondata su dati reali, ma per la contrapposizione che dura da decenni, un’ostilità insanabile, una battaglia per la supremazia geopolitica, senza sfumature. Tra l’altro, dobbiamo analizzare bene la situazione interna dell’Iran, dopo la bellicosa replica della Guida Suprema, Alì Khamenei, da mettere in relazione con il fatto che la Siria di Assad, valida alleata, è sotto scacco.
Nel sermone del venerdì, all’Università di Teheran, Khamenei è stato chiaro: “Noi pensiamo di liberare Gerusalemme e le terre palestinesi. Se avessimo abbandonato la causa palestinese non saremmo ora accusati di terrorismo”. “Se verremo aggrediti vi saranno conseguenze negative per gli Stati Uniti”, ha tuonato. Celebrando Hezbollah e Hamas, ha aggiunto che l’Iran appoggerà sempre “qualsiasi nazione o gruppo affronterà il regime sionista”.
Dov’è il vero motivo di questa guerra imminente? L’Iran è capofila del fronte del rifiuto delle politiche nordamericane e israeliane, sostiene a più riprese Damasco, gli Hezbollah, Hamas ed è l’ala più radicale della regione, nonché la guida del mondo islamico sciita, che non si sottomette alle logiche occidentali e alle monarchie sunnite, uniche concorrenti per la supremazia sul Golfo. Le altre ‘motivazioni’ proposte sono solo propaganda.
Il discorso della Guida suprema, una delle rare occasioni in cui Khamenei ha guidato la preghiera, ha coinciso con le celebrazioni della rivoluzione del 1979, organizzate in tono minore rispetto agli altri anni. Sarà per le divergenze tra Ahmadinejad e gli ayatollah, ma sta di fatto che questa volta la rievocazione è stata modesta e il discorso della Guida suprema molto più radicale del solito. Come sempre, le posizioni interne dell’Iran non sono univoche, ma ci sono tutte le tonalità del grigio…
I segnali della contrapposizione frontale tr Khamenei ed Ahmadinejad sono evidenti. Il Presidente ha pubblicamente osteggiato la proposta di istituire degli interi piani delle università dedicati solo alle donne, andando contro i dettami della Guida suprema. Probabilmente si tratta una manovra politica in vista delle prossime elezioni, ma non è finita qui. Alcuni collaboratori del Presidente sono stati arrestati con un’accusa molto simile a quella di stregoneria. Anche l’ayatollah più vicino al presidente, l’ultra-conservatore Mesbah-Yazdi, considerato dallo stesso Ahmadinejad suo mentore nel gran Consiglio, lo ha scaricato nel maggio scorso, affermando che ormai il presidente era sotto l’effetto di un sortilegio. L’accusa lì vale quella di alto tradimento. Insomma, di segnali ce ne sono molti ed anche altrettanto chiari.
Torniamo alla sostanza, le sanzioni ed il nucleare. Gli Stati Uniti devono accelerare l’inasprimento dell’embargo, aiutati da Qatar ed Emirati, i quali hanno appena varato la fine delle transazioni con Teheran, il tutto per favorire Israele: nel Golfo sono presenti centinaia di società iraniane, importanti bacini economici anche dei pasdaran, i guardiani della rivoluzione. Obama, in piena campagna elettorale, deve riuscire a cogliere qualche successo in Iran, con la Cia ed il Mossad all’opera, nella speranza di far fuori qualche altro scienziato o qualche impianto nucleare.
Le rivelazioni sui piani militari sono state fatte da David Ignatius, l’editorialista del Washington Post, che è a Bruxelles, al seguito del ministro della Difesa Usa. In un suo recente articolo, Ignatius parla della possibilità che in primavera l’Iran entri nella ‘zona di immunità’, come la chiamano gli israeliani, i quali sostengono che “gli iraniani avranno presto immagazzinato sufficiente uranio arricchito a grande profondità sotterranea per poter costruire la bomba ed a quel punto solo gli Stati Uniti potranno fermarli militarmente”.
Israele teme di perdere la propria deterrenza militare nei confronti della Repubblica Islamica, visto che la sua strategia di sicurezza nazionale si basa, dall’occupazione del 1948, sull’autosufficienza militare, sebbene si sappia bene che solo grazie ai finanziamenti statunitensi, che finora hanno arricchito le casse sioniste, possono sopravvivere. Non è un caso, ovviamente, che Tamir Pardo, attuale capo del Mossad, abbia recentemente fatto visita a Washington. Dianne Feinstein, presidente della commissione Intelligence del Senato americano, ha svelato i colloqui segreti di Pardo durante un’audizione sull’Iran, nel corso della quale il direttore nazionale dell’intelligence, James Clapper, ha avvalorato l’avvicinamento dell’Iran all’atomica.
La maggiore preoccupazione di Washington riguarda la possibilità che Teheran reagisca lanciando attacchi, terroristici e missilistici, contro le truppe Usa dispiegate nel Golfo Persico oppure chiudendo la navigazione attraverso gli Stretti di Hormuz. Sui venti di guerra che spazzano il Medio Oriente è tornato a parlare Panetta, in serata dalla base di Ramstein, in Germania: “In questo momento la cosa più importante è mantenere l’unità della comunità internazionale per convincere l’Iran a non realizzare l’atomica, ma se loro faranno altrimenti noi abbiamo tutte le opzioni sul tavolo e saremo pronti a rispondere se dovremo farlo”.
La direzione di Usa ed Israele è chiara, le alleanze altrettanto, così come le solite ‘prove’ ideologiche. Dal canto nostro possiamo solo attivare una campagna politica che miri a tenere l’Italia fuori dall’ennesima guerra d’aggressione allo Stato sovrano dell’Iran, non potendo realisticamente sostenere una richiesta di schieramento al fianco degli ‘Stati Canaglia’, come sono soliti chiamarli i soliti pennivendoli di regime. Dobbiamo fare in modo di impedire che si consumi una nuova strage nel nome dell’imperialismo sionista e statunitense senza che si alzi almeno una voce limpida e sicura in sostegno dell’Iran, come abbiamo già fatto – e come faremo in futuro – con tutti i Paesi non allineati con le loro politiche d’aggressione.
I Guardiani della rivoluzione islamica hanno intrapreso da oggi un’ulteriore tornata di manovre navali nelle acque del Golfo Persico in particolare in tratti di mare a ridosso dello Stretto di Hormuz. Lo ha reso noto il generale Mohamad Pakpur, capo delle forze terrestri del corpo scelto, secondo cui scopo dell’esercitazione e’ il saggiarne la preparazione ad affrontare eventuali minacce: un’evidente allusione alla presenza in zona di unita’ da guerra statunitensi, che il 21 gennaio scorso era stata definita un fattore di insicurezza dal vice comandante in capo dei Guardiani, generale Hosseyn Salami.
Ma noi come possiamo aiutare concretamente l’Iran e la Siria? Che cosa possiamo fare? Siamo in minoranza, l’oscuro governo Monti è così distante da noi che non ho proprio idea di cosa possiamo fare, se non dissentire fortemente. Ma dissentire fortemente non serve praticamente a nulla.
Chi ha idee, le dica, per favore!
Grazie!