Jus soli contro jus sanguinis: strumentalità, demagogia, ipocrisia

nov 29th, 2011 | Di | Categoria: Contributi
di Antonio Catalano

“Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati straniera, poiché negarla, è un’autentica follia, un’assurdità”. Dopo aver sponsorizzato l’operazione del governo “tecnico” Monti insediato dalla BCE e dai “mercati”, Giorgio Napolitano indica questa priorità subito raccolta dal senatore Pd Ignazio Marino che deposita un disegno di legge firmato da 113 senatori per modificare la legge del 1992 e concedere la cittadinanza a ogni nato in Italia. E così l’attualità è stornata su questa questione mentre la banca europea, che ha imposto all’Italia le sue condizioni, passa all’incasso col nuovo governo che si accinge a smantellare definitivamente i diritti sociali conquistati da decenni di lotta dai lavoratori.
Jus soli o Jus sanguinis?
Evidente che lo jus soli è il sistema più giusto in quanto permette la trasmissione della cittadinanza alla nascita secondo il criterio del luogo di nascita, chi nasce sul territorio nazionale è cittadino. In Italia vige il sistema in forma accentuata di jus sanguinis, che utilizza invece come criterio la pura e semplice appartenenza genealogica per cui è cittadino di un certo paese chi discende da cittadini di quel paese. Mia intenzione non è, qui, discutere della indubbia superiorità del sistema dello jus soli, ma mettere in evidenza come proprio i paladini di questo sistema siano i primi della classe nel sostenere l’ordine imperialistico (Usa capobastone) basato per definizione sulla negazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione. Questi ruffiani dove sono quando si dovrebbe difendere il diritto di cittadinanza di popoli aggrediti sol perché non adeguatamente allineati e resistenti all’ordine imperiale? Sono in prima fila a spiegare e convincere che si tratta di necessari interventi tesi a liquidare i cattivi di turno che impediscono il normale scorrimento della democrazia. Democrazia intesa non come il potere del popolo ma come involucro ideale per imporre sistemi istituzionali (e di costume) più idonei a garantire la dominazione imperiale. Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, nel mirino la Siria, ma solo per limitarci. La Libia ancora gronda sangue, e di questo sangue sono macchiati i buoni che oggi balzano in prima fila a sostenere il diritto dei bambini figli degli immigrati a diventare cittadini italiani.
I paesi esportatori di democrazia a suon di bombe, che amano definire “canaglia” quei paesi che non vogliono negare la propria sovranità, che praticano con piglio wasp suprematista lo ius primae noctis verso i popoli considerati meno che niente, si pregiano di presentarsi come i paladini dei diritti cianciando di “quote rosa”, “quote per extracomunitari”, “diritti alla cittadinanza”. Un impasto nauseabondo di antirazzismo alla benetton, multiculturalismo occidentalocentrico, formalismo ipocrita… stiamo facendo l’identikit del politicamente corretto, ideologia che ha la sua fucina nella produzione cinematografica hollywoodiana, ideologia veicolata dai ceti medi incolti del mondo occidentale con sensibilità alla mulinobianco.
Il capitalismo globalizzato di marca americana, per ottimizzare la veicolazione del proprio modello, l’american way of life, tende a creare condizioni di forte omogeneità comportamentale e la trasformazione “liquida” delle società. Istituti regole e comportamenti che si pongono di traverso a questo processo di omogeneizzazione vanno superati, e qui interviene l’ideologia del politicamente corretto che pone formalisticamente la questione dei diritti, assumendo quelle fisionomie tipiche della cinematografia hollywoodiana. In questo senso l’attribuzione di cittadinanza da “suolo” diventa secondo questa ideologia la condizione migliore di una integrazione nei meccanismi di funzionamento di una società “globalizzata”. Per questo l’ideologia del politicamente corretto riesce così bene a conciliare l’uguaglianza formalistica del siamo tutti uguali senza distinzioni di sesso religione e razza con l’intervento “umanitario” a suon di bombardamenti in quei paesi che esprimono resistenze ad accettare le condizioni poste dall’impero.
Mi sono sempre battuto per il diritto degli immigrati ad affermare pienamente e in totale autonomia la propria dignità, perché non diventassero strumento del capitale per l’affermazione di logiche di divisione sociale. E continuo a farlo. Mi sono sempre battuto perché agli immigrati fosse riconosciuto il diritto fondamentale del permesso di soggiorno così come di altri (a partire da quello di culto), all’interno di una battaglia comune con i lavoratori italiani con i quali stringere un patto di solidarietà contro la logica del divide et impera. Ben sapendo che ciò non passa per il cambiamento di titolazione di scuole pubbliche o menu “etnici” ma per processi (seri, e rispettosi di identità) di integrazione nel tessuto sociale ospitante.
Non mi sembra che i sostenitori di questo disegno di legge siano tra quelli che si siano spesi contro le leggi discriminatorie in materia di immigrazione di questo ultimo ventennio espresse sia da governi di centrosinistra che da governi di centrodestra. Non è lo stesso Giorgio Napolitano colui che per primo e con più forza la scorsa primavera ha sostenuto la necessità del proditorio intervento militare contro la Libia?
E allora, di che stiamo parlando? Sì allo jus soli contro lo jus sanguinis ma fuori della logica che l’immigrato diventi merce di scambio di questa democrazia imperialista propensa a porre formalisticamente la questione dei diritti, così contribuendo a rafforzare sentimenti di diffidenza se non addirittura ostilità verso gli immigrati nel grosso del corpo sociale popolare.
Assistiamo, quindi, da un lato, al tentativo di stornare l’attenzione dalle inquietanti (dal punto di vista delle classi popolari) intenzione del governo dei “tecnici”, dall’altro al tentativo di neutralizzare una contraddizione a fini di consenso sociale.
28 novembre 2011
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3 commenti
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  1. scusa, in base a cosa dice che lo ius soli è innegabilmente il sistema più giusto? no perchè io penso esattamente il contrario… Un ragazzo figlio di immigrati che cresce in uno Stato nuovo è un “mezzo e mezzo”. Certo impara la lingua, va a scuola nel nuovo paese, ma risentirà inevitabilmente dell’influenza dei suoi genitori, che culturalmente appartengono a un paese diverso. Cosa definisce dunque un popolo, se non cultura e sangue? La logica conseguenza dello ius soli è l’eliminazione dei confini nazionali, progetto che i tuoi “amici” americani stanno portando avanti da sessant’anni…

  2. Prima di entrare nel merito posso garantirti che gli “americani” non sono miei amici per il semplice motivo che gli Usa rappresentano il principale bastione imperialistico oggi esistente, e per un anticapitalista e comunista (quale io mi considero) ritengo che questo sia l’abc, a meno che tu non faccia l’equivalenza: difesa dello jus soli = difesa del cosmopolitismo ergo difesa dell’America eccetera eccetera. Il cosmopolitismo è una categoria che non mi appartiene e ritengo, per dirtela tutta, che sia oggi un termine abusato ed apprezzato in certi ambienti globalisti che, quasi sempre, considerano gli Usa il bastione della democrazia internazionale, intesa come libertà assoluta di aggredire popoli e nazioni.
    Riguardo al tema che tu poni, anche se hai avuto bisogno di una stupida polemica, non difendo lo jus soli in quanto modello intrinsecamente superiore in assoluto. Se la disputa rimane tra i due jus è chiaro che preferisco quello del suolo, perché il secondo è inevitabilmente talmente ambiguo e pregno di implicazioni inquietanti. Poi è anche vero che bisognerebbe discutere per entrare nel merito di come questo jus soli debba essere considerato. Il processo di integrazione degli immigrati nel paese nel quale vivono è un fattore molto importante e decisivo, il che vuol dire che è fondamentale che essi si inseriscano nella società nella quale vivono attraverso: un lavoro contrattualizzato, il versamento dei contributi come tutti i lavoratori nostrani (naturalmente in regola), la fruizione di tutti i servizi a disposizione dei cittadini (sanità, scuola, trasporti, eccetera) l’apprendimento della lingua, la libertà di organizzazione sindacale, la libera espressione del proprio culto. Gli immigrati sono i primi a volersi integrare, che questo non accade è solo perché abbiamo un capitalismo vorace che preferisce legiferare proprio per determinare situazioni di grande precarietà e di non concessione di diritti, questo perché questa forza-lavoro diventa in questo modo più ricattabile e quindi concorrenziale rispetto ai lavoratori locali, in una logica perversa di gioco al ribasso del potere contrattuale di tutti il lavoratori.

  3. ancora in stato confusionale, caro Catalano… faccio ulteriore commento (dopo che hai eliminato l’altro): lo ius soli “stile kienge” (neonati dopo 1 anno di permanenza dei genitori) serve solo a favorire l’accesso di manodopera senza diritti (minore italiano ma genitori stranieri), senza restrizioni (è facile entrare…), senza garanzie di integrazione (il in famiglia comandano i genitori). Quindi favoriscono proprio quegli obiettivi che vorresti contrastare…ma solo a parole…già, forse ti fanno gola i loro voti…

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