Relativismo e universalismo astratto: le due facce speculari del nichilismo. Bene e Verità come concetti “rivoluzionari” alla base di un universalismo sostanziale e di una critica radicale del capitalismo.

set 11th, 2011 | Di | Categoria: Teoria e critica

di Lorenzo Dorato

articolo pubblicato sulla rivista Koiné

Introduzione

La cultura dominante dell’Occidente capitalistico si manifesta come un’unità insicind

ibile e complementare di relativismo ed universalismo astratto. Per comprendere come questi due “caratteri” della cultura, dell’ideologia e della simbologia occidentale presentino una forte complementarietà, bisogna dapprima definirli correttamente. Se in apparenza si pongono come contrastanti, in realtà, in relativismo e quel tipo di universalismo che definisco astratto, non sono altro che le due facce di una stessa medaglia: quella del nichilismo. Scetticismo antiveritativo e disincanto di fronta alla realtà, da un lato; affermazione della liebrtà assoluta come valore procedurale e contemporaneo colonialismo culturale delle categorie liberali occidentali, dall’altro, si fondono nel comporre la natura di quello che si potrebbe definire in prima approssimazione “occidentalismo”. Tale termine naturalmente non indica affatto la cultura occidentale nella sua straordinaria e feconda stratificazione dai greci ad oggi, bensì l’insieme di ideologie interne all’attuale paradigma integrato nell’occidente capitalistico.

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5 commenti
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  1. Commento su FB

    Trovo questo articolo notevole e da meditare. Faccio due osservazioni. La prima è che il sito dove è pubblicato questo articolo, una volta riconosciuta la unità/conflittualità fra aspetti comunitari e individuali, dovrebbe forse mutare il proprio nome, da “Comunismo e Comunità”, in “Individuo e Comunità”. La seconda è che, se si sostiene che l’individuo privo della comunità è un “nulla astratto”, si deve anche riconoscere che la comunità senza individui liberi è anch’essa un “nulla astratto”in quanto anche la comunità si sostanzia nell’utile per l’individuo, e senza di quello, non è una comunità, ma una prigione. In altri termini, si deve riconoscere eguale fondamento “ontologico” (dicono così?) alla comunità e all’individuo

    Alessandro Chiavacci

  2. Grazie del commento e dell’apprezzamento.
    D’accordissimo sul fatto che la comunità senza persone è un nulla astratto tanto quanto lo è l’individuo senza comunità.
    Parlo di persona e non di individuo proprio per distinguere l’individuo come atomo pensato astrattamente dalla persona come ente singolare integrato in contesti vivi. Per questo preferisco parlare di persona quando mi riferisco all’Uomo, e di individuo quando mi riferisco alla caricatura di Uomo presentata dalle ideologie a base individualistica.
    La comunità, dicevo, è essa stessa astrazione, o meglio prigione priva di sostanza umana, nel momento in cui svuota le persone della propria singolarità. In quel caso non si può parlare di comunità, ma più correttamente di aggregato collettivo.
    E’ giustissimo riconoscere lo stesso fondamento ontologico alla comunità e alla persona, ma in realtà il problema, in un certo senso è mal posto, almeno in termini semantici. L’ontologia della persona , se riconosciamo l’esistenza di una natura umana stabile, è comunitaria, così come l’ontologia della comunità ricomprende il riconoscimento della persona. Per questo non si tratta di dire che comunità e persona hanno eguale fondamento ontologico, ma di cogliere la loro connaturata compenetrazione già a priori nel concetto espresso dai due termini.
    E’ giusto poi specificare che la compenetrazione dei due concetti deve andare di pari passo con la loro distinzione (non separazione!, altrimenti si ricade in forme di individualismo o collettivismo anonimo), dal momento che il rapporto tra persona e comunità, per forza di cose, rimarrà sempre un rapporto contraddittorio e complesso.

    Circa il suggerimento sul nome del sito, il binomio di comunismo e comunità deriva dall’esigenza di tenere insieme la critica degli aspetti strutturali del modo di produzione capitalistico con la critica della deformazione antropologica che il sistema produce. Allo stesso tempo il riferimento alla comunità, oltre ad essere oppositivo ai caratteri atomisitci del capitalismo è anche propositivo in termini di possibile soluzione e superamento dello stesso. L’enfasi sul binomio individuo – comunità, per quanto interessante, pone l’enfasi esclusivamente sul problema filosofico di fondo che permette di costruire una buona ontologia dell’Uomo. Non è poco, ma tiene da parte il problema delle strutture sistemiche. Per questo comunismo e comunità e non individuo e comunità.

  3. Bell’articolo, bravo Lorenzo. Tema interessante e non facile da trattare ed anche per questo ancor più apprezzabile.

    Condivido in pieno la necessità di combattere la concezione relativista, in quanto essa è il sostrato culturale della adesione nichilista al capitalismo totalizzante. E qui dico totalizzante in quanto tende ad occupare in maniera totale tutti gli ambiti della sfera delle relazioni umane e della dimensione psichica dell’individuo.

    Il capitalismo è un sistema anti-umano nel senso che nega la natura umana, (la quale, beninteso, non è né buona né malvagia) che si esprime nella necessità (comunitaria) dell’essere umano di tendere a dotare di senso la sua vita, all’interno di un rapporto profondo e indistinguibile con la comunità di appartenenza (la religione in buona sostanza è stata per l’uomo la necessità di tenere insieme – nel culto – gli uomini nella stessa comunità). La riflessione antinichilista sulla dotazione di senso della vita contrasta appieno con la necessità capitalistica di escludere qualsiasi riflessione ontologica sull’esistenza in quanto il riferimento “filosofico” capitalistico è proprio un individuo nichilista senz’anima che deve affermare la vita solo in quanto espressione compulsiva di comportamento improntato al consumo di merce. Questo il motivo per cui la morte viene del tutto esorcizzata, nella concezione nichilistica e performativa della cultura capitalistica essa è vista solo come interruzione del flusso consumistico: l’ “homo capitalisticus” deve solo limitarsi a consumare. Ma la morte non è estranea alla vita e quindi la riflessione sulla morte non è esercizio necroforo ma necessario momento di approfondimento del senso stesso della vita. Come diceva Morin, dimenticare la morte è dimenticare se stessi.

    Il comunismo non può essere concepito come “semplice” liberazione dalle catene dello sfruttamento, si ridurrebbe così enormemente la sua carica emancipatrice di superamento dell’alienazione dell’uomo da se stesso. Il comunismo, per essere davvero fonte di rivoluzionamento di rapporti sociali di sfruttamento e di alienazione, non può che continuamente interrogarsi sulla necessità di ricerca di un principio veritativo a carattere universalistico; dal che approdare al bene come tendenza a considerare l’agire umano dettato dal principio della condivisione, della solidarietà, della giustizia, in rispetto del benessere collettivo e non di solo quello individuale. E qui il discorso che il capitalismo, nella sua connaturata concezione relativistica, presuppone la libertà come sostanzialmente libertà “da” e principalmente “di” mentre, come giustamente si rileva nell’articolo, la libertà dovrebbe essere coniugata solo con la preposizione “per”, cioè una libertà per difende ed affermare il principio del bene comune all’interno del perimetro comunitario e sociale.

    Siccome l’articolo, e giustamente, si interroga sul perché il comunismo educato ad un marxismo che ha fatto sua l’ideologia del progresso, sia approdato a comportamenti politici e di costume del tutto complementari al capitalismo mi rifaccio a quanto scriveva anni fa Massimo Bontempelli a proposito. Bontempelli affermava, infatti, che la sinistra è più funzionale al totalitarismo neoliberista di quanto lo sia la destra, e ciò proprio in virtù di caratteri che le sono stati costitutivi fin dalle origini della sua storia. In nome di quel progressismo che deve eliminare tutte le sopravvivenze di epoche passate che intralciano la cosiddetta modernizzazione. Il Nostro ricorda come la sinistra, per limitarsi ad un esempio, abbia sostenuto e propagandato una cultura promotrice della modernizzazione del costume sociale che, sottraendo i comportamenti individuali ai condizionamenti premoderni dell’etica familiare, delle inibizioni religiose, e delle tradizioni comunitarie, ha reso l’individuo un perfetto consumatore di merci. La sinistra, infatti, incarna un nichilismo radicale e di massa che olia e lubrica i meccanismi di funzionamento del totalitarismo capitalista. Per questo possiamo dire, con Bontempelli, che la sinistra, dopo aver abbandonato con massima disinvoltura le sue originarie ideologie, non ha valori affatto, è del tutto priva di un’anima. E di esempi ne potremmo fare a bizzeffe… fino ad arrivare all’accettazione entusiasta del finanziere Monti inteso come salvatore della patria, per non parlare della benedizione dei bombardamenti umanitari alla Jugoslavia, all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia… e all’Iran.

    La riflessione che propone l’articolo è lodevole: non c’è costruzione di ipotesi comunistica all’interna di una concezione “priva d’anima”, cioè relativistica e nichilistica.

  4. ….scusate…c’è qualcuno che mi spiega perchè trovo geniale questo articolo e ritengo, contemporaneamente, che sia perfettamente in linea con quello che dice Papa Benedetto XVI° ? Dov’è che sbaglio ? Non stò scherzando. C’è qualcuno che mi spiega dove sta la contraddizione tra condividere questo superlativo articolo/saggio e la mia visione cattolica ?
    Aggiungo che sono un cultore di Lévinas e che quindi capirei bene se mi si rispondesse sottolineando l’”ateismo” del tutto a diferenza di un discorso di “fede”. Ma resterebbe comunque il fatto di una concordanza sostanziale di questo discorso e quello di Lévinas con la “cultura cattolica” quantomeno al 90%.
    Non so’ se sono riuscito ad esprimervi le mie…piacevoli, molto piacevoli, perplessità.

  5. ….scusate…c’è qualcuno che mi spiega perchè trovo geniale questo articolo e ritengo, contemporaneamente, che sia perfettamente in linea con quello che dice Papa Benedetto XVI° ? Dov’è che sbaglio ? Non stò scherzando. C’è qualcuno che mi spiega dove sta la contraddizione tra condividere questo superlativo articolo/saggio e la mia visione cattolica ?

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