“Preferirei non essere Anna”: storia indiana di una Tangentopoli pilotata
set 8th, 2011 | Di Piero Pagliani | Categoria: Politica InternazionaleProponiamo la traduzione di un originale articolo della scrittrice indiana Arundhati Ro
y, cu
i aggiungiamo un formidabile apparato di note, necessarie a
una comprensione non superficiale del testo.
L’esempio indiano ci aiuta capire la portata di alcune cruciali vicende nostrane (in India i fenomeni italiani si amplificano su scala asiatica).
La traduzione è stata curata da Piero Pagliani, autore di articoli su società e politica in India, del documentario “La grazia e la violenza” sulla lotta antiespropri dei contadini del Bengala Occidentale, nonché del libro “Naxalbari-India. La rivolta nella futura terza potenza mondiale“.
Premessa del traduttore:
I nostri giornali hanno dato molto risalto allo sciopero della fame in India del settantaquattrenne Anna Hazare. Lo sciopero è in sostegno del Jan Lokpal Bill, una proposta indipendente di legge anticorruzione; Lokpal in Sanscrito significa “protettore del popolo”.
L’analisi di Arundhati Roy rivela cosa c’è dietro a questa campagna mediatica e ci pone di fronte all’ambiguità di “battaglie” moralizzatrici e a prima vista condivisibili. Anche noi italiani.
Anzi, ancora una volta possiamo rispecchiarci in ciò che succede in India, dove le cose italiane vengono semplicemente ampliate in dimensioni asiatiche.
Tutte le note sono mie.
I’d rather not be Anna
Arundhati Roy – «The Hindu», 21 agosto, 2011.
Mentre i suoi mezzi forse sono gandhiani, le sue richieste non lo sono di sicuro.
Se ciò che stiamo vedendo alla TV è veramente una rivoluzione, allora è una di quelle più imbarazzanti e inintelleggibili dei tempi recenti. Per ora, qualunque siano le domande che voi avete in merito al Jan Lokpal Bill, qui ci sono le risposte che verosimilmente otterrete: spuntate la casella – (a) Vande Mataram (b) Bharat Mata ki Jai (c) India is Anna, Anna is India (d) Jai Hind[1].
Per ragioni completamente differenti, e in modi completamente differenti, potreste anche dire che i Maoisti e il Jan Lokpal Bill hanno in comune una cosa: entrambi mirano a sovvertire lo Stato indiano. I primi lavorando dal basso, per mezzo di una lotta armata, condotta da un esercito in larga parte adivasi, composto dai più poveri tra i poveri[2].
Il secondo partendo dall’alto, per mezzo di un incruento colpo maestro gandhiano, condotto da un santo coniato di fresco, e un esercito di persone largamente urbanizzate e di sicuro più benestanti (in questo il Governo sta facendo tutto ciò che gli è possibile per sovvertire se stesso).
Nell’aprile del 2011, pochi giorni dall’inizio del primo “sciopero della fame fino alla morte” di Anna Hazare, cercando qualche maniera per distrarre l’attenzione dai grandi scandali di corruzione che hanno ridotto i suoi margini di credibilità, il governo ha rivolto un invito al “Team Anna” – il logo scelto da questo gruppo della “società” civile – affinché entrasse a far parte di una commissione incaricata di redigere una nuova proposta di legge anti-corruzione. Dopo pochi mesi però ha abbandonato quel tentativo e ha presentato un suo proprio progetto di legge, ma talmente pieno di difetti che era impossibile prenderlo sul serio.
Poi, il 16 agosto, la mattina del suo secondo “digiuno fino alla morte”, prima che avesse iniziato il digiuno stesso o di aver commesso alcun atto illegale, Anna Hazare è stato arrestato e imprigionato. Così ora la lotta per il Jan Lokpal Bill si è fusa con quella per il diritto a protestare, con quella per la stessa democrazia.
Dopo poche ore di questa “Seconda Lotta per la Libertà”, Anna è stato rilasciato.
Ma con una decisione astuta ha rifiutato di lasciare la prigione ed è rimasto nel carcere di Tihar, come un ospite riverito, dove ha iniziato un digiuno reclamando il diritto di digiunare in un luogo pubblico.
Per tre giorni, mentre fuori si accalcavano la folla e i furgoni delle televisioni, membri del Team Anna, sfrecciavano dentro e fuori dalla prigione di massima sicurezza, portando fuori messaggi video da mandare in onda su tutti i canali della TV nazionale (a chi altro si sarebbe concesso un simile lusso?). Nel frattempo 250 impiegati della Commissione Municipale di Delhi, 15 camion e sei ruspe lavoravano senza sosta per mettere a posto il terreno fangoso del piazzale Ramlila in vista del grande spettacolo del weekend[3].
Ora Anna, servito da capo a piedi, vegliato da folle salmodianti e telecamere montate su gru, sorvegliato dai medici più cari di tutta l’India, ha iniziato la terza fase del digiuno fino alla morte. “Dal Kashmir a Kanyakumari, l’India è una”, ci dicono i conduttori televisivi.
Mentre i suoi metodi possono essere gandhiani, le richieste di Anna Hazare non lo sono per niente. Contrariamente alle concezioni di Gandhi riguardo il decentramento del potere, il Jan Lokpal Bill è una legge anti-corruzione draconiana in base alla quale un comitato di persone accuratamente scelte dovrebbe amministrare una gigantesca burocrazia, fatta di migliaia di impiegati, col potere di sorvegliare dal primo ministro ai membri del parlamento e a quelli del potere giudiziario, giù fino a tutti gli organi amministrativi e all’ultimo funzionario governativo.
Il Lokpal avrebbe poteri di indagine, sorveglianza e incriminazione. Eccettuato solo il fatto che non avrebbe delle sue prigioni particolari, funzionerebbe come un amministrazione indipendente che avrebbe il compito di contrastare quella gonfiata, inaffidabile e corrotta che già abbiamo. Due oligarchie al posto di una.
Se tutto ciò funzionerà o meno dipende da come concepiamo la corruzione.
La corruzione è solo una questione di legalità, di irregolarità e corruttele finanziarie, oppure è la moneta corrente di una transizione sociale verso una società enormemente ineguale, nella quale il potere continua a concentrarsi nelle mani di una minoranza sempre più piccola.
Immaginate, ad esempio, una città di centri commerciali nelle cui strade la vendita ambulante sia stata vietata. Un ambulante dà una piccola bustarella al poliziotto di quartiere e al tipo del comune per poter violare la legge e vendere le sue merci a chi non può permettersi i prezzi dei grandi magazzini. È una cosa così terribile? In futuro dovrà pagare anche i rappresentanti delLokpal? La soluzione dei problemi che affliggono le persone comuni risiede nell’affrontare i problemi strutturali di ineguaglianza, o nella creazione di un’altra struttura di potere alla quale la gente dovrà inchinarsi.
Nel frattempo gli accessori di scena e le coreografie, il nazionalismo aggressivo e lo sventolio di bandiere della Rivoluzione di Anna sono tutti presi in prestito dalle proteste anti-reservation, dalla parata per la vittoria ai mondiali di cricket e dalle celebrazioni per i test nucleari[4].
Ci indicano che se non sosteniamo Il Digiuno non siamo dei “veri indiani”. I canali televisivi h24 hanno deciso che non ci sono altre notizie degne di essere riportate.
“Il Digiuno”, ovviamente, non è quello di Irom Sharmila che è durato più di dieci anni (ora è in nutrizione forzata) contro l’AFSPA che dà licenza ai soldati nel Manipur di uccidere sulla semplice base di un sospetto[5].
Non è lo sciopero della fame a staffetta che è in corso proprio adesso da parte di diecimila abitanti di villaggio a Koondakulam per protesta contro le centrali nucleari[6].
“Il Popolo” non significa gli abitanti del Manipur che sostengono lo sciopero della fame di Irom Sharmila. E nemmeno le migliaia di persone che stanno tenendo testa ai poliziotti armati e alle mafie minerarie a Jagatsinghpur, o Kalinganagar, o Niyamgiri o Bastar o Jaitapur.
Né dobbiamo pensare alle vittime della fuga di gas di Bhopal o alle persone mandate via dalle dighe nella Valle della Narmada. E nemmeno i contadini nella NOIDA o a Pune o nell’Haryana o in tutti gli altri posti dove stanno resistendo all’esproprio delle loro terre[7].
“Il Popolo” significa solo l’audience che è stata raccolta per assistere allo spettacolo di un uomo di 74 anni che minaccia di digiunare fino alla morte se il suo Jan Lokpal Bill non viene discusso e approvato dal Parlamento. “Il Popolo” sono le decine di migliaia che sono state miracolosamente trasformate in milioni dai nostri canali TV, come Cristo ha moltiplicato i pani e i pesci per sfamare gli affamati. “Un miliardo di voci ha parlato,” ci dicono. “L’India è Anna”.
Chi è veramente questo nuovo santo, la Voce del Popolo? Abbastanza stranamente non gli abbiamo sentito dire nulla riguardo preoccupazioni molto urgenti. Niente riguardo al suicidio dei contadini nei suoi dintorni o riguardo l’Operazione “Green Hunt” solo un po’ più in là[8].
Nulla su Singur, Nandigram, Lalgarh, sulle agitazioni dei contadini o il flagello delle SEZ[9].
Non sembra avere alcuna opinione sui piani del Governo di dispiegare l’Esercito Indiano nelle foreste dell’India Centrale.
Però appoggia la xenofobia del Marathi Manoos di Raj Thackeray e ha elogiato il “modello di sviluppo” del Capo Ministro del Gujarat che ha sovrinteso il pogrom del 2002 contro i musulmani (dopo le proteste pubbliche Anna ha ritirato le dichiarazioni, ma probabilmente non la sua ammirazione)[10].
Nonostante questo cancan, i giornalisti seri hanno fatto il loro lavoro. Ora conosciamo i trascorsi di Anna con l’RSS[11].
Abbiamo saputo da Mukul Sharma cha ha studiato la comunità del villaggio di Anna, Ralegan Siddhi, che lì negli ultimi 25 anni non si sono tenute le elezioni per il Gram Panchayat né nelle società Cooperative[12]. Conosciamo la posizione di Anna rispetto agli “harijans”[13]: «Nella concezione del Mahatma Gandhi ogni villaggio doveva avere il suo chamar[14], il suosunar[15], il suo kumhar[16], e così via[17]. Essi dovrebbero svolgere il lavoro che compete al loro ruolo e alla loro occupazione, così che il villaggio possa essere autosufficiente[18]. È proprio quello che pratichiamo a Ralegan Siddhi.»
È allora forse sorprendente che membri del Team Anna abbiano rapporti con la Youth for Equality, il movimento anti-reservation (e pro-merito)? Questa campagna è guidata da gente che gestisce una manciata di ONG generosamente finanziate e i cui benefattori includono la Coca-Cola e laLehman Brothers.
Kabir[19], gestita da Arvind Kejriwal e Manish Sisodia, figure chiave del Team Anna, ha ricevuto negli ultimi tre anni ben 400.000 dollari dalla Fondazione Ford.
Tra i finanziatori della Campagna Contro la Corruzione in India, ci sono compagnie e fondazioni indiane proprietarie di industrie per l’alluminio o che costruiscono porti e SEZ, che gestiscono imprese immobiliari e sono legatissime a politici che gestiscono imperi finanziari da miliardi di rupie. Alcuni di loro sono attualmente indagati per corruzione e altri reati. Perché allora sono tutti così entusiasti?
Voglio ricordare che la campagna per il Jan Lokpal Bill è iniziata a marciare a tutto vapore proprio quando vennero alla luce rivelazioni imbarazzanti di Wikileaks assieme ad una serie di truffe, tra cui quella del “2G spectrum”, nelle quali grandi gruppi industriali, giornalisti senior, ministri del governo e politici del Congress e del BJP sembrano aver agito in collusione in vari modi al fine di succhiare dall’erario pubblico miliardi di rupie[20].
Per la prima volta in molti anni, giornalisti-lobbisti vennero svergognati ed è sembrato che qualche capitano d’industria indiano potesse finire in galera. Un tempismo perfetto per una lotta contro la corruzione. Non è vero?
Proprio nel momento in cui lo Stato abdica dai suoi doveri tradizionali e le corporation così come le ONG subentrano alle funzioni governative (fornitura dell’acqua, dell’elettricità, dei trasporti, utilizzo del sottosuolo, sanità, istruzione); proprio nel momento in cui lo spaventoso potere ed estensione dei grandi gruppi mediatici cerca di controllare l’immaginazione pubblica, ci piacerebbe pensare che questi istituzioni - corporation, media e ONG – possano essere sottoposte alla giurisdizione di una legge di protezione popolare [Lokpal] . Invece il progetto di legge proposto le lascia completamente fuori.
Ora, strillando più forte di tutti gli altri, soffiando su una campagna che martella senza sosta sul tema dei politici cattivi e della corruzione governativa, sono riusciti abilmente a tirarsene fuori.
Peggio ancora, grazie alla demonizzazione del solo Governo sono riusciti a costruirsi un pulpito per richiede un’ulteriore abdicazione da parte dello Stato dalla sfera pubblica e un secondo round di riforme – ovvero, più privatizzazioni, più accesso alle infrastrutture pubbliche e alle risorse naturali dell’India. Non manca molto a quando la Corruzione Corporate verrà dichiarata legale e ridenominata “Pedaggio Lobbistico”.
Gli 830 milioni di persone che vivono con 20 rupie al giorno[21], trarranno veramente un qualche beneficio dal rafforzamento di quell’insieme di politiche che li sta impoverendo e che sta conducendo questo Paese verso la guerra civile? Questa crisi orrenda è l’esito del completofallimento in India della democrazia rappresentativa, in cui i corpi legislativi sono formati da politici criminali e milionari che hanno smesso di rappresentare il popolo. In cui nemmeno una istituzione democratica è accessibile da parte della gente comune. Non fatevi prendere in giro dalle bandiere svolazzanti. Stiamo assistendo ad un’India che viene fatta a pezzi in una guerra di signorie che è mortale come lo sono tutte le battaglie condotte dai signori della guerra afgani, con la sola differenza che qui la posta è molto, molto più alta.
Fonte: «The Hindu», 21 agosto, 2011.
Traduzione per Megachip e note esplicative a cura di Piero Pagliani.
[1] Il Vande Mataram, scritto nel 1882 da Bankim Chandra Chattopadhyay è un inno alla dea Durga considerata come la personificazione nazionale dell’India. Il motto Bharat Mata ki Jai’(“Vittoria per la Madre India”) è usato da varie organizzazioni indù. Notevole è stato il suo uso da parte dell’Indian National Army (Azad Hind Fauj), cioè dell’esercito che operava contro gli Inglesi assieme ai giapponesi e alleato alla Germania nazista, organizzato da Subhas Chandra Bose, detto Netaji (Duce), un militante che proveniva dalla sinistra nazionalista vicina a Gandhi. Nonostante tutto la figura del Netaji è ancora molto rispettata in tutta la sinistra indiana. Jai Hindsignifica “Viva l’India” ed era proprio il grido di battaglia dell’Indian National Army.
[2] Adivasi, dal sanscrito adi=originario e vasi=abitante, indica i membri delle tribù, che popolavano l’India prima dell’invasione aria. Ufficialmente sono listati in un registro detto delle “Scheduled Tribes” che conta circa 85 milioni di persone, ma c’è chi pensa che siano almeno il doppio. Presenti in percentuali molto variabili nei diversi stati indiani, vivono prevalentemente in zone forestali e montagnose, oggi oggetto dell’attenzione rapinosa di società estrattive ed altro. Esclusi dall’universo indù, emarginati, sono considerati, anche da Arundhati Roy, i “poveri tra i poveri”. Fortemente cristianizzati oggi preferiscono usare il termine “tribale”, come termine autoaffermativo. Formano storicamente il nucleo della guerriglia maoista.
[3] Ramlila , anche noto come Lanka Maidan, è uno dei luoghi più popolari di Delhi. La scelta di questo luogo non è dunque casuale.
[4] In India esiste un corpo di norme che prevedono che negli incarichi pubblici e negli istituti d’istruzione pubblici e privati ci sia una quota (Reservation, solitamente pari al 50%) di posti riservata ai settori più svantaggiati della popolazione, recensiti in base ai registri delle “Scheduled Tribes”, delle “Scheduled Castes” e delle “Other Backward Catses”. La legge ha provocato un’ondata di proteste anche aspre e violente e con suicidi pubblici da parte dei settori privilegiati (a volte però ormai solo nominalmente), sulla base di diversi ragionamenti, tra cui, come ricorda Arundhati Roy, quelli poggianti sulla meritocrazia. Questa norma è stata criticata anche da alcuni settori della sinistra. Recentemente è scoppiato il caso del film di Bollywood, “Aarakshan”, sospettato di essere anti-reservation (“aarakshan” in Hindi significa proprio “reservation”)
[5] L’AFSPA (Armed Forces Special Powers Act) è una cosiddetta “legge draconiana” con cui dal 1958 il Parlamento indiano conferisce poteri speciali alle forze armate in quelle che vengono definite “zone disturbate” nelle cosiddette Sette Sorelle, cioè gli stati del Nord-Est dell’Arunachal Pradesh, Assam, Manipur, Meghalaya, Mizoram, Negaland e del Tripura. In queste aree, le forze armate possono aprire il fuoco contro un assembramento di più di cinque persone sulla base di un banale sospetto. Irom Sharmila fu testimone nel novembre del 2000 del massacro di 10 persone che stavano aspettando l’autobus a Malom, un villaggio dello stato del Manipur, per una rappresaglia a casaccio da parte delle forze di sicurezza. Da quel momento iniziò uno sciopero della fame per l’abolizione di quella legge. La sua storia è raccontata da Deepti Priya Mehrotra nel libro “Burning Bright” (Penguin Books India, 2009). Irom ha recentemente dichiarato al Times of India che ritiene la campagna di Anna Hazare “qualcosa di artificiale”.
[7] NOIDA significa New Okhla Industrial Development Area, ed è una città dell’India di circa 300.000 abitanti nello stato federato dell’Uttar Pradesh, in cui ci sono vari progetti di sviluppo industriale. Anche gli altri luoghi sono stato teatro di lotte dei contadini per contrastare l’esproprio delle proprie terre a favore dello sviluppo industriale.
[8] La cosiddetta “Operazione Green Hunt” è un’iniziativa militare contro i guerriglieri maoisti. Si veda il mio articolo “India: cosa sta accadendo?” e il fondamentale reportage di Arundhati Roy [http://www.puntorosso.it/images/saperi/roy.pdf].
[9] SEZ sta per “Special Economic Zone” e indica un’area individuata per lo sviluppo industriale, solitamente a spese dei contadini che la abitano. Sulla vicenda di Singur e Nandigram si veda il mio articolo ”India: Nano rosso sangue”. La zona di Lalgarh nel Bengala Occidentale è stata teatro di operazioni contro i maoisti che hanno visto episodi atroci e controversi.
[10] I Marathi (manoos significa “cittadino comune”) formano un gruppo etnico indo-ariano che abita lo stato del Maharashtra e le cui prerogative sono difese spesso con la violenza dal fondatore e presidente del Maharashtra Navnirman Sena (“Maharashtra Reformation Army”) un partito di destra etnocentrico a base regionale. Il Capo Ministro (Chief Minister, ovvero primo ministro di uno stato federato) in oggetto è Narendra Modi, del Partito Nazionalista Indù, BJP, che è stato accusato di aver coordinato il pogrom anti-musulmano del 2002 seguito ad un attentato ad un treno di pellegrini indù. Su ciò si veda il reportage di Arundhati Royhttp://www.internazionale.it/la-notte-dellindia/.
[11] Il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) - Ready for Selfless Service o National Volunteer Organization – è un’organizzazione di massa paramilitare nazionalista indù, che pare comprenda almeno un milione e mezzo di affiliati. Ritenuta d’ispirazione fascista, da essa provengono molti quadri del BJP. Nathuram Godse, l’assassino di Gandhi, era stato un militante dell’RSS.
[12] Si veda “The Making of an Authority: Anna Hazare in Ralegan Siddhi”. Il “panchayat” – assemblea (ayat) dei cinque (panch) è l’organo elettivo di autogoverno dei villaggi indiani.
[13] Letteralmente “figli di Dio”, nome col quale Gandhi indicava gli “intoccabili”. Attualmente essi tendono invece ad autoaffermarsi col termine “dalit”, derivato dal Sanscrito col significato più o meno di “messo a terra”, “spezzato”, ritenendo “figli di Dio” un termine socialmente ipocrita.
[14] Lavoratore o commerciante di pellame o oggetti in pellame. Membro dell’omonima sottocasta deiDalit.
[17] Arundhati Roy vuole evidenziare la visione tradizionalista per caste di Anna Hazare, come si evince dal capoverso seguente.
[18] Qui Anna Hazare fa implicitamente riferimento al concetto gandhiano di Swadeshi che fu parte della strategia gandhiana per l’indipendenza e per il miglioramento delle condizioni economiche dell’India facendo leva sulla sua struttura di villaggio. Swa significa “se stesso” o “proprio” e Desh significa “paese”. Il concetto di Swadeshi è stato utilizzato in seguito in vari modi – vedi il mio “Naxalbari-India” (Mimesis, 2007).