Note su un’importante intervista a Domenico Losurdo

gen 5th, 2010 | Di | Categoria: Dibattito Politico, Primo Piano, Teoria e critica

di Costanzo Preve

Ho letto recentemente un’importante intervista a Domenico Losurdo, datata Firenze, 31-10-2009. Essa si intitola “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”, ed io stesso (Costanzo Preve) sono tirato in ballo, con fotografia, come il più noto sostenitore di una “sciocchezza” (sic), e cioè della negazione della vigenza della dicotomia destra/sinistra. E tuttavia l’intervista presenta molti altri punti di estremo interesse politico, storico e filosofico, per cui un intervento pubblico è opportuno, sulla base del noto detto kantiano dell’uso pubblico della ragione.
Non mi aspetto risposta da Losurdo. D’altra parte, non ne ho mai avute in vent’anni dalla così detta “sinistra”, da cui ho
soltanto avuto silenzio, oppure diffamazioni infondate. Il fatto è che nel chiacchiericcio postmoderno non esistono più
presupposti illuministi, primo fra tutti l’uso pubblico della ragione.

Del resto, Losurdo stesso ne è stato vittima (meno di me, comunque), e tutto il circo “Manifesto-Liberazione” lo ha regolarmente silenziato, anche se questo circo, culturalmente, non gli arriva nemmeno alle ginocchia. E tuttavia, se per caso rispondesse, leggerei con attenzione quanto dice. Ma non è importante. Importante è sempre e solo la riflessione.

1. La negazione della dicotomia destra/sinistra. Una sciocchezza? Losurdo definisce una “sciocchezza” la negazione della distinzione fra destra e sinistra, e mi attribuisce questa sciocca tesi. In effetti è proprio così. Non mi offendo, perché è proprio così. Non ritengo però che sia una sciocchezza. Magari è una tesi errata, ma allora bisogna portare argomenti razionali (il socratico e platonico “logon didonai”) per dire che è errata. Il solo argomento portato da Losurdo è che la distinzione destra/sinistra non è facile, perché bisogna distinguere caso per caso in una congiuntura storica determinata. Losurdo fa due esempi. Ad esempio nel 1915 Salvemini, apparentemente di sinistra, era di destra perché era per la guerra, mentre il papa Benedetto XV, apparentemente di destra, era in realtà di sinistra perché era contro. Nel 1943, invece, Mussolini, pur essendo diventato repubblicano e socializzatore (Salò, eccetera) era in realtà di destra, mentre la monarchia, che era passata dalla parte degli Alleati vincitori (e soprattutto bombardatori) era invece di sinistra. Con tutto il rispetto, si tratta di una sciocchezza. La sinistra diventa un generico sinonimo di “aver ragione”, e la destra un generico sinonimo di “aver torto”. Così, Spartaco ha ragione e Crasso ha torto. Berlusconi è dunque di sinistra quando va a visitare Lukascenko e mantiene buoni rapporti con Putin (cosa che io condivido totalmente), mentre è di destra quando appoggia diplomaticamente i massacri sionisti a Gaza e invia nuove truppe in Afghanistan. In questo senso Berlusconi è di sinistra, e Fassino e Veltroni di destra. E potremmo continuare. La conclusione però, non porta verso Marx, ma verso Stevenson ed il romanzo sul Dottor Jekill e Mister Hyde, che, com’è noto, sono una sola persona, ma sdoppiata. Il buon Dottor Jekill è di sinistra durante il giorno, quando visita i suoi pazienti, mentre Mister Hyde è di destra quando esce di notte per commettere i crimini.

Faccio pacatamente notare che affermare che destra e sinistra mutino nel tempo e nello spazio (il che per un allievo della dialettica di Hegel è ad un tempo logico ed ovvio), e che la contraddizione principale non stia ferma e muti nel tempo (il che per un lettore della teoria della contraddizione di Mao è ad un tempo logico ed ovvio) non è ancora nulla se non si concretizza maggiormente il concetto storico di destra e di sinistra. Cercherò di farlo fra poco. Prima, però, aprirò una parentesi sulla differenza fra la concezione della dicotomia di Domenico Losurdo e quella di Marco Revelli.

2. La concezione della dicotomia di Losurdo e di Revelli, e l’autodichiarazione di Alain de Benoist. Nel prossimo terzo paragrafo esporrò brevemente la mia concezione sulla dicotomia. Prima, però, farò alcune considerazioni elementari sulla differenza fra l’approccio di Losurdo e quello di Revelli.

Il merito dell’approccio di Losurdo è di essere contenutistico, e di applicare la dicotomia caso per caso in base a valutazioni quasi sempre geopolitiche. Su questo, l’ho preceduto di un decennio, quando ho ignorato le urla diffamatorie del Politicamente Corretto per iniziare a collaborare con riviste considerate erroneamente “di destra” da chi mai le ha aperte, quali Italicum, Eurasia, Indipendenza, eccetera. Nel merito, sono sostanzialmente d’accordo in tutto con Losurdo: Hegel è buono e non cattivo; Smith è meglio di Tocqueville, razzista fino al midollo; gli insorgenti iracheni hanno ragione; gli insorgenti afgani hanno ragione; i palestinesi hanno completamente ragione ed i sionisti (compresi quelli di sinistra) completamente torto; Ahmadinejad è buono e non cattivo; Lukascenko e Chavez sono incondizionatamente buoni; Stalin deve essere fortemente criticato, ma bisogna evitare la demonizzazione metafisica di tutto il suo operato; è bene che la Cina sia forte, e l’indipendentismo tibetano deve essere scoraggiato; eccetera, eccetera. Potrei continuare con altre decine di esempi, e ci accorgeremmo che nel cinquanta per cento dei casi chi ha ragione è ideologicamente “di sinistra”, e nel cinquanta per cento dei casi è ideologicamente “di destra”. A questo punto soltanto un infondato arbitrio ideologico eurocentrico (perché la dicotomia è un frutto del più puro eurocentrismo, sia pure progressistico) può arrogarsi il diritto di dire che chi ha ragione (evidentemente in base a presupposti politici, sociali e geopolitici) è sempre di sinistra, e chi ha torto è sempre di destra. Diventa un teatro di burattini. Berlusconi ha una maschera di sinistra (addirittura di estrema sinistra) quando parla con Lukascenko, ed il giorno dopo se ne mette una di destra quando ordina a Frattini di sostenere sempre e comunque il sionismo.

Ma almeno Losurdo è contenutistico. Revelli, esperto di dicotomia destra/sinistra sulla base della cultura bobbiana piemontese (più esattamente, più che bobbiana, di cui non arriva neppure ai lacci delle scarpe, azionista-operaista) stabilisce la dicotomia non sulla base dei contenuti, ma sulla base dei “valori” di tipo idealtipico. Ma i così detti “valori” sono solo autoposizioni soggettive inevitabilmente arbitrarie, che per la loro stessa natura di autodichiarazione (sono per l’eguaglianza contro la diseguaglianza, eccetera) non sono esaminabili nel loro merito. Io sono di sinistra perché, dichiarandomi soggettivamente tale, aderisco a valori tradizionali della sinistra. Sulla base di questo criterio narcisistico-soggettivo (la famosa “anima bella” di Hegel) è del tutto impossibile sostenere ciò che io e Losurdo sosteniamo su base contenutistica, e cioè che Lukascenko ed Ahmadinejad siano meglio dei loro oppositori. Il lettore sa bene che il cominciare a dimostrare quanto affermo qui in modo apodittico, richiederebbe fra le cinquecento e le mille pagine, e non c’è qui lo spazio per farlo. Il particolare hegelianesimo giustificazionistico di Losurdo (che non è peraltro il mio) è quindi mille volte meglio del kantismo trascendentale dei “valori” di Revelli. Il primo permette un confronto oggettivo nel merito, mentre il secondo non lo permette, in quanto si fonda su un rimando a valori idealtipici. Ma Revelli non è che un caso particolare estremizzato del narcisismo autoreferenziale di tutta la sinistra semicolta italiana di origine ingraianorosssandiana (Manifesto, Liberazione…) la quale, essendo il problema, si autointerpreta come la soluzione, instaurando così un black-out intellettuale totale (ed, a mio avviso, a breve termine del tutto insuperabile ed inguaribile visto il monopolio che costoro hanno nei piccoli e residuali media di sinistra).

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