La sinistra senza costole
mar 7th, 2011 | Di Maurizio Neri | Categoria: ContributiPubblico qui come spunto di discussione un contributo di Gianluca Paciucci su “la sinistra e la Lega” , che appare anche nel blog “Vento largo”. Maurizio Neri
Se è difficilissimo capire quali siano i retroscena della politica degli ultimi vent’anni, figuriamoci quello che si vede in pubblico, ed è lampante. Inganno degli inganni e specchio tra specchi, incarnito trompe-l’oeil. Troppo famosa è l’affermazione di D’Alema (smentita?, pronunciata veramente?) per cui la Lega Nord sarebbe una costola della sinistra. Ecco la dichiarazione riportata sul Corriere della Sera del 1° novembre 1995: «…La Lega c’entra moltissimo con la sinistra, non è una bestemmia: tra la sinistra e la Lega c’è forte continuità sociale. Il maggior partito operaio del Nord è la Lega, piaccia o non piaccia. E’ una nostra costola…» (1). C’è la solita sbruffoneria dalemiana, uomo dalle mille sconfitte strategiche e sempre-in-piedi, come l’Ercolino di chi è stato bambino negli anni Sessanta, e mai dalla parte del torto. E c’è l’idea maschile di una «sinistra-adamo» e di una «lega-eva»: principio maschile di chi si sfila una costola per generare il suo complemento-completamento, possibilmente subordinato, e per dare vita all’umanità nuova. Presunzione allo stato puro, che il seguito della storia ha smentito e sbeffeggiato: se non nella storia della differenza dei generi, per cui «eva» vive ancora alla macchia (l’Eva vera, insorgente e disertrice, ovvero la donna concreta di rabbia e di ragione), nella storia dei partiti politici il povero «adamo» di sinistra sta finendo immiserito la sua storia. Fine del comunismo come della socialdemocrazia, fine della solidarietà come della rivoluzione. Restano le furbizie strategiche dei colonnelli sempre in sella, nonostante le ripetute Waterloo, non solo elettorali ma nel/del pensiero. Ultime perle: Vendola che lancia e brucia -lancia per bruciarla?- Rosi Bindi (persona veramente di sinistra, nella melma di questa parola morta), costretta a dichiarare che è Bersani il candidato naturale del centrosinistra; e Bersani che apre alla Lega (2).
Un uno-due micidiale, se il pugile non fosse già a terra steso da tempo. Bersani per l’ennesima volta sdogana la Lega (nessuno gli ha detto che è lui a dover essere sdoganato, per come stanno le cose…): essa sarebbe stata sin dalle origini un partito popolare, con una «radice autonomista, anti-burocratica e moralizzatrice dal punto di vista della serietà dell’azione amministrativa», certamente «non razzista», con la quale vi sono distanze ma con la quale si può convergere. Lega e PD sarebbero «popolari, Berlusconi solo populista». Eccola nominata, la distanza, ed è Berlusconi, il maiale da abbattere perché va con le minorenni, il feticcio contro cui si scaglia l’indignazione (nessun sentimento è più a buon prezzo di questo, sostitutivo d’ogni atto politico) (3): ammazzato -metaforicamente- il maiale (di cui non si butta niente…), ogni accordo è possibile, ogni inciucio/papocchio/ammucchiata, per usare parole «pigre», è auspicabile. Sappiamo che, tolto di mezzo Berlusconi, il berlusconismo diffuso continuerà a dominare e a governare il nostro stanco Paese, soprattutto se le sinistre daranno ancora truppe al progetto d’alleanza futura. Ricordo la fase di realizzazione del compromesso storico: un compagno del PCI commentava soddisfatto un manifesto in cui a una foto dei gerarchi democristiani gli astuti comunisti d’allora avevano aggiunto questa frase: «Lascereste governare questi uomini da soli?» Il colpo di genio era, secondo il mio astutissimo interlocutore, quel «da soli»: uomini che fino al giorno prima venivano additati allo scherno della base, e abbattuti in effigie in giochi popolari alle Feste dell’Unità, improvvisamente si rivestivano di onore con solo il bisogno di un PCI sotto forma di stampella (badante, si sarebbe detto oggi). E la base a credere, convinta. Così accadrà, oggi, con facilità maggiore che in passato: se Bersani dice che la Lega è un partito popolare, ma appena un poco sbarazzino, non possiamo lasciarla governare «da sola». Questa è strategia politica! Non è vero che la Lega sia razzista/sessista/omofoba/clientelare, etc., oppure se lo è, con noi cambierà, grazie a noi, alla nostra acclarata virtù… Come sia andata la storia del compromesso storico ben sappiamo, come andrà questa temiamo di saperlo.
E poi, quanta superficialità in queste interviste, e in questi lanci sul mercato dell’ultima intuizione politica! Nello stesso numero in cui, con grande rilievo è stata pubblicata l’intervista a Bersani, la Padania apriva con questo titolo: «Travolti dall’orda. E l’UE dorme». La Lega non sarà razzista, ma disperati che approdano da noi in massa dopo le rivoluzioni nel Maghreb diventano, in un breve e non esauriente elenco, orda/esodo biblico/assedio/invasione, termini conditi con parole stupide e banali come emergenza/urgenza/allarme terrorismo/clandestini, e un’islamofobia a far da collante. Si legga a pagina 4 dello stesso numero del quotidiano leghista (lo legga Bersani) un articoletto di Marcello Ricci, «Esodo biblico o assedio senza alcuna difesa?»: «Qual è il comune denominatore che li [i migranti e i loro governi, ndr] unisce nonostante le indubbie diversità? L’islam. Si è giunti allo scontro finale, prima con le persecuzioni alle comunità cristiane (…) e ora con il consolidamento delle già consistenti teste di ponte musulmane presenti in tutta l’UE (…). Il rimedio ci sarebbe (…). L’accoglienza lasci il posto alle armi. Si rifletta e si agisca se si vuole evitare che i cavalli berberi invadano anche S. Pietro…». A parte quest’ultima immagine, che evoca i cavalli cosacchi ad abbeverarsi alle fontane di San Pietro e che fa il paio con la similitudine tra il crollo dei regimi nordafricani (tutti fedelissimi alleati del governo Berlusconi-Bossi) e quello del muro di Berlino, spero non sia sfuggita la frase «l’accoglienza lasci il posto alle armi»… Cos’è se non istigazione a delinquere? Non è da denuncia immediata? E cos’è, questo, se non razzismo nei fatti, militante e foriero di morti su morti? Non bastano le migliaia di donne e uomini finiti in fondo al mar Mediterraneo o nei Cpt/CIE? Non bastano i civili uccisi dalle polizie di Tunisi, Algeri, Tripoli etc., uccisi magari con armi italiane? Questo si legge sul quotidiano della Lega di Bossi… L’insipienza del governo è nell’assenza di Frattini dalla scena politica mediterranea, mentre la sua pericolosità è in queste e altre parole degli uomini di Bossi. Con un corollarietto nelle lettere (la base leghista, sublime perché popolare… ascolti Radio Padania, Bersani, e ne sentirà delle belle…). La lettrice Ines Tremis scrive, in un commento alla manifestazione delle donne del 13 febbraio: «Milioni di persone a sfilare per l’orgoglio femminista. Tra questi anche molti uomini che non hanno molto a che vedere con il mondo delle donne; mi sono chiesto cosa ci azzeccassero e a lungo non ho trovato risposta. Poi ho capito tutto, ho realizzato che la manifestazione era aperta non solo alle donne quando ho visto che c’era anche Rosi Bindi.» Risposta popolare a Bersani, risposta indiretta a Vendola, meschina risposta, stupida battuta -Berlusconi ne ha dette anche di peggiori-, ma significativa, sintomatica. Il PD apra pure alla Lega: e con essa precipiti nel fango definitivo.
Poi il povero Bersani deve urlare contro gli irresponsabili ministri leghisti che votano contro (Bossi e Calderoli) o che escono al momento di votare (Maroni) quando si deve decidere della festa per l’unità nazionale del 17 marzo. A parte che sentire parlare Bossi (padre e figlio, si intende, e mille altri fannulloni leghisti) di lavoro fa fremere di curiosità e fa venir voglia di seguirli per tutta la giornata del 17 marzo e vederli all’opera. Leggetevi (legga Bersani) le numerose biografie dell’amato leader e vedrete che è più l’imbroglio di piccolo cabotaggio a caratterizzarne la giovane età -estesa fino ai quarant’anni suonati, peraltro, poi l’elezione…- più che il lavoro; ma sentire la base della Lega, nelle solite interviste all’uomo della strada, fa impressione: tutti a dire «lavorerò di più!…», il giorno della festa nazionale, come anche la sedicente «stakhanovista brianzola», in arte ministro Brambilla. Da tradurre: mentre il governo Berlusconi-Bossi attua sistematiche politiche antioperaie e di attacco concreto a quel che resta dello stato sociale, ecco l’attacco ideologico, che la Lega non fa mai mancare. Il quotidiano attacco squadristico ai lavoratori e alle lavoratrici coniugato all’esaltazione del lavoro astratto, ottuso, gioioso… Calderoli poi rilancia e raddoppia, in un’intervista a La Stampa del 19 febbraio: «…Pure la festa dei lavoratori andrebbe celebrata lavorando, altro che scampagnate…». Nero su bianco. Sappiano gli operai e i lavoratori, non solo brianzoli, quello a cui vanno incontro: a un fascismo antioperaio senza nemmeno l’ipocrisia delle feste, se non quelle elargite da padroni, concesse a braccia da sfruttare sodo, anche si clandestini/e, basta che tacciano curvi nelle pianure di Villa Literno o di Rosarno. Sembrano parole di teste calde (ministri della Repubblica…), di Gioppini, di maschere popolari (4), come sempre vengono trattate queste bestialità leghiste, e che invece vanno prese per quelle che sono: politica, politica pura, per un puro ritorno all’Ottocento, nei rapporti sindacali, ed esaltazione di un presente di capannoni industriali, popoli asserviti, territori inquinati da sovrapproduzione e da veleni. Per strana concomitanza in altra parte dello stesso numero della Stampa una notizia dal Vaticano: «Per Woytila l’ostenzione della salma. L’annuncio del Vaticano: le spoglie visibili domenica 1° Maggio dopo le celebrazioni della beatificazione in piazza San Pietro». E’ probabile che nel prossimo governo Berlusconi-Bossi-Bagnasco, dopo il necessario rimpasto, ci si scontrerà su questo, con Bossi a dichiarare «i pellegrini possono visitare le spoglie del papa (siamo o non siamo nell’Europa bianca e cristiana?), ma lavorando: ci pensino i Wojtila- boys a organizzare i turni…». Forse né i cavalli dei cosacchi né quelli berberi arriveranno ad abbeverarsi a San Pietro, ma qualche stakhanovista brianzolo sì, dopo un’operosa interminabile fila. Ma qui l’ironia finisce, e avvertiamo: giù le mani dal Primo Maggio. Non provateci nemmeno.
(1) Sui rapporti tra sinistra e Lega si rispolveri un vecchio preziosissimo testo di Vittorio Moioli, Sinistra e Lega: processo a un flirt impossibile. Dalle intese di Monza e Varese alle prove di secessione, Milano, Comedit, 1997, pp. 350.
(2) Intervista a Bersani di Carlo Passera, «Facciamo un patto per il federalismo», La Padania, 15 febbraio 2011.
(3) Il successo di Indignatevi! di Stéphane Hessel (pubblicato in Italia da ADD editore, 2011 – ed. originale 2010) è sintomatico di una esternalizzazione crescente del proprio pensiero e della propria coscienza: normalissime riflessioni di un anziano e splendido novantatreenne diventano best seller, così come il comizio di Benigni a Sanremo o gli interventi di Moretti Grillo Saviano (in ordine di apparizione, come di fantasmi) vanno a sostituire l’afasia quotidiana di milioni e milioni di donne e uomini, o a annullare la voce di chi quotidianemente lotta e anonimamente prova a cambiare i rapporti di forza.
(4) Sulle radici folkloriche e sulla mentalità della Lega utilissimo è il testo di Lynda Dematteo, L’idiotie en politique, Paris, CNRS Editions, 2007, pp. 255, frutto di un viaggio all’interno del movimento compiuto dalla studiosa francese
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