È finita…….ma anche no! Il completo mezzo ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq
set 3rd, 2010 | Di Matteo Brumini | Categoria: Politica Internazionaledi Matteo Brumini
Credo che tutti abbiano ancora nitido il ricordo di un presidente George W. Bush che in tenuta informale nel 2003 si presentò a tutto il mondo a bordo della portaerei “Licoln” circondato da militari statunitensi tirati a lucido, sorridenti e festanti per dichiarare vinta la guerra in Iraq. Dietro di lui con una regia da finale di film di guerra hollywoodiano un enorme striscione con le parole che dovevano diventare il biglietto da visita dell’amministrazione Bush: “Mission accomplished”. Missione compiuta.
Sette anni dopo un altro presidente, da uno Studio Ovale completamente rinnovato, si presenta agli occhi del mondo per annunciare il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq. Niente soldati festanti, niente portaerei, niente striscione. Obama dice al mondo e alla sua nazione “It’s over”.
Dunque gli Stati Uniti annunciano al mondo che la missione non è compiuta, ma è finita; una bella differenza di linguaggio.
Certo le parole sono importanti e di più ancora lo sono le azioni e la loro sinergia costituisce la base dei dati da cui far scaturire qualsiasi analisi politica. Ad una prima analisi dunque potremmo dire che la tanto attesa svolta di Obama sulla questione irachena è arrivata ed è arrivata con l’altrettanto annunciata e sbandierata discontinuità con l’amministrazione repubblicana di Bush. Il ritiro nei tempi stabiliti e le modalità di gestione del presidente stesso nel presentare tale ritiro al mondo.
I mezzi di comunicazione nostrani prontamente ed in blocco hanno battuto questa strada con titoli sui giornali, servizi alla televisione e quant’altro. Immagini di soldati statunitensi che partono dall’Iraq, analisi sul ciclo iniziato nel 2003 che si chiude, timori sulla sorte dell’Iraq “lasciato a sé stesso” in un momento per di più di stallo politico dopo il nulla di fatto delle ultime elezioni.
Ma quindi ritiro completo? Tutto finito? It’s over come ci ha detto un Obama serio e asciutto guardandoci negli occhi? Infilata in mezzo a questa messe di informazioni di giornali e televisioni, tra le immagini delle truppe che tornano in patria, detto di filato arrivano alcune precisazioni. La prima è che da questo “ritiro completo” mancheranno all’appello cinquantaseimila (56.000) soldati statunitensi. Quale sarà il loro compito? Cinquantamila saranno destinate all’addestramento dell’esercito iracheno e seimila alla logistica. Cinquantamila addestratori; una cifra per eserciti da milioni di soldati! Altra notizia passata ancora di più tra le righe ufficiali è che lo spazio aereo iracheno rimarrà sotto il controllo statunitense. Non una notizia di poco conto. Tutto questo chiaramente esulando completamente dalla questione dei “contractors” ovvero i mercenari dietro a cui come si è visto in questi anni si nascondono i servizi segreti americani e Nato. Nessun ritiro per costoro e nessuna cifra a disposizione a riguardo.
Dunque a quanto sembra questo ritiro totale, questo “it’s over” è meno totale di quanto voglia sembrare. Agli occhi di chi scrive sembra più un mezzo ritiro e una mossa politica dell’amministrazione Obama impegnata sul fronte interno a far risalire i sondaggi dopo i vari disastri ecologici sul Golfo, le “riforme” sanitarie e la crisi economica che non sembra passare; quale migliore carta da giocare per far risalire i sondaggi (ufficialmente per la prima volta dalla sua elezione Obama si ritrova un gradimento sotto il 50%) che presentare il ritiro delle truppe dall’Iraq. Una promessa fatta in campagna elettorale! Poi e ancor più importante c’è l’Afghanistan e la questione iraniana. Obama ha da tempo fatto capire che il nodo principale della sua politica estera sarà l’Afghanistan a cui sta continuando sin dal suo stanziamento continuamente nuove truppe e chiedendone costantemente altre agli alleati. Alcuni analisti stanno interpretando questo “ritiro” iracheno come un gioco di sottrazioni ed addizioni. Togliere da una parte per avere la possibilità di aumentare dall’altra senza perdere il controllo di nessuna delle due parti in netta continuità dunque con l’amministrazione Bush, e ricordiamo che in mezzo alle due parti in causa c’è l’Iran, l’ostacolo numero uno alla egemonizzazione del Medio Oriente per gli Stati Uniti e per Israele. Obama con questa scelta potrebbe finalmente ritrovarsi meno opposizione interna, il controllo dell’Iraq e del suo spazio areo senza una presenza massiccia di truppe (e di morti direttamente imputabili alla sua amministrazione e agli Stati Uniti) e una maggiore capacità operativa per numeri e denaro per l’occupazione dell’Afghanistan, il tutto in perfetta armonia con il piano a lungo termine di stringere la tenaglia a stelle e strisce su Teheran.
Tanti piccioni con una sola fava.
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