In risposta ad uno scritto del Nucleo Comunista Internazionalista
giu 29th, 2010 | Di Antonio Catalano | Categoria: Dibattito Politicodi Antonio Catalano
Un compagno (di militanza comune nell’OCI per un po’ di anni) mi telefona ieri sera per segnalarmi l’articolo pubblicato sul sito del Nucleo Comunista Internazionalista Questione nazionale: marxismo e anti-marxismo, rivoluzione e contro-rivoluzione. Vado a leggere l’articolo e subito risulta evidente che i nostri critici si rifanno a vecchi interventi estemporanei scritti sul blog – e non sul sito come viene detto [mi riferisco a “Il socialismo e la questione nazionale”]; di conseguenza i nostri critici non hanno la più pallida idea dei dibattiti attualmente aperti nel nostro laboratorio politico, tra i quali la discussione attorno alla valenza del concetto di “comunitarismo”; e ovviamente non possono nemmeno supporre che nel nostro sito si svolga costantemente la critica agli identitarismi, tra i quali quelli di sinistra che nascondono impotenza politica, se non addirittura complicità ed opportunismi, che utilizza un’alterità storica rispetto alla destra come pura foglia di fico, per l’appunto, identitarista.
Un chiarimento: chi è quel redattore della rivista Comunismo e Comunità che «ci indirizza scritti e articoli» chi sarebbe? A scanso di equivoci, non il sottoscritto. Casomai l’avessi fatto non avrei nulla da giustificare, ma semplicemente non l’ho fatto. Perché specificarlo? Perché nello scritto in questione si insiste su questo tasto: «La “novità” (in verità anch’essa per nulla tale…, anche se, qui, non nascondiamo una certa iniziale sorpresa) sta nel fatto che il redattore di Comunismo e Comunità che ci indirizza questi testi è stato negli anni passati un militante della nostra (ex-)organizzazione. E dunque: appena l’altroieri egli con noi rispondeva per le rime a Rinascita; oggi replichiamo sulle stesse note in merito al suo neo-approdato comunitarismo. Anche questo è un fatto non nuovo (sia detto in generale) e, soprattutto, significativo dell’oggettivo ri-approssimarsi dell’“irrevocabile” bivio storico tra lotta di classe rivoluzionaria e controrivoluzionaria difesa della nazione e, con esso, di un inizio di polarizzazione – confidiamo non definitiva e anche per questo ci spendiamo – di forze già di sinistra alla “soluzione” a noi nemica dei problemi posti dalla crisi del capitalismo».
Mi tocca chiarire che ho militato nell’OCI per un certo numero di anni, e prima ancora in Programma Comunista, e prima ancora nell’Autonomia degli anni settanta). Ancora, il sottoscritto non si dichiara comunitarista per il semplice motivo che si dichiara comunista. Ma essere comunista nel 2010 non può limitarsi all’agitare una bandierina, significa dare seguito ad un serio, e complicato, lavoro di elaborazione teorica che tenga conto di quanto di meglio il comunismo ha espresso nel suo glorioso ciclo di vita passato. Elaborazione teorica che non può dare nulla per scontato e che non può essere ridotta a dottrina. Il marxismo non è un blocco monolitico al quale riferirsi: in suo nome tanti (e troppi) si sono espressi e non si capisce proprio come si possa pensare di ricondurre il marxismo alla propria corrente che, per giunta, ha conosciuto e conosce un’interminabile sequela di scissioni e sotto-scissioni, ognuna delle quali vissuta e fatta passare come inevitabile per salvare l’ortodossia. Il Nucleo Comunista Internazionalista (che ritiene invariante il programma comunista), nasce dalla separazione con l’OCI piegata [a suo dire] «nella sua struttura di fondo… alle direttive imposte dal movimento immediato» e quindi si candida a difensore della dottrina. Bene! E siccome ci sarà sempre qualcuno a difesa dell’invarianza vogliamo augurarci che il Nucleo non conosca altre scissioni che potrebbero condurre ad una schizofrenica mancanza di riconoscimento di sé.
Quando si persegue cocciutamente la quadratura del cerchio si arriva addirittura a scrivere, a proposito dell’immigrazione (di cui il sottoscritto si è spesso interessato, scrivendo vari articoli sulla questione, fino all’ultimo su Rosarno, vedi) che «pur dato atto di quanto si scrive [generosi!] «non mutano però di una virgola il programma nazionale sopra richiamato, che dunque viene offerto all’adesione degli stessi lavoratori immigrati chiamati a integrarsi nel contesto – e nel programma – identitario. Gli enunciati sull’immigrazione sono piuttosto il segno della illusoria “approccio versione democratica” del sostanziale programma nazionale e nazionalista dei comunitaristi. Non nascondo che a questo punto sono entrato in confusione profonda, perché non riuscivo più a capire di che cosa si stesse parlando. Non sto qui a ripetere cose già scritte, invito solo il lettore paziente a leggere/rileggere i miei articoli sulla questione (ed in particolare l’ultimo scritto per il numero quattro della rivista, a libera disposizione sul nostro sito di Comunismo e Comunità). È un vecchio vizietto quello di deformare il punto di vista altrui pur di lasciare inalterata la propria critica, che a questo punto è del tutto pretestuosa.
La vera questione all’interno della quale si inscrive l’articolo del Nucleo è quella relativa alla questione nazionale. Tema di grande importanza che ha sempre fatto scornare i comunisti. Su questo debbo ammettere senza difficoltà di condividere molte delle cose scritte dall’estensore collettivo del Nucleo. L’Italia non è un paese qualsiasi, è pur sempre una potenza imperialistica – o, meglio, sub-imperialista – e non ritengo che si tratti di affermare la sua sovranità perduta. Ma questo non vuol dire trincerarsi dietro un proclamato ed inossidato internazionalismo indifferentista per cui tutte le vacche son grigie quando viene a calare la luce del sole. Oggi ci troviamo in una fase nella quale si rimettono in gioco gli equilibri internazionale ed il riconoscimento che anche nella fase attuale l’imperialismo più aggressivo sia quello statunitense non significa che non ci si accorga che altri stati, tra i quali il nostro, giochino ruoli di potenza sub-imperiale; si cerca, con tutti i limiti di chi partecipa all’esperienza del laboratorio, di seguire la lezione leniniana che impone di analizzare contemporaneamente e di intrecciare tra loro sia le contraddizioni “verticali”, quelle di classe, sia quelle “orizzontali”, cioè tra vari segmenti e raggruppamenti di capitalisti, che sempre hanno avuto una base nazionale – a meno che non si voglia credere all’ultraimperialismo di Kautsky o al suo revival con l’impero negriano.
Lo so che per certi comunisti puristi è difficile (se non impossibile) comprendere alcune cosucce, come per esempio che la rivista Comunismo e Comunità è uno strumento per la messa a punto di un’elaborazione teorica che vuol cimentarsi con le questioni del tutto aperte, e mai definite una volta per sempre, relative al comunismo, umilmente richiamandosi alla grande e insuperata analisi e critica (rivoluzionaria) marxiana del modo di produzione capitalistico. Un laboratorio, appunto. Un laboratorio, dove ci si sforza di definire alcune questioni fondamentali che riguardano il tema del comunismo. Se di marziani c’è qualcuno è proprio chi confonde se stesso con il cosiddetto Partito Storico.