La caccia grossa del governo indiano
mag 20th, 2010 | Di Matteo Brumini | Categoria: Politica Internazionale, Primo Pianodi Matteo Brumini
“Green Hunt” è una espressione inglese che può essere tradotta in italiano con “battuta di caccia” oppure con “caccia grossa”. “Green Hunt” è il nome con cui i media indiani hanno chiamato la grande operazione militare e paramilitare che il governo indiano ha iniziato a Novembre 2009 in cinque stati dell’Unione Indiana contro la guerriglia naxalita. Un nome inquietante per il governo indiano che difatti ufficialmente continua a non chiamarla così. In effetti tuttavia di una battuta di caccia grossa si tratta.
Ad Ottobre 2009 il Central Reserve Police Force ha annunciato che si era alle fasi finali dell’organizzazione di una grande offensiva approvata dal governo indiano. L’operazione sarebbe stata coordinata dal Commando Battalion for Resolute Action (COBRA), le truppe d’assalto scelte dell’esercito indiano. Ad affiancarle come al solito ci sarebbero state le truppe paramilitari delle Tigri Verdi che come da copione collaudato avrebbero aperto la strada nei santuari naxaliti per permettere l’ingresso dei regolari. L’obbiettivo è spezzare il cosiddetto “Corridoio Rosso” ovvero quella lunga fascia che va da nord a sud e da est ad ovest dell’India in cui è presente la guerriglia o con santuari e basi o con azioni costanti o sporadiche. Una striscia di migliaia di kilometri che va dal Kerala a sud alle propaggini del Sikkim a Nord sino al confine con il Bangladesh.
A Novembre 2009 inizia la prima fase delle operazioni nel distretto di Gadchiroli. Entrano nel territorio 18 compagnie paramilitari.
Il compito dei paramilitari è quello di terrorizzare, massacrare, fare terra bruciata attraverso la distruzione di villaggi, case, campi coltivati, stupri, mutilazioni, omicidi indiscriminati, supportati in diversi casi anche (nelle zone e negli stati in cui è al governo come il Bengala Occidentale) dai quadri del Partito Comunista Indiano Marxista (come accaduto nel 2007 proprio nel Bengala Occidentale durante il periodo delle lotte contro l’esproprio di centinaia di acri di terra di ventimila famiglie di contadini per permettere la nascita di una industria della Tata in collaborazione con la Fiat).
È interessante a questo proposito far notare che tra i principali fornitori di armi all’India assieme a Regno Unito, Germania, Olanda, Israele e Sudafrica troviamo anche l’Italia.
La risposta dei naxaliti non si fa attendere a lungo ed è una risposta di alto profilo militare.
A Febbraio 2010 nel Bengala Occidentale vengono giustiziati 25 poliziotti e il leader naxalita Kishenji rivendica l’azione.
Il 6 Aprile c’è l’azione più eclatante rivendicata da Gopal, uno dei quadri dirigenti della guerriglia; in un agguato nella giungla nell’India centrale vengono uccisi 75 tra poliziotti e paramilitari.
Il 10 Maggio i guerriglieri fanno saltare in aria un camion dell’esercito nello stato di Chattisgarh. L’esplosione uccide otto paramilitari e ne ha feriti altri due, mentre attraversavano un’area boschiva nel distretto di Bijaipur.
Il 14 Maggio vengono prelevati dalle loro case nel distretto di Midnapore nel Bengala Occidentale 5 attivisti del Partito Comunista Indiano (marxista) e quattro di loro vengono giustiziati come informatori della polizia.
Il 17 Maggio i naxaliti fanno saltare in aria un autobus con a bordo 15 poliziotti.
“La principale minaccia alla sicurezza interna dell’India” ,come ha definito i naxaliti il primo ministro Singh, ha dato la sua risposta.
A questo punto è necessario spiegare chi siano i naxaliti.
“Naxalita” in India è sinonimo di “maoista”; la parola deriva dal villaggio di Naxalbari, villaggio di meno di 2000 abitanti situato nel distretto di Darjeeling nel Bengala Occidentale dove nel Marzo del 1967 circa 150 contadini armati di archi e frecce attaccarono i latifondisti e si impadronirono dei campi. La ribellione, durata due mesi e repressa nel sangue dall’esercito causando migliaia di morti, diede vita a una serie di sommosse successive contro il governo fino a quando sotto la guida del gruppo comunista guidato da Charu Mazumdar (morto in carcere nel 1972) nacque il movimento naxalita.
Oggi il termine naxalita racchiude una galassia di gruppi e partiti per la maggioranza clandestini e armati; di questa galassia il partito più grande per numeri e più articolato per struttura e organizzazione è il Partito Comunista Indiano (maoista) nato nel 2004 dall’unione di Maoist Communist Centre (India) e Communist Party of India (M-L) People’s War. Dal congresso fondativo è uscita vincitrice la linea politica di Muppala Lakshman Rao detto Ganapathi che è attualmente anche il segretario generale del partito. L’attuale obbiettivo di Ganapathi è quello di focalizzare le azioni di lotta contro le cosiddette Sez (Special Economic Zones), le aree in cui dal 2005 lo Stato indiano concede vantaggi fiscali e di altro genere per favorire la costruzione di nuovi impianti industriali.
In questi ultimi anni questa linea d’azione ha portato la guerriglia naxalita anche nelle aree dei cosiddetti tribali, popolazioni dravidiche o predravidiche che abitano in territori impervi e occupati da foreste in cui negli ultimi anni sono stati scoperti importanti giacimenti minerari c che assieme al legname stanno attirando e hanno attirato gli investimenti stranieri in queste aree e che hanno spinto e spingono il governo indiano centrale ed i governi degli stati dell’Unione Indiana a perpretare la pratica degli espropri forzati e delle deportazioni delle popolazioni locali.
La linea di Ganapathi di entrare nelle Sez ha portato e sta portando nuova linfa vitale alla guerriglia naxalita ed al PCI(maoista); la guerriglia protegge le popolazioni di queste aree dai massacri e dalle violenze e queste vanno ad unirsi conseguentemente alla guerriglia.
Recentemente il Ministero degli Interni indiano che la guerriglia naxalita in questi ultimi 6 anni possa essere cresciuta in termini numerici dai circa 15.000 membri attivi a 28.000 unità.
Come ha fatto notare intelligentemente Piero Pagliani recentemente è difficile che la guerriglia naxalita possa vincere la rivoluzione come avvenuto per il PCN(M) in Nepal ma è altrettanto difficile che questa “Caccia Grossa” possa portare qualche risultato positivo per il governo indiano e per gli affamati e voraci investitori stranieri.